Il poeta diceva che avrebbe potuto scrivere i versi più tristi quella notte. Non posso dire lo stesso. Stasera posso scrivere righe piene di speranza.
Lo scorso fine settimana ha significato un prima e un dopo nella lotta contro il blocco di Cuba e le atrocità a cui gli USA sottopongono questo popolo.
I tempi cambiano, le generazioni con essi, ma c’è qualcosa che non cambia: la RESISTENZA di una Patria che vive immersa nell’odio di un governo straniero e dei suoi dirigenti. Non importa se democratici o repubblicani. Ci sono stati canti di sirene ma, alla fine continuano a torturare un popolo -silenziosamente-, in tutti i modi possibili in cui si fanno le nuove guerre.
A questo punto sappiamo bene che l’odio è una corrente, che contagia, che crea dipendenza e persino che si può morire per questo. Nei loro sforzi per far sì che il mondo odi Cuba e la sua sovranità, dobbiamo riflettere. Lo hanno ottenuto? Evidentemente no. Quando qualcuno è colpevole di un crimine, spesso ha paura che lo scoprano. Mentono per nascondere quella paura e continuano dando l’immagine di essere potenti. Benché, se approfondiamo quella codardia, più che essere scoperti nei loro peccati, ciò che li spaventa è che si sappia cosa succede realmente in questo arcipelago. Come nonostante i bisogni materiali che essi stessi generano, gettando la colpa, a destra a manca, sul Governo cubano, questo paese avanza con resistenza, e non è mai caduto.
Non lasciano che il socialismo “fallisca” togliendo il blocco. Così tanto lo temano?
Cuba non tornerà più a sentirsi fuori posto, perché -nella mia visione di speranza, che non è affatto diversa da ciò che verrà-, la gente nello stesso territorio degli oppressori stanno già scende in strada chiedendo loro di smetterla.
Abbiamo visto un esempio della loro “demo-disgrazia” la scorsa settimana quando tre attiviste (Gail Walker, Calla Walsh e Analie Rincón) sono state arrestate per aver cercato di parlare di Cuba con il senatore Menéndez. Coloro che si vantano di essere i pedagoghi della democrazia nel mondo dovrebbero ascoltare -dico io- quando il suo popolo parlerà loro. Ma conosciamo già questo fallimento con la libertà di espressione. Fortunatamente le tre difensori della giustizia sono state liberate tre ore dopo. Con il dono di una citazione in giudizio per il prossimo 12 luglio. Niente è gratis quando si tratta di lottare per le giuste cause. Cuba questo lo sa meglio di chiunque altro.
Il livello di frustrazione imperiale deve superare ogni tipo di misurazione al non ottenere i propri fini con un territorio che hanno praticamente a lato, e che usavano come casinò e altre cattive arti prima del trionfo della Rivoluzione.
Hanno distrutto tutti i paesi che presumibilmente avrebbero dovuto liberare. E Cuba continua ad essere una spina nel fianco del potere della Casa Bianca.
Happening NOW in Washington DC…hundreds of Cuban solidarity activists and Cuban Americans from throughout the U.S. have marched to the White House with a message for Joe Biden pic.twitter.com/sAIR2huqgw
— Belly of the Beast (@bellybeastcuba) June 25, 2023
Tra l’altro, un luogo che domenica scorsa, 25 giugno, ha visto la partecipazione di più di 500 persone, non senza prima aver esposto un grande mosaico artistico con un’immagine che faceva riferimento alla richiesta di Cuba di essere cancellata dalla lista dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo: Off The List (Fuori dalla lista), recitava.
A volte mi sembra che questa sia una commedia con uno scadente copione, ma la cosa triste è che è reale. Vero ma sinistro. E di sentimenti molto meschini accusare un paese di sponsorizzare il terrorismo, quando conduce la sua vita alfabetizzando persone e inviando medici nel mondo, nei paesi sottosviluppati e anche sviluppati. Non dimentichiamo l’Italia ai tempi del Coronavirus. Non dimentichiamo i vaccini.
Ma la mossa si rivolta contro di loro quando la luce dei Caraibi arriva e li abbaglia nella loro stessa casa. Nella concentrazione davanti alla Casa Bianca si sono sentiti canti, discorsi, musica e, soprattutto, si è vissuto l’impegno di tanti giovani e l’abbraccio di generazioni che si concentrano su questa nobile causa come dire “questa bocca è mia”.
Molti di questi giovani si sono recati all’Avana lo scorso 1° maggio e hanno visto la realtà con i propri occhi. Hanno toccato, sentito, respirato. E sono tornati commossi. Insieme a instancabili combattenti per il proprio popolo come il professor Carlos Lazo, coordinatore di Puentes de Amor; il grande amico di Cuba e fotografo Bill Hackwell, gli attivisti che erano stati arrestati giorni prima, e centinaia di cubani residenti e amici di diversi gruppi di solidarietà che erano chiari al riguardo; hanno ripetuto all’unisono: “Non ci muoveranno”.
E così sarà. Non ci muovono, né ci muoveranno. Ai cubani e agli amici di Cuba che abbiamo alzato la voce per la sua causa. Perché la lascino vivere in pace. Perché cessi questa guerra. Perché non torneremo indietro nemmeno per guadagnare slancio.
Rimane strada da fare e qui siamo tutti. Ovunque: in modo fermo.