I tamburi della Guerra

Fabián Escalante Font https://lapupilainsomne.wordpress.com

Già si sente il forte suono dei tamburi. Non quello dei nostri aborigeni dei Caraibi o del sud del continente, che nelle celebrazioni e proteste vibrano al suono delle loro richieste o slogan. Questi che ora si ascoltano sono quelli raddoppiati dall’Impero Nordamericano, che si appresta a lanciare un’offensiva generalizzata contro i nostri popoli, a sud del Rio Grande.

No, non sono soddisfatti dello stato di cose che stanno affrontando. Hanno pensato che con un nuovo liberalismo guidato da Bolsonaro, Piñera, Abdo Benítez, Duque, Moreno, Hernández, Bukele, Giammattei e altre erbacce avessero liquidato o almeno contenuto la resistenza dei nostri popoli. Ma non è stato così. Le prossime elezioni in Ecuador, persino nel leggendario Perù, possono rafforzare un blocco di paesi progressisti già composto da Messico, Argentina, Bolivia, Venezuela, Nicaragua e Cuba e sferrare un colpo demolitore al “ministero delle colonie” yankee, l’OSA, ristabilendo una Comunità di Stati latinoamericani e caraibici, libera dalla tutela imperiale.

Proprio a questo si deve il viaggio che, in questi giorni, inizia dall’Argentina il capo del comando sud USA, l’Ammiraglio Craig Faller, il cui obiettivo centrale è l’aggressione contro la sorella Repubblica Bolivariana del Venezuela, mentre il suo stretto alleato, sicuro fornitore di cocaina, che mantiene occupato con 7 basi militari e un fiume di milioni di dollari, non ha potuto piegare il coraggioso popolo di Bolívar e Chávez.

L’Ammiraglio pretende costruire un fronte di guerra, con il Brasile ed i suoi golpisti militari a capo e almeno neutralizzare i paesi del sud. Sarebbe un’azione militare combinata su entrambi i confini venezuelani, che liquiderebbe, nello stile degli eserciti hitleriani, con un solo colpo, la resistenza delle sue forze armate, delle sue milizie e del popolo organizzato, qualcosa che è impensabile, perché quando un popolo assume la propria dignità, difesa e sovranità è capace, come gli spartani dell’antica Grecia, di vincere e sconfiggere gli invasori di Dario alle Termopili. E siamo sicuri che i nostri fratelli da un capo all’altro del continente li sconfiggeranno brandendo la sciabola di Bolívar e il verbo e l’azione di Chávez, Kirchner, Evo, Correa, Lula, Dilma e tutti i combattenti che ci hanno preceduto.

Gli obiettivi strategici dell’Impero rimangono gli stessi, anche dopo Trump, ora con Biden. Sanno di essere sconfitti strategicamente non solo militarmente, bensì economicamente. Russia, Cina e Iran gli hanno tenuto testa e accettato la sfida. L’Unione Europea, un tempo potente, trasformata in un “cagnolino” del Nord America, si ritrova, come diceva una barzelletta spagnola del mio tempo: “come il tizio alla festa, che non può andare, né restare”, legata da importanti interessi economici alla Russia e all’accesso ad un mercato cinese inesauribile, innovativo ed economico. Tuttavia, accusa, attacca, calunnia e minaccia i nostri popoli: servono come comparsa all’Impero nella sua nuova offensiva latinoamericano.

Da parte loro, gli yankee hanno preparato quella che hanno denominato la guerra di quarta generazione che, in poche parole, assume tutte le modalità utilizzate fino ad allora dai “signori della guerra”. Tra queste, la potente “guerra psicologica”, cioè l’ammorbidimento della coscienza dei nostri popoli, con l’obiettivo di confondere, ingannare, manipolare, i loro sentimenti, opinioni e comportamenti, in breve, annullare la loro coscienza sociale, ribellione, storia di lotte, desiderio di un futuro che non dipenda da quelle drammatiche carovane di emigranti costretti dalla fame e ingannati dalla propaganda, che marciano verso il Nord alla ricerca di un futuro migliore.

La scena politica militare si sta preparando attivamente. Non sorprende che un Juan Guaidó con un elmo da guerra e un fucile, immagino uno di legno, appaia presto al confine tra Venezuela e Colombia, poiché l’altro gli farebbe male alle mani ben curate.

Tuttavia, a Cuba, nel suo esempio, nei suoi uomini e donne, continua la responsabilità di proteggere la fiamma della Rivoluzione continentale. Per questo il nuovo governo yankee, guidato da Biden, non si affretta a rivedere la sua politica verso il nostro paese, forse in attesa che si verifichi il miracolo di uno scompiglio nello stile dell’Europa orientale degli anni ’90. Perché? Sanno che, indipendentemente da chiunque sia, Cuba continua ad essere il faro di luce che Fidel Castro accese quella gloriosa mattina del 1 gennaio 1959; solidarietà, quando dona agli altri ciò che non ha, la vincitrice del Girón, della Crisi d’Ottobre e di mille battaglie, quella delle brigate Henry Reeve, quella dei programmi di alfabetizzazione “io sì posso”, quella delle operazioni sanitarie Milagros e Barrio Adentro, quello della lotta contro l’Ebola, quella che, insieme ai suoi fratelli angolani e namibiani, ha sconfitto l’odioso apartheid in Sud Africa, quella dell’eterno Comandante in Capo, quello che nel suo testamento politico, ci ha indicato, tra altre, due idee essenziali, come se la sua opera non fosse monumentale, incomparabile: cambiare tutto ciò che deve essere cambiato, sottolineando, Rivoluzione è senso del momento storico. Ed è proprio questo, il senso di questo momento, che indica la via, cambiando, rinnovando, attirando le nuove generazioni di cubani a questo combattimento impari e allo stesso tempo vittorioso.

A forza di lotte e combattimenti, noi cubani abbiamo una certa esperienza in queste lotte, non per niente gli USA ci bloccano, aggrediscono, terrorizzano, lanciano campagne terroristiche e di ogni genere da più di 60 anni. Non credo che ci siano precedenti nella storia dell’umanità. Certo, ora ci troviamo in una situazione particolare, in un processo di passaggio generazionale, vessati economicamente e politicamente, soffrendo, allo stesso modo dell’Umanità, una delle più terribili pandemie conosciute da secoli.

La guerra psicologica è stata la prima ricetta usata contro la Rivoluzione cubana, sfruttando l’analfabetismo che ancora esisteva, i pregiudizi con il socialismo e le vane speranze con cui i suoi media tritavano la nostra popolazione con il “sogno americano”, la società dei consumi sviluppata come il “dorato” che dovremmo raggiungere.

A poche settimane dal trionfo della Rivoluzione, gli USA e la sua Agenzia di Informazione hanno accusato Cuba di “violare” i diritti umani degli assassini e torturatori arrestati. Tuttavia, quei criminali di guerra furono processati per i loro omicidi, in tribunali, in cui era garantito loro un giusto processo ed erano pubblici e teletrasmessi.

L’Impero orchestrò tutti i mass media esistenti nel paese, ancora nelle mani dell’oligarchia creola, per far coro ai suoi slogan e non contento di ciò, costruì, su un’isola caraibica dell’Honduras, un potente impianto radio da 50 KW.di potenza che trasmetteva 24 ore al giorno, collegando in prima serata le stazioni radio della Florida, trasmettendo messaggi terrificanti al popolo cubano, sugli obiettivi della Rivoluzione, sui suoi dirigenti e sul progetto politico, sociale ed economico che si stava avviando. La falsa legge sulla Patria Potestà fece credere un settore della popolazione che lo Stato avrebbe tolto loro l’attribuzione di genitori sui propri figli, provocando l’esodo negli USA di oltre 15000 infanti, di cui molti mai più si sono rincontrati.

Il XXI secolo e l’apparizione di Internet e delle reti sociali cambieranno drasticamente queste operazioni di guerra psicologica, o meglio i loro concetti e strategie. Si potrebbe dire che le azioni di guerra psicologica si sono massificate e chiunque abbia un telefono, con accesso alla rete, può parteciparvi.

Gli USA ed i loro alleati, da molto tempo prima, avevano creato “laboratori” per dirigere ed orientare le azioni che si proponevano in tal senso, anche grazie, in una certa misura, alla loro funesta e fallimentare esperienza contro la Rivoluzione cubana. USAID, NED, Freedom House, Reporter Senza Frontiere, Fondazione Albert Einstein, ecc. che sono rifornite economicamente dal Congresso di quel paese, organizzano programmi che sono diretti a settori specifici della società. Non è casuale, bensì risultato di uno studio “scientifico” che cerca le debolezze, i nostri errori, i fianchi trascurati, per poi indirizzare il colpo in quella direzione.

Nel nostro caso, questioni come la stanchezza, l’esaurimento sociale, “sino a quando bisogna sacrificarsi”, “quando la Rivoluzione soddisferà tutti i bisogni della popolazione”, “quando possiamo avere appartamenti di lusso e auto di ultimo modello”, sono concetti con cui hanno martellato le coscienze delle nostre giovani generazioni, come se raggiungerlo fosse possibile, come se qualche società nel mondo l’avesse raggiunto, come se il quotidiano e il duro lavoro non fossero l’unica fonte di soddisfazione almeno dei bisogni immediati, e come se la società cubana, questa che abbiamo, non avesse uno dei più alti standard sociali nel nostro continente, come se la sicurezza sociale, la salute, l’istruzione a tutti i livelli, lo sviluppo della cultura nelle sue molteplici sfere, l’alimentazione di base, la sicurezza dei cittadini, la vaccinazione precoce degli infanti, lo sviluppo scientifico raggiunto, con l’organizzazione della lotta alla pandemia di covid, con la SOLIDARIETA ad altri popoli che in più di 60 anni abbiamo offerto, perché non abbiamo dato quello che ci avanza, bensì come ha indicato il Nazareno, abbiamo condiviso quello che abbiamo, quel poco che abbiamo. E penso che questo non abbia paragoni con nessun altro esempio passato, di un popolo che costruisce o cerca di costruire una società più giusta, umana ed equa, circondato, aggredito, bloccato. No, non ricordo un altro nella storia dell’umanità. Oggi stiamo nel processo di produzione di cinque vaccini contro il covid. Immaginare che questo piccolo paese, assediato e aggredito, possa fare qualcosa di così importante come ciò, che salverà milioni di vite, perché come sempre Cuba solidale non intende diventare milionaria, -come aspirano i grandi consorzi farmaceutici che oggi producono vaccini- ma aiutare i suoi fratelli, i nostri popoli, questa è stata l’eredità di Martí e Fidel, la sua opera, quando ha detto che questo popolo sarebbe stato composto da uomini di scienza e inoltre ha forgiato le condizioni per questo.

I controrivoluzionari dei primi anni dovevano fare rifornimento di armi ed esplosivi per agire, correre rischi, attaccare, rischiare in modo diretto, tuttavia, in questo momento, le cose sono cambiate. Ora diventano giornalisti “indipendenti” su Internet per i loro reportage e notizie calunniose, altri più rischiosi si iscrivono ai programmi delle suddette organizzazioni e propongono astutamente quelli devono essere i fulcri delle aggressioni contro la loro Patria, i nostri lati deboli, presentando un progetto che spiega in dettaglio come organizzare l’aggressione, una “dissidenza”, azioni plastiche, proteste di giovani “artisti” scontenti ecc., affinché gli paghino il budget e poi con quei soldi agire. Il cosiddetto Movimento San Isidro è un esempio in cui un soggetto, che non ha nozioni d’arte, si siede su un water, vestito con le bandiere cubane e nordamericane e proclama l’atto come un fatto culturale, di protesta antigovernativa.

E poi, inizia la maratona delle false notizie: violazione dei diritti umani, reportage accusatori di “giornalisti indipendenti”, meme che prendono in giro i dirigenti nelle reti, canzoni composte da artisti noti che nel loro esilio d’oro e pagato, producono musica e testi per dare “colore” e voce alle “proteste” contro il “regime cubano”

Lo scenario è pronto. Prima, Trump, nei suoi ultimi giorni, ci ha dichiarato uno stato terrorista -e ora appare il Segretario di Stato USA con un rapporto in cui afferma che a Cuba si violano i diritti umani e quindi, si deduce, o deduco, che nessuna delle 242 misure anti-cubane prese dal precedente presidente contro questo piccolo e vessato paese, saranno modificate, se non si fanno concessioni, cioè, si chiede perdono, si inginocchia ed implora pietà al nuovo imperatore-presidente Joe Biden e si promette di arrendersi.

E qual è l’antidoto a queste aggressioni, a questa guerra psicologica, culturale, economica, sociale, multilaterale e totale che il nemico esercita contro il nostro popolo?

Trincee d’idee valgono più di trincee di pietre, ci ha indicato José Martí, e poi, durante questa lunga guerra contro l’Impero, da quelle trincee iniziare la Battaglia delle Idee alla quale Fidel ci ha convocato. Affrontiamo la guerra delle idee con le idee, con la verità, con lo sviluppo della coscienza rivoluzionaria, comprendendo il momento storico, difendendo l’unità nazionale, -rompendola è l’obiettivo del nemico-, perché senza quell’unità siamo perduti, criticando tutto ciò che deve essere criticato, rettificando tutto ciò che deve esserlo, armando quella coscienza con un pensiero innovativo ed incorporando le nuove generazioni, che contribuiscano con le loro idee, che hanno la loro ottica, anch’essa positiva, -seppure diversa dalla nostra, già un po’ logorata nei combattimenti- , senza continuismo ma con continuità, con rinnovamento, utilizzando tutta la ricchezza delle organizzazioni sociali, sindacali, fraternali, insomma tutte, armandole dei concetti ed idee del nostro socialismo, con cui Fidel, oggi così attuale, ci indica la via.

Oggi più che mai dobbiamo combattere all’offensiva, non lasciarci circondare dal nemico, dentro dell’assedio che il blocco ha imposto, perché al suo interno ci annientano. Portare la lotta sul suo stesso terreno, dove proprio non ci aspettano. Usare lo stile guerrigliero che ci hanno lasciato il Ché e Fidel. Ricorda che chiunque deve avere il diritto di difendere la Rivoluzione come sa, come può, con le unghie se necessario, senza dogmi, dalle proprie idee e trincee.


Los tambores de la Guerra

Por Fabián Escalante Fon

Ya se escucha el fuerte sonido de los tambores. No el de nuestros aborígenes caribeños o del sur del continente, que en celebraciones y protestas vibran al son de sus reclamos o consignas. Estos que ahora se escuchan son los redoblados por el Imperio Norteamericano, que se apresta a lanzar una ofensiva generalizada contra nuestros pueblos, al sur del Rio Grande.

No, no están conformes con el estado de cosas al que se enfrentan. Pensaron que con un nuevo liberalismo encabezado por los Bolsonaro, Piñera, Abdo Benítez, Duque, Moreno, Hernández, Bukele, Giammattei y otras malas hierbas habían liquidado o al menos contenido la resistencia de nuestros pueblos. Pero no ha sido así. Las próximas elecciones en el Ecuador, incluso en el legendario Perú, pueden fortalecer un bloque de países progresistas integrado ya por México, Argentina, Bolivia, Venezuela, Nicaragua y Cuba y proporcionar un golpe demoledor al “ministerio de colonias” yanki, la OEA, restableciendo una Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños, libre de tutelajes imperiales.

Precisamente a ello se debe el recorrido que en estos días inicia por la Argentina el jefe del comando sur de Estados Unidos, Almirante Craig Faller y cuyo objetivo central es la agresión a la hermana República Bolivariana de Venezuela, en tanto, su estrecho aliado, abastecedor seguro de cocaína, el que mantiene ocupado con 7 bases militares, y un rio de millones de dólares, no ha podido doblegar al valeroso pueblo de Bolívar y Chávez.

El Almirante pretende construir un frente de guerra, con Brasil y sus militares golpistas al frente y al menos neutralizar a los países del Sur. Sería una acción militar combinada por ambas fronteras venezolanas, que liquidara al estilo de los ejércitos hitlerianos, de un golpe, la resistencia de sus fuerzas armadas, sus milicias y al pueblo organizado, algo que, es impensable, porque cuando un pueblo asume su dignidad, defensa y soberanía es capaz, como los espartanos de la antigua Grecia de vencer y derrotar los invasores de Darío en las Termopilas. Y estamos seguros, de que nuestros hermanos de punta a punta del continente, los derrotarán enarbolando el sable de Bolívar y el verbo y la acción de Chávez, Kirchner, Evo, Correa, Lula, Dilma y todos los combatientes que nos antecedieron.

Los objetivos estratégicos del Imperio, continúan siendo los mismos, aun después de Trump, ahora con Biden. Ellos saben que están derrotados estratégicamente no solo militar, sino económicamente. Rusia, China e Irán le han plantado cara y aceptado el reto. La otrora poderosa Unión Europea, devenida en “perrito faldero” de Norteamérica, se encuentra como decía un chiste español de mis tiempos: “como el curro en la fiesta, que no se puede ir, ni tampoco quedarse”, amarrada por importantes intereses económicos a Rusia y el acceso a un mercado chino inagotable, innovador y barato. Sin embargo, acusa, ataca, calumnia y amenaza a nuestros pueblos: le sirven de comparsa al Imperio en su novedosa ofensiva latinoamericana.

Por su parte, los yankis han preparado lo que han denominado guerra de cuarta generación, que en dos palabras, asume todas las modalidades empleadas hasta entonces por los “señores de la guerra”. Entre ellas, la poderosa “guerra sicológica”, es decir, el ablandamiento de la conciencia de nuestros pueblos, con el objetivo de confundir, engañar, manipular, sus sentimientos, opiniones y conductas, en suma anular su conciencia social, su rebeldía, su historia de luchas, sus anhelos por un porvenir que no dependa de esas dramáticas caravanas de emigrantes obligados por el hambre y engañados por la propaganda, que marchan hacia el Norte, en busca de un futuro mejor.

El escenario político militar se prepara activamente. No es de extrañar que pronto aparezca en la frontera venezolano colombiana un Juan Guaidó con casco de guerra y empuñando un fusil, imagino que de palo, pues el otro lastimaría sus cuidadas manos.

Sin embargo, en Cuba, en su ejemplo, en sus hombres y mujeres, continúa la responsabilidad de proteger la llama de la Revolución continental. Por ello, el nuevo gobierno yanki encabezado por Biden no se apura en revisar su política hacia nuestro país, quizás esperando que ocurra el milagro de un desmerengamiento al estilo de la Europa del Este de los años 90. ¿Por qué? Ellos saben que pésele a quien le pese, Cuba continúa siendo el faro de luz que encendiera Fidel Castro aquella gloriosa mañana del 1ero de enero de 1959; solidaria, cuando da a otros lo que no tiene, la vencedora de Girón, de la Crisis de Octubre y mil batallas, la de las brigadas Henry Reeve, la de los programas de alfabetización “yo sí puedo”, la de las operaciones sanitarias Milagros y Barrio Adentro, la del combate al Ebola, la que venció junto a sus hermanos angolanos y Namibios al odioso apartheid en África del Sur, la del eterno Comandante en Jefe, aquel que en su  testamento político, nos indicó, entre otras, dos ideas esenciales, como si su obra no fuera monumental, inigualable: cámbiese todo lo que deba ser cambiado, puntualizando, Revolución es sentido del momento histórico. Y es ese, el sentido de este momento, el que señala el camino, cambiando, renovando, atrayendo a las nuevas generaciones de cubanos a este combate desigual y a la vez victorioso.

A fuerza de luchas y combates, los cubanos tenemos alguna experiencia en estas lides, no en balde Estados Unidos nos ha bloqueado, agredido, aterrorizado, lanzado campañas terroristas y de toda índole por más de 60 años. No creo que existan precedentes en la historia de la Humanidad. Claro, ahora nos encontramos en una situación particular, en un proceso de tránsito generacional, acosados económica y políticamente, sufriendo al igual que la Humanidad una de las más terribles pandemias conocidas por siglos.

La guerra sicológica fue la primera receta empleada contra la Revolución cubana, aprovechando el analfabetismo aun existente, los prejuicios con el socialismo y las esperanzas vanas con las cuales sus medios machacaban a nuestra población con el “sueño americano”, la sociedad de consumo desarrollada como el “dorado” que debíamos alcanzar.

A penas unas semanas después del triunfo de la Revolución, Estados Unidos y su Agencia de Informaciones acusó a Cuba de “violar” los derechos humanos de los asesinos y torturadores detenidos. Sin embargo, aquellos criminales de guerra eran juzgados por sus asesinatos, en tribunales, en los cuales se les garantizaba el debido proceso y eran públicos y televisados.

El Imperio orquestó a todos los medios masivos de difusión existentes en el país, aún en manos de la oligarquía criolla, para hacer coro a sus consignas y no contento con esto, construyó en una isla del caribe hondureño una poderosa planta radial de 50 KW de potencia que transmitía las 24 horas del día, encadenando en horarios estelares, las radio emisoras de la Florida, transmitiendo mensajes aterradores al pueblo cubano, sobre los objetivos de la Revolución, sus líderes y el proyecto político, social y económico que se estaba poniendo en marcha. La falsa ley sobre la Patria Potestad, hizo creer a un sector de la población que el Estado le quitaría la atribución a los padres sobre sus hijos, provocando el éxodo a Estados Unidos, de más de 15,000 infantes, que muchos jamás se reencontraron.

El siglo XXI y la aparición de la Internet y las redes sociales van a cambiar dramáticamente estas operaciones de guerra sicológicas, o mejor sus conceptos y estrategias. Se podría decir, que se han masificado las acciones de guerra sicológica y cualquier persona con un teléfono con acceso a la red, puede participar en ella.

Estados Unidos y sus aliados, desde mucho antes, habían creado “laboratorios” para dirigir y orientar las acciones que en este sentido se proponían, por cierto, gracias en cierta medida, a su funesta y fracasada experiencia contra la Revolución cubana. La USAID, NED, Freedom House, Reporteros sin Fronteras, la fundación Albert Einstein, etc. los cuales son abastecidos económicamente por el Congreso de ese país, organizan programas que van dirigidos hacia sectores específicos de la sociedad. Ello no es aleatorio, sino resultado de un estudio “científico” que busca las debilidades, nuestros errores, los flancos descuidados, para entonces dirigir el golpe en esa dirección.

En nuestro caso, temas como el cansancio, el agotamiento social, “hasta cuándo hay que sacrificarse”, “cuándo la Revolución va a satisfacer todas las necesidades de la población”, “cuándo podemos tener apartamentos de lujo y autos de último modelo”, son conceptos con los cuales han estado martillando la conciencia de nuestras jóvenes generaciones, como si alcanzarlo fuera posible, como si alguna sociedad en el Mundo lo hubiera logrado, como si el trabajo, diario y esforzado no fuera la única fuente de satisfacción al menos de las necesidades inmediatas, y como si la sociedad cubana, ésta que tenemos, no tuviera uno de los estándares sociales más elevados en nuestro continente, como si la seguridad social, la salud, la educación en todos los niveles, el desarrollo de la cultura en sus múltiples esferas, la nutrición básica, la seguridad ciudadana, la vacunación temprana de los infantes, el desarrollo científico alcanzado, con la organización del enfrentamiento a la pandemia del covid, con la SOLIDARIDAD a otros pueblos que en más de 60 años hemos brindado, porque no hemos dado lo que nos sobra, sino que como indicó el Nazareno, compartimos lo que tenemos, lo poco que tenemos. Y creo que ello no tiene comparación alguna con ningún otro ejemplo pasado, de un pueblo que construye o intenta construir una sociedad más justa, humana y equitativa, rodeado, agredido, bloqueado. No, no recuerdo otro en la historia de la humanidad. Hoy estamos en proceso producir cinco vacunas contra el covid. Imaginar que este pequeño país, cercado y agredido pueda hacer algo tan importante como ello, que salvará millones de vidas, porque como siempre, Cuba solidaria, no piensa hacerse millonaria, -como sí aspiran los grandes consorcios farmacéuticos que hoy producen vacunas-, sino ayudar a sus hermanos, a nuestros pueblos, porque ese fue el legado de Martí y de Fidel, su trabajo, cuando dijo que este pueblo sería de hombres de ciencias y además forjó las condiciones para ello.

Los contrarrevolucionarios de los primeros años, tenían que abastecerse de armas y explosivos para actuar, correr riesgos, atacar, dar la cara de manera frontal, sin embargo eso ha cambiado en esta época. Ahora, se hacen periodistas “independientes” en Internet para sus reportajes y noticias calumniosas, otros más arriesgados se inscriben en programas de las organizaciones antes citadas y proponen ladinamente cuáles deben ser los focos de las agresiones contra su Patria, nuestros costados débiles, presentando un proyecto en el que se explica detalladamente cómo organizar la agresión, una “disidencia”, acciones plásticas, protestas de jóvenes “artistas” descontentos etc., para que les paguen el presupuesto y entonces con ese dinero, actuar. El denominado Movimiento de San Isidro es un ejemplo en el cual un sujeto, que no tiene nociones de arte, se sienta en un inodoro, arropado con las banderas cubanas y norteamericanas y proclama el acto como un hecho cultural, de protesta antigubernamental.

Y entonces, comienza el maratón de noticias falsas: violación de derechos humanos, reportajes acusatorios de “periodistas independientes”, memes burlando a los dirigentes en las redes, canciones compuestas por artistas conocidos que en su exilio dorado y pagado, producen música y letras para darle “color” y voz a las “protestas” contra el “régimen cubano”

El escenario está listo. Antes, Trump, en sus últimos días, nos declaró un Estado terroristaas- y ahora aparece el Secretario de Estado norteamericano con un informe donde afirma que en Cuba se violan los derechos humanos y por tanto, se infiere, o infiero, que ninguna de las 242 medidas anticubanas tomadas por el anterior presidente contra este pequeño y agobiado país, serán modificadas, si no se hace concesiones, es decir, se pide perdón, se arrodilla e implora al nuevo emperador-presidente Joe Biden clemencia y se promete rendirse.

¿Y cuál es el antídoto a estas agresiones, a esta guerra sicológica, cultural, económica, social, multilateral y total que ejecuta el enemigo contra nuestro pueblo?

Trincheras de ideas valen más que trincheras de piedras, nos indicó José Martí, y después, durante esta larga guerra contra el Imperio, desde aquellas trincheras, entablar la Batalla de Ideas a la cual nos convocó Fidel. A la guerra de ideas nos enfrentamos con las ideas, con la verdad, con el desarrollo de la conciencia revolucionaria, comprendiendo el momento histórico, defendiendo la unidad nacional, -quebrarla es el objetivo enemigo-, porque sin esa unidad estamos perdidos, criticando todo lo que deba ser criticado, rectificando todo lo que deba serlo, armando esa conciencia con pensamiento novedoso e incorporando a las nuevas generaciones, que aportan sus ideas, que tienen su óptica, positiva por demás, -aunque distinta a la nuestra, ya un poco desgastada en los combates-, sin continuismo pero con continuidad, con renovación, utilizando todo el caudal de las organizaciones sociales, sindicales, fraternales, en fin todas, armándolas de los conceptos e ideas de nuestro socialismo, con las que Fidel, tan vigente hoy, nos indica el camino.

Hoy más que nunca debemos combatir a la ofensiva, no dejar que el enemigo nos rodee, dentro del cerco que el bloqueo impuso, porque dentro del mismo nos aniquilan. Llevar el combate a su propio terreno, allí donde precisamente no nos esperan. Usar el estilo guerrillero que nos legó el Ché y Fidel. Recordar, que cada cual debe tener el derecho a defender la Revolución cómo sabe, como puede, con las uñas si es preciso, sin dogmas, desde sus propias ideas y trincheras.

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