Il Brasile e la nuova fase con Lula

Dopo l’insediamento alla presidenza di Luiz Inácio Lula da Silva, il Brasile è entrato in una nuova fase tanto ricca e impegnativa quanto complessa: come garantire che non si ripetano gli errori commessi dal Partito dei Lavoratori nelle precedenti amministrazioni? Come può questo nuovo momento politico rafforzare i movimenti sociali del gigante sudamericano?

Queste sono le domande centrali di questo dialogo con il leader contadino João Paulo Rodrigues, che a 43 anni è già un membro di spicco della leadership nazionale del Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra (MST), uno degli attori più importanti del continente latinoamericano. Rodrigues ha svolto un ruolo centrale nel processo pre-elettorale, rappresentando l’MST e i movimenti sociali nel coordinamento della campagna presidenziale di Lula.

Domanda: Il 1° marzo sono trascorsi tre mesi dall’insediamento del presidente Lula. Per valutare ogni nuovo governo in qualsiasi Paese del mondo, si utilizzano sempre i primi 100 giorni come parametro indicativo. Qual è la sua valutazione di questi primi 100 giorni in Brasile?

João Paulo Rodrigues: La nostra valutazione di questo primo periodo, iniziato con l’insediamento del presidente Lula, è positiva. Dobbiamo ricordare che il Brasile ha vissuto una profonda crisi dal 2015 in poi. Sono stati sette anni molto complessi, con ripetuti attacchi alla democrazia e in cui hanno avuto un grande impatto la recessione economica e la crisi sociale che ha causato un forte aumento della disoccupazione e il ritorno a una situazione di fame per milioni di connazionali. In quel periodo si è assistito anche a un processo di distruzione dello Stato sociale, che ha colpito in particolare le istituzioni che gestiscono ed eseguono le politiche pubbliche di utilità e impatto sociale. Non si può riorganizzare tutto questo da un giorno all’altro. Ci vorrà tempo. In altre parole, dopo questi primi 100 giorni del nuovo governo, siamo all’inizio di un percorso che ha obiettivi chiari: riprendere la crescita economica, combattere la disuguaglianza sociale e fare le riforme strutturali necessarie per risolvere i problemi della gente, in particolare dei settori più bisognosi.

L’opposizione è sempre aggressiva

D: Nelle ultime elezioni del 30 ottobre, l’ormai ex presidente Jair Bolsonaro ha perso con un sottile margine di meno del 2%. Qual è l’attuale atteggiamento dell’opposizione?

JPR: Lula è stato eletto come espressione di un ampio fronte democratico costruito per opporsi al governo di Bolsonaro. Oggi il presidente è molto deciso, con una posizione più di sinistra, sia politicamente che economicamente. Tuttavia, non si può ignorare che questo ampio fronte è composto da forze politiche e sociali di sinistra, di centro e anche di destra, con progetti diversi. Non si può negare che all’interno di questo fronte vi sia una controversia sulle posizioni del governo su diverse questioni, come l’economia, in relazione al prezzo del carburante, e la politica fondiaria e agraria.

L’attuale opposizione al governo è costituita principalmente dall’estrema destra. Si tratta di un settore molto ideologico e radicale. Ha provocato gli eventi dell’8 gennaio nella Plaza de los Tres Poderes di Brasilia, quando si è verificato questo vero e proprio attacco alla Repubblica e alla democrazia, ripudiato dalla maggioranza della società.

Con la sconfitta elettorale, il bolsonarismo attraverserà un momento di flessione e perderà forza, ma le idee e i valori conservatori e l’apparato comunicativo associato sono molto forti e hanno un grande impatto sulla società. Per questo è necessario che le forze democratiche conducano un’intensa lotta politica, sociale ed economica per sconfiggere il bolsonarismo e il suo progetto conservatore e retrogrado nel prossimo periodo.

Movimenti popolari, protagonisti

D: Dall’altra parte della scena nazionale, alla base, i movimenti sociali respirano già una nuova aria politica dopo il 1° gennaio 2023?

JPR: Per i movimenti popolari e la società brasiliana, il clima è cambiato con l’insediamento di Lula. La sensazione è che “il peggio è passato”, ma è necessario mantenere la mobilitazione e la partecipazione per ottenere miglioramenti e guadagni. Lula ha messo insieme una buona squadra di governo. Ha aperto spazi per importanti leader della società e difende un’agenda progressista in ambito economico e sociale. Inoltre, ha guidato diversi eventi simbolici, come la visita del 21 gennaio – uno dei primi viaggi di Lula nell’interno del Paese – al popolo Yanomami di Roraima, che era stato praticamente condannato al genocidio dalle politiche di Bolsonaro. È stato un chiaro segnale che la priorità del nuovo governo sarà senza dubbio quella di occuparsi dei settori più esclusi dalle politiche ultraliberiste del governo precedente.

D: Nelle precedenti amministrazioni del Partito dei Lavoratori (Lula e Dilma Rousseff), i movimenti sociali hanno mosso critiche fondamentali alla “tiepidezza” dell’amministrazione su questioni delicate. Ad esempio, il MST ha criticato fortemente la mancanza di progressi nella riforma agraria. I movimenti indigeni e ambientalisti hanno criticato il PT per i pochi risultati ottenuti nelle rispettive aree. C’è un nuovo tipo di relazione tra l’attuale governo Lula e i movimenti sociali, o c’è ancora la preoccupazione di ripetere gli errori del passato?

JPR: Siamo maturati molto, sia i movimenti popolari che i partiti politici e lo stesso Lula. La presidenza di Lula dal 2003 al 2010 è stata la prima esperienza di un governo progressista con un presidente operaio. È stato un periodo di apprendimento. Da allora il Paese ha vissuto il colpo di Stato del 2016 (impeachment parlamentare di Dilma Rousseff), la persecuzione e l’incarcerazione di Lula e l’ascesa di una nuova espressione dell’estrema destra con l’elezione di Bolsonaro nel 2018. Noto che oggi c’è una comprensione molto maggiore delle sfide politiche. Dal punto di vista dei movimenti popolari, è chiaro che è necessario conquistare la società a un programma di cambiamento sociale, lottare affinché i nostri interessi siano presi in considerazione e difendere il governo dalle pressioni della destra. Spetta al governo dialogare con i movimenti, portare avanti le agende definite come prioritarie e stimolare una maggiore partecipazione politica della società per costruire una nuova forma di governo.

D: Quali sono le principali richieste del MST in questa nuova fase? La riforma agraria è ancora attuale?

JPR: Il MST è allineato con l’agenda del presidente Lula, che pone al centro la lotta contro la fame e la povertà. Per porre fine alla fame è necessario fornire assistenza a coloro che sono più vulnerabili e una politica di produzione alimentare di qualità, oltre a proposte per la ridistribuzione sociale del reddito. Il primo obiettivo promosso dal MST, che fa parte di un programma di emergenza, è l’insediamento delle famiglie accampate. Ci sono più di 100.000 famiglie che vivono negli accampamenti, molte delle quali vivono da 10 anni in tende il cui unico tetto è una spessa plastica nera. Il governo deve aprire un registro e stabilire un calendario per la loro sistemazione. Circa 30.000 famiglie si trovano in aree di pre-insediamento, che non sono state realizzate perché l’Istituto nazionale di colonizzazione e riforma agraria (INCRA) non ha completato il processo di registrazione legale. La seconda agenda riguarda l’agricoltura familiare e le famiglie insediate, che hanno garantito la produzione alimentare di base anche durante il governo di Bolsonaro, nonostante il suo totale smantellamento della gestione pubblica. Occorre riprendere le politiche di produzione, credito, cooperazione, industrializzazione e commercializzazione per favorire gli insediamenti.

D: Sono stati fatti progressi verso una reale unità degli attori e dei movimenti sociali brasiliani, o in questa fase ognuno agisce per conto proprio?

JPR: Intorno all’opposizione a Bolsonaro e alla candidatura e all’elezione di Lula, ha preso forma la più grande unità politica dei movimenti popolari dagli anni Novanta. Questa unità politica è reale e si è sviluppata a livello programmatico e tattico. A marzo abbiamo tenuto una grande plenaria con tutti i movimenti popolari e le forze progressiste, in cui abbiamo discusso proposte comuni ed elaborato un calendario di azioni congiunte per la prima metà di quest’anno.

Sfide latinoamericane e globali

D: L’America Latina sta affrontando un periodo complesso e, allo stesso tempo, impegnativo, con la presenza di diversi governi progressisti. Quali sono le principali sfide di oggi?

JPR: L’America Latina sta vivendo una nuova fase con l’elezione di governi progressisti in Brasile, Messico, Argentina, Cile, Bolivia e soprattutto Colombia, oltre alla storica resistenza di Cuba e Venezuela.

Questo dimostra che i popoli del continente rifiutano le nuove espressioni politiche del programma neoliberale e del progetto dell’imperialismo statunitense. Tuttavia, è necessario avanzare nell’organizzazione popolare e nella lotta ideologica attorno a un programma antimperialista e antineoliberista per sostenere e far avanzare queste esperienze progressiste. Con il rafforzamento dell’estrema destra e la crisi delle democrazie liberali, che si esprime con i colpi di Stato, non basta vincere le elezioni. Abbiamo bisogno di popoli organizzati, politicizzati e mobilitati per promuovere governi progressisti e lottare contro l’estrema destra e le forze del neoliberismo.

D: Tutto questo in un mondo che soffre le conseguenze di una terribile guerra nella stessa Europa?

JPR: La crisi del capitalismo che si trascina dal 2007/2008 ha implicazioni politiche, economiche, sociali e geopolitiche. Le contraddizioni sulla scena internazionale si sono acuite con la crisi globale, l’avanzata della presenza economica della Cina, la reazione degli Stati Uniti e dell’Europa e il rafforzamento dell’estrema destra in molti Paesi del mondo. L’espansione della NATO verso est, che ha provocato la risposta della Russia con la guerra in Ucraina. È necessario trovare un percorso politico di pace. Questo dipende da segnali che devono arrivare da tutte le parti, tra cui il ritiro della NATO dalla scena militare europea e la cessazione della guerra in Ucraina.

Fonte: Prensa Latina

Traduzione: italiacuba.it

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