Nazionalizzazione delle compagnie yankee: Cuba non deve

 Contrariamente a quanto affermano alcuni per ignoranza e altri in malafede, il governo cubano non rubò le proprietà espropriate o nazionalizzate di cittadini statunitensi, cubani o di altra nazionalità

Delfin Xiqués Cutino

Dopo il trionfo della Rivoluzione cubana, nel gennaio 1959, iniziò nel paese un processo di “confisca delle proprietà” come misura sanzionatoria contro i principali personaggi della tirannia batistiana, alle persone o società che avevano commesso crimini contro l’economia nazionale e contro coloro che si arricchirono illecitamente sotto la protezione del potere pubblico.

A tal fine, il 3 gennaio 1959, fu istituito il Ministero per il Recupero dei Beni Sottratti, che era l’organismo preposto a procedere all’indagine sulle proprietà ritenute suscettibili di essere sequestrate o confiscate.

La Gazzetta Ufficiale cubana pubblicò, nel giugno 1960, un elenco con i nomi di oltre 3000 persone fisiche e giuridiche le cui proprietà furono confiscate, e di altre 4000 che erano sotto inchiesta da parte dei revisori, nel periodo 1959-1960.

C’è una grande differenza tra la confisca, la nazionalizzazione e l’espropriazione delle proprietà a Cuba. Nel caso di quelle statunitensi, furono nazionalizzate ed espropriate, non confiscate.

La confisca, requisizione o sequestro, in Diritto, è l’atto di sequestrare o privare del possesso o beni senza compensazione, passandoli all’erario pubblico.

La nazionalizzazione è il trasferimento forzoso del diritto di proprietà di un bene dai privati ​​allo Stato, in forza di un provvedimento di un organo statale competente, con diritto a ricevere un indennizzo.

L’espropriazione è il trasferimento coercitivo della proprietà privata dal suo titolare allo Stato, con diritto a ricevere un indennizzo.

La Legge di Riforma Agraria fu firmata il 17 maggio 1959 a La Plata, Sierra Maestra, dal Comandante in Capo Fidel Castro Ruz e dal Consiglio dei Ministri del Governo Rivoluzionario.

La Legge stabiliva, tra l’altro, misure “che le proprietà agricole rurali superiori a 30 caballerie, a seconda che siano rispettivamente a produzione estensiva o intensiva, saranno espropriate nella misura della superficie eccedente tali limiti al fine di essere ripartite tra i contadini che lavorino dette terre, ed il loro valore pagato con titoli delle Riforma Agraria, redimibili in 20 anni con un interesse annuo del 4,5%”.

Venticinque giorni dopo la promulgazione della Legge di Riforma Agraria, il Dipartimento di Stato USA inviò a Cuba una nota in cui esprimeva, tra l’altro, il suo riconoscimento del diritto dell’isola a prendere possesso della sua terra: “Gli USA riconoscono che, in base alla legge internazionale, uno Stato ha il diritto di prendere laproprietà all’interno della propria giurisdizione per scopi pubblici, in assenza di un trattato o di un accordo contrario (…)”.1

Stante le cose, il Governo Rivoluzionario, protetto dal popolo, emanò la Legge n. 851, 6 luglio 1960, che autorizzava il Presidente della Repubblica e il Primo Ministro a disporre, con delibere congiunte, le nazionalizzazioni, mediante espropriazione forzosa delle proprietà statunitensi a Cuba.

Più tardi, promulgò la Legge n. 890, del 13 ottobre 1960, che prevedeva la nazionalizzazione mediante espropriazione forzosa del resto delle corporazioni straniere e delle loro filiali a Cuba, nonché delle grandi società nelle mani di cittadini cubani.

Con la Legge n. 891 del 13 ottobre 1960, il Governo Rivoluzionario dispose la nazionalizzazione delle banche cubane ed estere, escluse quelle canadesi (la cui nazionalizzazione avvenne mediante l’acquisto dei loro attivi), e la liquidazione del Fondo di Stabilizzazione della Moneta e di quello Ipoteche Assicurate.

Contrariamente a quanto affermano alcuni per ignoranza e altri in malafede, il Governo cubano non rubò le proprietà espropriate o nazionalizzate di cittadini statunitensi, cubani o di altre nazionalità.

La legge n. 851 stabilì la forma e il modo di indennizzare il valore delle proprietà di persone fisiche o giuridiche, cittadini degli USA, soggette a nazionalizzazione. Cuba è sempre stata ed è nella disposizione di risarcire i proprietari danneggiati, ma anche la maggior parte di queste società deve al Governo cubano.

Ad esempio, il valore di una proprietà si determinava dal prezzo di mercato utilizzando il prezzo della proprietà dichiarato dal suo proprietario sotto giuramento prima del 10 ottobre 1958. È quello legale.

Ma la maggior parte delle grandi imprese yankee, da anni, in collusione con funzionari corrotti, agirono illegalmente e svalutarono le loro proprietà per pagare meno imposte.

In questo senso, abbiamo il caso dell’azienda agricola Sevilla: il super latifondo della fattoria Sevilla, nel comune di El Cobre, era amministrato dalla società USA Cuban Development Company. Fu una delle prime proprietà soggetta a procedimenti legali di esproprio e nelle sue aree (8897 caballerie di terra) abitavano circa 6000 famiglie contadine.

Nei documenti ufficiali della tenuta agricoloa risultava che aveva iscritto una registrazione per un valore di 175000 $, e non per i 5000000, che si pretende che ora si certifichi e paghi il Governo cubano. Per anni avevano svalutato la proprietà per pagare meno tasse.

Nonostante quanto sopra, i rappresentanti dell’azienda  Siviglia presentarono presso la United States Foreign Claims Commission, a Washington, D.C., un Certificato di Perdita n. 20579 dei querelanti per un importo del valore della proprietà di 1250000 $, datato 16 settembre 1970, e non per i 5 milioni che pretendevano dall’INRA.

Dobbiamo anche ricordare che, il 29 giugno 1960, le compagnie USA Texaco, Esso e Shell si rifiutarono di lavorare il greggio acquistato, da Cuba, nell’ex Unione Sovietica e subirono, anche esse, l’intervento dello Stato cubano.

Nel bel mezzo di queste aggressioni economiche, si produce il lockout (serrata padronale), l’abbandono degli zuccherifici Chaparra (Jesús Menéndez), Delicias (Antonio Guiteras) e Mercedita (Augusto César Sandino), da parte della compagnia zuccheriera The Cuban American Sugar Mills Co.

Erano stati svalutati e non aveva senso stabilire un reclamo che si sarebbe risolto in un debito fiscale del ricorrente superiore al costo relae di ciascuno degli impianti. Per questo furono abbandonati.

E, come se non bastasse, in una disputa su un carico di zucchero del valore di 175250,69 $, per il quale Cuba reclamava il suo pagamento dall’agosto 1960 ai rappresentanti della Vertientes-Camagüey Sugar Company of Cuba, che era stata nazionalizzata, La Corte Suprema di Giustizia USA si pronunciò in favore dello Stato cubano sentenziando, il 23 marzo 1964, quanto segue: «Ogni Stato sovrano è obbligato a rispettare l’indipendenza di ciascuno degli altri Stati sovrani ed i tribunali di un paese non devono giudicare gli atti del governo di un altro paese, compiuti all’interno del proprio territorio. La riparazione di torti dovuti a tali atti deve essere ottenuta attraverso canali aperti alla disposizione delle potenze sovrane nei loro reciproci rapporti…”. 2

Con l’arrivo del presidente Donald Trump alla Casa Bianca è stato attivato il Titolo III della cosiddetta Legge Helms-Burton (rimasto inattivo per 23 anni), attraverso il quale si favorisce agli ex padrono di proprietà che furono nazionalizzate a Cuba, includendo cittadini cubani divenuti nel tempo statunitensi, la possibilità di citare in giudizio, presso i tribunali USA, quelle persone fisiche e giuridiche che, in qualche modo, abbiano avuto contatti con tali proprietà, che la legge qualifica come “traffico”.

Tra gli obiettivi centrali della legge Helms-Burton c’è stato quello di ostacolare le relazioni economiche, commerciali e finanziarie di Cuba con paesi terzi e di pregiudicare la sua capacità di attrarre investimenti diretti di capitale straniero per il suo sviluppo. Nello specifico, il suo Titolo III costituisce un’aggressione all’indipendenza di Cuba e alla sovranità del resto dei paesi, a causa delle sue intenzioni di applicare extraterritorialmente la giurisdizione USA.


Nacionalización de empresas yanquis: Cuba no les debe

Contrario a lo que dicen algunos por desconocimiento, y otros de mala fe, el gobierno cubano no robó las propiedades expropiadas o nacionalizadas de ciudadanos estadounidenses, cubanos o de otras nacionalidades

Autor: Delfín Xiqués Cutiño

Luego del triunfo de la Revolución Cubana, en enero de 1959, comenzó en el país un proceso de «confiscación de las propiedades» como medida sancionadora a los principales personeros de la tiranía batistiana, a las personas o sociedades que cometieron delitos contra la economía nacional, y contra aquellos que se enriquecieron ilícitamente al amparo del poder público.

A tales efectos, el 3 de enero de 1959 se constituyó el Ministerio de Recuperación de Bienes Malversados, que era el organismo encargado de proceder a investigar las propiedades que se consideraran susceptibles de ser intervenidas o decomisadas.

La Gaceta Oficial cubana publicó en junio de 1960 un listado con los nombres de más de 3 000 personas jurídicas y naturales cuyas propiedades fueron confiscadas, y de otras 4 000 que estaban siendo investigadas por los auditores en el periodo 1959-1960.

Existe una gran diferencia entre la confiscación, la nacionalización y la expropiación de las propiedades en Cuba. En el caso de las estadounidenses fueron nacionalizadas y expropiadas, no confiscadas.

La confiscación, comiso o decomiso, en Derecho, es el acto de incautar o privar de las posesiones o bienes sin compensación, pasando ellas al erario público.

La nacionalización es el paso forzoso del derecho de propiedad de un bien de particulares al Estado, en virtud de una disposición de un órgano estatal competente, con derecho a recibir una indemnización.

La expropiación es la transferencia de carácter coactivo, de la propiedad privada desde su titular al Estado, con derecho a recibir una indemnización.

La Ley de Reforma Agraria se firmó el 17 de mayo de 1959 en La Plata, Sierra Maestra, por el Comandante en Jefe Fidel Castro Ruz y el Consejo de Ministros del Gobierno Revolucionario.

La Ley establecía, entre otras medidas, «que las fincas rústicas mayores de 30 caballerías, según se hallen en producción extensiva, o intensiva, respectivamente, serán expropiadas en cuanto al área que exceda esos límites a los efectos de ser distribuidas entre los campesinos que laboren dichas tierras, y su valor pagado con bonos de la Reforma Agraria, redimibles 20 años con un interés anual del 4,5 %».

A los 25 días de haber sido promulgada la Ley de Reforma Agraria, el Departamento de Estado de Estados Unidos envió una nota a Cuba en la que expresaba, entre otras cosas, su reconocimiento al derecho de la Isla a tomar posesión de su tierra: «Los Estados Unidos reconocen que bajo la ley internacional un Estado tiene derecho a tomar la propiedad dentro de su jurisdicción para fines públicos en ausencia de un tratado o convenio en contrario (…)».1

Así las cosas, el Gobierno Revolucionario, amparado por el pueblo, dictó la Ley No. 851 de 6 de julio de 1960, que facultaba al Presidente de la República y al Primer Ministro para disponer, mediante resoluciones conjuntas, las nacionalizaciones, por vía de la expropiación forzosa, de las propiedades estadounidenses en Cuba.

Más tarde promulgó la Ley No. 890 de 13 de octubre de 1960, que disponía la nacionalización mediante expropiación forzosa del resto de las corporaciones extranjeras y sus subsidiarias en Cuba, así como de las grandes compañías en manos de ciudadanos cubanos.

En la Ley No. 891 de 13 de octubre de 1960, el Gobierno Revolucionario dispuso la nacionalización de los bancos cubanos y extranjeros, con exclusión de los canadienses (cuya nacionalización se llevó a cabo a través de la compra de sus activos), y la liquidación del Fondo de Estabilización de la Moneda y del de Hipotecas Aseguradas.

Contrario a lo que dicen algunos por desconocimiento, y otros de mala fe, el Gobierno cubano no robó las propiedades expropiadas o nacionalizadas de ciudadanos estadounidenses, cubanos o de otras nacionalidades.

La Ley No. 851 estableció la forma y el modo de indemnizar el valor de las propiedades de personas naturales o jurídicas nacionales de Estados Unidos que fueran objeto de nacionalización. Cuba siempre estuvo, y está, en disposición de resarcir a los propietarios afectados, pero también al Gobierno cubano le deben la mayoría de esas empresas.

Por ejemplo, el valor de una propiedad se determinaba a partir de la cotización en el mercado utilizando el precio de la propiedad declarado por su propietario bajo juramento antes del 10 de octubre de 1958. Es lo legal.

Pero la mayoría de las grandes empresas yanquis desde hacía años, en connivencia con funcionarios corruptos, actuaron de forma ilegal y devaluaron sus propiedades para pagar menos impuestos.

En este sentido, tenemos el caso de la hacienda Sevilla: El superlatifundio de la hacienda Sevilla en el término municipal de El Cobre, lo administraba la firma estadounidense Cuban Development Company. Era una de las primeras propiedades sujeta a trámite legal de expropiación y en sus áreas (8 897 caballerías de tierra) vivían aproximadamente unas 6 000 familias campesinas.

En los documentos oficiales de la hacienda aparecía que se había inscrito en amillaramiento por un valor de 175 000 dólares, y no por el de 5 000 000, que pretendía que ahora se certificara y abonara el Gobierno cubano. Desde hacía años habían devaluado la propiedad para pagar menos impuestos.

No obstante lo anteriormente expuesto, los representantes de la hacienda Sevilla presentaron ante la Comisión de Reclamaciones Extranjeras de Estados Unidos en Washington d.c., una Certificación de Pérdida No. 20579 de los demandantes por un monto del valor de la propiedad de 1250000 dólares, con fecha 16 de septiembre de 1970, y no por los cinco millones que reclamaban al inra.

También debemos recordar que el 29 de junio de 1960 las empresas estadounidenses Texaco, Esso y Shell se negaron a procesar el crudo adquirido por Cuba en la antigua urss y también fueron intervenidas por el Estado cubano.

En medio de estas agresiones económicas se produce el lockout (cierre patronal), el abandono de los centrales Chaparra (Jesús Menéndez), Delicias (Antonio Guiteras) y el Mercedita (Augusto César Sandino), por parte de la empresa azucarera The Cuban American Sugar Mills Co.

Los habían devaluado y no tenía sentido establecer una reclamación que terminaría en una deuda fiscal del reclamante por encima del costo real de cada uno de los centrales. Por eso fueron abandonados.

Y, por si fuera poco, en un litigio por un cargamento de azúcar valorado en 175 250,69 dólares, que Cuba reclamaba su pago desde agosto de 1960 a los representantes de la Compañía Azucarera Vertientes-Camagüey de Cuba, que había sido nacionalizada, el Tribunal Supremo de Justicia de Estados Unidos fallaba a favor del Estado cubano al dictaminar, el 23 de marzo de 1964, lo siguiente: «Todo Estado soberano está obligado a respetar la independencia de cada uno de los otros estados soberanos y los tribunales de un país no deben juzgar los actos de gobierno de otro país realizados dentro de su propio territorio. La reparación de agravios por razón de tales actos debe obtenerse por medio de los canales abiertos a la disposición de las potencias soberanas en sus relaciones entre sí…». 2

Con la llegada del presidente Donald Trump a la Casa Blanca, se activó el Título iii de la llamada Ley Helms-Burton (que durante 23 años permanecía inactivo), mediante el cual se favorece a los antiguos dueños de propiedades que fueron nacionalizadas en Cuba, incluyendo ciudadanos cubanos devenidos con el tiempo estadounidenses, la posibilidad de demandar ante los tribunales de Estados Unidos a aquellas personas naturales y jurídicas que, de alguna forma, tuvieran contacto con dichas propiedades, a lo cual la ley califica de «tráfico».

Entre los objetivos centrales de la ley Helms-Burton ha estado entorpecer las relaciones económicas, comerciales y financieras de Cuba con terceros países y afectar su capacidad de atraer inversión directa de capital extranjero para su desarrollo. Específicamente su Título iii constituye una agresión a la independencia de Cuba y a la soberanía del resto de los países, por sus intenciones de aplicar la jurisdicción estadounidense extraterritorialmente.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.