Discorso Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez

Discorso pronunciato da Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista de Cuba e Presidente della Repubblica, in chiusura della IV Conferenza La Nazionen e l’Emigrazione, il 19.11.2023, nel Palacio de Convenciones, “Año 65 de la Revolución”

Cari compatrioti

“Davvero il sentimento della Patria è forte”. Questa frase di Fidel al termine dell’incontro con i ragazzi della Brigata Antonio Maceo, 46 anni fa, può essere ripetuta qui oggi.

Se per noi che ci viviamo è motivo di orgoglio cantare l’Inno nazionale, ascoltarne gli accordi sulla tromba di Alexander Abreu o assistere al battito di mani dai finestrini di un aereo al ritorno da un viaggio, non è difficile immaginare l’emozione di chi, come voi, prova lo stesso sentimento vivendo lontano da Cuba.

È questo sentimento che ha animato tutti i dialoghi da allora a oggi. È quello che ci ha permesso di crescere tra incontri e disaccordi, successi e fallimenti, salvando sempre ciò che ci unisce al di sopra di tutto ciò che potrebbe separarci.

Ed è ciò che ci ha costantemente commosso in questi giorni di scambi e deliberazioni che, per quanto attuali nel loro contenuto, attivano la nostra memoria e accrescono la nostra gratitudine verso coloro che, con pazienza, fede e patriottismo, hanno forgiato la via del dialogo, del rispetto e della comprensione, quando sembrava impossibile.

Di recente, a casa con la famiglia, proprio la settimana scorsa, abbiamo rivisto il documentario 55 Brothers. Cinque di quei ragazzi sono qui oggi. Le tracce del tempo non hanno cambiato i loro sentimenti. A loro dobbiamo dire grazie per aver aperto la strada, per non essersi stancati, per aver fatto sì che si avverasse il ritornello che tutti cantano alla fine del documentario: “la Patria è cresciuta, disse il Comandante…”.

Quel bel gruppo di giovani connazionali era l’avanguardia di altri emigrati negli Stati Uniti che hanno accettato l’invito delle autorità cubane a partecipare insieme alla progettazione di un nuovo modello di relazioni tra la nazione e i suoi figli che vivono all’estero, sulla base del rispetto illimitato della sovranità e dell’indipendenza di Cuba.

Questi gesti patriottici sono stati accompagnati da molte sfide e pericoli. I partecipanti sono stati costretti a sfidare le minacce e la violenza degli oppositori del dialogo, che avevano, e hanno tuttora, l’appoggio del governo statunitense, la cui politica contro Cuba è cambiata poco o per nulla in tanti anni.

È stato inoltre necessario superare dubbi e pregiudizi, saper distinguere tra gli interessi e le preoccupazioni dei cubani che vivono negli Stati Uniti e l’ostilità verso Cuba del governo statunitense.

Oggi siamo in un momento molto diverso. Il mondo in cui viviamo è cambiato, il nostro Paese ha continuato ad approfondire il suo processo di trasformazione, la presenza di cubani all’estero è molto più numerosa e variegata, e si sono stabiliti o rimangono a latitudini molto diverse.

Il generale dell’Esercito Raúl Castro Ruz lo ha riconosciuto quando ha detto: “Oggi la stragrande maggioranza degli emigranti cubani si trova lì per motivi economici […] quasi tutti conservano l’amore per la famiglia e per la patria in cui sono nati, e mostrano […] solidarietà verso i loro compatrioti “.

1 Ma grazie ai protagonisti di quel primo avvicinamento e a quelli che sono venuti dopo, i legami sono più frequenti, attivi, aperti, influenti e sempre più naturali.

Non si possono dimenticare in nessun racconto di questa lunga e drammatica storia Carlos Muñiz Varela e José Eulalio Negrín Santos (Applausi), difensori del Dialogo e dei legami con Cuba, vilmente assassinati da spietati nemici della nazione e dei legami dei loro figli con essa. La nostra più grande gratitudine va ai loro compagni, qui presenti, che hanno lottato instancabilmente perché fosse fatta giustizia.

Ogni atto di avvicinamento e di solidarietà con la patria sarà il più sentito e il migliore degli omaggi ai martiri e agli altri compatrioti che non sono fisicamente tra noi e che si sono dati completamente alla missione di Marti di realizzare l’unità per la difesa della patria.

Gli sforzi compiuti, i rischi corsi e il sangue versato sono i semi più fertili dell’albero nazionale: nulla è stato vano!

In questi giorni, oltre a onorare la parola data quando, causa COVID-19, siamo stati costretti a sospendere l’incontro previsto per il 2020, stiamo adempiendo a un dovere storico: continuare il percorso intrapreso con la visita a Cuba dei 55 coraggiosi giovani della Brigata Antonio Maceo nel dicembre 1977, preludio del cosiddetto Dialogo tra il Governo della Repubblica di Cuba e le personalità che rappresentano la comunità cubana all’estero o Dialogo del ’78 e delle tre successive conferenze La Nazione e l’Emigrazione, tenutesi nell’aprile 1994, nel novembre 1995 e nel maggio 2004.

In quel memorabile incontro del 1978, promosso e incoraggiato dal Comandante in Capo Fidel Castro Ruz, fu sancita la volontà della Rivoluzione di rafforzare i legami con i cubani residenti all’estero, tenendo conto innanzitutto degli interessi di quella comunità.

Come Fidel ha chiaramente affermato: “In un modo o nell’altro, con mezzi diversi, avevamo già preso coscienza dei problemi della comunità cubana all’estero, del suo desiderio di mantenere la sua identità, del suo desiderio di conservare i suoi valori morali, i suoi valori culturali; in breve, uno sforzo di identità “.

Come dirà José Martí, alla fine, cos’è la patria se non “una comunità di interessi, un’unità di tradizioni, un’unità di obiettivi, una fusione dolcissima e consolante di amori e speranze”.

Come nel 1978, a nome del Governo cubano, ribadisco la volontà di continuare a sviluppare un dialogo franco e ampio, sulla base del rispetto reciproco e della difesa della patria. Oggi come ieri, con l’impegno a non cedere nella battaglia per porre fine al blocco genocida che ha causato tante privazioni, dolore e fratture nella famiglia cubana.

Come vittime dirette o indirette di questa politica criminale, tutti noi qui riuniti siamo consapevoli che essa costituisce il maggior ostacolo al rafforzamento delle relazioni del Paese con la maggior parte dei cubani che vivono all’estero, poiché ostacola il flusso regolare, ordinato e sicuro dei viaggiatori, colpisce i legami tra i cittadini che vivono negli Stati Uniti e le loro famiglie e amici a Cuba, limita i diritti dei nostri connazionali all’estero e colpisce, in primo luogo, le loro famiglie.

Non mi soffermerò su dati che, più che cifre, sono ferite aperte nel corpo della nazione e nel centro della sua anima, che è la famiglia cubana. Dietro ogni azione di blocco, minaccia, intimidazione; dietro ognuno dei 15 milioni di dollari al giorno di affettazione che sono stati quantificati nei primi 14 mesi di un’amministrazione come quella di Biden; dietro il numero, enorme ma inerte, ci sono bambini, giovani, anziani, madri, nonni…, c’è un Paese punito per aver osato essere libero, indipendente e sovrano a 90 miglia da un impero.

Ma questo Paese ribelle e imperfetto non solo quantifica e denuncia il crimine, Cuba resiste e crea! Né sei decenni di blocco che scommette sull’esaurimento umano, né più di 200 misure di brutale demolizione dei pochi progressi precedenti sono riusciti a sconfiggere la resistenza creativa di questo popolo da cui voi e noi siamo nati, un formidabile miscuglio di etnie, culture, spiritualità, che può essere sconfitto da solo solo il giorno in cui perdiamo i sogni di un possibile mondo migliore.

Questa resistenza creativa è ciò che spiega il successo di Cuba nell’affrontare la pandemia quando il blocco era più stretto e gli Stati Uniti ostacolavano persino l’acquisto di ossigeno medico. È l’idea e la consacrazione che ha dato vita a cinque candidati vaccini, tra cui tre vaccini che sono stati testati in modo efficiente ed efficace, nonché a ventilatori polmonari cubani che competono con i migliori al mondo in termini di prestazioni.

Un programma di gestione del governo basato sulla scienza e sull’innovazione traduce le idee in risultati e opere che ci rendono orgogliosi, senza che si rinunci all’autocritica e alla consapevolezza di tutto ciò che manca per superare i muri del blocco.

La nostra più grande forza risiede nel talento, nello sforzo e nell’invincibile creatività dei cubani, e nel lavoro di sei decenni di Rivoluzione.

In questo lavoro includiamo, naturalmente, la solidarietà che diamo e riceviamo da tutti gli angoli del pianeta, da tutte le persone di buona volontà che ci accompagnano nella lotta contro il blocco e, con nostra soddisfazione e gioia, innanzitutto dai cubani che hanno la loro patria geograficamente lontana, ma sentimentalmente al centro del loro cuore. Sentitevi riconosciuti, dunque, in questa vittoria quotidiana su coloro che si oppongono a noi, che chiamiamo resistenza creativa.

Compatrioti:

Nonostante la politica aggressiva del Governo degli Stati Uniti, l’inasprimento del blocco, la persecuzione finanziaria, la calunniosa, falsa e inaccettabile classificazione di Cuba come Stato sponsor del terrorismo e le campagne mediatiche piene di menzogne e manipolazioni che cercano di screditare e minare tutti gli sforzi del Governo per superare l’assedio economico, negli ultimi 45 anni sono state promosse e attuate numerose misure da parte della vessata Cuba e sono stati compiuti progressi significativi nel rafforzamento e nella diversificazione dei legami con i cubani residenti all’estero.

Il nostro Ministro degli Esteri ha ricordato le parole del Comandante in Capo Fidel Castro e del Generale dell’Esercito Raúl Castro, leader storici della Rivoluzione, che noi che li seguiamo difendiamo con rispetto e ammirazione per il loro lavoro a favore della normalizzazione dei rapporti della nazione con i suoi emigrati, al di là delle situazioni politiche promosse da chi si ostina a sconfiggere la Rivoluzione con tutti i mezzi possibili.

Non li ripeterò. I cambiamenti più importanti in questa politica sono iniziati 45 anni fa con quegli storici dialoghi; sono stati rafforzati nell’ultimo decennio con importanti decisioni per promuovere l’istituzionalità e i diritti dei cittadini cubani, un processo che abbiamo il dovere di continuare e, del resto, lo stiamo facendo.

Questo avviene mentre le amministrazioni statunitensi rafforzano le misure coercitive e minacciano le famiglie cubane con nuove punizioni. Non si limitano più a ostacolare i visti e l’accesso regolare al Paese in cui vive la maggior parte degli emigrati cubani. Un deputato anticubano molto influente nella politica cubana chiede che chi torna a Cuba in vacanza perda lo status di rifugiato. Chiedere questo è il più grande disservizio alle campagne che politicizzano tutta l’emigrazione cubana.

Gli ideatori e i sostenitori della guerra economica contro Cuba cercano di spezzare, attraverso campagne denigratorie e diffamatorie generosamente finanziate con i soldi dei contribuenti, il nostro naturale e crescente legame con gli emigranti.

Nonostante la continua alimentazione dell’odio, attualmente esistono 138 associazioni di cubani in 57 Paesi. Anche nei luoghi in cui queste organizzazioni non sono state formalmente create, sono in molti a partecipare ai compiti di sostegno e alle attività che organizzano insieme ai movimenti di solidarietà e alle nostre rappresentanze diplomatiche e consolari.

Vorrei dirvi che siamo molto orgogliosi e confortati dai vari messaggi di cordoglio, offerte di aiuto e donazioni che ci avete inviato durante la pandemia COVID-19, e quando abbiamo subito gli sfortunati incidenti all’Hotel Saratoga, alla Base Superpetroliera di Matanzas e in seguito ai danni causati dall’uragano Ian nell’ovest del Paese, per citare solo i casi più recenti.

“Si può sempre lasciare la patria, ma mai quando si trova in momenti difficili”, diceva Martí, e voi onorate questo principio. Siete al fianco della patria quando ha bisogno di voi. Cuba riconosce, apprezza e conta sul vostro aiuto.

La maggior parte dei nostri connazionali mantiene un legame stabile e fluido con la patria, ne condivide i successi, è solidale con le nostre cause, mostra interesse per la situazione del Paese e per contribuire e contribuire al suo sviluppo socio-economico. Inoltre, così facendo, fanno emergere e diffondono quel sentimento misteriosamente profondo che provoca quella che anche Martí ha descritto come la parola più dolce: “cubano”.

Questa cubanità, che non dipende da caratterizzazioni etnografiche, è stata definita come nessun’altra dal saggio Don Fernando Ortiz: “Per la cubanità non basta avere la culla, la nazione e la vita a Cuba; è ancora necessario avere la coscienza. Penso che per noi cubani la distinzione tra la cubanità, la condizione generica di essere cubano, e quella della cubanità, la cubanità piena, sentita, consapevole e desiderata; la cubanità responsabile, la cubanità con le tre virtù: fede, speranza e amore”.

Insistiamo sulla formula di Marti di una Cuba con tutti e per il bene di tutti, chiarendo che questo “tutti” non include coloro che cospirano contro la nazione per attaccarla e offenderla, coloro che invocano l’invasione e danno licenza di uccidere il proprio popolo, né coloro che macchiano la bandiera della Stella Solitaria con la vocazione annessionista di trasformarci nel 51° Stato dell’Unione Americana, e molestano e aggrediscono gli artisti e gli sportivi che ci rappresentano sui palcoscenici e nelle manifestazioni internazionali.

Non rifiuteremo mai di far crescere i diritti per tutti, tranne che per coloro che vivono e lavorano al soldo di un altro governo con l’obiettivo dichiarato di distruggere il nostro progetto e il suo lavoro sempre incompiuto nella battaglia per il massimo grado possibile di giustizia sociale.

Le nostre braccia saranno aperte con riconoscenza per ricevere e abbracciare coloro che rischiano la loro integrità personale e persino la loro vita per difendere e sostenere la patria in tempi difficili, come la leggendaria Alianza Martiana, i Puentes de Amor, i gruppi di solidarietà che ogni mese, sotto il freddo, la pioggia e gli attacchi degli odiatori, scendono in piazza in centinaia di città di tutto il mondo per chiedere la fine del blocco di Cuba.

Potremmo dire, guardando a ciò che è stato detto e discusso qui, che questa conferenza ci ha permesso di fare un bilancio completo di ciò che è stato raggiunto nell’ambito dei legami con i cittadini all’estero e di identificare le aree in cui dobbiamo ancora lavorare insieme, ma, cosa più importante, costituisce un nuovo punto di partenza verso obiettivi più alti e quindi più impegnativi.

Mi permetto di dire, senza timore di essere contraddetto, che tutti noi presenti in sala condividiamo l’opinione che i legami tra Cuba e i suoi cittadini all’estero siano oggi in uno dei momenti migliori. L’albero piantato 45 anni fa è forte, vigoroso e protettivo come una ceiba (pianta).

Una delle virtù di questi incontri e del lungo processo iniziato nel 1978 è che non dipende dalle relazioni, dai contatti e nemmeno dall’opinione di altri governi. Si tratta di un esercizio strettamente cubano, tra cubani e per i cubani!

Il fatto che la priorità condivisa sia proprio l’indipendenza e la sovranità della nazione ha permesso di avanzare in modo deciso e irreversibile verso obiettivi comuni, senza che differenze politiche, ideologiche o di altro tipo potessero ostacolarlo.

Quasi tutti voi siete impressionanti per il modo in cui vi avvicinate alla patria con un atteggiamento di rispetto e comprensione per la realtà del Paese e per i legittimi diritti di coloro che vivono, lavorano, si sacrificano e lottano in esso, il che contribuisce anche al rafforzamento delle nostre relazioni.

Spero che tutte le presentazioni fatte durante la Conferenza abbiano permesso, come era nelle nostre intenzioni, di trasmettervi in prima persona la percezione degli sviluppi nel complesso universo delle relazioni tra la nazione e i suoi emigrati, e di aggiornarvi con franchezza sulla realtà che il Paese sta vivendo oggi. Dal dibattito, ricco di spunti e sfumature, che si è svolto sia in plenaria che nei corridoi del Palazzo dei Congressi o sui palchi degli eventi collaterali, abbiamo imparato tutti.

Eliminare il blocco, preservare le indiscutibili conquiste sociali e non tornare agli orrori del passato di sfruttamento e sottomissione della patria sono state proposte fondamentali sulle quali si è registrato un ampio consenso tra i partecipanti, a dimostrazione del sincero patriottismo che sopravvive nella comunità cubana all’estero.

Così come la difesa incrollabile del diritto all’autodeterminazione e della prerogativa di risolvere, risolvere e superare i propri problemi senza interferenze straniere e senza la coercizione permanente del governo statunitense. È un diritto che ogni nazione ha o dovrebbe avere e che noi cubani custodiamo come una giusta conquista a cui non rinunceremo.

Gli scambi avvenuti nelle ultime 48 ore ci hanno permesso di delineare il percorso da seguire per aumentare la partecipazione dei cubani residenti all’estero allo sviluppo socio-economico di Cuba e ai processi di natura eminentemente politica, come le consultazioni popolari sulla nuova Costituzione e sul nuovo Codice di Famiglia, al fine di continuare il processo di trasformazione e consolidare il socialismo autoctono incentrato sul raggiungimento di una maggiore giustizia sociale per tutti.

Abbiamo avuto modo di scambiare ampiamente sulle opportunità rappresentate dallo sviluppo della tecnologia e dell’informatica, al fine di proiettare un’immagine viva di Cuba, con luci e ombre, ma sempre orgogliosa della nostra storia, della nostra capacità di resistenza e dell’eredità di giustizia sociale raggiunta in questa terra ribelle e dignitosa.

Ancora una volta, la cultura si conferma come il principale fattore che ci identifica, ci unisce e ci rende orgogliosi. Evidenziando la nostra identità cubana, aspiriamo a stimolare i legami con le nuove generazioni di cubani che vivono all’estero, attraverso il rafforzamento dei legami culturali e storici con il loro Paese o con quello dei loro genitori.

Vorrei anche ribadire che, ovunque si trovino, l’assistenza e la protezione consolare li raggiungerà ogni volta che sarà necessario e possibile. È nostra politica e dovere delle ambasciate e dei consolati cubani accompagnare, assistere e proteggere i cubani che vivono all’estero ogni volta che sia necessario e possibile. I fatti non mi fanno dimenticare le mie parole. Di fronte a un disastro naturale, una guerra, un incidente o un’altra calamità, i nostri funzionari erano presenti e hanno l’istruzione di venire in aiuto dei cubani che lo richiedono.

Attualmente si sta commettendo un genocidio di proporzioni dantesche contro il popolo palestinese. Come abbiamo detto più volte, Cuba continuerà a sostenere la giusta causa dei palestinesi e chiediamo un cessate il fuoco immediato. Ci sono anche cubani che hanno messo su famiglia e lavorano per quella nazione.

Miei connazionali:

Permettetemi di evocare il nostro caro Eusebio Leal, che ha fatto tanto per la nostra cultura e per la patria, quando riferendosi a coloro che hanno deciso di prendere la residenza all’estero, ha espresso:

“Non credo che la migrazione debba essere considerata di per sé, e ancor più oggi, un fatto strettamente politico. È una questione economica, una questione familiare, o è una questione facoltativa […] Chi è andato e ha fondato e ha creato, ha nella sua patria un punto di riferimento, ha una tomba dove andare, una città dove tornare, una madre da baciare, un figlio da recuperare […] Ed è possibile che chi va e non dimentica, ci tenda la mano”.

“Coloro che devono rimanere in altre terre – come ha detto lo stesso Eusebio in un’altra occasione – hanno figli che porteranno e moltiplicheranno nel loro cuore il sangue di Cuba e per generazioni ripeteranno il nome breve e sonoro della terra in cui sono nati i loro genitori e nonni “.

A nome del nostro popolo, ribadisco che l’impegno a rafforzare i legami con i cubani che vivono in qualsiasi parte del mondo è invariabile e irreversibile!

Vi invitiamo a partecipare con rinnovata energia a questa nuova tappa in difesa di Cuba.

Tutti coloro che vogliono costruire e contribuire a quest’opera collettiva che è la Rivoluzione cubana saranno sempre i benvenuti.

La patria è di tutti noi, e con voi cresce!

Viva Cuba libera, indipendente e sovrana.

Muchas gracias.


Discurso pronunciado por Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, Primer Secretario del Comité Central del Partido Comunista de Cuba y Presidente de la República, en la clausura de la IV Conferencia La Nación y la Emigración, el 19 de noviembre de 2023, en el Palacio de Convenciones, “Año 65 de la Revolución”

 

Queridos compatriotas:

“Realmente el sentimiento de la Patria es fuerte”. Esa frase de Fidel al final del encuentro con los muchachos de la Brigada Antonio Maceo, hace 46 años, podemos repetirla hoy aquí.

Si a quienes vivimos en ella nos revienta el pecho de orgullo cantar el Himno Nacional, escuchar sus acordes en la trompeta de Alexander Abreu o mirar las palmas desde las ventanillas de un avión, al regreso de un viaje, no es difícil imaginar la emoción de quienes, como ustedes, sienten lo mismo viviendo lejos de Cuba.

Es ese sentimiento el que ha animado todos los diálogos desde entonces hasta hoy. Es el que nos ha permitido crecer entre encuentros y desencuentros, aciertos y desaciertos, salvando siempre lo que nos une por encima de todo lo que pudiera separarnos.

Y es lo que nos ha emocionado constantemente en estas jornadas de intercambios y deliberaciones que, por más actuales que sean en su contenido, activan la memoria y acrecientan la gratitud hacia quienes labraron, con paciencia, fe y patriotismo, el camino del diálogo, el respeto y el entendimiento, cuando parecía imposible.

Hace poco, en casa, en familia, precisamente la semana pasada, vimos otra vez el documental 55 hermanos. Cinco de aquellos muchachos están presentes hoy aquí. Las huellas del tiempo no han cambiado sus sentimientos. A ellos debemos decirles gracias por abrir el camino, por no cansarse, por hacer realidad el estribillo que cantan todos al final del documental: “la Patria ha crecido, dijo el Comandante…” (Aplausos).

Aquel hermoso grupo de jóvenes compatriotas fue la avanzada de otros emigrados a los Estados Unidos que aceptaron la invitación de las autoridades cubanas para, en conjunto, participar en el diseño de un nuevo modelo de relación entre la nación y sus hijos radicados en el exterior, sobre la base del respeto irrestricto a la soberanía e independencia de Cuba.

Aquellos gestos patrióticos estuvieron acompañados de muchos retos y peligros. Los asistentes se vieron obligados a desafiar las amenazas y la violencia provenientes de los opositores al diálogo, quienes contaban, y cuentan, con el respaldo del Gobierno estadounidense, cuya política contra Cuba ha variado poco o casi nada en tantos años.

Era necesario, además, superar dudas y prejuicios, saber diferenciar entre los intereses e inquietudes que los cubanos residentes en el país del norte tenían y la hostilidad hacia Cuba del Gobierno norteamericano.

Hoy estamos en un momento muy diferente. El mundo en que vivimos ha cambiado, nuestro propio país ha continuado profundizando su proceso de transformación, la presencia de cubanos residiendo fuera es mucho más numerosa y variada y se asienta o permanece en muy diversas latitudes.

Lo reconoció el General de Ejército Raúl Castro Ruz al expresar: “Hoy los emigrados cubanos, en su aplastante mayoría, lo son por razones económicas […] casi todos preservan su amor por la familia y la patria que los vio nacer, y manifiestan […] solidaridad hacia sus compatriotas”1.

Pero gracias a los protagonistas de aquel primer acercamiento y los que vinieron después, los vínculos son más frecuentes, activos, abiertos, influyentes y cada vez transcurren de manera más natural.

Imposible olvidar en cualquier recuento de esta larga y dramática historia a Carlos Muñiz Varela y a José Eulalio Negrín Santos (Aplausos), defensores del Diálogo y de los vínculos con Cuba, vilmente asesinados por despiadados enemigos de la nación y de los lazos de sus hijos con ella. Nuestro mayor reconocimiento a sus compañeros, aquí presentes, que han peleado sin descanso para que se haga justicia.

Cada acto de acercamiento y solidaridad con la patria será el más sentido y el mejor de los homenajes a los mártires y a otros compatriotas que no están físicamente entre nosotros y que se entregaron completamente a la misión martiana de alcanzar la unidad en pos de la defensa de la patria.

Los esfuerzos realizados, los riesgos asumidos y la sangre derramada son las más fértiles semillas del árbol nacional. ¡Nada fue en vano!

Durante estas jornadas, además de honrar la palabra empeñada cuando como causa de la COVID-19 nos vimos obligados a suspender el encuentro previsto en el año 2020, estamos cumpliendo con un deber histórico: continuar el camino emprendido con la visita a Cuba de los 55 valerosos jóvenes de la Brigada Antonio Maceo, en diciembre de 1977, preludio del denominado Diálogo entre el Gobierno de la República de Cuba y personalidades representativas de la comunidad cubana en el exterior o Diálogo del 78 y las tres conferencias posteriores de La Nación y la Emigración, realizadas en abril de 1994, noviembre de 1995 y mayo de 2004.

En aquel memorable encuentro de 1978, promovido e impulsado por el Comandante en Jefe Fidel Castro Ruz, se ratificó que la Revolución deseaba fortalecer los vínculos con los cubanos radicados en el exterior, para lo cual tomaba en cuenta, en primer lugar, los intereses de esa comunidad.

Lo dijo claramente Fidel: “De una manera o de otra, por distintas vías, habíamos llegado ya a tomar conciencia de los problemas de la comunidad cubana en el exterior, de su deseo de mantener su identidad, de su deseo de preservar sus valores morales, sus valores culturales; en fin, un esfuerzo de identidad”2.

Como diría José Martí, al fin qué es la Patria sino “comunidad de intereses, unidad de tradiciones, unidad de fines, fusión dulcísima y consoladora de amores y esperanzas”.

Al igual que en 1978, en nombre del Gobierno cubano les reitero la voluntad de continuar desarrollando un diálogo franco y amplio, sobre la base del respeto mutuo y la defensa de la Patria. Hoy como ayer, con el compromiso de no cejar en la batalla por poner fin al bloqueo genocida que tanta carencia, dolor y fractura ha provocado en la familia cubana.

Como víctimas directas o indirectas de esa criminal política, todos los aquí reunidos estamos conscientes de que constituye el mayor obstáculo al fortalecimiento de las relaciones del país con la mayoría de los cubanos que residen en el exterior, toda vez que dificulta el flujo regular, ordenado y seguro de viajeros, afecta los vínculos entre los nacionales residentes en Estados Unidos y sus familiares y amigos en Cuba; coarta derechos de nuestros connacionales en el exterior y afecta, en primer lugar, a sus familiares.

No voy a extenderme poniendo datos que más que cifras son heridas abiertas en el cuerpo de la nación y en el centro de su alma, que es la familia cubana. Detrás de cada acción de bloqueo, amenaza, intimidación; detrás de cada uno de los 15 millones de dólares diarios de afectación que se cuantificaron en los primeros 14 meses de una administración como la de Biden; detrás del número, enorme pero inerte, hay niñas y niños, jóvenes, ancianos, madres, abuelos…, hay un país castigado por la osadía de ser libre, independiente y soberano a 90 millas de un imperio.

Pero ese país rebelde e imperfecto no solo cuantifica y denuncia el crimen. ¡Cuba resiste y crea! Ni seis décadas de bloqueo que apuestan al agotamiento humano, ni más de 200 medidas de brutal demolición de los pocos avances anteriores han podido con la resistencia creativa de este pueblo del que nacimos ustedes y nosotros, mezcla formidable de etnias, culturas, espiritualidad, que sólo podrá ser vencida por sí misma el día que perdamos los sueños de un mundo mejor posible.

Esa resistencia creativa es la que explica el exitoso enfrentamiento cubano a la pandemia cuando más apretó el bloqueo y Estados Unidos obstaculizó, incluso, la adquisición de oxígeno medicinal. Es la idea y la consagración de la que brotaron cinco candidatos vacunales, de ellos tres vacunas probadas con eficiencia y efectividad, y ventiladores pulmonares criollos que, por sus prestaciones, compiten con los mejores del mundo.

Un programa de gestión de gobierno basado en ciencia e innovación traduce las ideas en realizaciones y obras que nos enorgullecen, sin que por ellas renunciemos a la autocrítica y la conciencia de todo lo que nos falta para saltar los muros del bloqueo.

Nuestra mayor fuerza está en el talento, el esfuerzo y la invencible creatividad del cubano, y en la obra de seis décadas de la Revolución.

En esa obra incluimos, por supuesto, la solidaridad que damos y recibimos desde todos los rincones del planeta, de todas las personas de buena voluntad que nos acompañan en la pelea contra el bloqueo, y, para satisfacción y alegría, en primerísimo lugar, de las cubanas y cubanos que tienen a la patria geográficamente lejos, pero sentimentalmente en el centro de sus corazones. Siéntanse, entonces, reconocidos en esta victoria cotidiana sobre quienes nos adversan a la que llamamos resistencia creativa.

Compatriotas:

A pesar de la política agresiva del Gobierno estadounidense, del recrudecimiento del bloqueo, de la persecución financiera, de la calumniosa, falsa, inaceptable calificación de Cuba como Estado patrocinador del terrorismo y de campañas mediáticas plagadas de mentiras y manipulación que buscan desacreditar y socavar todos los esfuerzos del Gobierno por superar el cerco económico, desde la hostigada Cuba se han promovido y aplicado numerosas medidas durante los últimos 45 años, y han sido significativos los avances en materia de fortalecimiento y diversificación de los vínculos con las cubanas y cubanos residentes en el exterior.

Nuestro Canciller recordaba palabras del Comandante en Jefe Fidel Castro y del General de Ejército Raúl Castro, líderes históricos de la Revolución, que sus continuadores defendemos con respeto y admiración por su obra en favor de la normalización de la relación de la nación con sus emigrados, por encima de coyunturas políticas promovidas por quienes insisten en derrotar a la Revolución por todos los medios posibles.

No voy a repetirlas. Los cambios más trascendentes en esa política empezaron hace 45 años con aquellos diálogos históricos; se fortalecieron en la última década con importantes decisiones para favorecer la institucionalidad y los derechos de la ciudadanía cubana, un proceso al que tenemos el deber de dar continuidad y, además, lo hacemos.

Eso ocurre mientras las administraciones estadounidenses refuerzan las medidas coercitivas y amenazan con nuevos castigos a las familias cubanas. Ya no solo obstaculizan visados y accesos regulares a un país donde vive la mayor parte de la emigración cubana. Un congresista anticubano muy influyente en la política de ese país está exigiendo que pierdan su estatus de refugiados aquellos que regresan a Cuba de vacaciones. Pedirlo es el mayor mentís a las campañas que politizan toda la emigración cubana.

Los creadores y sostenedores de la guerra económica contra Cuba tratan de quebrar, mediante campañas de descrédito y difamación generosamente financiadas con el dinero de sus contribuyentes, nuestro vínculo natural y creciente con los emigrados.

A pesar de la continua alimentación del odio, en la actualidad existen 138 asociaciones de cubanos en 57 países. Incluso, en lugares donde no están creadas formalmente estas organizaciones son muchos los que participan en tareas de apoyo y en actividades que organizan en conjunto con los movimientos de solidaridad y con nuestras representaciones diplomáticas y consulares.

Quiero decirles que nos enorgullecen y reconfortan mucho los disímiles mensajes de condolencia, ofrecimientos de ayuda y donaciones enviadas por ustedes durante la pandemia de la COVID-19, y cuando sufrimos los lamentables accidentes en el Hotel Saratoga, en la Base de Supertanqueros de Matanzas y ante los daños provocados por el azote del huracán Ian en el occidente del país, por solo mencionar los casos más recientes.

“A la patria se le puede dejar siempre, pero nunca cuando se halla en trances difíciles”, dejó dicho Martí, y ustedes honran ese principio. Ustedes están al lado de la patria cuando los necesita. Cuba reconoce, valora y cuenta con su ayuda.

La mayor parte de los connacionales mantienen un vínculo estable y fluido con la patria, comparten sus éxitos, se solidarizan con nuestras causas, se muestran interesados en la situación del país y en aportar y contribuir a su desarrollo socioeconómico. Más aún, al hacerlo, aflora y contagia ese sentimiento misteriosamente profundo que provoca esa que también Martí calificó de dulcísima palabra: “cubano”.

Esa cubanía, que no depende de caracterizaciones etnográficas, la definió como nadie el sabio Don Fernando Ortiz: “No basta para la cubanidad tener en Cuba la cuna, la nación y la vida; aún falta tener la conciencia. Pienso que para nosotros los cubanos nos habría de convenir la distinción de la cubanidad, condición genérica de ser cubano, y la de cubanía, cubanidad plena, sentida, consciente y deseada; cubanidad responsable, cubanidad con las tres virtudes: de fe, esperanza y amor”.

Insistimos en la fórmula martiana de una Cuba con todos y para el bien de todos, dejando claro que en ese “todos” no caben los que conspiran contra la nación para agredirla y ofenderla, los que piden invasión y licencia para matar a su propio pueblo, ni aquellos que manchan la Bandera de la Estrella Solitaria con la vocación anexionista de convertirnos en el Estado 51 de la Unión Americana, y acosan y agreden a los artistas y deportistas que nos representan en escenarios y eventos internacionales.

No nos negaremos jamás a crecer en derechos para todos, salvo para aquellos que viven y trabajan a sueldo de otro gobierno con el fin declarado de destruir nuestro proyecto y su obra siempre inconclusa de batalla por el mayor grado de justicia social posible.

Nuestros brazos estarán abiertos con el reconocimiento agradecido para recibir y abrazar a quienes arriesgan su integridad personal y hasta la vida por defender y apoyar a la patria en la hora difícil, como la legendaria Alianza Martiana, Puentes de Amor, los grupos solidarios que cada mes, bajo el frío, la lluvia y el ataque de los odiadores, salen a las calles de cientos de ciudades del mundo a pedir el fin del bloqueo a Cuba (Aplausos).

Podríamos decir, al observar lo que aquí se ha dicho y discutido, que esta conferencia nos ha permitido realizar un balance exhaustivo de lo logrado en el ámbito de los vínculos con los nacionales en el exterior e identificar las áreas en las que nos queda por trabajar en conjunto, pero, más importante aún, constituye un nuevo punto de partida hacia metas superiores y por tanto más retadoras.

Me atrevería a asegurar, sin temor a equivocarme, que todos los presentes en la sala compartimos la apreciación de que los vínculos entre Cuba y sus nacionales en el exterior están hoy en uno de sus mejores momentos. El árbol plantado hace 45 años es fuerte, vigoroso y protector como una ceiba.

Una de las virtudes de estos encuentros y del largo proceso iniciado en 1978 es que no depende de las relaciones, los contactos o incluso la opinión de otros gobiernos. ¡Este es un ejercicio estrictamente cubano, entre cubanos y para los cubanos! (Aplausos.) (Exclamaciones de: “¡Viva Cuba libre!”)

Que sea precisamente la independencia y la soberanía de la nación la prioridad compartida, ha hecho posible que se avance de manera resuelta e irreversible hacia objetivos comunes, sin que las diferencias políticas, ideológicas o de otra índole puedan impedirlo.

En casi todos ustedes impresiona el modo en que se acercan a la patria, con una actitud de respeto y comprensión hacia las realidades del país y los legítimos derechos de quienes viven, trabajan, se sacrifican y luchan en él, lo que también contribuye al fortalecimiento de nuestras relaciones.

Espero que todas las presentaciones realizadas durante la Conferencia hayan permitido, como nos propusimos, trasmitirles de primera mano la percepción sobre los avances en el complejo universo de las relaciones entre la nación y sus emigrados, y actualizarlos con franqueza sobre la realidad que hoy vive el país. Del debate, rico en ideas y matices, que transcurrió tanto en el plenario como en los pasillos del Palacio de Convenciones o en los escenarios de las actividades colaterales, todos hemos aprendido.

Eliminar el bloqueo, preservar las indiscutibles conquistas sociales, no volver a los horrores del pasado de explotación y sometimiento de la patria han sido planteamientos fundamentales de amplia coincidencia entre los participantes, que nos demuestran el patriotismo sincero que pervive en la comunidad cubana asentada en el exterior.

También lo es la defensa irrenunciable al derecho a la autodeterminación y a la prerrogativa de dirimir, resolver y superar nuestros propios problemas sin injerencia extranjera y sin la permanente coerción del Gobierno estadounidense. Es un derecho que tiene o debería tener toda nación y que los cubanos atesoramos como una justa conquista a la que no vamos a renunciar.

Los intercambios sostenidos durante las últimas 48 horas nos han permitido esbozar el camino a seguir en función de incrementar la participación de los cubanos residentes en el exterior en el desarrollo socioeconómico de Cuba, y en procesos de carácter eminentemente político, como lo fueron las consultas populares sobre la nueva Constitución y el nuevo Código de las Familias, en busca de proseguir el proceso transformador y consolidar el socialismo autóctono y centrado en alcanzar la mayor justicia social para todos.

Hemos tenido la posibilidad de intercambiar ampliamente sobre las oportunidades que representan el desarrollo de las tecnologías y la informática, en función de proyectar una imagen viva de Cuba, con luces y sombras, pero siempre orgullosos de nuestra historia, de la capacidad de resistencia y del legado de justicia social alcanzado en esta tierra rebelde y digna.

Una vez más, la cultura se confirma como el factor principal que nos identifica, nos une y nos enorgullece. Al destacar nuestra cubanía, aspiramos a estimular los vínculos con las nuevas generaciones de cubanos residentes en el exterior, a través del fortalecimiento de los nexos culturales e históricos con su país o el de sus padres.

Quiero ratificarles, además, que allá donde estén llegará también la asistencia y protección consular siempre que sea requerida y posible. Es nuestra política y un deber de las embajadas y consulados cubanos acompañar, asistir, proteger cuando sea necesario y factible, a los cubanos residentes en el exterior. Los hechos ahorran mis palabras. Frente a un desastre natural, conflicto bélico, accidente u otra calamidad, nuestros funcionarios estuvieron allí y tienen la instrucción de acudir al auxilio de los cubanos que lo requieran.

En estos momentos se comete contra el pueblo palestino un genocidio de proporciones dantescas. Como lo hemos dicho en reiteradas ocasiones, Cuba continuará apoyando la justa causa de los palestinos, y exigimos un cese al fuego inmediato (Aplausos). Allí tenemos también cubanos que han formado familia y trabajan por esa nación.

Compatriotas:

Permítanme evocar al querido Eusebio Leal, quien tanto hizo por nuestra cultura y por la patria, cuando al referirse a aquellos que han decidido fijar su residencia en el exterior, expresó:

“Yo no creo que por sí misma la migración tenga que ser considerada, y más hoy, un evento estrictamente político. Es un tema económico, un tema familiar, o es un tema opcional […] Los que han ido y han fundado y han creado, tienen en su patria un punto de referencia, tienen una tumba a la que acudir, un pueblo al que volver, una madre a la cual besar, un niño a quien recuperar […] Y es posible que los que vayan y no olvidan, nos extiendan la mano.”3

“Los que han de quedarse en otras tierras –como refirió el propio Eusebio en otra ocasión– tienen hijos que llevarán y multiplicarán en su corazón la sangre de Cuba y por generaciones repetirán el nombre breve y sonoro de la tierra donde nacieron sus padres y abuelos”4.

En nombre de nuestro pueblo, les reitero que el compromiso de fortalecer los vínculos con los cubanos que viven en cualquier latitud del mundo ¡es invariable y es irreversible! (Aplausos).

Los invitamos a sumarse con energía renovada a esta nueva etapa en defensa de Cuba.

Todos los que quieran construir y aportar a esta obra colectiva que es la Revolución Cubana siempre serán bienvenidos (Aplausos).

¡La patria somos todos, y con ustedes crece!

¡Viva Cuba libre, independiente y soberana! (Exclamaciones de: “¡Viva!”)

Muchas gracias.

1 Discurso de Raúl Castro Ruz en el Séptimo Período de Sesiones de la VII Legislatura de la Asamblea Nacional del Poder Popular, 1ro. de agosto de 2011

2 Fragmentos de la reunión presidida por el Comandante en Jefe Fidel Castro Ruz, con la participación de un grupo de personas representativas de la Comunidad Cubana en el Exterior. Palacio de la Revolución, 20 de noviembre de 1978, Versiones Taquigráficas del Consejo de Estado.

3 Entrevista ofrecida por Eusebio Leal Spengler, Historiador de La Habana, a Amaury Pérez Vidal en el Programa “Con dos que se quieran”. Publicado por Cubadebate el 31 de julio de 2021.

4 Conferencia pronunciada por Eusebio Leal Spengler durante el IV Encuentro de cubanos residentes en los Estados Unidos: en defensa de la soberanía nacional y contra el bloqueo. Washington DC, 28 de octubre de 2017.

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