Le dimissioni di Almagro

Leandro Grille https://lapupilainsomne.wordpress.com

almagro sierpe usaUn editoriale della rivista uruguaiana ‘Caras y Caretas’ sostiene che il Fronte Ampio, l’organizzazione politica del cui governo fu ministro degli esteri l’attuale Segretario generale dell’OSA, deve chiedere le sue dimissioni e scusarsi col Venezuela.

Il Frente Amplio dovrebbe chiedere le dimissioni di Luis Almagro alla segretaria generale dell’OSA. Dovrebbe essere sufficiente una semplice dichiarazione dell’Ufficio Politico o, meglio ancora, della Plenaria Nazionale.

Non è necessario inserire la questione al Parlamento né tentare di presentare una richiesta formale dello Stato uruguaiano che, come membro a pieno titolo di quello screditato organismo, può, naturalmente, elevare le sue lamentele e reclami di dimissioni, quando lo consideri opportuno. Ma non avrebbe molto senso imbarcare il nostro paese in una campagna di tale tenore per emendare un errore che è, puramente e semplicemente, del Frente Amplio. Qua non spetta responsabilità a nessun altro. Né all’opposizione né ai media né a nessun altro attore importante della politica nazionale. Almagro, come segretario generale dell’OSA è un orrore, intimo, del Frente Amplio, uno sgorbio della nostra stirpe. E per ciò e per la vergogna che dovrebbe causarci l’amministrazione del nostro ex ministro a capo dell’ OSA, sarebbe opportuno un atto riparatorio, un onesto messaggio destinato a fare ammenda a tutta l’America Latina, ma soprattutto alla Repubblica Bolivariana del Venezuela, con cui è infuriato.

E’ ben noto che Luis Almagro non rappresenta il Frente Amplio né MPP né l’Uruguay né il presidente né José Mujica, il suo scopritore e principale promotore fino a che gli cadde la maschera che Almagro era qualcos’altro da ciò che lui credeva, e gli consegnò pubblicamente un deluso addio per email. Ma è così vero che non ci rappresenta nell’OSA come che non avrebbe raggiunto il suo vertice, senza una spinta frenteamplista. Abbiamo commesso una grossolana truffa al resto dei nostri fratelli del continente e solo ci assolve la certezza unanime che non avevamo idea del verme con cui avevamo a che fare. Qualcosa avremmo dovuto sospettare quando il Dipartimento di Stato si pronunciò, calorosamente, a favore della sua candidatura, e qualcos’altro quando il nostro ministro degli Esteri fu eletto con 33 dei 34 voti, in una schiacciante votazione che lo consacrò come segretario generale della moribonda organizzazione.

E fin lì arrivò il signor Almagro, in sella al prestigio di José Mujica, e molti pensavamo che avremmo avuto, per la prima volta, un’OSA in sintonia con i cambiamenti, con un aroma o almeno un accenno di antimperialismo, e tuttavia ci troviamo con un feroce rappresentante della posizione politica degli USA verso il governo del Venezuela. Tutte le lettere di Almagro, sul Venezuela, sono invadenti e irrispettose con il governo ed il popolo venezuelano. Sono irresponsabili, fuori dai limiti, assurde. Alcune sezioni delle sue lunghissime missive sono scandalose e anche superbe: osa analizzare i processi giudiziari, penali, elettorali, e persino le procedure di assegnazione dei seggi in quel paese, con un grado sorprendente di spavalderia. Ma l’ultimo dei pronunciamenti di Almagro, riferito alla sentenza della Corte Suprema di Giustizia (TSJ) del Venezuela, in cui si annullano le risoluzioni dell’Assemblea Nazionale fino a quando non si faccia marcia indietro con il giuramento in oltraggio di tre parlamentari dell’opposizione, la cui elezione era rimasta in sospeso per decisione della Suprema Corte stessa, dopo essere state impugnate alla fine dell’anno scorso, è risultato una monumentale figuraccia. Perché persino la stessa opposizione venezuelana ha accettato la sentenza e ha fatto marcia indietro con gli irregolari giuramenti. Almagro rimase scolpito in una posizione più estrema che gli stessi interessati. Più realista del re. Ridicolo nel suo ruolo di pedina del Dipartimento di Stato. Una vergogna per l’OSA -che, in tutti i modi, è stato molto colpito dai vergognosi atteggiamenti- e, purtroppo, una vergogna per l’Uruguay e per il Frente Amplio.

Mi chiedo cosa succederebbe se ci capitasse qualcosa di simile. Se il PSUV avesse fatto pressioni affinché sostenessimo la nomina di uno dei loro dirigenti ed ex gerarca dei loro governi, e oggi tale ipotetico soggetto fosse segretario della OSA con il nostro voto. Cosa ci produrrebbe se questo ipotetico segretario chavista questionasse i nostri processi elettorali, i nostri progetti di riforma costituzionale, i nostri processi giudiziari penali? Cosa ci avrebbe prodotto se un Segretario bolivariano dell’ OSA ci avesse attaccato come paese per la prigione dell’ex intendente Zimmer -prigione assurda e discutibile- o sul decreto di essenzialità nell’ Educazione o per la presenza nel nostro quadro giuridico del reato di abuso innominato di funzioni? Facciamo uso della nostra immaginazione e cerchiamo di ricreare i sentimenti e pensieri che ci provocherebbe che un segretario dell’OSA ci criticasse per cause addirittura rispettabili e condivisibili per molti, come l’esistenza della legge di amnistia, o per altre ragioni controverse, come la legalizzazione della marijuana. Facciamo finta che ciò si verifichi. Che un giorno raggiunga la segretaria generale dell’OSA un presunto chavista e cominci a far campagna con lettere a favore dei bianchi o colorati, a nome dell’alternanza e del rispetto dei diritti umani.

E’ chiaro cosa accadrebbe. Ci produrrebbe rabbia, rifiuto, indignazione. Per certo, lo denunceremmo a livello nazionale ed internazionale, e avvieremmo le misure necessarie affinché tale personaggio non continuasse a guidare l’organismo internazionale e, naturalmente, chiederemmo spiegazioni al Partito Socialista Unito del Venezuela. Perché si suppone che sono amici, che sono compagni nella storica lotta per una società più giusta, e anche se possono essere molto diversi e teniamo differenze più o meno importanti, sono alleati. Non gli perdoneremmo facilmente che ci avessero venduto un candidato a segretario generale dell’OSA che dopo l’assunzione si dedicasse a congratularsi con #POTUS (acronimo di President of The United States) su Twitter e ci insultasse in lunghe lettere che rivelano un viscerale disprezzo per ciò che noi rappresentiamo per l’America Latina ed il mondo.

Beh, credo che il Frente Amplio dovrebbe designare una missione ufficiale che andasse in Venezuela, si riunisse con la dirigenza del PSUV e gli esprimesse che i recenti atteggiamenti di Almagro non solo non ci rappresentano -anche se lui si dice frenteamplista- ma che inoltre contano sulla nostra profonda riprovazione, e come segno di buona fede e tributo alla vecchia amicizia tra il FA e il PSUV, e in omaggio alla memoria del comandante Chavez, la delegazione dovrebbe arrivare con un mazzo di rose rosse alla Caserma della Montagna per chiedere scusa, davanti alla tomba di Hugo, per questa vergogna, ed in pubblica conferenza esigere le dimissioni di Luis Almagro, per i suoi tremendi atti di ingerenza e di violazione del principio di autodeterminazione dei popoli. Forse alcuni possono pensare che ciò sarebbe adulazione, io penso, al contrario, che solo ciò sarebbe degno della migliore storia del Fronte. Degno del percorso di una forza politica unitaria, che è stata costruita da lavoratori e studenti, nata con il sangue democratico e rivoluzionario dei martiri e degli scomparsi, cresciuta nella solidarietà incrollabile con i popoli del mondo. E una forza politica che, anche quando ha commesso, in molte occasioni, errori, mai ha visto macchiato il suo prestigio con l’abiezione, per lasciar sola una rivoluzione in corso o per il terribile peccato di tradimento.

(Cara y caretas – Volti e maschere)

La renuncia de Almagro

Por Leandro Grille

Un editorial de la revista uruguaya Caras y caretas plantea que el Frente Amplio, la organización política de cuyo gobierno fue canciller el actual Secretario General de la OEA, debe pedir su renuncia y disculparse con Venezuela.

El Frente Amplio tendría que pedir la renuncia de Luis Almagro a la secretaría general de la OEA. Debería bastar una declaración sencilla de la Mesa Política o, mejor aún, del Plenario Nacional. No es necesario ingresar el asunto al Parlamento ni intentar propiciar una solicitud formal del Estado uruguayo que, como miembro pleno de ese desprestigiado organismo puede, naturalmente, elevar sus quejas y reclamos de dimisión cuando lo considere oportuno. Pero no tendría mucho sentido embarcar a nuestro país en una campaña de ese tenor para enmendar un error que es pura y exclusivamente del Frente Amplio. Acá no le cabe responsabilidad a más nadie. Ni a la oposición ni a los medios de comunicación ni a ningún otro actor importante de la política nacional. Almagro como secretario general de la OEA es un horror íntimo del Frente Amplio, un mamarracho de nuestra prosapia. Y por eso, y por la vergüenza que debería producirnos la gestión de nuestro ex ministro al frente de la OEA, sería apropiado un acto reparatorio, un honesto mensaje con intención de desagravio a toda América Latina, pero especialmente a la República Bolivariana de Venezuela, con la que está ensañado.

Es bien conocido que Luis Almagro no representa al Frente Amplio ni al MPP ni a Uruguay ni al presidente ni a José Mujica, su descubridor y principal promotor hasta que le cayó la ficha de que Almagro era otra cosa distinta a la que él creía, y le propinó públicamente un decepcionado adiós por mail. Pero es tan cierto que no nos representa en la OEA como que no habría alcanzado su cumbre sin un empujoncito frenteamplista. Hemos cometido una grosera estafa al resto de nuestros hermanos del continente y sólo no exculpa la certeza unánime de que no teníamos idea del bicho que estábamos traficando. Algo debimos haber sospechado cuando el Departamento de Estado se pronunció calurosamente a favor de su candidatura, y algo más cuando nuestro canciller se alzaba con 33 de los 34 votos, en una abrumadora votación que lo ungía como secretario general de la organización moribunda.

Y hasta ahí llegó el señor Almagro, a caballo del prestigio de José Mujica, y muchos creíamos que íbamos a tener por primera vez una OEA en sintonía con los cambios, con un aroma o por lo menos un dejo a antimperialismo, y sin embargo nos encontramos con un feroz representante de la posición política de Estados Unidos hacia el gobierno de Venezuela. Todas las cartas de Almagro sobre Venezuela son entrometidas e irrespetuosas con el gobierno y con el pueblo venezolano. Son irresponsables, extralimitadas, absurdas. Algunos tramos de sus larguísimas misivas son escandalosos y, además, soberbios: se atreve a analizar los procesos judiciales, penales, electorales, y hasta los procedimientos de asignación de bancas en ese país, con un grado de osadía asombroso. Pero el último de los pronunciamientos de Almagro, referido al fallo del Tribunal Supremo de Justicia (TSJ) de Venezuela en el que se anulan las resoluciones de la Asamblea Nacional hasta tanto no se dé marcha atrás con la juramentación en desacato de tres legisladores opositores, cuya elección había quedado en suspenso por decisión del propio TSJ, tras ser impugnados a fines del año pasado, ha resultado un papelón monumental. Porque hasta la propia oposición venezolana aceptó el fallo y dio marcha atrás con las juras irregulares. Almagro quedó estaqueado en una ubicación más extrema que los propios interesados. Más realista que el rey. Ridículo en su papel de peón del Departamento de Estado. Una vergüenza para la OEA -que, de todos modos, ha sido muy afecta a las actitudes vergonzosas- y, lamentablemente, una vergüenza para Uruguay y para el Frente Amplio.

Yo me pregunto qué pasaría si nos sucediera algo similar. Si el PSUV hubiera hecho lobby para que acompañáramos la postulación de uno de sus dirigentes y exjerarcas de sus gobiernos, y hoy ese sujeto hipotético fuera secretario de la OEA con nuestro voto. ¿Qué nos produciría a nosotros si ese supuesto secretario chavista cuestionara nuestros procesos electorales, nuestros proyectos de reforma constitucional, nuestros procesos judiciales penales? ¿Qué nos habría producido si un secretario bolivariano de la OEA nos atacaba como país por la prisión del ex intendente Zimmer -prisión absurda y cuestionable- o por el decreto de esencialidad en la Educación o por la existencia en nuestro marco jurídico del delito de abuso innominado de funciones? Hagamos uso de nuestra imaginación e intentemos recrear los sentimientos y pensamientos que nos provocaría que un secretario de la OEA nos cuestionara por causas incluso respetables y compartibles para muchos, como la existencia de la ley de caducidad, o por otros motivos polémicos, como la legalización de la marihuana. Hagamos de cuenta que eso se produce. Que un día alcanza la secretaría general de la OEA un supuesto chavista, y comienza a hacer campaña por carta a favor de blancos y colorados, en nombre de la alternancia y del respeto de los derechos humanos.

Está claro lo que pasaría. Nos produciría furia, rechazo, indignación. Por cierto, lo denunciaríamos nacional e internacionalmente e iniciaríamos las gestiones pertinentes para que tal personaje no continuara al frente del organismo internacional y, por supuesto, pediríamos explicaciones al Partido Socialista Unido de Venezuela. Porque se supone que son amigos, que son compañeros en la brega histórica por una sociedad más justa, y aunque puedan ser bien distintos y tengamos diferencias más o menos importantes, son aliados. No les perdonaríamos fácilmente que nos hubieran vendido un candidato a secretario general de la OEA que luego de asumir se dedicara a felicitar a #POTUS (acrónimo de President of The United States) por Twitter y denostarnos a nosotros en extensas epístolas que revelaran un desprecio visceral por lo que representamos para América Latina y el mundo.

Pues bien, creo que el Frente Amplio debería designar una misión oficial que se dirigiera a Venezuela, se reuniera con la directiva del PSUV y le expresara que las últimas actitudes de Almagro no sólo no nos representan -aunque él se diga frenteamplista- sino que además cuentan con nuestra profunda reprobación, y como muestra de buena fe y tributo a la vieja amistad entre el FA y el PSUV, y en homenaje a la memoria del comandante Chávez, la delegación debería llegar con un ramo de rosas rojas al Cuartel de la Montaña a pedir perdón ante la tumba de Hugo por este bochorno, y en conferencia pública exigir la renuncia de Luis Almagro, por sus tremendos actos de injerencia y de violación del principio de autodeterminación de los pueblos. Tal vez algunos piensen que eso sería alcahuete, pero yo creo, por el contrario, que sólo algo así sería digno de la mejor historia del Frente. Digno de la trayectoria de una fuerza política unitaria, que fue construida por obreros y estudiantes, cimentada con la sangre democrática y revolucionaria de mártires y desaparecidos, crecida en la solidaridad irrenunciable con los pueblos del mundo. Y una fuerza política que aun cuando ha cometido, en muchas ocasiones, errores, nunca ha visto empañado su prestigio con la abyección, por dejar sola a una revolución en marcha o por el terrible pecado de la traición.

(Caras y caretas)

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