Chiusura del ciclo: tappe emblematiche in Venezuela durante il 2020

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L’anno 2020 è stato uno dei più rilevanti per l’eccezionalità in Venezuela. Ciò è stato determinato dalle particolarità nell’andamento del paese all’interno e anche nei confronti del fronte esterno.

Nonostante molte probabilità e sebbene vari attori prevedessero una caduta del paese, a partire dall’abdicazione del chavismo e dal crollo delle istituzioni nazionali, l’anno 2020 finisce essendo emblematico, chiudendo in vittoria per la dirigenza dello Stato e per la stabilità della nazione.

Quest’anno è ricco di tappe ed eventi, alcuni abbastanza significativi per illustrare le nuove realtà del paese ed il suo quadro estremamente avverso. Nonostante ciò, in controcorrente il chavismo ha terminato consolidandosi come forza politica ed è riuscito a segnare un altro anno facendo fallire le agende destituenti e le azioni di assedio.

Vediamo, a modo di riepilogo, alcuni di questi eventi di seguito.

IL PRIMO COLPO AL “GOVERNO PARALLELO” NELL’AN

 

Il 5 gennaio di quest’anno, è stata eletta una nuova dirigenza dell’Assemblea Nazionale (AN), con l’ascesa di Luis Parra e la cartolina di Juan Guaidó che cercava di saltare una recinzione per entrare nell’emiciclo, dopo aver rifiutato di entrare nella sessione parlamentare e senza contare sui voti per essere rieletto alla presidenza del parlamento.

Benché Guaidó ed i media, subito dopo la messa in scena, siano riusciti ad imporre la storia che Guaidó fosse “ingiustamente” privato della presidenza dell’AN, quel giorno rimaneva smascherata la realtà: il quorum parlamentare favorevole a Guaidó, nel 2019, è stato infranto mediante i voti chavisti e degli oppositori dissidenti.

A quel punto si è consolidata la divisione antichavista, che ha delineato i destini di quelle forze per tutto questo anno.

Benché gli auspici del governo USA e dei suoi paesi alleati abbiano continuato ad incoraggiare la presunta presidenza di Guaidó nell’AN in ribellione, durante il 2020 la dirigenza di Luis Parra ha aggravato l’ostracismo politico del falso governo internamento ed ha indebolito i consensi dell’opposizione, esponendo davanti alla comunità internazionale la debolezza e le divisioni dell’opposizione, nonché l’inutilità del presunto “governo parallelo”.

IL TAVOLO DI DIALOGO NAZIONALE ED IL PERCORSO ELETTORALE

 

Il chavismo e diversi settori dell’opposizione moderata, compresi i deputati dissidenti del G4 e Luis Parra, responsabile dell’AN, hanno aperto la strada ad un processo di dialogo credibile e costruttivo.

Il Tavolo di Dialogo Nazionale ha reso possibile l’elezione di un nuovo Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), superando l’impasse che metteva in dubbio lo svolgimento delle elezioni di quest’anno. In questo modo sono state fissate le elezioni del 6 dicembre ed il dialogo nazionale è stato approvato dagli alleati del legittimo governo del Venezuela nel mondo.

L’elezione del nuovo CNE è avvenuta attraverso atti del Tribuanale Supremo di Giustizia (TSJ), dato che la fazione di deputati a favore del “governo parallelo” di Guaidó aveva annullato le possibilità di una maggioranza qualificata nell’AN per detta elezione. Tuttavia, le istituzioni venezuelane hanno proceduto a bypassare con il sostegno del Tavolo di Dialogo.

LA PANDEMIA DI COVID-19 ED IL BILANCIO SANITARIO FAVOREVOLE PER IL PAESE

 

L’arrivo della crisi sanitaria nel mondo occidentale ha messo in crisi intere nazioni, soprattutto con l’imposizione di misure di distanziamento sociale e restrizioni, allo stesso tempo con nuove pressioni sui sistemi sanitari. In Venezuela, il 16 marzo, è stato decretato uno schema per la gestione statale della pandemia, chiedendo uno sforzo senza precedenti da parte della popolazione nella lotta per contenere la diffusione del Covid-19 nel paese.

Il Venezuela ha assunto la sua lotta contro la pandemia in condizioni eccezionali. Il paese sotto “massima pressione” ha lottato contro il blocco all’accesso degli acquisti di forniture mediche.

Inoltre, il blocco economico contro il paese ha enormemente ridotto la base di risorse dello Stato e già il sistema sanitario pubblico e le capacità logistiche delle agenzie governative avevano sofferto l’usura degli anni accumulati di guerra economica interna e blocco.

Tuttavia, le autorità venezuelane sono state tempestive, drastiche ed efficaci nell’applicazione delle misure di controllo sanitario.

Il Venezuela è stato il primo paese del continente a decretare contenimenti su larga scala, sui suoi confini e sulla mobilità ed attività interne, con una coerenza che città tradizionalmente inarrestabili, come Caracas, si sono fermate.

I livelli di osservanza della popolazione, così come lo sforzo congiunto della società, sono stati superiori ai livelli attesi in vari tratti dell’anno. Il Venezuela ha finito per essere un paese con un alto livello di coesione sociale e fiducia nel governo. Nonostante alcune tendenze al disprezzo ed alla deviazione, negligenze o incurie, la tendenza generale nella popolazione hanno reso più efficaci le misure di emergenza.

Il paese è riuscito ad appiattire la curva dei contagi, dai primi mesi della crisi e ad inizio dicembre, con poco più di 100mila casi registrati e superando poco più di mille morti; il Venezuela chiude con cifre eccezionali. Il suo schema 7×7 si è mantenuto per la maggior parte dell’anno, le limitazioni epidemiologiche sono state strette e l’applicazione dei test massiccia, essendo il paese del continente con il maggior numero di test applicati ogni 100000 abitanti.

Il bilancio favorevole al Venezuela acquista maggiore significato, proprio per il quadro tanto complesso con cui il paese ha dovuto manovrare la crisi sanitaria.

LO SMANTELLAMENTO DELL’OPERAZIONE GEDEON

 

Il 3 maggio di quest’anno ha avuto luogo la fallita Operazione Gedeon, che avrebbe aperto la strada ad una serie di azioni mercenarie sul suolo nazionale.

Una prima incursione a Macuto ed ore successive a Chuao ed in altre località costiere, sono state smantellate con la cattura di mercenari venezuelani e USA provenienti dalla Colombia.

L’operazione era a carico dall’appaltatrice USA Silvercorp ed è stata pianificata principalmente da Jordan Goudreau – uno statunitense nato in Canada, ex berretto verde USA ed ex membro delle Forze Armate canadesi – e dall’ex maggiore generale della Forza. Armata Nazionale Bolivariana (FANB) in fuga, Clíver Alcalá Cordones.

La fallita operazione pretendeva infiltrare mercenari, ex militari venezuelani e paramilitari colombiani di stanza nei campi mercenari in Colombia, per poi applicare azioni di forza irregolari nel paese. Il loro scopo era attaccare installazioni strategiche, produrre una sedizione nella FANB, commettere omicidi nell’alto governo, catturare il presidente Nicolás Maduro ed inviarlo negli USA, il tutto attraverso la partecipazione delle forze militari USA che si sarebbero unite all’operazione.

L’attacco è stato eseguito ma i suoi operatori non hanno fatto i conti sulla coesione nella FANB e la loro prontezza operativa. Allo stesso modo, la Milizia Bolivariana ha agito come una rete di intelligence e, nel Chuao, sono stati loro quelli che hanno catturato i mercenari USA Airan Berry e Luke Denman, tra altri, oggi condannati dalla giustizia venezuelana.

Questo evento è stato emblematico per esporre all’opinione pubblica internazionale il fallimento di questa operazione, per l’efficacia dell’intelligence venezuelana e per la solidità delle istituzioni armate nazionali. Sono state anche smascherate le aperte azioni per indurre una guerra armata nel paese con fattori USA coinvolti.

La polemica che è seguita a questa operazione risiede nel ruolo del governo colombiano e nell’uso del suo territorio come centro di operazioni mercenarie. Anche a causa della divulgazione del contratto di Juan Guaidó con Goudreau, responsabile della Silvercorp, dove si stipulava l’occupazione militare del paese, lo smantellamento della FANB per mano di forze straniere e le concessioni petrolifere e minerarie a favore di Goudreau e degli imprenditori USA.

A quel tempo, il presidente Nicolás Maduro ha segnalato il ruolo della DEA USA in questa operazione segreta, con l’apparenza di una “guerra privata”.

L’amministrazione Trump ha affrontato un chiaro fallimento militare, sebbene abbiano negato i fatti.

L’ARRIVO DELLE NAVI IRANIANE: UN ENORME ATTO APERTO DI ROTTURA DEL BLOCCO

 

Il governo USA ha messo tutta l’enfasi, durante il 2020, sul fare pressione sul Venezuela in modo tale che si producesse un collasso nel paese e cadessero le istituzioni nazionali. Per fare questo, hanno imposto meccanismi di assedio commerciale, prendendo di mira uno dei suoi settori più sensibili: quello dei combustibili.

Approfittando delle vulnerabilità del paese dovute allo stato delle raffinerie venezuelane, deteriorate e prive di accesso ai loro pezzi di ricambio nelle mani dei fornitori USA, Elliott Abrams, responsabile del governo USA per l’assedio del Venezuela, ha articolato una rete di pressione contro società e navi per prosciugare, il Venezuela, della benzina.

L’agenzia EFE ha riferito che circa 50 navi sarebbero state oggetto di pressioni e misure da parte del Dipartimento del Tesoro USA per i loro invii di benzina al paese.

Tuttavia, la nazione persiana aveva una discreta collaborazione con il governo venezuelano ed ha iniziato a dotare il paese di pezzi di ricambio parzialmente compatibili per le raffinerie venezuelane. Hanno poi dato il via all’aperta spedizioni di benzina al paese, rompendo il blocco sotto il naso delle navi militari USA nei Caraibi, a fine maggio, con l’arrivo delle prime cinque petroliere con benzina ed additivi per la produzione nazionale di combustibili.

L’arrivo delle prime navi è stata una pietra miliare che ha sancito la coesione strategica tra i due paesi sotto assedio. Per la fine dell’anno, il Venezuela si è allontanato dal collasso totale per il carburante, tuttavia, ancora si lavora nell’industria petrolifera per regolarizzarne parzialmente l’accesso agli stessi.

Inoltre, le raffinerie venezuelane sono state in funzionamento intermittente e sono previste, d’ora in poi, nuove spedizioni.

La guerra indotta per la benzina in Venezuela è finita per essere un altro episodio frustrato per gli USA.

TRUMP SE NE VA, MADURO RESTA

 

Le elezioni del 3 novembre, negli USA, hanno posto fine alla presidenza di Donald Trump. Nonostante le complicazioni del deficiente sistema elettorale USA e le polemiche giudiziarie lanciate da Trump e le sue denunce per una presunta “frode” nei suoi confronti, le istituzioni del suo paese hanno indicato la porta d’uscita al governo.

Per il Venezuela questo riveste un fatto significativo. Il paese petrolifero è stato un modello nella vetrina dello schema del bastone implementato dall’amministrazione Trump per la regione. Trump ha posto l’accento sul blocco e l’isolamento del Venezuela e fino a quest’anno ha presentato Guaidó nel suo discorso annuale agli Stati dell’Unione. Tutto ciò ha avuto l’impulso di produrre un cambio di regime in Venezuela, ma il chavismo li ha fatti fallire.

Il Venezuela è stato uno dei temi principali della campagna USA. In effetti, la ricerca di voti nello strategico stato della Florida ha messo Trump e Joe Biden in una feroce concorrenza per il sostegno delle diaspore cubana e venezuelana.

Per questo il Venezuela è stato alle prese con misure coercitive unilaterali senza precedenti. Si è trattato di uno scontro elettorale che non ha raggiunto il suo obiettivo principale.

Al termine della campagna USA ed alla fine dell’anno con Trump come presidente, si sono evidenziati il ​​fallimento della strategia di Washington contro Caracas e l’impraticabilità del falso governo di Guaidó, ciò che richiede che l’ amministrazione entrante di Joe Biden debba ricalibrare la strategia.

Benché le circostanze dell’assedio contro il Venezuela continueranno con Joe Biden, non sappiamo, fino ad ora, le sfumature che avrà e se esisteranno possibilità di dissensi.

Ma l’amministrazione Trump, che fallisce nella sua rielezione, ha la persistenza del chavismo al potere una delle cause della sua debacle. Trump, il presidente USA che più apertamente si è coinvolto in un cambio di regime in Venezuela, sotto meccanismi di pressione, è stato colui che è finito alla porta di uscita, mentre il presidente Maduro chiude l’anno a Miraflores.

IL CHAVISMO RECUPERA IL PARLAMENTO DOPO IL 6D

 

Le elezioni per l’AN si sono svolte in Venezuela contro molteplici pressioni dal fronte interno ed esterno.

Le accuse per delegittimare le elezioni erano implicite nella scommessa di continuare la fallita agenda contro il chavismo pianificata dall’amministrazione Trump. Si pretendeva la negazione delle elezioni al fine di prolungare il “governo parallelo”. Ciò supponeva una continuità dell’amministrazione Trump e su questo hanno fatto la loro scommessa.

Il risultato, a fine anno, è che l’amministrazione Trump sta andando via, i partiti di opposizione in Venezuela piegati all’ordine di Washington non hanno partecipato alle elezioni di AN ed il chavismo riprende la maggioranza parlamentare. L’esecuzione delle elezioni nel periodo costituzionale è finita per essere una causa essenziale di fallimento per i nemici del Venezuela ed, allo stesso tempo, una vittoria strategica del chavismo. È stato un evento di doppia facciata.

Il chavismo, con più del 71% dei voti, ha vinto più del 90% delle posizioni. Una nuova opposizione interna ha iniziato a contestare lo spazio vincolato ai gruppi astensionisti e questi ora sono più propensi ad andare alle elezioni per i governatorati nel 2021, essendo evidentemente costretti a tornare all’arena politica.

Nonostante le critiche alla partecipazione elettorale di poco superiore al 30%, il Venezuela ha una vittoria al di là di tutte le statistiche. Il paese ha organizzato e condotto con successo le elezioni in un contesto del tutto eccezionale. Sotto blocco, sotto i suoi gravi impatti sulla vita economica e sociale del paese, con la migrazione di una quota significativa di elettori, in pandemia, con appelli all’astensione, con annunci di disconoscimento e pressioni internazionali, un segmento significativo del paese si è mobilitato per votare, per restituire la stabilità politica ed istituzionale alla nazione, interrompendo il ciclo parlamentare più nefasto mai registrato nella storia repubblicana.

Le elezioni parlamentari sono state il principale evento politico, del paese, nel corso del 2020. La schiacciante vittoria del chavismo, contro molte previsioni, dà la chiusura politica all’anno certificando, attraverso le vie dei voti e delle istituzioni, la persistenza dei poteri nazionali contrari alle agende dell’assedio.

Il Venezuela non è risultato sconfitto, ma al contrario, politicamente rafforzato.

L’ADDIO ALL’ ANC ED IL NUOVO CICLO POLITICO PER IL 2021

 

Almeno in ambito politico, il Venezuela ha concluso il ciclo iniziato nel 2016 con l’ascesa della maggioranza antichavista all’AN e, con esso, un turbolento ciclo di scontri istituzionali, pressioni esterne, blocchi, tentativi di assassinio, conati di colpi di stato e di guerra mercenaria.

Tutto questo è avvenuto con la maggioranza dell’opposizione nell’AN come spartiacque istituzionale. Ora il suo ciclo è chiuso.

Nel frattempo, termina anche, nelle sue funzioni, l’Assemblea Nazionale Costituente (ANC), eletta nel 2017 per sostenere la stabilità dello Stato e delle sue istituzioni tra la violenza politica e l’impulso ad un conflitto civile, che è stato attivato dagli antichavisti quell’anno.

L’ANC ha assunto i suoi poteri plenipotenziari per fermare la precipitazione dello Stato, che ha avuto un climax con l’AN in ribellione e la cooptazione dell’ex procuratrice, ora latitante, Luisa Ortega Díaz. L’ANC ha fermato l’incipiente conflitto civile che si pretendeva far esplodere dalle guarimbas che per mesi hanno assediato settori in importanti città del paese.

Successivamente, e dopo l’uscita dall’arena politica dell’AN in ribellione, l’ANC ha agito nella convocazione di elezioni regionali, municipali e presidenziali. Hanno anche svolto funzioni per colmare il vuoto parlamentare lasciato dall’AN in ribellione ed hanno accompagnato l’Esecutivo Nazionale nella promulgazione di leggi essenziali.

Nell’ottobre di quest’anno, a spese delle profonde deturpazioni del tessuto economico nazionale generate dalle misure coercitive contro il paese, l’ANC proclama la Legge Antiblocco, un meccanismo eccezionale per rompere il blocco dall’interno e fissare nuovi termini per il rapporto del paese con i suoi alleati all’estero.

Questo 18 dicembre alla chiusura dell’ANC, in effetti, è stato vidimato il suo ruolo a favore della stabilità nazionale. Questo parlamento, il secondo eletto per voto popolare nella storia repubblicana, si ritira dalle scene senza una nuova Costituzione. Il ciclo di avversità, così come la diatriba interna, non hanno generato le condizioni per tali fini.

Tuttavia, la sua chiusura ha chiarito il ruolo di questa istanza nel mantenimento della pace e della stabilità politica elementare. L’intero paese è beneficiario di queste grandi conquiste, benché non siano pienamente valutate o ponderate da alcuni settori.

Il Venezuela chiude l’anno 2020 voltando pagina al ciclo parlamentare più pericoloso della storia nazionale; l’ANC apre la strada al ritorno dell’AN ai canali della regolarità politica ed istituzionale.

Il paese va verso il 2021, verso una nuova fase, caratterizzata da nuove condizioni materiali e politiche, ma con un nuovo slancio politico con un sapore di vittoria.


CIERRE DE CICLO: HITOS EMBLEMÁTICOS EN VENEZUELA DURANTE 2020

El año 2020 ha sido uno de los más relevantes por lo excepcional en Venezuela. Ello ha estado determinado por las particularidades en el desenvolvimiento del país a lo interno y también de cara al frente externo.

Pese a muchas probabilidades y aunque diversos actores auguraban una caída del país, partiendo desde la abdicación del chavismo y el derrumbe de las instituciones nacionales, el año 2020 termina siendo emblemático, cerrando en victoria para la dirigencia del Estado y para la estabilidad de la nación.

Este año está repleto de hitos y eventos, algunos lo bastante significativos por ilustrar las nuevas realidades del país y su cuadro sumamente adverso. Pese a esto, a contracorriente el chavismo terminó consolidado como fuerza política y ha logrado anotarse otro año haciendo fracasar las agendas destituyentes y las acciones de asedio.

Veamos a modo de resumen algunos de estos eventos a continuación.

EL PRIMER GOLPE AL “GOBIERNO PARALELO” EN LA AN

El 5 de enero de este año fue electa una nueva directiva de la Asamblea Nacional (AN), con el ascenso de Luis Parra y la postal de Juan Guaidó intentando saltar una reja para entrar al hemiciclo, luego de rehusarse a entrar a la sesión parlamentaria y sin contar con los votos para ser reelecto a la presidencia del parlamento.

Aunque Guaidó y los medios de comunicación, acto seguido a la puesta en escena, lograron imponer el relato de que a Guaidó se le fue despojada “injustamente” la presidencia de la AN, ese día en el hecho quedaba expuesta la realidad: el quorum parlamentario favorable a Guaidó en 2019 se quebró mediante votos chavistas y opositores disidentes.

Se consolidó en ese punto la división antichavista, que delineó los destinos de esas fuerzas durante todo este año.

Aunque los auspicios del gobierno estadounidense y de sus países aliados siguieron dando aliento a la supuesta presidencia de Guaidó en la AN en desacato, durante el año 2020 la directiva de Luis Parra agravó el ostracismo político del gobierno fake a lo interno y debilitaron los consensos opositores, exponiendo ante la comunidad internacional la debilidad y divisiones de la oposición, tanto como la inutilidad del supuesto “gobierno paralelo”.

LA MESA DE DIÁLOGO NACIONAL Y LA RUTA ELECTORAL

El chavismo y varios sectores de la oposición moderada, incluyendo a diputados disidentes del G4 y a Luis Parra a cargo de la AN, abrieron paso a un proceso de diálogo creíble y constructivo.

La Mesa de Diálogo Nacional hizo posible la elección de un nuevo Consejo Nacional Electoral (CNE), superando el encallo que ponía en entredicho la realización de elecciones este año. De esa manera, fue fijada la elección del 6 de diciembre y el diálogo nacional fue refrendado por aliados al gobierno legítimo de Venezuela en el mundo.

La elección del nuevo CNE tuvo lugar mediante actos del Tribunal Supremo de Justicia (TSJ), dado que la facción de diputados a favor del “gobierno paralelo” de Guaidó había anulado las posibilidades de mayoría calificada en la AN para dicha elección. Sin embargo, las instituciones venezolanas procedieron para dar el salto con el respaldo a la Mesa de Diálogo.

LA PANDEMIA COVID-19 Y EL SALDO SANITARIO FAVORABLE PARA EL PAÍS

La llegada de la crisis sanitaria al mundo occidental puso en vilo a naciones enteras, especialmente con la imposición de medidas de distanciamiento social y restricciones, al mismo tiempo de nuevas presiones sobre los sistemas sanitarios. En Venezuela el 16 de marzo fue decretado un esquema para la gestión estatal de la pandemia, demandando un esfuerzo inedito de la población en la lucha para contener la propagación del covid-19 en el país.

Venezuela asumió su lucha contra la pandemia en condiciones excepcionales. El país bajo “máxima presión” lidió con el bloqueo al acceso a compras de insumos médicos.

Adicionalmente el bloqueo económico contra el país menguó enormemente la base de recursos del Estado y ya el sistema de salud pública y las capacidades logísticas de las instancias de gobierno habían sufrido el desgaste de años acumulados de guerra económica interna y bloqueo.

Sin embargo, las autoridades venezolanas fueron oportunas, drásticas y eficaces en la aplicación de medidas de control sanitario.

Venezuela fue el primer país del continente en decretar contenciones a gran escala, en sus fronteras y en la movilidad y actividades internas, con una consistencia tal que ciudades tradicionalmente imparables, como Caracas, se detuvieron.

Los niveles de acatamiento de la población, así como el esfuerzo conjunto de la sociedad, estuvieron sobre los niveles esperados en diversos tramos del año. Venezuela terminó siendo un país con un gran nivel de cohesión social y confianza en el gobierno. Pese a algunas tendencias de desacato y desviación, negligencias o descuidos, la tendencia general en la población dieron mayor eficacia a las medidas de emergencia.

El país logró aplanar la curva de contagios desde los primeros meses de la crisis y a principios de diciembre, con poco más de 100 mil casos registrados y apenas superando las mil muertes, Venezuela terminó con cifras excepcionales. Su esquema de 7×7 se mantuvo durante casi todo el año, los cercos epidemiológicos fueron estrictos y la aplicación de pruebas fue masiva, siendo el país del continente con más pruebas aplicadas por 100 mil habitantes.

El saldo favorable a Venezuela adquiere mayor significado, precisamente por el cuadro tan complejo con el que el país ha tenido que maniobrar la crisis sanitaria.

EL DESMANTELAMIENTO DE LA OPERACIÓN GEDEÓN

El 3 de mayo de este año tuvo lugar la fallida Operación Gedeón, que abría paso a un conjunto de acciones mercenarias en suelo nacional.

Una primera incursión en Macuto y horas siguientes en Chuao y otras localidades costeras, fueron desmanteladas con la captura de mercenarios venezolanos y estadounidenses provenientes desde Colombia.

La operación estuvo a cargo de la contratista estadounidense Silvercorp y fue planeada principalmente por Jordan Goudreau -un estadounidense nacido en Canadá, ex boina verde de los Estados Unidos y ex miembro de las Fuerzas Armadas de Canadá- y por el ex mayor general de la Fuerza Armada Nacional Bolivariana (FANB) en fuga, Clíver Alcalá Cordones.

La fallida operación pretendía la inserción de mercenarios, ex militares venezolanos y paramilitares colombianos apostados en campamentos mercenarios en Colombia, para luego aplicar acciones de fuerza irregular en el país. Tenían el objeto de atacar instalaciones estratégicas, producir una sedición en la FANB, cometer asesinatos en el alto gobierno, capturar al presidente Nicolás Maduro y enviarlo a Estados Unidos, todo ello mediante la participación de fuerzas militares estadounidenses que se sumarían a la operación.

La arremetida fue ejecutada pero sus operadores no contaban con la cohesión en la FANB y su apresto operacional. Igualmente, la Milicia Bolivariana actuó como red de inteligencia y en Chuao fueron quienes capturaron a los mercenarios estadounidenses Airan Berry y Luke Denman, entre otros, hoy sentenciados por la justicia venezolana.

Este evento fue emblemático por exponer ante la opinión pública internacional el fracaso de esta operación, por la eficacia de la inteligencia venezolana y por la solidez de las instituciones armadas nacionales. También quedaron expuestas las abiertas acciones de inducir una guerra armada en el país con factores estadounidenses involucrados.

La polémica que siguió a esta operación yace en el rol del gobierno de Colombia y el uso de su territorio como centro de operaciones mercenarias. También por la revelación del contrato de Juan Guaidó con Goudreau, responsable de Silvercorp, donde se estipulaba la ocupación militar del país, el desmantelamiento de la FANB a manos de fuerzas extranjeras y concesiones petroleras y mineras a favor de Goudreau y empresarios estadounidenses.

En aquel momento, el presidente Nicolás Maduro señaló el rol de la DEA estadounidense en esa operación encubierta, con apariencia de “guerra privada”.

La Administración Trump lidió con un claro fracaso militar, aunque negaron los hechos.

LA LLEGADA DE BARCOS IRANÍES: UN ENORME ACTO ABIERTO DE RUPTURA AL BLOQUEO

El gobierno estadounidense puso todo el énfasis durante 2020 en presionar a Venezuela de tal manera, que se produjera un colapso en el país y cayeran las instituciones nacionales. Para ello, impusieron mecanismos de cerco comercial, apuntando a uno de sus sectores más sensibles: el de combustibles.

Aprovechando las vulnerabilidades del país por el estado de las refinerías venezolanas, deterioradas y sin acceso a sus repuestos acordes de manos de proveedores estadounidenses, Elliott Abrams, responsable por el gobierno norteamericano para el asedio a Venezuela, articuló una red de presión contra empresas y embarcaciones para secar a Venezuela de gasolina.

La agencia EFE refirió que unas 50 embarcaciones habrían sido objeto de presiones y medidas del Departamento del Tesoro estadounidense por sus envíos de gasolina al país.

Sin embargo, la nación persa tenía una colaboración discreta con el gobierno venezolano y comenzaron a dotar al país de repuestos parcialmente compatibles para las refinerías venezolanas. Seguidamente, dieron paso a despachos abiertos de gasolina al país, rompiendo el bloqueo en las narices de las embarcaciones militares estadounidenses en el Caribe a finales de mayo, con el arribo de unos primeros cinco tanqueros con gasolina y aditivos para la producción nacional de combustibles.

La llegada de los primeros buques fue un hito que refrendó la cohesión estratégica entre ambos países bajo asedio. Para el término del año, Venezuela se alejó del colapso total por combustible, sin embargo aún se trabaja en la industria petrolera por regularizar parcialmente el acceso a los mismos.

Adicionalmente, las refinerías venezolanas han estado en funcionamiento intermitente y nuevos despachos están previstos en lo sucesivo.

La guerra inducida por la gasolina en Venezuela terminó siendo otro episodio frustrado para los estadounidenses.

TRUMP SE VA, MADURO SE QUEDA

Las elecciones del 3 de noviembre en Estados Unidos dieron al traste con la presidencia de Donald Trump. Pese a las complicaciones del deficiente sistema electoral estadounidense y las polémicas judiciales emprendidas por Trump y sus demandas por un supuesto “fraude” en su contra, las instituciones de su país le han señalado la puerta de salida del gobierno.

Para Venezuela esto reviste en un hecho significativo. El país petrolero fue modelo en vitrina del esquema de garrote implementado por la Administración Trump para la región. Trump puso el énfasis en el bloqueo y en el aislamiento de Venezuela, y hasta este año presentó a Guaidó en el discurso anual ante los Estados de la Unión. Todo ello tenía el ímpetu de producir un cambio de régimen en Venezuela, pero el chavismo les hizo fracasar.

Venezuela fue uno de los temas principales en la campaña estadounidense. En efecto, la búsqueda de votos en el estratégico estado de Florida colocó a Trump y a Joe Biden en una férrea competencia por los respaldos de las diásporas cubana y y venezolana.

Por ello Venezuela lidió con medidas coercitivas unilaterales sin precedentes. Se trató todo de una refriega electoral que no logró su objetivo medular.

Al término de la campaña estadounidense y el fin de año con Trump en la presidencia, quedaron al relieve el fracaso de la estrategia de Washington contra Caracas y la inviabilidad del gobierno fake de Guaidó, lo cual demanda que la administración entrante de Joe Biden tenga que recalibrar la estrategia.

Aunque las circunstancias de asedio contra Venezuela seguirán con Joe Biden, no conocemos hasta ahora los matices que tendrá y si existirán las posibilidades de disensiones.

Pero la Administración Trump, que fracasa en su reelección, tiene la persistencia del chavismo en el poder una de las causas de su debacle. Trump, el presidente estadounidense que de manera más abierta se involucró en un cambio de régimen en Venezuela bajo mecanismos de presión, fue quien terminó en la puerta de salida, mientras que el presidente Maduro termina el año en Miraflores.

EL CHAVISMO RECUPERA EL PARLAMENTO TRAS EL 6D

La elección por la AN se desarrolló en Venezuela contra múltiples presiones desde los frentes interno y externo.

Los señalamientos para deslegitimar la elección iban implícitos en la apuesta de continuar la fallida agenda contra el chavismo planificada por la Administración Trump. Se pretendía la negación de las elecciones para seguir prolongando el “gobierno paralelo”. Ello suponía una continuidad de la Administración Trump y por ello hicieron su apuesta.

El resultado al término de año es que la Administración Trump va de salida, los partidos opositores en Venezuela plegados a la orden de Washington no participaron en las elecciones de la AN y el chavismo retoma la mayoría parlamentaria. La ejecución de las elecciones dentro del lapso constitucional terminó siendo causa esencial del fracaso para los enemigos de Venezuela y al mismo tiempo una victoria estratégica del chavismo. Fue un evento de pegada doble.

El chavismo, con más de 71% de los votos, se hizo de más del 90% de los cargos. Una nueva oposición interna comenzó a disputarle el espacio cautivo a los grupos abstencionistas y éstos ahora se inclinan más a ir a las elecciones por gobernaciones en 2021, siendo evidentemente obligados a volver al ruedo político.

Pese a los cuestionamientos a la participación electoral apenas superior al 30%, Venezuela tiene una victoria más allá de toda estadística. El país organizó y ejecutó exitosamente unas elecciones en un contexto sumamente excepcional. Bajo bloqueo, bajo sus severos impactos en la vida económica y social del país, con migración de una cuota significativa de votantes, bajo pandemia, con llamados a abstención, con anuncios de desconocimiento y presiones internacionales, un segmento importante del país se movilizó a votar para devolverle la estabilidad política e institucional a la nación, dando al traste con el ciclo parlamentario más nefasto jamás registrado en la historia republicana.

Las elecciones parlamentarias fueron el principal evento político en el país durante 2020. La victoria contundente del chavismo y contra muchos pronósticos, le da el cierre político al año certificando por las vías de los votos y las instituciones, la persistencia de los poderes nacionales frente a las agendas de asedio.

Venezuela no resultó avasallada, sino por el contrario, fortalecida políticamente.

LA DESPEDIDA A LA ANC Y EL NUEVO CICLO POLÍTICO PARA 2021

Al menos en el ámbito político, Venezuela dio fin al ciclo que inició en 2016 con el ascenso de la mayoría antichavista a la AN y, con ello, a un turbulento ciclo de choques institucionales, presiones externas, bloqueo, intentos de magnicidio, conatos de golpes de Estado y conatos de guerra mercenaria.

Todo ello tuvo lugar con la mayoría opositora en la AN como parteaguas institucional. Ahora su ciclo ha claudicado.

Entretanto, también culmina en sus funciones la Asamblea Nacional Constituyente (ANC), elegida en 2017 para sostener la estabilidad del Estado y sus instituciones en medio de la violencia política y el ímpetu a un conflicto civil, que fue activado por los antichavistas ese año.

La ANC asumió sus poderes plenipotenciarios para detener la sedimentacion del Estado, que tuvo un clímax con la AN en desacato y la cooptación de la ex fiscal hoy prófuga de la justicia Luisa Ortega Díaz. La ANC detuvo el incipiente conflicto civil que pretendía detonarse por las guarimbas que durante meses asediaron sectores en importantes ciudades del país.

Seguidamente y luego de la salida del ruedo político de la AN en desacato, la ANC actuó en el llamado a elecciones regionales, municipales y presidenciales. También ejercieron funciones para cubrir el vacío parlamentario dejado por la AN en desacato y acompañaron al Ejecutivo Nacional en la promulgación de leyes esenciales.

En octubre de este año, y a expensas de las profundas desfiguraciones sobre el tejido económico nacional generadas por las medidas coercitivas contra el país, la ANC proclama la Ley Antibloqueo, un mecanismo excepcional para ir a la ruptura del bloqueo desde adentro y sentando nuevos términos para el relacionamiento del país con sus aliados en el extranjero.

Este 18 de diciembre en la clausura de la ANC, en efecto, quedó refrendado su rol a favor de la estabilidad nacional. Este parlamento, el segundo electo por voto popular en la historia republicana, se retira de la escena sin una nueva Constitución. El ciclo de adversidad, tanto como la diatriba interna, no generaron las condiciones para tales fines.

Sin embargo, su clausura dejó con claridad el rol de esta instancia en el sostenimiento de la paz y la estabilidad política elemental. El país entero es beneficiario de estas grandes conquistas aunque no sean del todo valoradas o ponderadas por algunos sectores.

Venezuela cierra el año 2020 dando vuelta de hoja al ciclo parlamentario más peligroso en la historia nacional, la ANC abre paso al regreso de la AN a los cauces de la regularidad política e institucional.

El país va al 2021 hacia una nueva etapa, signada por nuevas condiciones materiales y políticas, pero con un nuevo ímpetu político con sabor a victoria.

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