Il Venezuela esce dall’iperinflazione – Banca Centrale del Venezuela

Orinoco Tribune, 10 gennaio 2022

L’ 8 gennaio, la Banca centrale del Venezuela (BCV) pubblicava le ultime misurazioni dell’inflazione in Venezuela, confermando l’uscita della nazione dal ciclo iperinflazionistico. Le statistiche della BCV mostrano valori di inflazione inferiori al 50% per 12 mesi consecutivi. I dati includono un tasso di inflazione del 7,6% riportato per dicembre.

La BCV indica sul suo sito che il Paese ha mantenuto tassi di inflazione a una cifra negli ultimi quattro mesi del 2021, nonostante il fatto che l’ultimo trimestre veda generalmente i dati dell’inflazione più elevati. Il tasso di inflazione fu del 7,1% a settembre, 6,8% a ottobre, 8,4% a novembre e 7,6% a dicembre.

L’ultimo mese in cui il Venezuela ha registrato un’inflazione mensile superiore al 50% fu dicembre 2020, quando fu riportata al 77,5%. Per questo, dopo 12 mesi con tassi di inflazione mensili inferiori al 50%, si può ufficialmente affermare che il Venezuela è fuori dall’iperinflazione.

La tabella seguente fornisce ulteriori dettagli:

 

Il Venezuela ha chiuso il 2021 con un’inflazione cumulata del 686,4%, in rallentamento rispetto all’anno precedente quando si attestava al 2959,8%, secondo i dati BCV.

Il paese caraibico da forti segnali di preparazione all’uscita dalla recessione che l’affligge da sette anni, contraendo l’economia venezuelana di oltre il 75%.

Queste statistiche escludono l’anno passato, perché la BCV non ha ancora pubblicato i risultati del prodotto interno lordo per il 2021.

Le voci che registravano il maggior aumento dei prezzi nell’ultimo anno furono: servizi abitativi diversi dal telefono: 1494,6%, elettrodomestici: 1224,2%, servizi educativi: 1104,7%, comunicazioni: 1098,5%, trasporti: 952,6%, salute: 942,0%, abbigliamento e calzature: 928,1%, e ricreazione e cultura: 822,4%.

Gli economisti sottolineavano che il rallentamento dell’inflazione nell’economia venezuelana nella seconda metà di quest’anno è dovuto al forte aggiustamento fiscale operato dall’amministrazione di Nicolás Maduro.

Sottolineano che fattori come la restrizione del credito bancario, minore spesa pubblica in bolivar, maggiori pagamenti ai fornitori in valuta estera e processo di dollarizzazione, tra gli altri, hanno raggiunto l’obiettivo di stabilizzare il tasso di cambio e di conseguenza i prezzi delle merci e servizi nel paese.

A questi fattori si aggiunge l’attuazione della politica aggressiva della BCV, intervenendo sul mercato dei cambi negli ultimi mesi per tenere a bada il prezzo del dollaro USA, e riducendo così l’effetto inflazionistico che il dollaro esercita sull’economia, nonostante molte transazioni siano eseguite utilizzando valute estere e anche criptovalute.

I media e gli analisti di destra sempre attribuivano la crisi economica in Venezuela all’amministrazione Maduro. Certamente, i primi anni di decisioni economiche dell’amministrazione furono irregolari, continuando con politiche di prezzo, spesa, moneta e cambio sconsiderate ereditate dall’amministrazione Hugo Chávez. Tuttavia, le maggiori distorsioni nell’economia venezuelana, vale a dire iperinflazione e brusco calo del PIL, possono essere facilmente collegate alla politica di aggressione al popolo venezuelano col blocco economico e le misure coercitive (“sanzioni”) emesse da Washington ed alleati, inclusi UE, Regno Unito e Canada.

L’amministrazione Maduro e una BCV pragmatica hanno consentito, dall’agosto 2018, la costante ripresa della maggior parte degli indicatori economici, compresi quelli associati alla scarsità di alcuni prodotti alimentari, che dal 2014 incidono sulla qualità della vita di milioni di venezuelani. Tali privazioni sono ora in gran parte passate.

Con la ripresa dell’industria petrolifera, il 2022 potrà aprire la strada ai necessari adeguamenti degli stipendi dei lavoratori pubblici, uno dei maggiori squilibri che ancora permangono nell’economia venezuelana.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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