Mangusta non mangia coccodrillo (Parte VI)

Fabián Escalante Font https://lapupilainsomne.wordpress.com

Nel suo discorso al senato, il 14 giugno 1960, pochi mesi prima della sua elezione, John F. Kennedy disse, “Dobbiamo mantenere invulnerabile una forza nucleare di rappresaglia che non sia inferiore a nessun altra (…) dobbiamo sviluppare un programma di dispersione di basi, allo stesso tempo accelerare lo sviluppo e la produzione di alcuni missili che non possano essere distrutti da un attacco a sorpresa: Polaris, Minuteman, e missili terra-aria a lungo raggio, e anche aumentare la nostra produzione di missili Atlas … “

Nel 1962 gli USA avevano una decisiva superiorità nelle armi nucleari sopra l’Unione Sovietica. Non era un bluff del complesso militare-industriale o di campagne politiche per candidare presidenti o congressisti. Il suo potere in questo campo era il risultato della corsa agli armamenti intrapresa dopo la conclusione della II Guerra Mondiale, al calore del cosiddetto “pericolo comunista”. Per nessuno era un segreto la superiorità tecnologica, scientifica ed industriale USA nei confronti di una Unione Sovietica devastata dalla guerra contro la Germania fascista e dal blocco imposto dall’Occidente alla giovane rivoluzione bolscevica, sin dal suo inizio.

In meno di due anni, l’arsenale USA era composta da 229 missili balistici intercontinentali; 5000 ogive strategiche nucleari e 1500 bombardieri a lungo raggio, tra cui si evidenziavano 600 modello B-52 di cui 400 erano equipaggiati con missili aria-superficie e 700 del tipo B-47, mentre le sue forze tattiche avevano 2500 aerei da cacci e 500 da trasporto, più 11 squadriglie da ricognizione della Guardia Nazionale e 5 di comunicazioni. Inoltre, aveva 16 portaerei di attacco della Marina, con più di 400 bombardieri leggeri e 9 sottomarini Polaris in grado di lanciare 144 missili nucleari a lungo raggio situati in tutti gli oceani del pianeta.

Da parte loro, i sovietici contavano pochi sottomarini dotati di missili a corto raggio, che non potevano sparare più di 100 missili, dislocati in aree molto lontane dal territorio USA. Inoltre, 44 missili intercontinentali, di cui solo 20 erano operativi in ​​quel momento; 300 ogive nucleari e 150 bombardieri strategici. 1 L’ aviazione da combattimento non aveva sufficiente autonomia e senza basi straniere vicine ai suoi prevedibili obiettivi, erano inefficienti per un eventuale confronto con gli USA ed i suoi alleati europei.

La superiorità era indiscussa; solo la retorica di Nikita Jruchev faceva dubitare i falchi del Pentagono quando affermava che i missili sovietici potevano abbattere una mosca collocata nello spazio. Sicuramente, al conoscersi la vera parità nucleare, nessuno avrebbe accettato di installare missili sul proprio territorio.

Il 29 maggio 1962, pochi giorni dopo lo smantellamento da parte dei servizi di sicurezza cubani, della prima fase di Mangosta, giunse a Cuba una delegazione sovietica guidata da Sharaf Rashidov e Sergey Biriuzov, uno membro del Politburo e l’altro maresciallo e capo delle forze missilistiche, inviati da Nikita Jruchev per negoziare con Fidel Castro l’installazione di missili con testate nucleari sull’isola.

Durante i colloqui con i dirigenti cubani, i sovietici argomentarono i pericoli che incombevano sulla Rivoluzione cubana motivati dalla chiara intenzione USA di rovesciare la Rivoluzione. Spiegarono che all’essere approvata, la proposta, dai cubani i missili avrebbero significato una potente forza deterrente contro questi piani.

Fidel Castro li ascoltò con attenzione in quanto sapeva, meglio di chiunque altro, i piani che già erano in corso e strappavano vite e innumerevoli risorse, ogni giorno, nel paese. Inoltre spiegarono che Krusciov proponeva un trattato militare bilaterale che si sarebbe dichiarato nei successivi mesi, durante la sua visita a L’Avana. Niente, naturalmente, si disse della reale correlazione di forze strategiche.

Dopo questo vertice, Fidel riunì la dirigenza cubana e le sottopose le proposte. Dopo le analisi pertinenti, con i giudizi dei suoi compagni, diede l’autorizzazione ad avviare l’operazione. Anni dopo, nel 1992, nel corso di una riunione tripartita 2, quando spiegava le ragioni che lo spinsero a prendere quella decisione, spiegò: “Noi dal primo momento abbiamo percepito un’operazione strategica. A noi non ci piacevano i missili. Se si fosse trattato della nostra esclusiva difesa, non avremmo accettato i missili. Ma non andate a pensare che fosse per il timore dei pericoli che sarebbero potuto derivare dai missili qui, ma dal modo in cui ciò avrebbe danneggiato l’immagine della Rivoluzione e noi eravamo molto gelosi dell’immagine della Rivoluzione, nel resto dell’America Latina, e che la presenza dei missili, di fatto, ci avrebbe trasformato in una base militare sovietica e ciò aveva un alto costo politico per l’immagine del nostro paese, che tanto noi apprezzavamo (…) noi abbiamo visto nell’installazione dei missili qualcosa che rafforzava il campo socialista, qualcosa che contribuiva in qualche modo a migliorare la cosiddetta correlazione di forze. Fu come noi lo abbiamo percepito subito, immediatamente. Non siamo entrati in discussioni al riguardo, perché se entravamo in discussioni per cosa serviva o non serviva ciò, di fatto avremmo rifiutato di accettare i missili”. 3

Per Fidel Castro era chiaro fin dall’inizio che si trattava di un’operazione di una importanza straordinaria, molto difficile da nascondere ai servizi di intelligence occidentali e quindi rilevabile e denunciabile. Inoltre, Cuba aveva il legittimo diritto di acquisire i mezzi di difesa che ritenesse opportuno, motivo per cui si insistette, fin dall’inizio, sulla firma di un accordo ufficiale tra i due paesi che legalizzasse tale decisione. In due occasioni dirigenti cubani 4 si recarono in Unione Sovietica con queste rivendicazioni; tuttavia, i sovietici proposero di rinviare il trattato a dopo le elezioni USA, e con ciò facilitarono la scoperta dei missili ed il successivo scoppio della crisi.

Anadir -nome chiave dell’operazione- fu nelle parole di uno dei suoi esecutori, il generale Anatoli Gribkov 5 la più grande operazione di tale natura intrapresa dalle forze armate dell’Unione Sovietica, ed in generale della storia della Russia, al trasferire un gruppo di truppe, quarantamila soldati oltre l’oceano.

Il totale delle forze spostate, in soli 76 giorni, comprese la mobilitazione di ottantacinque navi che fecero 185 viaggi, una divisione missilistica, che contava su due reggimenti con missili di portata intermedia, i denominati R-14 6 e tre di media portata, R-12. 7, che in totale avevano bisogno di 40 rampe di lancio per 60 missili. Gli R-14 non arrivarono a Cuba, ma gli R-12 completarono la loro dislocazione prima della denuncia USA, nelle regioni selezionate del territorio nazionale.

Quattro reggimenti di fanteria motorizzata, tre dei quali ebbero aggiunti un gruppo di missili tattici tipo Luna, 8 con nove di essi ognuno e che avevano la missione di abbattere la flotta navale USA.

Due reggimenti alati di corto raggio FKR, con 80 missili che potevano raggiungere i loro obiettivi ad una distanza di 150 km.

Una forza aerea composta da 60 Mig 21, 6 Mig 15 e un MIG 17, 42 bombardieri leggeri Il 28, di cui solo una mezza dozzina sarebbero stati armati, un reggimento di elicotteri MI-4 e una squadra di aerei da trasporto.

Due divisioni di missili antiaerei (SA-75), con 144 rampe di lancio che potevano abbattere i loro obiettivi a circa 27 km di altezza con una portata massima di 35 chilometri. C’erano anche due battaglioni radiotecnici per rilevare l’aviazione nemica.

Le forze navali erano composte da 12 lance Komar, armate con due missili con una portata di 40 chilometri ciascuno; un reggimento di missili terra-mare tipo Sopka, composto da 8 installazioni di lancio per 34 missili con una portata di 80 chilometri. Inoltre disponeva di 7 sottomarini armati con 21 missili R-13, a cui si potevano collocare testate nucleari, erano responsabili della custodia delle navi e poi di rimanere nella regione come mezzo di sostegno.

Le truppe sovietiche contarono su più unità indipendenti per garantire la capacità combattiva. In totale, furono trasferiti a Cuba 43000 soldati ed ufficiali. 9

Tuttavia questo enorme raggruppamento di forze e mezzi non poté essere scoperta in tempo dai servizi segreti USA o dai loro alleati della NATO. Quando, il 14 ottobre, un aereo da ricognizione U-2 fotografò i missili R-12 nella località di San Cristobal, provincia di Pinar del Rio, erano già praticamente pronti i siti di piazzamento dei tre reggimenti di quell’arma.

Si noti che il primo missile fu installato per il 4 ottobre; il giorno 14, ce ne erano altri quattro; dieci giorni dopo, erano venti ed infine il 25 ottobre, tutte i missili R-12 erano operativi.

D’altra parte, le unità sovietiche di fanteria motorizzata, di missili antiaerei, della Marina e della Forza Aerea e gli accampamenti per le migliaia di uomini che dovevano assicurare le armi erano dislocati, praticamente, in tutto il territorio nazionale.

Dai primi momenti in cui la leadership politica cubana accettò l’installazione di missili sull’isola, una squadra delle Forze Armate Rivoluzionarie, composto dalla Direzione d’Informazione e dal Controspionaggio Militare, si diede il compito di coordinare, con gli omologhi organismi del Ministero dell’Interno e delle istituzioni interessate, lo sbarco, la dislocazione, la sicurezza e la protezione delle truppe sovietiche.

I missili si sbarcavano e caricavano formando carovane di 5/6 veicoli, che si dirigevano custoditi verso le loro destinazioni. Ma risultavano che le nostre strade erano strette e attraversavano villaggi e città, che non solo mettevano in pericolo la segretezza, ma anche ponevano ostacoli di diversa natura, per esempio, pali del telefono, linee elettriche, e così via. Le truppe sovietiche, generalmente di tratti nordici, dovevano essere vestite con abiti estivi e farli passare, sempre che si potesse, per tecnici agricoli.

Bisogna dire, in tutta onestà, che moltissimi cubani si resero conto che si stava introducendo missili nel nostro paese e, probabilmente, anche lo commentarono con i loro parenti più stretti. Tuttavia, nulla filtrò, fu il segreto a voce meglio custodito. Eravamo così minacciati dagli USA che vedevamo in quelle armi un modo per salvare la Rivoluzione. Fu il nostro legittimo e sovrano diritto.

La CIA e gli altri servizi occidentali si interessarono fin dall’inizio a quell’insolito movimento di navi tra l’Unione Sovietica e Cuba. Nel nostro paese -come si è dimostrato- la CIA aveva ancora una base importante di agenti ed informatori che, in effetti, con alcune eccezioni, non scoprirono niente.

Almeno due agenti CIA, Conrado Bonet e Frank Emick informarono con i loro mezzi la presenza dei missile, solo che …. non gli credettero.

Per Cuba ed, in particolare, per le sue Forze Armate Rivoluzionarie, l’operazione Anadir fu una prova di organizzazione, di disciplina, di maturità e d’astuzia che non sempre è stata riconosciuta. Quando si è analizzato, in eventi o conferenze internazionali, questo fatto si fa particolare riferimento agli episodi sovietico-nordamericani e si omette,intenzionalmente, l’eroismo dei partecipanti cubani, che risultavamo i potenziali bersagli dei missili USA e sicuramente le prime vittime del conflitto.

1 Testimonianza di Dimitri A. Volkogonov, colonnello generale, direttore dell’Istituto di Storia Militare della riunione dell’Unione Sovietica, nel corso di una tripartita a Mosca, 1989.

2 Riunione tripartita tra accademici e attori della Crisi dei Missili per analizzare le cause, conseguenze e lezioni di quell’evento.

3 Fidel Castro, Conferenza Tripartita all’Avana sulla Crisi di Ottobre, tenutasi nel gennaio 1992,

4 Raúl Castro, Emilio Aragonés ed Ernesto Che Guevara.

5 Generale dell’esercito Anatoli I. Gribkov, che fu capo della Direzione delle Operazioni dello Stato Maggiore delle Forze Armate sovietiche, che era responsabile per la pianificazione ed esecuzione dell’operazione Añadir, nel 1962.

6 Missili intermedi R-14, la cui portata era 4600 chilometri, ed il cui potenziale nucleare era di 24 ogive di 1,65 megatones.

7 65 R-12, missili balistici a medio raggio con possibilità di abbattere obiettivi a 2000 chilometri di distanza e con un potenziale di 36 ogive nucleari da 1 megatone ciascuna

8 Missile tattico Luna con una portata di 60 chilometri e un potenziale di 3 chilotoni ciascuno

9 Nelle riunioni tripartite verificatesi in questi anni, sono state date diverse versioni circa il potenziale nucleare di cui disponevano i sovietici a Cuba nel 1962, di solito ricorrendo alla memoria orale, mentre non si sono forniti documenti per sostenere le affermazioni fatte. Tuttavia, se solo si prendessero in considerazione le testate riferite agli R-12 e R-14 che erano a Cuba e quelle dei missili tattici Luna, senza dubbio, esse solo significarono un sostanziale deterrente alle pretese aggressive USA ed anche al raggiungimento della parità nucleare tanto necessaria all’Unione Sovietica. La cosa importante è che un singolo missile, è così pericoloso come una dozzina di loro, non per chi vince, ma perché il perdente è l’umanità.

link V Parte


Mangosta no come cocodrilo (Parte VI)

Por Fabián Escalante Font

En su discurso ante el senado el 14 de junio de 1960, unos meses antes de ser electo, John F. Kennedy señaló “Debemos mantener invulnerable una fuerza nuclear de represalia que no sea inferior a ninguna otra (…) debemos elaborar un programa de dispersión de bases, a la par que aceleramos el desarrollo y la producción de unos proyectiles que no puedan ser destruidos por un ataque sorpresa: Polaris, Minuteman, y proyectiles aire- tierra de largo alcance, así como incrementar nuestra producción de proyectiles Atlas…”

En 1962 los Estados Unidos tenían una superioridad decisiva en armas nucleares con respecto a la Unión Soviética. No se trataba de una balandronada del complejo militar–industrial o de campañas políticas para postular presidentes o congresistas. Su poderío en ese campo era el resultado de la carrera armamentista emprendida después de la conclusión de la Segunda Guerra Mundial, al calor del denominado “peligro comunista”. Para nadie era un secreto la superioridad tecnológica, científica e industrial de los Estados Unidos frente a una Unión Soviética devastada por la guerra contra la Alemania fascista y por el bloqueo impuesto por Occidente a la joven revolución bolchevique desde sus inicios.

En menos de dos años, el arsenal norteamericano estaba compuesto por 229 proyectiles balísticos intercontinentales; 5000 ojivas nucleares estratégicas y 1500 bombarderos de largo alcance, entre los que se destacaban 600 del modelo B-52, de los cuales 400 estaban equipados con proyectiles aire–superficie y 700 del tipo B-47, mientras que sus fuerzas tácticas contaban con 2500 aviones de caza y 500 de transporte, más 11 escuadrones de reconocimiento de la Guardia Nacional y 5 de comunicaciones. Adicionalmente, había 16 portaaviones de ataque de la Armada, con más de 400 bombarderos ligeros y 9 submarinos Polaris, capaces de lanzar 144 proyectiles nucleares de largo alcance, situados en todos los mares del planeta.

Por su parte, los soviéticos contaban con unos pocos submarinos equipados con proyectiles de corto alcance, que no podían disparar más de 100 proyectiles, dislocados en áreas muy distantes del territorio norteamericano. Además, 44 proyectiles intercontinentales, de los que sólo 20 eran operacionales en ese momento; 300 ojivas nucleares y 150 bombarderos estratégicos.1 La aviación de combate no tenía autonomía suficiente y sin bases extranjeras, cerca de sus previsibles blancos, resultaban ineficientes para una confrontación eventual con los Estados Unidos y sus aliados europeos.

La superioridad era indiscutida; sólo la retórica de Nikita Jruchev hacía dudar a los halcones del Pentágono cuando afirmaba que los misiles soviéticos podían abatir a una mosca situada en el espacio. Seguramente, de conocerse la verdadera paridad nuclear, nadie habría aceptado instalar misiles en territorio propio.

El 29 de mayo de 1962, pocos días después del desmantelamiento por los servicios de seguridad cubanos, de la primera fase de Mangosta, arribó a Cuba una delegación soviética presidida por Sharaf Rashidov y Serguéi Biriúzov, uno miembro del Buró Político y otro mariscal y jefe de las fuerzas coheteriles, enviados por Nikita Jruchev para negociar con Fidel Castro la instalación de misiles con cabezas nucleares en la Isla.

Durante las conversaciones con los dirigentes cubanos, los soviéticos argumentaron los peligros que se cernían sobre la Revolución Cubana motivados por la intención manifiesta de los Estados Unidos para derrocar la Revolución. Explicaron que de aprobarse la propuesta por los cubanos los mísiles significarían una poderosa fuerza disuasiva contra estos planes.

Fidel Castro los escuchó atentamente, en tanto él mejor que nadie conocía de los planes que ya estaban en marcha y cobraban vidas e incontables recursos todos los días en el país. Adicionalmente explicaron que Jruchev proponía un tratado militar bilateral que se declararía en los meses siguientes durante una visita de éste a La Habana. Nada, por supuesto, se dijo de la correlación real de fuerzas estratégicas.

Después de esta entrevista, Fidel reunió a la dirigencia cubana y le sometió las propuestas. Luego de los análisis pertinen­tes, con el criterio de sus compañeros, dio la autorización para poner en marcha la operación. Años más tarde, en 1992, durante la reunión tripartita2, cuando explicaba los motivos que lo impulsaron a tomar aquella decisión, explicó:

“Nosotros desde el primer instante percibimos una operación estratégica. A nosotros no nos gustaban los cohetes. Si de nuestra defensa exclusiva se hubiese tratado, nosotros no hubiésemos aceptado los proyectiles. Pero no vayan a pensar que era por temor a los peligros que pudieran sobrevenir de los proyectiles aquí, sino por la forma en que eso dañaría la imagen de la Revolución y nosotros éramos muy celosos con la imagen de la Revolución en el resto de América Latina, y que la presencia de los proyectiles, de hecho nos convertiría en una base militar soviética y eso tenía un costo político alto, para la imagen de nuestro país, que tanto apreciábamos nosotros (…) nosotros vimos en la instalación de los proyectiles algo que fortalecía al campo socialista, algo que ayudaba de alguna forma a mejorar la llamada correlación de fuerzas. Fue como nosotros lo percibimos en el acto, instantáneamente. No entramos en discusiones sobre eso, porque si entrábamos en discusiones para qué servía o no servía aquello, de hecho estaríamos nosotros negándonos a aceptar los proyectiles.” 3

Para Fidel Castro estuvo claro desde el primer momento de que se trataba de una operación de una envergadura extraordinaria, muy difícil de ocultar a los servicios de inteligencia occidentales y por tanto descubrible y denunciable. Por otra parte, Cuba tenía el derecho legítimo de adquirir los medios de defensa que considerara convenientes, motivo por el cual, se insistió desde el principio en la firma de un acuerdo oficial entre ambos países que legalizara aquella decisión. En dos ocasiones dirigentes cubanos4 viajaron a la Unión Soviética con tales pretensiones; sin embargo, los soviéticos propusieron postergar el tratado para después de las elecciones en los Estados Unidos, con lo que facilitaron el descubrimiento de los misiles y el estallido posterior de la crisis.

Anadir —nombre clave de la operación— fue, en las palabras de uno de sus ejecutores, el general Anatoli Gribkov5 la mayor operación de esa naturaleza emprendida por las Fuerzas Armadas de la Unión Soviética y en general de la historia de Rusia al trasladar un grupo de tropas, a cuarenta mil efectivos allende el océano.

El total de las fuerzas trasladadas en sólo setenta y seis días incluyó la movilización de ochenta y cinco barcos que dieron ciento ochenta y cinco viajes, una división coheteril, que contaba con dos regimientos de alcance intermedio, los denominados R-146 y tres de alcance medio, los R-12,7 que en total debían disponer de cuarenta rampas de lanzamiento para sesenta misiles. Los R-14 no llegaron a Cuba, pero los R-12 completaron su dislocación antes de la denuncia norteamericana, en las regiones escogidas del territorio nacional.

Cuatro regimientos de infantería motorizada, tres de los cuales tuvieron agregados un grupo de cohetes tácticos del tipo Luna, 8 con nueve de ellos cada uno y que tenían la misión de abatir la flota naval norteamericana.

Dos regimientos alados de corto alcance FKR, con 80 cohetes que podían alcanzar sus blancos a una distancia de 150 kilómetros.

Una fuerza aérea integrada por 60 aviones Mig 21, 6 Mig 15 y un Mig 17, 42 bombarderos ligeros Il 28, de los cuales sólo se armaría media docena, un regimiento de helicópteros MI-4 y un escuadrón de aviones de transporte.

Dos divisiones de cohetes antiaéreos(SA-75), con 144 rampas de lanzamiento que podían batir sus blancos de uno a 27 kilómetros de altura con un alcance máximo de 35 kilómetros. También había dos batallones radiotécnicos para la detección de la aviación enemiga.

Las fuerzas navales estuvieron formadas por 12 lanchas Komar, artilladas con dos cohetes con un alcance de 40 kilómetros cada uno; un regimiento de cohetes tierra-mar tipo Sopka, integrado por 8 instalaciones de lanzamiento para 34 cohetes con un alcance de 80 kilómetros. Además e disponía de 7 submarinos armados con 21 cohetes R-13, a los que se les podía colocar ojivas nucleares, estaban a cargo de la custodia de los barcos y posteriormente de mantenerse en la región como medio de apoyo.

Las tropas soviéticas contaron con varias unidades independientes para el aseguramiento combativo. En total, fueron trasladados a Cuba 43000 soldados y oficiales. 9

Sin embargo, esta enorme agrupación de fuerzas y medios no pudo ser descubierta a tiempo por los servicios de Inteligencia norteamericanos ni de sus aliados de la OTAN. Cuando, el 14 de octubre, un avión U-2 de reconocimiento fotografió los misiles R-12 en la localidad de San Cristóbal, provincia de Pinar del Río, ya prácticamente estaban listos los emplazamientos de los tres regimientos de esa arma.

Téngase en cuenta que el primer cohete estuvo instalado para el 4 de octubre; el día 14, había cuatro más; diez días más tarde, eran veinte y, finalmente, el 25 de octubre, todos los misiles R-12 eran operacionales.

Por otra parte, las unidades soviéticas de infantería motorizada, de cohetes antiaéreos, de la Marina y la Fuerza Aérea y los campamentos para los miles de hombres que debían asegurar las armas, estaban dislocados prácticamente en todo el territorio nacional.

Desde los primeros momentos en que la dirigencia política cubana aceptó la instalación de los misiles en la Isla, un equipo de las Fuerzas Armadas Revolucionarias, integrado por la Dirección de Información y la Contra Inteligencia Militar, se dio a la tarea de coordinar con los organismos homólogos del Ministerio del Interior y las instituciones afectadas el desembarco, la dislocación, el aseguramiento y la protección de las tropas soviéticas.

Los misiles se desembarcaban y cargaban formando caravanas de cinco a seis vehículos, que se dirigían custodiados a los puntos de destino. Pero resultaba que nuestras carreteras eran estrechas y atravesaban poblaciones y ciudades, lo que no sólo hacía peligrar el secreto, sino también colocaba obstáculos de diferente naturaleza, por ejemplo, los postes telefónicos, el tendido eléctrico, etcétera. Las tropas soviéticas, generalmente de rasgos nórdicos, tuvieron que ser vestidas con ropas veraniegas y hacerlas pasar, siempre que se pudo, por técnicos agrícolas.

Hay que decir, en honor a la verdad, que muchísimos cubanos se percataron de que se estaba introduciendo cohetes en nuestro país, e incluso probablemente lo comentaran con sus familiares más cercanos. Sin embargo, nada se filtró, fue el secreto a voces mejor guardado. Estábamos tan amenazados por los Estados Unidos que veíamos en aquellas armas una manera de salvar la Revolución. Fue nuestro legítimo y soberano derecho.

La Agencia de Inteligencia norteamericana y otros servicios occidentales se interesaron desde el principio por aquel movimiento inusitado de barcos entre la Unión Soviética y Cuba. En nuestro país —como se ha demostrado— la CIA contaba todavía con una base importante de agentes e informantes quienes, a decir verdad, salvo excepciones, nada descubrieron.

Al menos dos agentes CIA, Conrado Bonet y Frank Emick informaron por sus medios la presencia de los misiles, solo que…. no les creyeron.

Para Cuba y, en particular, para sus Fuerzas Armadas Revolucionarias, la operación Anadir fue una prueba de organización, disciplina, madurez y astucia que no siempre ha sido reconocida. Cuando se ha analizado en eventos o conferencias internacionales este hecho, se hace especial referencia a los episodios soviético– norteamericanos y se omite intencionalmente la heroicidad de los participantes cubanos, que resultábamos los blancos potenciales de los cohetes norteamericanos y seguramente las primeras víctimas del conflicto.

1 Testimonio de Dimitri A. Volkogonov, coronel general, jefe del Instituto de Historia Militar de reunión la Unión Soviética, durante una tripartita en Moscu, 1989.

2 Reunión tripartita entre académicos y actores de la Crisis de los Misiles para analizar las causas, consecuencias y lecciones de aquel evento.

3 Fidel Castro, Conferencia Tripartita de La Habana sobre la Crisis de Octubre, celebrada en enero de 1992.

4 Raúl Castro, Emilio Aragonés y Ernesto Che Guevara.

5 General de ejército Anatoli I. Gribkov, quien fue jefe de la Dirección de Operaciones del Estado Mayor de las Fuerzas Armadas soviéticas, que tuvo a cargo el planeamiento y la realización de la operación Añadir, en 1962.

6 Misiles intermedios R-14, cuyo alcance era de 4600 kilómetros, y cuyo potencial nuclear era de 24 ojivas de 1,65 megatones.

7 R-12, misiles balísticos de alcance medio con posibilidades de batir blancos a 2000 kilómetros de distancia y con una potencialidad de 36 ojivas nucleares de 1 megatón cada una.

8 Misil táctico Luna, con un alcance de 60 kilómetros y una potencialidad de 3 kilotones cada uno.

9 En las reuniones tripartitas sucedidas en estos años, se han dado versiones diferentes acerca del potencial nuclear de que disponían los soviéticos en Cuba durante 1962, generalmente acudiendo a la memoria oral, en tanto no se han aportado documentos que avalen las afirmaciones realizadas. No obstante, si sólo se tomase en cuenta las ojivas referidas a los R-12 y R-14 que estaban en Cuba y a las de los misiles tácticos Lunas, sin lugar a dudas, ellas solas significaron un disuasivo sustantivo a las pretensiones agresivas norteamericanas y también al logro de la paridad nuclear tan necesitada por la Unión Soviética. Lo importante es, que un solo misil, resulta tan peligroso como una docena de ellos, no por quien gane, sino porque quien pierde es la humanidad.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.