Da mesi, ma potenziata nelle ultime due settimane, il Venezuela è stato vittima di una potente campagna propagandistica volta ad imporre la narrazione che una “crisi di rifugiati” prodotta dalla migrazione venezuelana sia in corso.
Propaganda ed i suoi portavoce
E’ stato il media ‘The Economist’, che riunisce tra i suoi azionisti la crema dell’oligarchia finanziaria britannica, quello che ha aperto il sipario il 20 agosto. Ha assicurato che, sulla base di proiezioni, che la “crisi migratoria” venezuelana potrebbe superare quella della Siria, anche se questo paese arabo, a differenza del Venezuela, ha sofferto, negli ultimi anni, le violenze in tutto il suo territorio di una guerra mercenaria, di natura e composizione terroristica, finanziata dagli USA e dalla NATO.
Rapidamente questo racconto ha condizionato il trattamento dei media locali ed internazionali, sino a raggiungere i portavoce politici del segmento più estremista della destra venezuelana e dei suoi patrocinatori all’estero.
Gli influenzatori d’opposizione, nelle reti sociali, e gli operatori che compongono la fanteria digitale dell’antichavismo sono stati rapidamente modellati nel suo discorso, raggiungendo un alto livello di cartellizzazione che delineerà la “crisi dei rifugiati”, come l’unica forma di rappresentare la migrazione venezuelana.
A seguito di questa gestione simbolica della migrazione venezuelana che stava prendendo forza via via che passavano i giorni, il candidato (nuovamente) a senatore in Florida, Marco Rubio, ha trovato terreno per sostenere che il Venezuela era un “minaccia alla sicurezza nazionale USA”, seguendo la tradizione paranoica dei neoconservatori, dal momento che anche sfruttava questa tematica come un tema di campagna elettorale.
Il suo principale patrocinatore mediatico, El Nuevo Herald di Miami, ha posizionato la “crisi dei rifugiati” come parte del suo approccio, mentre Luis Almagro approfittava del momento per convocare una nuova sessione del Consiglio Permanente dell’OSA, sotto lo stesso codice.
I politici locali dipendenti dai canali di finanziamento provenienti da Miami e dall’USAID, come Gaby Arellano, David Smolansky (latitante dalla giustizia venezuelana), Antonio Ledezma (nella stessa condizione dell’ex sindaco di El Hatillo), tra altri, hanno utilizzato la migrazione venezuelana come una finestra di opportunità per ossigenare la loro dirigenza, hanno esaltato la “crisi dei rifugiati” che, presumibilmente, vive il Venezuela.
Già la percezione dell’audience occidentale era stata programmata da media come ‘The Economist’, in modo che il resto del lavoro consisteva nel ripetere, instancabilmente, lo stesso codice per diversificare la stessa strategia simbolica su diversi livelli di discorso politico e mediatico.
L’ultima entità ad aderire a questa campagna è stata l’ONG Human Rights Watch, che non ha mai nascosto la sua rivalità con il Governo venezuelano né il suo storico finanziamento dal Dipartimento di Stato.
In una relazione presentata il 3 settembre, dal titolo “L’esodo venezuelano: urge una risposta regionale di fronte ad una crisi migratoria senza precedenti” chiede ai paesi della regione di affrontare la “crisi di rifugiati venezuelani” al fine di consentire la permanenza e cure necessarie che giustifichi un ulteriore esborso da parte degli organismi multilaterali incaricati della gestione del tema migratorio.
Le cifre di ACNUR e OIM
La Vice Presidentessa della Repubblica, Delcy Rodríguez, e il Ministro della Comunicazione ed Informazione, Jorge Rodriguez, hanno denunciato, nei giorni scorsi, la manipolazione che è stata fatta riguardo le cifre della migrazione venezuelana e la sua strumentalizzazione politica nel quadro di una agenda propagata dall’estero per giustificare uno scenario di intervento internazionale.
A seguito di questo, la Vice Presidentessa ha incontrato, ieri nelle ore serali, Jorge Baca, rappresentante dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) per concordare le necessarie risorse tecniche per proteggere i diritti umani dei migranti venezuelani, in un quadro di rispetto delle istituzioni venezuelane.
La seconda carica al comando dello Stato venezuelano ha squalificato la riunione tecnica tenutasi a Quito, capitale dell’Ecuador, durante il 3 e 4 settembre, composta principalmente da paesi raggruppati intorno al Gruppo di Lima, qualificandola di non avere nulla che fare con la realtà migratoria che vive il Venezuela.
Contrariamente al racconto sulla “crisi di rifugiati venezuelani” organismi multilaterali, come l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) e l’OIM hanno recentemente pubblicato una serie di rapporti che fanno deragliare un’agenda interessata a manipolare i dati per alimentare la storia della “crisi umanitaria”.
Un rapporto, di giugno di questo stesso anno, scritto da ACNUR, ha mostrato che solo 5661 venezuelani erano stati riconosciuti come “rifugiati” dai principali paesi di accoglienza della regione. La stessa ACNUR sottolinea che non ha cifre solide per quantificare la migrazione venezuelana, ma allo stesso tempo afferma che non può essere qualificata come una situazione in cui risaltano i rifugiati.
Questo dato, se confrontato alla migrazione venezuelana generalmente riconosciuta dall’ACNUR dal 2014 (1,5 milioni di venezuelani in media), cancella i dubbi sul fatto che il paese sudamericano sia immerso in una “crisi dei rifugiati” simile a quello di Siria, Libia o Myanmar.
Un semplice esercizio matematico darebbe come risultato che coloro che sono stati classificati come rifugiati, corrisponde a meno dell’1% dei venezuelani che hanno lasciato, recentemente, il loro paese.
Un altro rapporto sulla situazione, presentato a metà agosto 2018 dall’OIM, ha mostrato che, dal 2015 al 2018, 600000 richieste di visti temporanei o altri meccanismi di regolarizzazione sono stati presentati da venezuelani nei paesi recettori dell’America Latina e dei Caraibi. L’OIM, così come l’ACNUR, riconoscono che la migrazione venezuelana è motivata da ragioni economiche, un fattore che ha poco o nulla a che fare con la condizione di “rifugiati” che si cerca di proiettare verso il mondo.
Il dato fornito dall’OIM riflette che, addirittura, la cifra presentata da ACNUR ed ONU, sul numero totale di emigrati venezuelani (da 1,5 milioni a circa 2,3 milioni) potrebbe essere inferiore, indebolendo così la narrazione di un “esodo di massa” di venezuelani.
Allo stesso modo, l’OIM pone in rilievo che il centro della gestione migratoria s’inclina verso la regolarizzazione dei venezuelani che cercano di consolidare il loro status di permanenza nei paesi di accoglienza, invece che verso l’installazione di “campi di rifugiati”.
Per quanto riguarda l’approccio che deve avere la Colombia con la migrazione venezuelana, l’OIM è enfatica: si esige la regolarizzazione dei venezuelani che sono recentemente migrati, invece che implementare la creazione di campi di rifugiati di massa per soddisfare venezuelani che, come affermano media e portavoce politici, fuggono da una sorta di persecuzione del governo o da una “crisi umanitaria”.
Questa è la chiave per capire che le domande di finanziamento internazionale per affrontare la “crisi migratoria” venezuelana, da parte dei governi della regione articolati nel Gruppo di Lima, cercano di prendersi cura di una problematica che, sebbene esista come lo è il flusso migratorio dal Venezuela, non ha caratteristiche di essere “incontrollabile”, e tanto meno uno specchio di vere e reali crisi umanitarie, generate dalla politica di interventi USA in Africa, Medio Oriente e nella stessa Colombia.
Cifras de ACNUR y la OIM desmontan la “crisis de refugiados venezolanos”
Desde hace meses, pero potenciada en las últimas dos semanas, Venezuela ha sido víctima de una poderosa campaña propagandística dirigida a imponer la narrativa de que una “crisis de refugiados” producto de la migración venezolana está en desarrollo.
Propaganda y sus portavoces
Fue el medio The Economist, que reúne entre sus accionistas a lo más granado de la oligarquía financiera británica, el que abrió el telón el 20 de agosto. Aseguró, con base a proyecciones, que la “crisis migratoria” venezolana podría superar la de Siria, aun cuando este país árabe, a diferencia de Venezuela, ha sufrido en los últimos años los desmanes en todo su territorio de una guerra mercenaria, de naturaleza y composición terrorista, financiada por Estados Unidos y la OTAN.
Rápidamente esta narrativa condicionó el tratamiento de los medios locales e internacionales, hasta llegar a las vocerías políticas del segmento más extremista de la derecha venezolana y sus patrocinantes en el extranjero.
Influenciadores de tendencia opositora en redes sociales y los operadores que componen la infantería digital del antichavismo fueron velozmente moldeados en su discurso, consiguiendo un alto nivel de cartelización que perfilara la “crisis de refugiados” como la única forma de representar la migración venezolana.
A raíz de este manejo simbólico sobre la migración venezolana que fue agarrando fuerzas a medida que avanzaban los días, el candidato (nuevamente) a senador en Florida, Marco Rubio, encontró piso para argumentar que Venezuela era una “amenaza a la seguridad nacional de Estados Unidos”, siguiendo la tradición paranoica de los neoconservadores, toda vez que también explotaba esta temática como un asunto de campaña.
Su principal patrocinante mediático, El Nuevo Herald de Miami, posicionó la “crisis de refugiados” como parte de su abordaje, mientras que Luis Almagro aprovechaba el impulso para convocar una nueva sesión del Consejo Permanente de la OEA, bajo el mismo código.
Los políticos locales dependientes de los canales de financiamiento que provienen de Miami y la USAID, como Gaby Arellano, David Smolansky (prófugo de la justicia venezolana), Antonio Ledezma (bajo la misma condición al igual que el ex alcalde de El Hatillo), entre otros, quienes han utilizado la migración venezolana como una ventana de oportunidad para oxigenar su liderazgo, exaltaron la “crisis de refugiados” que supuestamente vive Venezuela.
Ya la percepción de la audiencia occidental había sido programada por medios como The Economist, así que el resto del trabajo consistía en repetir incansablemente el mismo código para diversificar la misma estrategia simbólica desde distintas escalas del discurso político y mediático.
La última entidad en sumarse a esta campaña fue la ONG Human Rights Watch, que nunca ha ocultado su rivalidad con el Gobierno venezolano ni su financiamiento histórico desde el Departamento de Estado.
En un informe presentado el día 3 de septiembre, titulado “El éxodo venezolano: Urge una respuesta regional ante una crisis migratoria sin precedentes”, convoca a los países de la región a atender la “crisis de refugidos venezolanos” con el objetivo de permitir la permanencia y atención necesaria que justifique un desembolso mayor por parte de los organismos multilaterales encargados de gestionar el asunto migratorio.
Las cifras de ACNUR y la OIM
La vicepresidenta de la República, Delcy Rodríguez, y el ministro de Comunicación e Información, Jorge Rodríguez, ha denunciado en los últimos días la manipulación que se ha hecho con respecto a las cifras de la migración venezolana y su instrumentalización política en el marco de una agenda propalada desde el extranjero para justificar un escenario de intervención internacional.
A raíz de esto, la vicepresidenta se reunió, el día de ayer en horas de la noche, con Jorge Baca, representante de la Organización Internacional para las Migraciones (OIM), para acordar los recursos técnicos necesarios para resguardar los derechos humanos de los migrantes venezolanos, bajo un marco de respeto a la institucionalidad venezolana.
La segunda al mando del Estado venezolano descalificó la reunión técnica desarrollada en Quito, capital de Ecuador, durante el 3 y 4 de septiembre, compuesta en su mayoría por países agrupados en torno al Grupo de Lima, calificándola de no tener nada que ver con la realidad migratoria que vive Venezuela.
A contrapelo de la narrativa sobre la “crisis de refugiados venezolanos”, entes multilaterales como Agencia de la ONU para los Refugiados (ACNUR) y la OIM han emitido, recientemente, un conjunto de informes que descarrilan una agenda interesada en manipular las cifras para alimentar el relato de la “crisis humanitaria”.
Un reporte de junio de este mismo año, de puño y letra por ACNUR, reflejó que sólo 5 mil 661 venezolanos habían sido reconocidos como “refugiados” por los principales países receptores de la región. La misma ACNUR destaca que no posee cifras sólidas para cuantificar la migración venezolana, pero a su vez afirma que no puede calificarse como una situación donde resalten los refugiados.
Este dato, si se compara con la migración venezolana en general reconocida por la propia ACNUR desde el año 2014 (1.5 millones de venezolanos en promedio), despeja las dudas sobre si el país suramericano se encuentra inmerso en una “crisis de refugiados” similar a la de Siria, Libia o Myanmar.
Un simple ejercicio de matemática daría como resultado que quienes han sido catalogados como refugiados, corresponde a menos del 1% de los venezolanos que han salido recientemente de su país.
Otro informe situacional presentado a mediados de agosto de 2018 por la OIM, reflejó que desde 2015 hasta 2018, 600 mil solicitudes de visados temporales u otros mecanismos de regularización han sido presentados por los venezolanos en los países receptores de América Latina y el Caribe. La OIM, así como ACNUR, reconocen que la migración venezolana está motivada por razones económicas, factor que poco y nada tiene que ver con la condición de “refugiados” que se intenta proyectar hacia el mundo.
El dato proporcionado por la OIM refleja que, incluso la cifra presentada por ACNUR y la ONU sobre la cifra total de emigrantes venezolanos (de 1.5 millones a 2.3 millones, aproximadamente), podría ser menor, debilitando así la narrativa de un “éxodo masivo” de venezolanos.
De igual forma, la OIM pone en relieve que el centro de la gestión migratoria se inclina hacia la regularización de venezolanos que buscan consolidar su estatus de permanencia en los países receptores, mas no hacia la instalación de “campos de refugiados”.
Con respecto al abordaje que debe tener Colombia para con la migración venezolana, la OIM es enfática: se le exige la regularización de venezolanos que han emigrado recientemente, mas no implementar la creación de campos de refugiados masivos para atender venezolanos que, como afirman medios y voceros políticos, huyen de algún tipo de persecución gubernamental o de una “crisis humanitaria”.
Esto es clave para comprender que las solicitudes de financiamiento internacional para atender la “crisis migratoria” venezolana por parte de los gobiernos de la región articulados en el Grupo de Lima buscan atender un problemática que, si bien existe como lo es el flujo migratorio desde Venezuela, no tiene características de ser “incontrolable”, y mucho menos un espejo de verdaderas y reales crisis humanitarias, generadas por la política de intervenciones de Estados Unidos en África, Medio Oriente, y en la misma Colombia.