Intervista alla studiosa messicana Claudia Rocha

Geraldina Colotti

Raccontare la storia partendo da un tessuto. Raccontarla dal punto di vista delle donne che hanno lavorato, indossato e tramandato quel tessuto. Raccontarla a partire da una ricerca sul campo durata dieci anni incrociando diverse discipline: storia dell’arte, antropologia, etnografia e archeologia.

È questo il lavoro compiuto dalla studiosa messicana Claudia Rocha Valverde nella regione di Huasteca, a forte presenza indigena. In Italia (per chi è a Milano in presenza, per gli altri in live streaming) la si potrà ascoltare dal 10 al 22 ottobre al Museo delle Culture di via Tortona, 52, sala Khaled al-Assad, dove si svolgeranno le “IX Jornadas Internacionales de Textiles Precolombinos y Amerindianos” e all’interno delle quali la studiosa terrà una conferenza magistrale dal titolo “Estrategias posibles para la protección de las memorias y los patrimonios textiles de la región Huasteca de México”, con traduzione in italiano.

Rocha ha svolto la sua ricerca sul campo per dieci anni, vivendo con la popolazione indigena chiamata teenek e con la popolazione nahua. Le abbiamo chiesto di raccontarci come ha iniziato il suo lavoro e con quali obiettivi. “La regione di Huasteca – ci ha spiegato – conserva tracce importanti della presenza di pratiche, lingue e concezioni ancestrali di origine preispanica, che si sono tramandate nei secoli attraverso i nostri popoli originari, nonostante il peso del tempo. Da quando ho iniziato a fare ricerca sulla tradizione ancestrale dei teenek, e mi sono messa a osservare gli abiti cerimoniali che le donne indossano ancora oggi, in particolare il dhayemlaab, ho scoperto che consentono di connettersi con una cosmovisione, una idea particolare di vedere il mondo che riporta al presente un insieme di simboli la cui importanza va oltre l’utilità dell’indumento, e consente di comprendere la forza straordinaria proveniente dalle nostre radici”.

Claudia Rocha ha dato conto delle sue ricerche in diversi volumi che indagano la persistenza di cerimonie e abitudini ancestrali nella regione. Fra questi, “Una Historia de Sol y Viento”, e Tejer el universo, el dhayemlaab, mapa cosmológico del pueblo teenek”.

Oggi – dice ancora – Il tema su cui sto lavorando ha a che vedere con il plagio del patrimonio, che incide sull’identità di un popolo quando i suoi diritti non sono ben difesi, in particolare sulle conseguenze sofferte dalle donne, che si sono dedicate al lavoro tessile e al ricamo tradizionale.”

E com’è la situazione delle donne indigene nella regione ora che al governo c’è il presidente Manuel Lopez Obrador? “È una situazione molto complessa – risponde Rocha – perché questa forma di patrimonio ancestrale viene presentata come merce, come artigianato, e si tratta di un mercato molto asimmetrico per le donne che vi partecipano. L’interesse del governo alla difesa di questo patrimonio si può riscontrare anche nel fatto che io usufruisco di un piccolo contributo economico da parte del Consiglio Nazionale di Scienza e Tecnologia, un’entità federale che appoggia la ricerca scientifica”.

Intanto, Claudia Rocha ha già impostato il suo prossimo lavoro di ricerca nella regione, dove – ribadisce – “vi sono molte altre tradizioni da studiare e da far conoscere, come quella della festa dei morti. Una cerimonia che attrae molto turismo, e che ovviamente ha anche un grosso impatto sulle tradizioni della località”.

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