Intervista al professor Adán Chávez Frías

Geraldina Colotti

Adán Chávez Frías, ambasciatore del Venezuela a Cuba, ha ricoperto numerosi incarichi di alto livello, prima nei governi del fratello minore, Hugo Chávez, poi in quelli di Nicolas Maduro. Attualmente, presiede l’Istituto di Studi Superiori dedicato al pensiero del Comandante Hugo Chávez ed è stato nuovamente designato come vicepresidente per gli Affari Esteri del Partito socialista unito del Venezuela (PSUV): compito in relazione al quale abbiamo realizzato questa intervista.

Grazie per il tuo tempo, Professor Adan. Come dicevamo, sei stato nuovamente nominato Vicepresidente degli Affari Internazionali del PSUV. Quali progetti intendi sviluppare per continuare a far conoscere la verità del Venezuela nel mondo?

La Direzione nazionale del nostro partito ha accettato di effettuare un “arrocco”, un cambio di casella simultaneo tra me e la compagna Tania Díaz, che svolgevamo rispettivamente funzioni nelle vicepresidenze settoriali della formazione ideologica e negli Affari internazionali. Questo, nell’ambito del processo di riorganizzazione portato avanti dal PSUV a tutti i livelli: nazionale, statale, comunale, parrocchiale e di base. A quest’ultimo livello, tra l’altro, abbiamo recentemente completato l’elezione di 330.880 leader di strada, di comunità e delle unità di battaglia Bolívar-Chávez, nonché delle loro squadre di lavoro. Si tratta di un esercizio di democrazia interna che dovrebbe consentire, tra l’altro, di approfondire l’attività politica e sociale nel territorio con rinnovato fervore rivoluzionario.

Quindi, lo ripeto, la nostra nomina a capo della Vicepresidenza per gli Affari Internazionali, organismo di settore che abbiamo guidato tra marzo 2017 e maggio 2022, si inserisce nel processo di riorganizzazione interna del Partito, nell’ambito degli accordi raggiunti durante il suo V Congresso. Il processo avviene in un contesto che, pur continuando a essere caratterizzato dalla pretesa dell’imperialismo statunitense ed europeo di cercare di porre fine al progetto di grandi trasformazioni che il comandante Chávez ci ha lasciato in eredità, si inserisce in una realtà geopolitica diversa da quella di alcuni anni fa. Si presentano nuove sfide al Paese e agli altri popoli del pianeta, nel rinnovato sforzo di consolidare il mondo multicentrico e multipolare che il leader bolivariano ha così opportunamente prefigurato. Oggi siamo nel pieno di un confronto di grandi proporzioni, tra coloro che storicamente hanno cercato di dominarci e cercano a tutti i costi di ristabilire il loro potere egemonico, e i popoli determinati a costruire un mondo migliore, più giusto e più solidale, a beneficio di tutti.

In questo scenario, il Venezuela continua a svolgere un ruolo fondamentale, volto a difendere il diritto dei popoli all’autodeterminazione: nel caso della Nostra America Latina-Caraibica e anche oltre, nel Sud del mondo, promuovendo l’unità. Allo stesso tempo, avanziamo nel rafforzamento di solide alleanze con altri poli del potere mondiale, insieme ai quali rivendichiamo la lotta che stiamo conducendo per la piena e definitiva liberazione. Una lotta per la quale continuiamo a fare appello a tutte le organizzazioni politiche, sociali, operaie che per ragioni storiche, culturali e di autodeterminazione sono chiamate a sconfiggere definitivamente la pretesa suprematista dell’imperialismo, che ha disperatamente cercato di imporsi sulle nazioni della regione con particolare ferocia.

Per questo veniamo attaccati e si fa di tutto per cercare di affossare la Rivoluzione Bolivariana. Un proposito che, ne siamo convinti, i nemici della Patria non riusciranno a realizzare. Niente e nessuno potrà piegare le figlie e i figli di Bolívar e Chávez, e nonostante l’intensità della campagna anti-bolivariana e la crudeltà delle “sanzioni” imposte al Paese, la verità del Venezuela continua a farsi strada.

Sono stati anni di intensa battaglia e di profonda azione del Partito nell’arena internazionale, non solo per denunciare l’entità dell’assalto imperiale di cui siamo oggetto, ma anche per mostrare al mondo la verità del Venezuela. A questo scopo, nel mese di settembre, delegazioni del PSUV hanno partecipato alla 46ma edizione della Festa dell’Avanti, del Partito Comunista Portoghese, al Festival dell’Humanité, del Partito Comunista Francese, alla Festa della Solidarietà, del Partito dei Lavoratori del Belgio; e, alla fine di settembre, al 12° Congresso del Fronte di Liberazione del Mozambico.

Parimenti, abbiamo partecipato al XXVI Seminario Internazionale del Partito del Lavoro del Messico e all’incontro del Gruppo di Lavoro del Forum di San Paolo; mentre i rappresentanti della nostra gioventù saranno presenti ad un incontro della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica che si svolgerà sempre nella Patria di Emiliano Zapata e Pancho Villa.

Inoltre, in Venezuela viene organizzato il XXI Forum della Gioventù; evento a cui parteciperanno i rappresentanti dei partiti che fanno parte della Conferenza Permanente dei Partiti Politici dell’America Latina e dei Caraibi.

In uno scenario come quello sopra descritto, come valuti la realtà attuale dell’America Latina e dei Caraibi?

La storia dell’interventismo yankee nella Nostra America è lunga. Negli ultimi decenni ha prodotto il colpo di stato contro il comandante Chávez nel 2002, il tentativo secessionista avvenuto in Bolivia nel 2008, e il colpo di stato del 2009 contro Manuel Zelaya in Honduras, così come il colpo di stato sventato contro il compagno Rafael Correa in Ecuador nel 2010. Inoltre, i colpi di stato promossi con la complicità dei parlamenti del Paraguay e del Brasile, contro Fernando Lugo e Dilma Rousseff, rispettivamente nel 2012 e nel 2016, il tentativo di rovesciare il compagno presidente Nicolás Maduro nel 2019, e il colpo di stato contro il nostro fratello, l’allora presidente boliviano Evo Morales, quello stesso anno.

In ciascuna di queste cospirazioni c’è stata la mano imperiale, che con la complicità delle oligarchie apolidi della regione ha tentato di ostacolare il risveglio dei nostri popoli e, in particolare, di destabilizzare quei governi che non rispondono ai suoi disegni e rifiutano di agire in modo remissivo, alle spalle degli interessi dei loro popoli.

Tuttavia, e come abbiamo detto prima, nonostante questo feroce attacco imperiale, i popoli dell’America Latina-Caraibica continuano a cercare di raggiungere la piena integrazione, sostenuti dalla storia comune che ci unisce e dai valori che definiscono la nostra identità culturale. Allo stesso tempo, manifestano nelle strade la loro ferrea determinazione a mantenersi in mobilitazione permanente contro la pretesa di imporre ricette neoliberiste, e spingendo i loro governi a lavorare instancabilmente per migliorare la loro qualità di vita.

Questa è una vera rivoluzione, che il Comandante eterno ha descritto nel 2009 come permanente e inarrestabile. Una rivoluzione che ha come esempio più recente il risveglio dei popoli della regione che ha portato, per la prima volta nella storia della Colombia, all’elezione di un leader di sinistra come Gustavo Petro.

È davvero molto interessante quello che è successo in Colombia. Come analizzi la nuova situazione dal tuo osservatorio nel PSUV?

Il nuovo governo colombiano deve affrontare grandi sfide. Si tratta di una nazione che la destra fascista ha immerso nella violenza, nel para-militarismo e nel traffico di droga; e in una profonda disuguaglianza sociale, prodotto dell’esclusione seguita all’adozione di brutali ricette neoliberiste, compresa la mercificazione di diritti fondamentali come la salute e l’istruzione.

Tutto ciò ha generato livelli significativi di povertà e, nella stessa misura, una crescente agitazione popolare. Un fenomeno a cui si è aggiunto il rifiuto della violazione della sovranità nazionale che l’installazione di basi militari statunitensi ha comportato: forse l’esempio più lampante di una politica estera asservita all’imperialismo statunitense, che ha isolato la Colombia a livello regionale e globale.

Insomma, tutto questo panorama ha disgustato il popolo colombiano, nostro fratello, che ha votato con la speranza di realizzare un cambiamento profondo. Un’aspirazione che dovrà superare grandi ostacoli, per risolvere i principali problemi che affliggono il Paese.

A livello bilaterale, i nostri governi avanzano nel compito di realizzare il pieno ristabilimento delle relazioni tra i due paesi, nell’attenzione alla storia comune che ci unisce e sulla base di solidarietà, fratellanza, cooperazione, complementarità e rispetto reciproco, come indicato dal compagno presidente Nicolás Maduro. I venezuelani sperano con fervore che la spada del padre Liberator Simón Bolívar, presente all’inaugurazione del presidente Gustavo Petro nonostante il rifiuto della rancida oligarchia colombiana, continui a incoraggiare i nostri popoli nelle battaglie che dobbiamo continuare a combattere per raggiungere l’obiettivo comune. 

Per concludere, Professor Adan: come intende il PSUV continuare a promuovere la solidarietà e l’internazionalismo a favore delle principali cause dell’umanità che il Venezuela porta avanti? Come si esprime l’eredità del comandante Chávez nelle azioni del suo Partito per raggiungere questo scopo?

La prima cosa da sottolineare è che il popolo venezuelano ha nel suo codice genetico la pratica della solidarietà e dell’amore, che, secondo quell’altro gigante che fu e sarà per sempre il comandante Ernesto Che Guevara, è una guida per i veri rivoluzionari. I veri rivoluzionari sono mossi da grandi sentimenti d’amore. Questa è una pratica che il nostro popolo ha sviluppato nel corso della sua storia: anche quando in Venezuela è stato imposto il “si salvi chi può”, e il Paese si è arreso agli interessi dell’imperialismo statunitense, durante la Quarta Repubblica.

Questi nobili principi hanno ispirato l’agire del Padre Libertador Simón Bolívar, e con lui l’azione delle donne e degli uomini che componevano l’Esercito Bolivariano – per citare solo un esempio che ha molto a che fare con quello che siamo oggi come popolo. Essi hanno varcato i nostri confini per liberare altre nazioni dell’America latino-caraibica dal giogo dell’allora impero spagnolo. La stessa cosa hanno fatto molte e molti combattenti degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso.

Ora, quello spirito internazionalista – è doveroso segnalarlo – si è rafforzato con l’arrivo alla presidenza del Comandante Chávez, nel 1999. In quel momento viene dato un poderoso impulso all’impegno dell’Esecutivo Nazionale con le principali cause dell’umanità, impegno che viene assunto come politica dello Stato. La nostra costruzione socialista ha assunto fin dall’inizio le bandiere dell’antimperialismo, dell’antifascismo e della pratica dell’internazionalismo. Bandiere che continuano ad animare le battaglie che continuiamo a condurre con grande responsabilità in difesa delle principali cause dei popoli.

Lo si vede –  solo per citare alcuni esempi -, nell’incrollabile difesa delle cause palestinesi e saharawi, assunte dalla Rivoluzione Bolivariana, e nella condanna del genocida blocco economico, commerciale e finanziario imposto al nostro popolo fratello, quello cubano. E lo si vede nell’appoggio alla richiesta della restituzione delle Malvinas al popolo argentino, nella denuncia dell’interventismo imperiale contro altri popoli della regione e del mondo, e nella difesa della loro integrazione, e in quella dei diritti della Madre Terra.

Senza dubbio, Chávez ci ha lasciato un grande insegnamento di dignità, coraggio e lotta per continuare a camminare sui sentieri di Bolívar. Un insegnamento che si estende a tutte le regioni del mondo, e che viene assunto a vessillo da quanti di noi sono convinte e convinti che il mondo migliore a cui aspiriamo non solo è possibile, ma anche estremamente necessario.

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