Dignità contro denaro

Armando Hart Davalos

Ogni volta che scrivo tengo presente le realtà politiche che devo affrontare. Non sono mosso da un desiderio speculativo, bensì conoscere e affrontare situazioni concrete che interpretandole cerchino di aiutarci a spiegare la nostra Storia, questa cronaca non fa eccezione; perché negli ultimi anni sono stato incoraggiato a scrivere sul tema dell’Etica in un modo che risulti d’interesse per i tempi attuali. Ricordiamoci che siamo in un’epoca in cui affrontiamo grandi interrogativi e inquietudini morali.

Va ricordato che Edy Chibás aveva lottato contro tutta l’immoralità che stava strangolando il paese e quella era la linea che sosteneva nel suo programma radiofonico ogni domenica alle 20:30, su CMQ; quella era la sua Tribuna Politica, quella era “l’ora di Chibás”, quella che si ascoltava anche negli angoli più remoti del Paese.

Chibás pronunciò il suo ultimo discorso il 5 agosto 1951, nella sua ora radiofonica quando stava affrontando una forte polemica e lo concluse drammaticamente immolandosi con uno sparo. Questo fu il suo ultimo appello: “Compagni dell’Ortodossia, avanti! Per l’indipendenza economica, la libertà politica e sociale! Per spazzare via i ladri del governo! Popolo di Cuba, alzati e cammina! Popolo cubano, svegliati! Questo è il mio ultimo colpo!”

Dopo lunghi giorni di agonia, morì il 16 agosto e fu vegliato nell’Aula Magna dell’Università dell’Avana. Non c’era luogo più appropriato per evidenziare il significato delle sue idee e lotte. Mentre mi affacciavo dalla parte superiore della collina universitaria, mi si presentò lo spettacolo di un’immensa folla di persone che ricopriva calle San Lázaro, piazza Julio Antonio Mella e la scalinata. Tra le braccia del popolo cubano fu portata il feretro. Nella lunga marcia verso il cimitero di Colón, la folla andò crescendo, prese calle L verso 23, da lì sino a 12 e da questo angolo fino alla destinazione finale del tragitto.

Ricorderò, con orgoglio, che ebbi l’onore di essere uno dei cubani che camminò con Chibás fino alla sua ultima dimora. Un lungo elenco di oratori si accomiatò dal grande dirigente popolare.

Per conoscere la più avanzata delle idee che si muovevano nella gigantesca massa ortodossa, è necessario tener conto che dalla sua gioventù emerse la Generazione del Centenario. Ma c’è anche un documento che può servire come riferimento storico per indagare le concezioni prevalenti in vari gruppi giovanili del Partito del Popolo Cubano. Mi riferisco al Manifesto della Gioventù Ortodossa pubblicato nel 1948, sotto il titolo “Il pensiero ideologico e politico della gioventù cubana”; ha una proiezione socialista.

Da allora si generò un movimento politico di ripercussione sociale basato su un programma etico, storicamente “El Último Aldabonazo” non fu solo un appello a combattere la corruzione dei costumi pubblici, bensì anche un avvertimento fondamentale al sistema economico sociale vigente nel Paese. E poiché non si ascoltò o non sì poté ascoltare questo fervente appello, di fatto, si aprì la strada alla reazione rappresentata dai gruppi militari e, come rifiuto di questi, quella della Rivoluzione, che riprendeva la tradizione martiana inserita, fin dagli anni venti, con il pensiero socialista.

I gruppi borghesi, nati all’ombra dell’imperialismo, caddero in una contraddizione definitiva. I più reazionari sostenevano la tirannia alleandosi con una parte del lumpen (sottoproletariato ndt) da dove proprio era sorto Batista e che costituivano la spina dorsale delle forze armate.

AI borghesi, rovesciati dal potere politico nel 1952, che avevano una certa aspirazione democratica, non fu possibile ascriversi ufficialmente al governo tirannico, perché questo li aveva espulsi dal dominio politico; avrebbero cessato di essere democratici e sarebbero caduti nella peggiore ignominia davanti al popolo. Ma loro non potevano offrire una formula rivoluzionaria, che in tal caso sarebbe stata borghese, poiché la loro debolezza come gruppo sociale era molto grande. Tra la corruzione dei costumi pubblici, l’arricchimento dei suoi principali rappresentanti, l’esitazione e la resa all’imperialismo yankee, era per loro impossibile affrontare un compito di restaurazione democratica di carattere borghese. In questa situazione, studenti e lavoratori irruppero nello scenario politico con forza propria e lo fecero sulla base della difesa della Costituzione della Repubblica.

Il 16 gennaio 1959, Fidel dichiarò sulla tomba di Eduardo Chibás: “Ma oggi è come il riassunto di tutta la storia, la storia della Rivoluzione, la storia del 26 Luglio, che tanto è strettamente legata alla storia di quella tomba, che tanto è legata alla memoria di colui che riposa in questa tomba, che è così intimamente legata all’ideologia, ai sentimenti e alla predicazione di colui che riposa in questa tomba, perché devo dire che senza la predicazione di Chibás, senza ciò che Chibás fece, che senza il civismo e la ribellione che risvegliò nella gioventù cubana il 26 Luglio non sarebbe stato possibile”.

La predicazione politica di Chibás riuscì a promuovere il meglio del nostro popolo, sulle basi storiche esposte, nell’idea contenuta nel suo slogan “Dignità contro denaro”. Oggi continuiamo a onorarlo, come merita, perché è senza dubbio un diretto antecedente della rivoluzione di Fidel.

A più di mezzo secolo dalla sua scomparsa fisica, è necessario spiegare come il fervente appello del grande campione e combattente a favore dell’onestà amministrativa, a metà del Novecento, si articolò con le idee più radicali di giustizia sociale del nostro popolo.


Vergüenza contra dinero

Por: Armando Hart Dávalos

Siempre que escribo tengo presente las realidades políticas que debo enfrentar. No me mueve un afán especulativo, sino conocer y abordar situaciones concretas que al interpretarlas traten de ayudarnos a explicar nuestra Historia, esta crónica no es una excepción; porque en los últimos años he estado incitado a escribir sobre el tema de la Ética en forma que resulte de interés para los tiempos que corren. Recordemos que estamos en una época en la que enfrentamos grandes interrogantes e inquietudes morales.

Hay que recordar que Edy Chibás había venido luchando contra toda la inmoralidad que ahogaba el país y esa fue la línea que sostuvo en su programa radial a las 8:30 pm de todos los domingos, por la CMQ; esa era su Tribuna Política, esa era la “hora de Chibás”, la que se escuchaba hasta en los rincones más apartados del país.

Chibás pronunció su último discurso el 5 de agosto de 1951, en su hora radial cuando enfrentaba una fuerte polémica y lo concluyó de forma dramática inmolándose con un disparo. Esta fue su apelación final: “Compañeros de la Ortodoxia, ¡adelante! ¡Por la independencia económica, la libertad política y social! ¡A barrer a los ladrones del gobierno! ¡Pueblo de Cuba, levántate y anda! ¡Pueblo cubano, despierta! ¡Este es mi último aldabonazo!”

Tras largos día de agonía murió el 16 de agosto y fue velado en el Aula Magna de la Universidad de La Habana.  Ningún  lugar más apropiado para  resaltar la significación de sus ideas y luchas. Al asomarme por la parte superior de la colina universitaria se me presentó el espectáculo de una inmensa multitud  de pueblo que cubría la calle San Lázaro, la plaza Julio Antonio Mella y la escalinata. En los brazos del pueblo cubano fue llevado el féretro. En la larga marcha hasta el cementerio de Colón la multitud fue creciendo, tomó por la calle L rumbo a 23 de ahí hasta 12 y de esta esquina hasta el destino final del recorrido.

Con orgullo recordaré que tuve el honor de ser uno de los cubanos que caminó junto a Chibás hasta su última morada. Una larga lista de oradores despidió el duelo del gran líder popular.

Para conocer lo más avanzado de las ideas que se movían en la gigantesca masa ortodoxa hay que tomar en cuenta que de su juventud emergió la Generación del Centenario.  Pero incluso existe un documento que puede servir de referencia histórica para investigar las concepciones prevalecientes en diversos grupos de jóvenes del Partido del Pueblo Cubano. Me refiero al Manifiesto de la juventud ortodoxa  editado en el año de 1948, con el nombre de “El pensamiento ideológico y político de la juventud cubana”, el mismo tiene proyección  socialista.

Se generó desde entonces un movimiento político de repercusión social a partir de un programa ético, históricamente “El Último Aldabonazo” no resultó solo un llamado a combatir la corrupción de las costumbres públicas, sino también una advertencia de fondo al sistema económico social vigente en el país. Y como no se escucho o no se podía escuchar esta clarinada, de hecho, se abrió el camino a la reacción representada por los grupos castrenses y como rechazo a estos el de la Revolución que retomaba la tradición martiana insertada desde los años veinte con el pensamiento socialista.

Los grupos burgueses nacidos a la sombra del imperialismo cayeron en una contradicción definitiva. Los más reaccionarios apoyaron a la tiranía en alianza con una parte del lumpen de donde precisamente había surgido Batista y que constituían la espina dorsal de las fuerzas armadas.

A los burgueses derrocados del poder político en 1952 que tuvieran una cierta aspiración democrática no les fue posible adscribirse oficialmente al gobierno tiránico, porque este los había desplazado del dominio político; hubieran dejado de ser demócratas y caído en la peor ignominia ante el pueblo. Pero ellos no podían ofrecer  una fórmula revolucionaria que en tal caso habría sido burguesa  ya que su debilidad como grupo social era muy grande. Entre la corrupción de las costumbres públicas, el enriquecimiento de sus principales personeros, la vacilación y entrega al imperialismo yanqui les resultaba imposible enfrentar una tarea de restauración democrática de carácter burgués. En esta situación los estudiantes y los trabajadores irrumpieron en el escenario político con fuerza propia y lo hicieron sobre el fundamento de la defensa de la Constitución de la República.

El 16 de enero de 1959, Fidel sentenció en la tumba de Eduardo Chibás: “Pero hoy es como el resumen de toda la historia, la historia de la Revolución, la historia del 26 de Julio, que tan ligada está a la historia de esa tumba, que tan ligada está al recuerdode quien descansa en esta tumba, que tan íntimamente ligada está a la ideología, a los sentimientos y a la prédica de quien descansa en esta tumba, porque debo decir que sin la prédica de Chibás, que sin lo que Chibás hizo, que sin el civismo y la rebeldía que despertó en la juventud cubana, el 26 de Julio no hubiera sido posible”.

La prédica política de Chibás logró promover lo mejor de nuestro pueblo, sobre los fundamentos históricos expuestos, en la idea contenida en su consigna “Vergüenza contra dinero”. Hoy seguimos honrándolo, como merece, porque es sin dudas un antecedente directo de la revolución de Fidel.

A más de medio siglo de su desaparición física, es necesario explicar cómo la clarinada del gran paladín y combatiente a favor de la honestidad administrativa de mediados del siglo XX, se articuló con las ideas más radicales de justicia social de nuestro pueblo.

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