Cuba di nuovo di fronte ai gestori del caos

 

Cuba è sottoposta dall’estero a un’intensa terapia di  shock.

La sistematica campagna dei media, il lavoro d’influenza permanente, la compulsione a commettere azioni violente contro persone e istituzioni del Governo, tutto forma parte di un ben elaborato piano.

Influencers ciber-mercenari, veri franco-tiratori, s’incaricano di fare il lavoro sporco, articolati con la rete dei media contro rivoluzionari creati, organizzati e pagati da Washington, e realizzano l’impegno di convocare all’odio e fabbricare percezioni negative su temi algidi della società cubana, le sue carenze e i suoi conflitti.

Mediante la costruzione di rumori basati in menzogne o mezze verità, sostenuti dalla narrativa dell’indignazione popolare, pretendono di condannare a una morte civica le vittime dei loro attacchi.

Non è casuale che nei manuali d’istruzione dei servizi speciali yankee la guerra psicologica viene definita con i termini seguenti: «Coordinamento e uso di tutti i media, includendo i fisici e gli psichici che servano per distruggere la volontà di vincere del nemico, minare la sua capacità politica e la economica…».

Cuba vive in uno scenario complesso, la guerra economica provoca scarsità, le abitudini di consumo sono danneggiate al disopra di ogni limite.

D’altra parte l’attacco mediatico costante genera sentimenti d’insicurezza, paura e ansia.

I mercenari del caos utilizzano l’umorismo cubano e lo trasformano in una cattiva pantomima, una sorta di presa in giro cubana che cale con efficacia in alcuni settori come strumento dell’attacco alla reputazione, non solo di quadri o dirigenti, ma di tutti coloro che difendono la Rivoluzione.

Dalle fattorie di bots si lanciano migliaia di notizie false con l’obiettivo di provocare un effetto a valanga, una cascata di ripetizioni che «legittima» la fonte originale, riparata dall’efficace pratica del rumore.

Se analizziamo il comportamento dei siti digitali, soprattutto delle reti  sociali, vedremo che negli ultimi giorni «le notizie» si sono moltiplicate, relazionate con fatti violenti, presunte «azioni di corruzione di massa», «proteste popolari», etc.

Non sono casuali la circolazione e la prevalenza nell’ecosistema digitale nel quale lavoriamo, studiamo, ci informiamo e ci distraiamo, d’informazioni mendaci fabbricate nei laboratori dei servizi speciali statunitensi di storie costruite per generare confusione e malessere.

Sono rumori su disposizioni ottenute da «fonti affidabili», «filtrate» del livello centrale, tutto elaborato per creare il demonio della sfiducia, dello scontento, della mancata conformità.

Esiste un interesse marcato nel distorcere la percezione dei differenti eventi quotidiani, per far sì che il pubblico non possa giudicare né valutare obiettivamente gli avvenimento quotidiani.

Le etichette che muovono nelle reti mettono a nudo il loro proposito con tutta chiarezza: Stiamo vivendo il prologo di un tentativo di golpe blando?

È possibile, ma nonostante le armi provate della sovversione della guerra psicologica del nemico si scontrano e si scontreranno con la saggezza e la fiducia dei cubani nella Rivoluzione.

 

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