Maduro al vertice MNOAL denuncia la violenza USA

di Geraldina Colotti

È stato un vertice di denuncia e di proposta quello della Mnoal, che si è svolto via web a causa del Covid-19. Un confronto che l’organizzazione ha svolto con l’ONU e la OMS. A 55 anni dalla sua fondazione, il Movimento dei paesi non allineati – la più grande organizzazione per grandezza dopo l’ONU, composta da 120 paesi – assume un peso particolare in tempo di coronavirus.

La presidenza pro-tempore è attualmente esercitata dall’Azerbaigian e nel 2022 passerà all’Uganda. In precedenza, a presiedere l’organismo internazionale era stato il Venezuela, che aveva ricevuto il testimone dall’Iran, a settembre del 2016. Il vertice si era svolto nell’isola Margherita, mentre il socialismo bolivariano era letteralmente sotto assedio, all’interno e all’esterno del paese.

Si stava allora dispiegando quell’attacco multiforme che, come abbiamo potuto constatare di persona durante il vertice, prevedeva una censura pressoché totale da parte dei media internazionali. Con uno sforzo titanico, Nicolas Maduro dimostrò allora quella statura internazionale, acquisita negli anni vissuti al lato di Hugo Chavez come suo ministro degli Esteri, e che avrebbe dimostrato in seguito anche nelle peggiori circostanze.

Quella fu la prima grande occasione internazionale per il chavismo di uscire dall’angolo e rilanciare ipotesi e proposte, ponendosi al centro di un grande movimento alternativo a livello mondiale. Certo, allora, il governo bolivariano poteva contare sull’appoggio dei paesi dell’Alba, perché l’Alleanza creata da Fidel Castro e dal Comandante non era ancora stata picconata dal tradimento di Lenin Moreno in Ecuador, né dal golpe in Bolivia contro Evo Morales, e i tentativi di espellere il paese bolivariano dalle organizzazioni continentali non si erano ancora potuti concretizzare.

In quella sede, perciò, vennero avanzate importanti proposte come quella della lotta ai paradisi fiscali, della cittadinanza universale, della lotta alle discriminazioni di genere e della libera circolazione delle persone. Vi furono inoltre pronunciamenti forti e chiari a favore dell’autodeterminazione dei popoli, che il Venezuela ha portato avanti in tutte le istanze internazionali.

Grazie al tessuto di relazioni costruito negli anni da Hugo Chavez, il Venezuela ha oggi un suo posto ben saldo e definito nel quadro geopolitico di quei paesi che agiscono per la costruzione di un mondo multicentrico e multipolare, a partire da Cina e Russia.

A Partire da una politica di relazioni sud-sud basate su pari dignità, il governo bolivariano ha ripreso la bandiera di una nuova indipendenza contro l’imperialismo, dall’Africa ai Caraibi. Una visione apparsa chiara anche in questo vertice via web durante il quale i paesi sottoposti alle misure coercitive unilaterali degli Stati Uniti hanno parlato per voce sola: Cuba, Venezuela, Nicaragua, ma anche Iran, hanno denunciato la inaccettabile ferocia delle “sanzioni” che violano lo statuto dell’ONU e limitano le possibilità dei paesi di affrontare adeguatamente il coronavirus. “Se avessimo globalizzato la solidarietà come si è globalizzato il mercato, il mondo sarebbe diverso”, ha detto il presidente cubano, Miguel Diaz-Canel.

Nicolas Maduro ha per parte sua ripreso una proposta avanzata da Chavez: quella di istituire un fondo umanitario internazionale per aiutare i paesi del sud a far fronte alla crisi determinata dal coronavirus, mosso da una logica opposta a quella del Fondo Monetario internazionale.

Il presidente venezuelano ha anche sostenuto la richiesta di quanti vorrebbero proporre al Nobel per la Pace la Organizzazione Mondiale della Salute, fortemente attaccata dal presidente nordamericano Donald Trump.

Maduro ha denunciato il nuovo attacco portato via mare da alcuni gruppi di mercenari guidati dagli Stati uniti, sventato grazie all’unione civico-militare, ma anche al controllo popolare dei pescatori della cittadina di Chuao, che hanno bloccato un secondo drappello di golpisti intenzionati a compiere attentati e a uccidere il presidente.

Atti che risultano ancora più odiosi in piena pandemia, mentre l’ONU ha invitato a sospendere tutti i conflitti e il presidente bolivariano ha proposto per l’ennesima volta un dialogo a tutte le forze politiche.

A compiere questa nuova operazione, chiamata Trombe di Gedeone dal nome del personaggio biblico che fu scelto da Dio per salvare il popolo ebreo ed eliminare l’idolatria a cui si era abbandonato, sono stati volti noti dell’estrema destra venezuelana come l’ex capitano della Guardia nazionale venezuelana Antonio Sequea Torres o il figlio del generale Baduel, Adolfo. Ad addestrarli, però, è stata un’agenzia di contractors nordamericani che, non essendo stati pagati dall’autoproclamato presidente a interim Juan Guaidó e dai suoi compari, hanno deciso di denunciare pubblicamente il fatto.

Per questo, si sono rivolti alla giornalista Patricia Poleo, venezuelana ricercata per golpismo dal governo bolivariano e riparata a Miami. Nel suo programma su youtube Factores de poder, Poleo ha intervistato il mercenario USA, ex scorta di Trump attivo in Iraq e in varie operazioni di guerra per procura, e ha mostrato copia dei contratti firmati da Guaidó. Di nuovo, torna in primo piano il ruolo del governo colombiano di Ivan Duque e quello dei falchi del Pentagono, che ancora prima che venissero fuori i documenti e fossero arrestati i mercenari, avevano cantato vittoria. Il contractor ha anche minacciato la giornalista di RT Erika Sanoja che lo aveva chiamato mercenario: “per ammazzare te – ha scritto – non chiederei soldi, lo farei anche gratis”.

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