Venezuela: gli USA terziarizzano la guerra

È ufficiale: gli USA terziarizzano le loro operazioni per il rovesciamento di Nicolás Maduro

 

Nel mezzo della lotta del Venezuela contro il Covid-19, l’amministrazione Trump ha fatto un drammatico ed inedito passo nelle manovre criminali che cercano di rovesciare il governo venezuelano. È ufficiale: gli USA scelgono la via della violenza armata terziarizzata, basandosi su un caso giudiziario senza prove.

Una falsa accusa da parte del principale narcostato del pianeta

 

Questo giovedì 26 marzo, il procuratore generale USA, William Barr, ha presentato accuse per narcotraffico contro il presidente venezuelano Nicolás Maduro, il presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente, Diosdado Cabello, il ministro dell’Industria e della Produzione, Tareck El Aissami, il ministro della Difesa, Vladimir Padrino López, ed il presidente del Tribunale Supremo di Giustizia, Maikel Moreno.

In assenza di solide prove, i pubblici ministeri del Dipartimento di Giustizia hanno fatto appello ad un prodotto propagandistico che, da vari anni, è punta di lancia degli attacchi comunicativi USA e dell”Europa contro il Venezuela: l’inesistente “Cartel de los Soles”.

Secondo il Dipartimento di Giustizia, “almeno dal 1999, Maduro Moros, Cabello Rondón, Carvajal Barrios e Alcalá Cordones hanno agito come leader e gestori del Cartel de los Soles (…) per facilitare l’importazione di tonnellate di cocaina negli USA. Il Cartel de los Soles non solo ha cercato di arricchire i suoi membri e migliorare il suo potere, ma anche inondare gli USA di cocaina ed infliggere gli effetti nocivi e di dipendenza dalla droga negli assuntori degli USA”.

Il presunto vincoloo con le FARC che continua ad essere il leit motiv della Colombia e degli USA per accusare il Venezuela come “santuario” di gruppi armati, è un’altra delle carte centrali dell’accusa, includendo Iván Márquez e Jesús Santrich: “A partire approssimativamente dal 1999 (…) i dirigenti delle FARC hanno concordato con i capi del Cartel de los Soles riubicare alcune delle operazioni delle FARC in Venezuela sotto la protezione del Cartello. Successivamente, le FARC ed il Cartel de los Soles hanno inviato cocaina processata dal Venezuela agli USA attraverso punti di trasbordo nei Caraibi ed America Centrale, come l’Honduras. Approssimativamente nel 2004, il Dipartimento di Stato USA ha stimato che 250 o più tonnellate di cocaina transitavano, all’anno, attraverso il Venezuela. Le spedizioni marittime venivano spedite a nord dalla costa venezuelana usando imbarcazioni veloci, pescherecci e navi porta container”.

Ciò afferma dal Dipartimento di Giustizia facendo supporre, paradossalmente, che il suo sistema di prevenzione contro il narcotraffico è così inefficace da non poter fermare i “pescherecci”.

E’ ampiamente dimostrata la relazione organica degli USA con il traffico di droga:

-Antonio Maria Costa, direttore dell’Ufficio dell’ONU per la Droga ed il Crimine ha dichiarato, nel 2009, che i capitali provenienti dal narcotraffico hanno salvato le banche fallite, occasionato dal collasso finanziario del 2008, che ha avuto il suo epicentro negli USA.

-Nel 2012, l’FBI ha trovato prove che i cartelli messicani “utilizzavano i conti della Bank of America per nascondere denaro ed investire i proventi illegali del narcotraffico in cavalli da corsa USA”.

-Nello stesso anno, è stato anche rivelato che il cartello messicano Los Zetas riciclava i suoi profitti del traffico di droga presso la banca JP Morgan, effettuando trasferimenti diretti dal Messico sotto un amalgama di fondi e società che ha anche posto l’attenzione delle autorità sulla banca Wells Fargo.

Tutte queste banche continuano a funzionare come se nulla fosse successo.

La comprovata permissività (e la logica del beneficio diretto) del sistema finanziario USA e della sua élite politica rispetto al narcotraffico internazionale, fa sfigurare le accuse contro il Venezuela ed il suo tono di presunta difesa della salute pubblica dei nordamericani.

Solo due anni fa, la Colombia ha battuto i record nella produzione ed esportazione di cocaina verso gli USA, cifre che hanno coinciso con un vertiginoso aumento del numero di consumatori negli USA. Su questo, un rapporto della DEA ha rivelato: “Livelli record di coltivazione illecita e produzione di coca in Colombia, che è stata la principale fonte della cocaina sequestrata ed analizzata negli USA, ha ampliato il mercato della cocaina, il che ha condotto ad un incremento dell’abuso domestico”.

Il Dipartimento di Giustizia cerca di responsabilizzare il Venezuela dell’inondazione di cocaina negli USA, anche quando è dimostrato dalla sua stessa agenzia antidroga che l’aumento nel consumo che colpisce milioni di cittadini USA risieda nella incontrollata produzione di cocaina colombiana.

Stanno anche cercando di posizionare il Venezuela come “paese di transito” della cocaina verso gli USA, sebbene dati forniti dallo stesso governo USA indichino il contrario.

Un rapporto del centro studi del Washington Office for Latin American Affairs (WOLA) conclude: “Circa il 90% di tutta la cocaina destinata agli USA viene trafficata attraverso le rotte dei Caraibi Occidentali e del Pacifico Orientale, non attraverso i mari dei Caraibi Orientali del Venezuela”.

Un’accusa fake (falsa)

 

Come recensito, all’epoca, in un articolo di questo sito, la narrazione del “Cartel de los Soles” è soprattutto eccentrica ed inspiegabile.

È stata promossa come un’organizzazione ampia e pericolosa, ma non ci sono le condizioni che lo dimostrino: non esiste una lotta omicida tra cartelli come in Messico o in Colombia, mai è stato sequestrato un materiale che porti il segno di questa presunta organizzazione, come neppure si conosce che la logistica dell’esercito venezuelano si stia sfruttando per trafficare stupefacenti.

Il fantomatico “Cartel de los Soles” è un prodotto per il consumo di massa che rafforzi la narrazione dei falchi e del settore più estremista della destra venezuelana.

In questa stessa catena di false premesse, il Dipartimento di Giustizia incorre in un fatale errore di calcolo: pone Maduro come il “capo” dell’ “organizzazione” anche quando non è un militare e quando, nel 1999, appena iniziava la sua carriera politica dopo la vittoria di Hugo Chávez nel 1998.

È assolutamente illogico l’impostazione che il Venezuela sia un narcostato guidato da Maduro e Diosdado Cabello. Nel 2010, secondo una filtrazione di Wikileaks, l’allora ambasciatore USA in Venezuela, Patrick Duddy, ha scritto al Dipartimento di Stato riconoscendo l’estradizione del narcotrafficante Salomon “Big Daddy” Camacho da parte delle autorità venezuelane.

Il Venezuela ha catturato 102 signori della droga di diverse nazionalità (la maggior parte proveniente dalla Colombia), ha rafforzato i sequestri sia al confine e distrutto piste illegali di atterraggio ed ha abbattuto aerei dei narcos nel territorio nazionale come sistematica politica antidroga.

La narrativa del Dipartimento di Giustizia cade davanti al peso di questi dati.

Finanziare l’assassinio: scegliendo le vie dell’intervento

 

A causa della fallace accusa del Dipartimento di Giustizia, il Segretario di Stato Mike Pompeo ha firmato una dichiarazione ufficiale che autorizza l’offerta di “una ricompensa fino a 15 milioni di $ per informazioni relative a Nicolás Maduro. Il Dipartimento offre anche ricompense fino a 10 milioni di $ ciascuno per informazioni relative a Diosdado Cabello, Hugo Carvajal Barrios, Alcalá Cordones e Tareck El Aissami”.

In questo modo, si può dedurre che gli USA finanziano indirettamente un’operazione militare segreta che possa portare all’assassinio o al sequestro di alte autorità venezuelane, in un chiaro atto di intervento armato contro uno Stato sovrano che contravviene i principi fondamentali del diritto internazionale.

Con i fatti, gli USA ufficializzano il piano di assassinio che ha avuto il suo antecedente più sonoro nel fallito attentato del 4 agosto 2018.

Includere il Dipartimento di Giustizia implica una copertura istituzionale addizionale all’Ordine Esecutivo del 2015 per giustificare un’aggressione diretta contro l’alto comando politico-militare del paese, sapendo che un intervento armato su larga scala è fuori dall’equazione a causa del posizionamento energetico ed economico di Cina e Russia in Venezuela, ed inoltre, per il costo politico che implicherebbe la dichiarazione di guerra ad un paese che lotta contro una pandemia in condizioni di blocco e sanzioni illegali.

L’idea è di distruggere lo Stato venezuelano assassinando o sequestrando i suoi principali dirigenti con la scusa di difendere la “sicurezza nazionale” degli USA. Eccezionalismo da steroidi.

Un altro piano armato dalla Colombia che è fallito: la chiave di Clíver Alcalá

 

Mercoledì 25 marzo, il Ministro della Comunicazione e dell’Informazione, Jorge Rodríguez, ha avvisato l’opinione pubblica, in una conferenza stampa, dell”’esistenza di tre campi di addestramento nella città di Riohacha, Colombia, dove ugual numero di gruppi paramilitari si stanno addestrando con armi ed esplosivi per realizzare attentati ed atti terroristici in Venezuela, con il sostegno di mercenari USA ed il sostegno del governo di quel paese”.

Il piano consisteva nel promuovere assassini selettivi di funzionari venezuelani di alto livello, compresa la collocazione e la detonazione di bombe in unità militari venezuelane e centri di potere politico, con l’obiettivo di generalizzare una situazione di caos e terrore sfruttando la congiuntura del Covid-19.

Ma l’obiettivo centrale dell’operazione era un nuovo tentativo di assassinare Maduro.

I tre gruppi mercenari sotto la responsabilità di Juvenal Sequera Torres (coinvolto nel fallito golpe del 30 aprile 2019), Félix Mata Sanguineti e Robert Colina Ibarra, alias “Pantera”, contavano su consiglieri USA e militari disertori del 23 febbraio che avrebbero assunto la prima linea di incursione.

Le armi e l’equipaggiamento sarebbero giunti a Riohacha per entrare in Venezuela, un movimento che è fallito poiché la Polizia Nazionale della Colombia ha sequestrato, il 23 marzo, “26 fucili di assalto AR-15 calibro 5.56 ed accessori per questo tipo di armi, come 8 silenziatori, 36 scocche, 45 unità di mirini e 30 mirini laser. Inoltre, sono stati trovati 3 giubbotti antiproiettile, 37 visori notturni, 4 binocoli, 2 radio di comunicazione con 43 batterie e 15 caschi, tra altri elementi”, secondo un rapporto di W Radio della Colombia.

L’intelligence ed i servizi di sicurezza del Venezuela hanno anticipato gli eventi ed hanno catturato Rubén Darío Fernández Figuera, alias “Búho”, che ha descritto nelle sue dichiarazioni lo schema dell’operazione: tre mercenari USA, insieme con alias “Pantera” e Clíver Alcalá, costituivano il livello direttivo delle azioni e si erigevano come gli organizzatori logistici ed operativi.

L’operazione è fallita prima che accadesse la prima delle incursioni pianificate.

Alcalá ha riconosciuto attraverso il suo account Twitter che le armi sequestrate dalla polizia colombiana facevano parte del piano ed ha sostenuto che con esse avrebbe iniziato la “liberazione del Venezuela”. In seguito ha confessato che le stesse “facevano parte di un accordo tra lui e Juan Guaidó con consiglieri USA che avrebbero avuto come fine essere utilizzate in un’operazione contro Nicolás Maduro”.

L’ex maggior generale venezuelano ha partecipato ad altri piani per dirigere incursioni armate dalla Colombia contro il Venezuela, assumendo una posizione dirigente nella creazione di un esercito mercenario alimentato dai disertori della FANB, lo scorso anno, consigliato da militari USA.

Trascinare la Colombia verso il precipizio: la guerra neoliberale e privata

 

Con l’offerta di “ricompense” per la testa di Maduro e di altri dirigenti, gli USA hanno terziarizzato la guerra contro il Venezuela, sfruttando l’ecosistema di contrattisti militari e gruppi irregolari che vivono in Colombia, a guardia degli affari delle multinazionali.

Molti dei contrattisti militari che sono attivi in ​​Colombia appartengono ad Israele e USA, che addestrano gruppi paramilitari nelle attività di controllo della popolazione delle aree rurali con risorse minerarie strategiche.

Pertanto, in tempi di crisi sanitaria e campagna elettorale, la Casa Bianca si lava le mani, privatizza la guerra contro il Venezuela, mettendo sul tavolo milioni di dollari e si risparmia il costo politico ed economico di un intervento diretto.

Accelerare il golpe: la norieguizzazione di Maduro

 

I devastanti effetti a livello globale del Covid-19 hanno anche frantumato le aspettative di cambio di regime mediante l’impiego della figura di Juan Guaidó. Mentre il governo venezuelano ha adottato le misure richieste dall’OMS, essendo riconosciuto dal sistema dell’ONU, Guaidó è rimasto nell’anonimato mediatico e senza presenza sulla scena politica nazionale ed internazionale.

Nei giorni scorsi, il governo venezuelano ha proposto un coordinamento con entità multilaterali per rafforzare la lotta nazionale contro la pandemia, facendo pressione, così, per la revoca del blocco economico imposto da Washington ed avallato dalle corporazioni multinazionali.

Con la richiesta di un prestito di 5 miliardi di $ al FMI, che è stato rapidamente negato da quell’organizzazione attraverso i portavoce, Nicolás Maduro ha ottenuto il primo sostegno da parte del blocco europeo nella sua domanda di finanziamento internazionale.

Queste azioni hanno esposto la politica d’ingerenza USA come un fattore che approfondisce gli effetti del Covid-19 e che danneggia i venezuelani.

Alla luce di questa realtà, gli USA sono stati costretti ad intensificare la loro pressione contro il Venezuela, facendo appello al mantra della “sicurezza nazionale”, aspetto che tenta di creare uno specchio storico pericolosamente vicino all’invasione di Panama, nel 1989, che ha portato alla cattura del presidente Manuel Noriega, anche lui accusato di narco traffico dagli USA.

Tuttavia, le condizioni di Panama, nel 1989, e quelle del Venezuela, nel 2020, sono molto diverse, in parte a causa del contesto di alleanze geopolitiche che il paese ha costruito insieme al blocco multipolare. Noriega non aveva alcun sostegno politico né internazionale per difendersi dal suo ex socio USA; tutto il contrario accade con il governo del presidente Maduro, che ha Cina e Russia tra i suoi principali alleati strategici.

L’offensiva internazionale di Maduro, insieme alla sua tempestiva ed opportuna reazione di fronte alla crisi del Covid-19, hanno esasperato la Casa Bianca, scatenando misure sempre più errate come lo stimolo dell’assassinio o il sequestro di un capo di stato e di funzionari chiave di un governo da cui dipendono milioni di persone al fine di superare la pandemia più pericolosa del XXI secolo.

Si sbagliano di nuovo.


Es oficial: EEUU terceriza sus operaciones para el derrocamiento de Nicolás Maduro

 

En medio de la lucha de Venezuela contra el Covid-19, la Administración Trump ha dado un paso dramático e inédito en las maniobras criminales que buscan derrocar al gobierno venezolano. Ya es oficial: Estados Unidos se decanta por la ruta de la violencia armada tercerizada, apoyándose en un caso judicial sin pruebas.

Una falsa acusación del principal narcoestado del planeta

Este jueves 26 de marzo, el fiscal general de los Estados Unidos, William Barr, presentó cargos por narcotráfico contra el presidente venezolano Nicolás Maduro, el presidente de la Asamblea Nacional Constituyente Diosdado Cabello, el ministro de Industria y Producción Tareck El Aissami, el ministro de Defensa Vladimir Padrino López y el presidente del Tribunal Supremo de Justicia Maikel Moreno.

A falta de pruebas sólidas, los fiscales del Departamento de Justicia han apelado a un producto propagandístico que lleva varios años siendo punta de lanza de los ataques comunicacionales de Estados Unidos y Europa contra Venezuela: el inexistente “Cartel de los Soles”.

Según el Departamento de Justicia, “desde al menos 1999, Maduro Moros, Cabello Rondón, Carvajal Barrios y Alcalá Cordones actuaron como líderes y gerentes de Cartel de los Soles (…) para facilitar la importación de toneladas de cocaína a los Estados Unidos. El Cartel de los Soles buscó no solo enriquecer a sus miembros y mejorar su poder, sino también inundar a los Estados Unidos con cocaína e infligir los efectos nocivos y adictivos de la droga en los usuarios de los Estados Unidos”.

El supuesto vínculo con las FARC que viene siendo el leitmotiv de Colombia y Estados Unidos para acusar a Venezuela como un “santuario” de grupos armados, es otra de las cartas centrales de la acusación, incluyendo a Iván Márquez y Jesús Santrich: “A partir de aproximadamente 1999 (…) los líderes de las FARC acordaron con los líderes del Cartel de los Soles reubicar algunas de las operaciones de las FARC en Venezuela bajo la protección del Cartel. Posteriormente, las FARC y el Cartel de los Soles enviaron cocaína procesada desde Venezuela a los Estados Unidos a través de puntos de transbordo en el Caribe y América Central, como Honduras. Aproximadamente en 2004, el Departamento de Estado de los Estados Unidos estimó que 250 o más toneladas de cocaína transitaban a través de Venezuela por año. Los envíos marítimos se enviaron al norte desde la costa de Venezuela utilizando embarcaciones rápidas, barcos de pesca y portacontenedores”.

Eso afirma el Departamento de Justicia, haciendo suponer, paradójicamente, que su sistema de prevención contra el narcotráfico es tan ineficaz que no puede detener “barcos de pesca”.

Está ampliamente demostrada la relación orgánica de Estados Unidos con el narcotráfico:

Antonio Maria Costa, director de la Oficina de Naciones Unidas para la Droga y el Delito, afirmó en 2009 que los capitales provenientes del narcotráfico salvaron los bancos quebrados que ocasionó el colapso financiero de 2008, que tuvo su epicentro en Estados Unidos.

En 2012, el FBI encontró pruebas de que los carteles mexicanos “utilizaban cuentas de Bank of America para ocultar dinero e invertir las ganancias ilegales del narcotráfico en caballos de carrera estadounidenses”.

Ese mismo año, también se dio a conocer que el cartel mexicano Los Zetas lavaba sus ganancias del narcotráfico en el banco JP Morgan, realizando transferencias directas desde México bajo una amalgama de fondos y empresas que también colocó el foco de las autoridades sobre el banco Wells Fargo.

Todos estos bancos siguen funcionando como si nada hubiera pasado.

La permisividad comprobada (y la lógica de beneficio directo) del sistema financiero estadounidense y de su élite política con respecto al narcotráfico internacional, hace deslucir las acusaciones contra Venezuela y su tono de supuesta defensa de la salud pública de los norteamericanos.

Hace tan solo dos años, Colombia rompió récords en producción y exportación de cocaína hacia Estados Unidos, cifras que coincidieron con un vertiginoso aumento en el número de consumidores en el país norteamericano. Sobre esto, un informe de la DEA reveló: “Niveles récord de cultivos ilícitos y producción de coca en Colombia, que fue la fuente principal de la cocaína decomisada y analizada en Estados Unidos, ha expandido el mercado de la cocaína, lo cual ha conducido a un incremento del abuso doméstico”.

El Departamento de Justicia intenta responsabilizar a Venezuela de la inundación de cocaína en Estados Unidos, aun cuando está demostrado por su propia agencia antidroga que el aumento en el consumo que afecta a millones de estadounidenses radica en la descontrolada producción de cocaína colombiana.

También intentan posicionar a Venezuela como un “país de tránsito” de cocaína hacia Estados Unidos, aunque datos suministrados por el el propio gobierno norteamericano indiquen lo contrario.

Un reporte del centro de estudios Oficina en Washington para Asuntos Latinoamericanos (WOLA, por sus siglas en inglés) concluye:

“Alrededor del 90% de toda la cocaína con destino a los Estados Unidos se trafica a través de las rutas del Caribe Occidental y el Pacífico Oriental, no a través de los mares del Caribe Oriental de Venezuela”.

Una acusación fake

Como reseñó en su momento un artículo de esta tribuna, la narrativa del “Cartel de los Soles” es sobre todo excéntrica e inexplicable.

Se ha promocionado como una organización amplia y peligrosa, pero no existen las condiciones que lo demuestren: no hay una lucha asesina entre carteles como en México o Colombia, nunca se ha incautado un alijo que lleve la marca de esta supuesta organización, como tampoco se conoce que la logística del ejército venezolano se esté aprovechando para traficar drogas.

El fantasmal “Cartel de los Soles” es un producto para el consumo de masas que refuerza la narrativa de los halcones y del sector más extremista de la derecha venezolana.

En esta misma cadena de premisas falsas, el Departamento de Justicia incurre en un fatal error de cálculo: coloca a Maduro como el “líder” de la “organización” aun cuando no es militar, y cuando apenas, en 1999, empezaba su carrera política tras la victoria de Hugo Chávez en 1998.

Es totalmente ilógico el planteamiento de que Venezuela es un narcoestado dirigido por Maduro y Diosdado Cabello. En 2010, según una filtración de Wikileaks, el entonces embajador estadounidense en Venezuela, Patrick Duddy, escribió al Departamento de Estado reconociendo la extradición del narcotraficante Salomon “Big Daddy” Camacho por parte de las autoridades venezolanas.

Venezuela ha capturado 102 capos del narcotráfico de distintas nacionalidades (la mayor proporción proviene de Colombia), ha reforzado las incautaciones tanto en la frontera como destruyendo pistas ilegales de aterrizaje y ha derribado aviones del narco en territorio nacional como política sistemática antidrogas.

La narrativa del Departamento de Justicia se cae ante el peso de estos datos.

Financiar el magnicidio: decantando las vías de intervención

A raíz de la falaz acusación del Departamento de Justicia, el secretario de Estado Mike Pompeo firmó una declaración oficial para autorizar el ofrecimiento de “una recompensa de hasta 15 millones de dólares por información relacionada con Nicolás Maduro. El Departamento también ofrece recompensas de hasta 10 millones de dólares cada una por información relacionada con Diosdado Cabello, Hugo Carvajal Barrios, Alcalá Cordones y Tareck El Aissami”.

De esta forma se puede deducir que Estados Unidos financia indirectamente una operación militar encubierta que pueda desembocar en el asesinato o en el secuestro de altas autoridades venezolanas, en un claro acto de intervención armada contra un Estado soberano que contraviene los principios básicos del derecho internacional.

Por la vía de los hechos, Estados Unidos oficializa el plan de magnicidio que tuvo su antecedente más sonoro en el atentado fallido del pasado 4 de agosto de 2018.

Incluir al Departamento de Justicia implica una cobertura institucional adicional a la Orden Ejecutiva de 2015 para justificar una agresión directa contra el alto mando político-militar del país, a sabiendas de que una intervención armada a gran escala está fuera de la ecuación por el posicionamiento energético y económico de China y Rusia en Venezuela, y además, por el costo político que implicaría declararle la guerra a un país que lucha contra una pandemia bajo condiciones de bloqueo y sanciones ilegales.

La idea es destruir el Estado venezolano asesinando o secuestrando a sus principales dirigentes bajo la excusa de defender “la seguridad nacional” de Estados Unidos. Excepcionalismo con esteroides.

Otro plan armado desde Colombia que falló: la clave de Clíver Alcalá

El miércoles 25 de marzo, el ministro de Comunicación e Información Jorge Rodríguez alertó a la opinión pública en rueda de prensa sobre la “existencia de tres campos de entrenamiento en la ciudad de Riohacha, Colombia, donde igual número de grupos paramilitares se están entrenando con armas y explosivos para realizar atentados y actos terroristas en Venezuela, con el apoyo de mercenarios estadounidenses y el apoyo del gobierno de ese país”.

El plan consistía en propiciar asesinatos selectivos de funcionarios venezolanos de alto nivel, incluyendo la colocación y detonación de bombas en unidades militares venezolanas y centros de poder político, con el propósito de generalizar una situación de caos y terror aprovechando la coyuntura del Covid-19.

Pero el objetivo central de la operación era un nuevo intento de asesinar a Maduro.

Los tres grupos mercenarios a cargo de Juvenal Sequera Torres (implicado en el golpe fallido del 30 de abril de 2019), Félix Mata Sanguineti y Robert Colina Ibarra, alias “Pantera”, contaban con asesores nortamericanos y militares desertores del 23 de febrero que asumirían la primera línea de incursión.

Las armas y el equipamiento llegarían hasta Riohacha para darle ingreso a Venezuela, un movimiento que se vio frustrado ya que la Policía Nacional de Colombia incautó el 23 de marzo “26 fusiles de asalto AR-15 calibre 5.56 y accesorios para este tipo de armas como ocho silenciadores, 36 culatines, 45 unidades de mira y 30 miras láser. Asimismo, se encontraron tres chalecos antibalas, 37 visores nocturnos, cuatro binoculares, dos radios de comunicaciones con 43 baterías y 15 cascos, entre otros elementos”, según un reporte de W Radio de Colombia.

La inteligencia y los servicios de seguridad de Venezuela se adelantaron a los hechos y dieron captura a Rubén Darío Fernández Figuera, alias “Búho”, quien describió en sus declaraciones el esquema de la operación: tres mercenarios estadounidenses, junto con alias “Pantera” y Clíver Alcalá, constituían la capa directiva de las acciones y se erigían como los organizadores logísticos y operacionales.

La operación se frustró antes de que sucediera la primera de las incursiones planteadas.

Alcalá reconoció a través de su cuenta Twitter que las armas incautadas por la policía colombiana eran parte del plan y asumió que con ellas empezaría la “liberación de Venezuela”. Luego confesó que las mismas “eran parte de un acuerdo entre él y Juan Guaidó con asesores norteamericanos que tenían como fin ser utilizadas en una operación en contra de Nicolás Maduro”.

El ex mayor general venezolano ha participado en otros planes para dirigir incursiones armadas desde Colombia contra Venezuela, asumiendo una posición dirigente en la creación de un ejército mercenario nutrido de los desertores de la FANB el año pasado asesorados por militares estadounidenses.

Arrastrar a Colombia al precipicio: la guerra neoliberal y privada

Con el ofrecimiento de “recompensas” por la cabeza de Maduro y otros líderes, Estados Unidos ha tercerizado la guerra contra Venezuela aprovechando el ecosistema de contratistas militares y grupos irregulares que habitan en Colombia custodiando los negocios de las multinacionales.

Muchas de los contratistas militares que están activos en Colombia pertenecen a Israel y Estados Unidos, los cuales entrenan a grupos paramilitares en actividades de control de poblaciones de zonas rurales con recursos minerales estratégicos.

Así, en tiempos de crisis sanitaria y campaña electoral, la Casa Blanca se lava las manos, privatiza la guerra contra Venezuela colocando millones de dólares sobre la mesa y se ahorra el costo político y económico de una intervención directa.

Acelerar el golpe: la norieguización de Maduro

Los efectos devastadores a nivel global del Covid-19 también han descalabrado las expectativas de cambio de régimen mediante el empleo de la figura de Juan Guaidó. Mientras el gobierno venezolano ha tomado las medidas exigidas por la OMS, siendo reconocido por el sistema de Naciones Unidas, Guaidó ha quedado en el anonimato mediático y sin presencia en el panorama político nacional e internacional.

En los últimos días, el gobierno venezolano propuso la coordinación con instancias multilaterales para reforzar la lucha nacional contra la pandemia, presionando de esta manera el levantamiento del bloqueo económico impuesto por Washington y avalado por corporaciones multinacionales.

Con la solicitud de un préstamo de 5 mil millones de dólares al FMI, que rápidamente fue negado por esa organización a través de voceros, Nicolás Maduro logró los primeros apoyos de parte del bloque europeo en su demanda por financiamiento internacional.

Estas acciones han dejado en evidencia la política de injerencia estadounidense como un factor que profundiza los efectos del Covid-19 y que perjudica a los venezolanos.

A la luz de esta realidad, Estados Unidos se ha visto obligado a escalar sus presiones contra Venezuela apelando al mantra de la “seguridad nacional”, aspecto que intenta crear un espejo histórico peligrosamente cercano a la invasión de Panamá en 1989 que derivó en la captura del presidente Manuel Noriega, también acusado de narcotraficante por los Estados Unidos.

Sin embargo, las condiciones de Panamá en 1989 y las de Venezuela en 2020 son muy distintas debido en parte al contexto de alianzas geopolíticas que el el país ha construido junto al bloque multipolar. Noriega no tenía respaldo político ni internacional para defenderse de su antiguo socio norteamericano; todo lo contrario sucede con el gobierno del presidente Maduro, que cuenta con China y Rusia entre sus principales aliados estratégicos.

La ofensiva internacional de Maduro junto a su reacción temprana y oportuna frente a la crisis del Covid-19 han exasperado a la Casa Blanca, precipitando medidas cada vez más erráticas como el estímulo del asesinato o el secuestro de un jefe de Estado y de funcionarios clave de un gobierno del cual dependen millones de personas para superar la pandemia más peligrosa del siglo XXI.

Se vuelven a equivocar.

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