La schiavitù, l’inganno dei popoli ed il blocco

Luis A. Montero Cabrera  www.cubadebate.cu

Se si chiede ad un cittadino medio, in Spagna, cosa pensa delle politiche schiavistiche praticate durante i periodi coloniali in America, probabilmente risponderà che furono azioni tipiche di altre nazioni europee nelle nostre terre. Nessun paese desidera macchiare la propria storia per educare i propri figli con fatti tanto negativi come questi, specialmente alla luce dell’etica prevalente ai nostri giorni. Alcuni coprono meno queste macchie storiche, altri di più, sempre nell’interesse che si senta un sano orgoglio della nazionalità.

Ovviamente, coloro che elaborano le storie ufficiali insegnate nelle scuole devono fare sempre più attenzione ad esprimere la verità ed essere credibili. Quando le verità sono scomode, l’unica cosa etica è dirle con il corrispondente rammarico e scuse. Ogni cittadino del mondo può oggi accedere a molte fonti di informazione, nella rete delle reti, e venire a conoscenza di fatti che siano evidenti e che possono essergli stati nascosti durante la sua istruzione di base. Le conseguenze di ciò sono peggiori perché poi la gente dubita di tutto ciò che gli insegnarono a scuola.

Ci sono verità crude. La schiavitù nella penisola iberica fu una pratica di maggiore o minore importanza economica e sociale fin dai tempi della dominazione romana, che la portarono come strumento di sviluppo economico per le classi privilegiate. Passò attraverso tutte le formazioni sociali post-romaniche con modalità molto diverse. La sua espressione più conosciuta fu forse la schiavitù americana in cui sia gli aborigeni che gli africani e gli asiatici, importati come mano d’opera, soddisfecero i bisogni delle minoranze dominanti a partire da forme di proprietà di alcuni esseri umani da parte di altri.

La nostra storia ci insegna la schiavitù come macchia indelebile e sappiamo che solo nel 1886 fu possibile abolirla ufficialmente. La nostra terra è stata per molti anni un centro per la tratta di esseri umani, più o meno legale secondo l’epoca, ed è ben documentato che la tratta di esseri umani usava anche la nostra isola come punto di distribuzione per i “bisogni” della crescente economia degli attuali territori USA. Un ex presidente del governo spagnolo onorato col nome di una via a Madrid, Leopoldo O’Donnell, fu anche Capitano Generale a Cuba. Durante il suo dominio sull’isola, schiacciò una cospirazione antischiavista con tormenti usando l'”innovativo” strumento delle scale come posto del torturato, lasciando nella nostra storia il curioso nome della “cospirazione della scala“. Alcuni sostengono che O’Donnell fosse molto interessato a controllare questa attività poiché sembra che per ogni “pezzo” sbarcato ricevesse 51 pesos dai trafficanti. Potette aver accumulato fino a 500 mila pesos durante il suo soggiorno sull’isola, ciò che era una grande fortuna all’epoca. Pochi spagnoli lo sanno con qualche livello di dettaglio.

Il sistematico inganno dei popoli può trascendere i tempi in cui la comunicazione non era tanto efficiente. In tempi recenti, gran parte dei nordamericani ha sentito parlare di Cuba solo perché, nel 1962, ebbe luogo la crisi dei missili sovietici insediati nel nostro territorio. Un complesso processo di relazioni politiche che andò tessendosi, dal trionfo stesso della Rivoluzione cubana, condusse a quegli eventi.

La demenziale ostilità dei settori del potere negli USA, sostenuti sia dalle idee della Guerra Fredda che dai timori della perdita dei privilegi economici su scala continentale, ci mise in una situazione in cui le due grandi potenze nucleari si confrontarono direttamente, prendendo come scenario il nostro arcipelago.

Questa situazione è stata sfruttata, in modo propagandistico, nel paese settentrionale come se Cuba rappresentò e continua a rappresentare un pericolo per loro. Il ragionamento, chiaramente ridicolo, che una povera isola bloccata sia un pericolo armato per il gigante del nord ha ancora una incredibile presenza nei media e nelle parole di alcuni dei suoi politici. La logica e fredda realtà indica tutto il contrario: sono le azioni di quel governo straniero che sono state, per molto tempo, una minaccia permanente per noi. Ma questo non conta per le loro “storie ufficiali” perché siamo troppo piccoli e poco efficienti nella nostra capacità di penetrazione dei media del nord per dimostrarlo, con la dovuta efficacia, al grande pubblico.

Questa è la principale giustificazione del blocco davanti al cittadino comune. Ecco perché per qualcuno là non è così scandaloso che gli si restringano le proprie libertà individuali e non gli si permetta di venire liberamente. Si giunge al ridicolo di dir loro quale marca di bibita possono consumare e quale no sulla base del fatto che sia prodotta o meno da un’organizzazione militare associata ad un esercito che si presenta come “nemico”. Possono anche inventare ogni genere di altri pretesti rivolti a pubblici più colti, come il tanto manipolato, insultante ed ingiusto dei diritti umani, con la complicità di alcuni assoldati locali.

La norma è l’inganno di massa, che in questo caso è anche passato ai libri di storia elementare di quel paese. L’unico modo per distruggere questo inganno di massa sarà ottenendo che i cittadini di quel paese vengano liberamente, si relazionino senza restrizioni con i cubani comuni, scambino normalmente informazioni nelle reti sociali ed anche stabiliscano un’intensa e dovuta collaborazione accademica. E’ questo ciò, che per loro, più gli interessa proibire e dovrebbe anche essere ciò che più ci interessa promuovere, con ogni mezzo e senza alcuna restrizione. Le conseguenze possono essere demolitrici per il blocco e per la volontà di milioni di cittadini comuni ed onesti, in quel paese, nel verificare che la “verità” che gli hanno venduto circa la nostra inimicizia era una grande menzogna. Ed il peggio sarà che molti si chiedano quante altre menzogne gli avranno detto.


La esclavitud, el engaño a los pueblos y el bloqueo

Por: Luis A. Montero Cabrera

Si se le pregunta a un ciudadano medio en España acerca de lo que piensa de las políticas esclavistas practicadas durante las épocas coloniales en América, probablemente responderá que fueron acciones típicas de otras naciones europeas en nuestras tierras. Ningún país desea manchar la historia propia para educar a sus hijos con hechos tan negativos como ese, sobre todo a la luz de la ética imperante en nuestros días. Unos cubren menos estas manchas históricas, otros más, siempre en el interés de que se sienta un sano orgullo de la nacionalidad.

Por supuesto, a quienes elaboran las historias oficiales que se imparten en las escuelas deben tener cada vez más cuidado de expresar la verdad y ser creíbles. Cuando las verdades son incómodas lo único ético es decirlas con el correspondiente lamento y disculpa. Cualquier ciudadano del mundo puede hoy en día acceder a muchas fuentes de información en la red de redes y enterarse de hechos que sean evidentes y que pueden haberles sido ocultados durante su educación básica. Las consecuencias de esto son mucho peores porque entonces la gente duda de todo lo que les impartieron en la escuela.

Hay verdades descarnadas. La esclavitud en la península ibérica fue una práctica de mayor o menor importancia económica y social desde los tiempos de la dominación romana, que la trajeron como herramienta de desarrollo económico para las clases privilegiadas. Transitó por todas las formaciones sociales post-románicas con muy diversas modalidades. Su expresión más conocida fue quizás la esclavitud americana donde tanto aborígenes como africanos y asiáticos, importados como mano de obra, suplieron necesidades de las minorías dominantes a partir de formas de propiedad de unos seres humanos por parte de otros.

Nuestra historia si nos enseña la esclavitud como mancha indeleble y sabemos que solo en 1886 fue que se pudo abolir oficialmente. Fue nuestra tierra durante muchos años centro de trata, más o menos legal según la época, y está bien documentado que el tráfico de personas también tomaba nuestra isla como punto de distribución para las “necesidades” de la creciente economía de los actuales territorios de los EEUU. Un expresidente del gobierno español honrado con un nombre de calle en Madrid, Leopoldo O’Donnell, fue también Capitán General en Cuba. Durante su gobierno en la isla aplastó una conspiración antiesclavista con tormentos usando el “innovador” instrumento de escaleras como asiento del torturado, dejando en nuestra historia el curioso nombre de la “conspiración de la escalera”. Algunos afirman que a O’Donnell le interesaba mucho controlar ese negocio ya que parece que por cada “pieza” desembarcada recibía 51 pesos de los traficantes. Pudo haber acumulado hasta 500 mil pesos durante su estancia en la isla, lo que era una gran fortuna en esa época. Pocos españoles conocen de esto con algún nivel de detalle.

El engaño sistemático a los pueblos puede trascender las épocas donde la comunicación no era tan eficiente. En los tiempos recientes, una gran parte de los norteamericanos ha oído hablar de Cuba solo porque en 1962 tuvo lugar la crisis de los cohetes soviéticos asentados en nuestro territorio. Un proceso complejo de relaciones políticas que se fue tejiendo desde el mismo triunfo de la Revolución Cubana condujo a aquellos hechos.

La hostilidad demencial de los sectores de poder en los EEUU impulsados tanto por las ideas de la guerra fría como por los temores de pérdida de privilegios económicos a escala continental nos colocó en una situación en que se vieron enfrentadas directamente las dos grandes potencias nucleares, tomando como escenario nuestro archipiélago.

Esa situación ha sido explotada propagandísticamente en el país del norte como que Cuba representó y sigue representando un peligro para ellos. El razonamiento, a todas luces ridículo, de que una pobre isla bloqueada sea un peligro armado para el gigante norteño tiene una increíble presencia aún en los medios y en las palabras de algunos de sus políticos. La lógica y fría realidad indica todo lo contrario: son las acciones de ese gobierno extranjero las que han sido durante mucho tiempo una amenaza permanente para nosotros. Pero eso no cuenta para sus “historias oficiales” porque somos demasiado pequeños y poco eficientes en nuestra capacidad de penetración de los medios norteños como para demostrarlo con la debida efectividad al gran público.

Es esa la principal justificación del bloqueo ante el ciudadano común. Por eso para alguien allá no es tan escandaloso que se le restrinjan sus libertades individuales y no se les permita venir libremente. Se llega a la ridiculez de decirles cual marca de refresco de soda pueden consumir y cuál no sobre la base de que una sea producida o no por una organización militar asociada a un ejército que se les presenta como “enemigo”. Pueden además inventar cualesquiera otros pretextos destinados a públicos más cultos, como el tan manipulado, insultante e injusto de los derechos humanos, con la complicidad de algunos empleados locales.

La norma es el engaño masivo, que en este caso también ha pasado a los libros de historia elemental de ese país. La única forma de destruir este engaño masivo será logrando que los ciudadanos de ese país vengan libremente, se relacionan sin restricciones con los cubanos comunes, intercambien normalmente información en las redes sociales, y también establezcan una intensa y debida colaboración académica. Por ello es eso lo que más les interesa prohibir y también debería ser lo que más nos interesara promover, por todos los medios y sin restricción alguna. Las consecuencias pueden ser demoledoras para el bloqueo y para la voluntad de millones de ciudadanos comunes y honestos en ese país al comprobar que la “verdad” que les vendieron acerca de nuestra enemistad era una gran mentira. Y lo peor será que muchos se pregunten cuantas otras mentiras les habrán dicho.

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