Iran, USA, Cuba … il massacro di Sabra e Chatila

L’Iran ricorre all’Aia per i fondi confiscati, cosa faranno gli USA?

Iroel Sánchez https://lapupilainsomne.wordpress.com

us_terror_244x183Il governo iraniano ha presentato una denuncia contro gli USA davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia per la confisca di due miliardi di dollari dei suoi fondi congelati negli USA.

Una decisione della Corte Suprema USA ha stabilito che l’Iran deve pagare 2000 milioni alle vittime e famigliari dei marine USA morti in un attentato contro un’installazione militare USA in Libano, di cui Washington incolpa la Repubblica Islamica, ma perfino il giudice John Roberts che si oppose, nella Corte Suprema, al verdetto ha denunciato l’arbitrarietà di quella decisione: “Non meno che se si fosse approvata una legge affermando che ‘i denuncianti vincono’, il Congresso ha deciso questo caso adottando uno statuto appositamente disegnato per questo caso, che risolve le specifiche controversie legali tra le parti assicurando la vittoria ai querelanti”.

Da parte sua, il presidente iraniano, Hassan Rouhani, ha sostenuto che la morte di quegli statunitensi in Libano non ha nulla a che fare con l’Iran e che la decisione giudiziaria adottata in Washington è uno “sfacciato furto”.

Il fatto di cui Washington accusa l’Iran si verificò 33 anni fa, il 23 ottobre 1983 a Beirut, e vi morirono 241 marine USA, parte di una forza di intervento guidata dagli USA insieme ad altri paesi membri della NATO (Francia, Italia e Gran Bretagna). In quell’occasione due camion carichi di esplosivo guidati da suicidi si schiantarono, entrambi, contro la caserma dei marine USA ed il posto di comando dell’esercito francese in Libano, in cui anche morirono 59 paracadutisti.

Ma che facevano quei militari in Libano e perché erano lì. Un cablo dell’agenzia UPI datato 20 settembre 1983 riferiva che “le cannoniere che bombardano posizioni antigovernative durante le principali operazioni navali USA dal conflitto del Vietnam sono parte di una crescente forza di combattimento assegnata al Libano che comprende 15 navi da guerra e 16238 soldati e marinai USA”.

sabra-chatilaUn anno prima, Israele aveva approfittato di una precipitosa e sospetta ritirata delle forze multinazionali e invase Beirut e massacrò i rifugiati dei campi palestinesi di Sabra e Chatila in un’azione che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU) qualificò come genocidio. In 40 ore morirono migliaia di civili disarmati, tra cui donne, anziani e neonati. Da allora, si aggravarono gli scontri e le forze multinazionali composte da Francia, Italia, USA e Gran Bretagna ritornarono in Libano, mentre Washington impose un accordo tra le autorità israeliane e libanesi, respinto dalla Siria e dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, che legalizzò la presenza di truppe d’Israele in Libano.

L’attentato del 23 ottobre fu rivendicato da un’organizzazione chiamata Jihad Islamica ed un ex agente del Mossad, Victor Ostrovsky, ha sostenuto che il servizio segreto israeliano (Mossad) sapeva dei piani per attentare contro la caserma USA e non fece nulla per impedirlo. Ha una logica, perché dopo l’attentato il presidente USA, Ronald Reagan, si disse “più determinato che mai” a che i suoi marine permanessero in Libano “per far fronte a coloro che vorrebbero farci abbandonare la regione” e le forze USA si coinvolsero, ancor più, nel conflitto anche se le ripercussioni interne obbligarono Washington, e i suoi alleati, a ritirarsi nel primo semestre del 1984.

La stampa occidentale non chiama terrorismo quanto successo a Sabra e Chatila, dove morirono migliaia di civili, ma riportando la decisione della Corte Suprema contro i fondi iraniani parla dei marine, membri di una forza di combattimento in territorio straniero che appoggiava coloro che commisero quel massacro, come “vittime del terrorismo”.

Il coinvolgimento degli USA in azioni terroristiche è noto. Soprattutto nel caso dell’America Latina, dove solo a Cuba 3478 posadaasspersone sono morte vittime del terrorismo praticato, finanziato e incoraggiato da Washington. Gli autori materiali ed intellettuali di quegli eventi vivono tranquillamente negli USA e lungi dal comparire davanti alla giustizia, i fondi del governo cubano, congelati negli USA in virtù del blocco di più di cinque decenni che Washington mantiene contro Cuba, si sono convertiti -grazie a giudici venali- in un affare per loro e e i loro patrocinatori appartenenti a settori estremisti che, storicamente, hanno vissuto dello scontro tra i due paesi.

La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia è un organo delle Nazioni Unite che già una volta ha condannato gli USA, indicandoli di “cessare e astenersi” dall’ “uso illegale della forza” contro il governo del Nicaragua, nel corso del decennio 1980. La Corte affermò allora che gli USA commisero “una infrazione della sua obbligazione ai sensi del Diritto internazionale consuetudinario di astensione dell’uso della forza contro un altro Stato”, ma Washington mai ottemperò a tale decisione né pagò l’indennizzo che era stabilito, nonostante avesse accettato la giurisdizione obbligatoria della Corte, sin dalla sua creazione nel 1946.

good terroristIl fatto che il governo iraniano ricorra all’Aia parla a favore della sua convinzione di innocenza e del suo rispetto della legalità internazionale, gli USA accetteranno, questa volta, la sentenza o, nuovamente, si considereranno al di sopra delle Nazioni Unite e agiranno come il il bullo del quartiere che applica la sua legge a tutti, ma mai accetta la legge di tutti per sé?

Irán va a La Haya por fondos confiscados, ¿qué hará EEUU?

Por Iroel Sánchez

El gobierno iraní ha presentado una demanda contra Estados Unidos ante la Corte Internacional de Justicia de La Haya por la confiscación de 2 mil millones de dólares de sus fondos congelados en EEUU. Una decisión de la Corte Suprema estadounidense estableció que Irán debe pagar esos 2000 millones a las víctimas y familiares de marines estadounidenses muertos en un atentado contra una instalación militar norteamericana en el Líbano del que Washington culpa a la República Islámica pero hasta el Juez John Roberts, que se opuso en la Corte Suprema al veredicto, ha denunciado la arbitrariedad de esa decisión: “No menos que si se hubiera aprobado una ley afirmando ‘los demandantes ganan’, el Congreso decidió este caso adoptando un estatuto especialmente diseñado para este caso, que resuelve las disputas legales específicas de las partes garantizando la victoria de los demandantes”.

Por su parte, el presidente de Irán, Hasan Rohani, ha planteado que la muerte de esos estadounidenses en el Líbano no tiene nada que ver con Irán y que la decisión judicial adoptada en Washington es un “robo descarado”.

El hecho del que Washington acusa a Irán ocurrió hace 33 años, el 23 de octubre de 1983, en Beirut, y en él murieron 241 marines estadounidenses, parte de una fuerza de intervención liderada por EEUU junto a otros países miembros de la OTAN (Francia, Italia y Gran Bretaña). En esa ocasión dos camiones repletos de explosivos conducidos por suicidas fueron estrellados a la vez contra el cuartel de los marines estadounidenses y el puesto de mando del ejército francés en Líbano en el que también murieron 59 paracaidistas.

Pero qué hacían esos militares en el Líbano y por qué estaban allí. Un cable de la agencia UPI fechado el 20 de septiembre de 1983 reportaba que “los cañoneros que bombardean posiciones antigubernamentales durante las mayores operaciones navales norteamericanas desde el conflicto de Vietnam son parte de una creciente fuerza de combate asignada al Líbano que incluye 15 barcos de guerra y 16,238 soldados y marinos norteamericanos”.

Un año antes, Israel había aprovechado una precipitada y sospechosa retirada de las fuerzas multinacionales e invadió Beirut y masacró a los refugiados de los campamentos palestinos de Sabra y Chatila en una acción que la Asamblea General de la Organización de las Naciones Unidas (ONU) calificó de genocidio. Durante 40 horas murieron miles de civiles desarmados, incluyendo mujeres, ancianos y recién nacidos. A partir de entonces, se agravaron los enfrentamientos y las fuerzas multinacionales integradas por Francia, Italia, EEUU y Gran Bretaña retornaron al Líbano, mientras Washington impuso un acuerdo entre las autoridades israelíes y libanesas, rechazado por Siria y la Organización para la Liberación de Palestina, que legalizó la presencia de las tropas de Israel en el Líbano.

El atentado del 23 de octubre fue reivindicado por una organización llamada Yihad Islámica y un ex agente del Mossad, Víctor Ostrovsky, ha sostenido que el servicio israelí de inteligencia (Mossad) sabía de los planes para atentar contra el cuartel estadounidense y no hizo nada para impedirlo. Tiene lógica porque tras el atentado el Presidente estadounidense Ronald Reagan se dijo “más decidido que nunca” a que sus marines permanecieran en Líbano “para hacer frente a los que quisieran hacernos abandonar la región” y las fuerzas de EEUU se implicaron más en el conflicto, aunque las repercusiones internas obligaron a Washington y sus aliados a retirarse en el primer semestre de 1984.

La prensa occidental no llama terrorismo a lo ocurrido en Sabra y Chatila, donde murieron miles de civiles pero al cubrir la decisión de la Corte Suprema contra los fondos iraníes habla de los marines, miembros de una fuerza de combate en territorio extranjero que apoyaba a quienes cometieron esa masacre, como “víctimas del terrorismo”.

La implicación de Estados Unidos en acciones terroristas es notoria. Sobre todo en el caso de América Latina, donde solo en Cuba 3478 personas han muerto víctimas del terrorismo practicado, financiado y alentado por Washington. Los autores materiales e intelectuales de esos hechos viven tranquilamente en Estados Unidos y lejos de comparecer ante la justicia, fondos del gobierno cubano congelados en EEUU en virtud del bloqueo de más de cinco décadas que sostiene Washington contra la Isla, se han convertido –gracias a jueces venales- en un negocio para ellos y sus patrocinadores pertenecientes a sectores extremistas que históricamente han vivido del enfrentamiento entre los dos países.

La Corte Internacional de Justicia de La Haya es un órgano de la ONU que ya una vez falló contra Estados Unidos, indicándole “cesar y abstenerse” del “uso ilegal de la fuerza” contra el gobierno nicaraguense durante la década de 1980. La Corte afirmó entonces que los Estados Unidos cometieron “una infracción de su obligación bajo el Derecho internacional consuetudinario de abstención del uso de la fuerza contra otro Estado” pero Washington nunca acató esa decisión ni pagó las compensaciones que establecía, a pesar de que había aceptado la jurisdicción obligatoria de la Corte desde su creación en 1946.

El hecho de que el gobierno iraní acuda a La Haya habla a favor de su convicción de inocencia y su respeto por la legalidad internacional, ¿aceptará esta vez Estados Unidos la sentencia, o nuevamente se considerará por encima de las Naciones Unidas y actuará como el guapetón del barrio que aplica su ley a todos pero nunca acepta la ley de todos para sí?

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.