La fine di una farsa

Ricardo Alarcón de Quesada http://www.cubadebate.cu

portoricoA metà del secolo scorso, gli USA avevano annunciato, con grande enfasi, che Portorico smetteva di essere una colonia e si trasformava in un socio con cui avrebbe firmato un Patto, apparentemente tra uguali, battezzato “stato libero associato”.

Come un mago che tira fuori un coniglio dal cappello, Washington mostrò orgoglioso la nuova creatura all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e avvertì, che d’ora in poi non renderebbe conto sullo stato di un territorio che non sarebbe più sotto il loro dominio.

L’ Assemblea, che nel 1953 era in gran parte controllata dagli USA, approvò tale posizione in una votazione di 26 a favore, 16 contro e 18 astensioni. In altre parole, nonostante la Guerra Fredda ed il potere allora incontrastato che esercitava su un Forum al quale ancora non partecipavano la maggior parte dei suoi duecento membri attuali, il mago non riuscì nemmeno a convincere la metà dell’Assemblea.

oscar-yaAll’interno dell’isola i nazionalisti ed indipendentisti soffrirono la repressione più brutale. Molti caddero in combattimento o assassinati, non pochi persero il lavoro e soffrirono persecuzioni e discriminazioni. Altri furono condannati a lunghe pene in prigioni federali, tra cui Pedro Albizu Campos, che solo fu liberato quando era sul punto di morte.

Anno dopo anno i patrioti hanno denunciarono la farsa e reclamarono la solidarietà internazionale, ma la loro richiesta sembrava affrontare la sordità universale.

Nel frattempo l’ONU stava cambiando. In esso entrarono decine di paesi di Africa, Asia, Caraibi e Oceania, provenienti da un processo che smantellò i vecchi imperi coloniali. A quasi tutti. Washington riuscì a mantenere la pratica del colonialismo come se nulla fosse accaduto nel mondo.

L’ONU adottò, nel 1960, la Dichiarazione 1514 (XV) proclamando il diritto inalienabile all’indipendenza di tutti i popoli ancora sommessi alla dominazione straniera e stabilendo l’obbligo delle potenze coloniali a trasferire loro il potere affinché potessero godere di una “indipendenza e libertà assoluta”.

Dal momento della creazione del Comitato Speciale ONU incaricato di applicare tale Dichiarazione i portoricani cercarono di essere ascoltati. Non vi riuscirono fino al 1973. Da quel momento, ogni anno, il Comitato approvò risoluzioni che, sempre adottate anche dall’Assemblea, riconobbero a Portorico quel diritto e hanno esortarono gli USA ad agire di conseguenza. Washington, testardamente, insistette che che la questione era stata risolta con la creazione dello “stato libero associato”. Quest’anno, nella discussione del Comitato, hanno partecipato i rappresentanti, assolutamente, di tutti i settori portoricani, senza eccezione, tra cui l’attuale Governatore dell’isola e coloro che sostengono la sua annessione agli USA e tutti, senza escludere nessuno, hanno ammesso che è una situazione coloniale che deve essere risolta con urgenza e in conformità con il mandato ONU.

Una domanda gravitava su questo dibattito. La crisi economica dell’isola, conseguenza del fallimento del modello economico che le si è imposto aveva portato ad un debito colossale ed all’insolvenza. Le autorità locali hanno voluto trovare rimedi da sé immaginando che avessero la capacità di farlo, come suggeriva il vecchio mito. Provarono, inoltre, inutilmente, che se le permettesse beneficiare delle procedure di bancarotta come fece, ad esempio, Detroit. Ma in pochi giorni sono stati costretti a svegliarsi. La Corte Suprema, il Congresso e l’Amministrazione USA, solennemente e inequivocabilmente dissero quello che patrioti mai si stancarono di denunciare: Portorico manca di propria sovranità ed è soggetta completamente ai poteri di Washington, cioè, è un possedimento USA, un territorio coloniale. Per di più il presidente Obama approvò una legge che crea una Giunta di Controllo Fiscale che si occuperà di riscuotere il debito e dirigerà le finanze e l’economia portoricana. I sette membri della Giunta saranno nominati da Washington. Senza contare minimamente con l’immaginario “socio” lo spogliarono dei suoi scarsi attributi.

Come era prevedibile la situazione ha generato un unanime rifiuto.

Il sipario è finalmente caduto sulla farsa dello “stato libero associato”.

Mostrando rispetto e generosità le forze indipendentiste hanno proposto una possibile via d’uscita. Per loro iniziativa, oltre alla Risoluzione annuale, il Comitato ha approvato all’unanimità un Accordo speciale affidando al suo Presidente di intraprendere i suoi buoni uffici per promuovere un dialogo tra Washington e coloro che cercano la decolonizzazione, al fine di risolvere questo caso in modo conforme a ciò che l’ONU ha richiesto ormai da molti anni. Obama ha la parola.

El final de una farsa

A mediados del pasado siglo Estados Unidos había anunciado a bombo y platillo que Puerto Rico dejaba de ser una colonia y se transformaba en un socio con el que habría suscrito un Pacto, supuestamente entre iguales, bautizado como “estado libre asociado”.

Como mago que saca un conejo del sombrero, Washington mostró orgulloso la nueva criatura ante la Asamblea General de la ONU y advirtió que en lo adelante no le rendiría cuentas sobre la situación de un territorio que ya no estaría bajo su dominio. La Asamblea, que en 1953 era ampliamente controlada por Estados Unidos, endosó esa posición en una votación de 26 a favor, 16 en contra y 18 abstenciones. En otras palabras a pesar de la Guerra Fría y del poderío entonces indiscutido que ejercía sobre un Foro en el que aún no participaban la mayoría de sus doscientos miembros actuales, el mago no pudo convencer siquiera a la mitad de la Asamblea.

Al interior de la isla los nacionalistas e independentistas sufrieron la más brutal represión. Muchos cayeron combatiendo o asesinados, no pocos perdieron sus trabajos y sufrieron persecución y discriminación. Otros fueron condenados a largas sentencias en prisiones federales, entre ellos, Pedro Albizu Campos, quien sólo fue liberado cuando estaba al borde de la muerte.

Año tras año los patriotas denunciaron la farsa y reclamaron la solidaridad internacional pero su reclamo parecía encarar la sordera universal.

Entretanto la ONU fue cambiando. A ella entraron decenas de países, de África, Asia, el Caribe y Oceanía, provenientes de un proceso que desmanteló a los viejos imperios coloniales. A casi todos. Washington se las arregló para seguir practicando el colonialismo como si nada hubiese ocurrido en el mundo.

La ONU adoptó en 1960 la Declaración 1514 (XV) proclamando el derecho inalienable a la independencia de todos los pueblos aun sometidos al dominio foráneo y estableciendo la obligación de las potencias coloniales a transferirles el poder para que pudiesen disfrutar de “una independencia y libertad absoluta”.

Desde la creación del Comité Especial de la ONU encargado de aplicar esa Declaración los boricuas trataron de ser escuchados. No lo lograron hasta 1973. A partir de ahí cada año el Comité aprobó resoluciones que, siempre adoptadas también por la Asamblea, le reconocieron a Puerto Rico ese derecho y exhortaron a Estados Unidos a actuar en consecuencia. Washington tercamente insistió en que el asunto había sido resuelto con la creación del “estado libre asociado”. Este año, en la discusión del Comité, participaron los representantes de todos los sectores puertorriqueños absolutamente, sin excepción, incluyendo al actual Gobernador de la isla y a quienes abogan por su anexión a los Estados Unidos y todos, sin excluir a alguno, admitieron que es una situación colonial que debe ser resuelta con urgencia y de acuerdo con el mandato de la ONU.

Una cuestión gravitaba sobre este debate. La crisis económica de la isla, consecuencia del fracaso del modelo económico que se le impuso, había conducido a una deuda colosal y la insolvencia. Las autoridades locales quisieron encontrar remedios por sí mismas imaginando que tenían capacidad para hacerlo pues así lo sugería el viejo mito. Ensayaron también, inútilmente, que se les permitiese acogerse a los procedimientos de bancarrota como hizo, por ejemplo, Detroit. Pero en pocos días fueron obligadas a despertar. La Corte Suprema, el Congreso y la Administración norteamericana solemnemente y en términos inequívocos dijeron lo que los patriotas nunca se cansaron de denunciar: Puerto Rico carece de soberanía propia y está sujeta completamente a los poderes de Washington, o sea, es una posesión norteamericana, un territorio colonial. Para colmo el Presidente Obama sancionó una ley que crea una Junta de Control Fiscal que se ocupará de cobrar la deuda y dirigirá las finanzas y la economía puertorriqueñas. Los siete miembros de la Junta serán designados por Washington. Sin contar para nada con el imaginario “socio” le despojaron de sus escasos atributos.

Como era de suponer la situación ha generado un rechazo unánime.

El telón finalmente ha caído sobre la farsa del “estado libre asociado”.

Dando muestras de altura y generosidad las fuerzas independentistas han propuesto una salida posible. Por su iniciativa, además de la Resolución anual, el Comité aprobó por unanimidad un Acuerdo especial encargando a su Presidente emprender sus buenos oficios para promover un diálogo entre Washington y quienes buscan la descolonización con el fin de resolver este caso conforme a lo que la ONU ha demandado por muchos años ya. Obama tiene la palabra.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.