Cartografia per tempi di tormenta: governare in Venezuela

Le lezioni di gestione dello Stato di Nicolàs Maduro

 Eder Peña

Lo scenario politico in America Latina è segnato da diverse svolte che hanno portato al potere partiti e coalizioni nazionalisti o di sinistra. Tuttavia, questi movimenti hanno prodotto effetti per i quali le formazioni politiche hanno visto minacciata e disarticolata la loro permanenza al governo, sia a causa di azioni interventiste sia a causa dei propri errori.

Dalla morte del Comandante Hugo Chávez Frías, nel 2013, l’ex ministro degli Esteri e poi vicepresidente, Nicolás Maduro Moros, ha vinto le elezioni ed ha schivato diverse minacce al progetto che guida oggi: la Rivoluzione Bolivariana.

Anche il Gran Polo Patriottico Simón Bolívar, un’alleanza eterogenea di partiti e movimenti, ha vinto le elezioni e ha avuto accesso a spazi di potere regionale e municipale, cosa che ha permesso che il Chavismo sia la principale forza politica nazionale e che le azioni di governo del Presidente siano accompagnate su scale più concrete.

Tuttavia, sono molte le lezioni lasciate da questo metodo, in base al quale il sindacalista e dirigente politico non solo ha resistito, bensì ha fatto progressi nella stabilità della sua gestione e nel ruolo geopolitico del Venezuela in pieno riallineamento globale. Ciò ha un impatto nella garanzia dei diritti stabiliti nella Costituzione del 1999, spina dorsale del processo bolivariano.

DECISIONI RILEVANTI PER FERMARE LA GUERRA

 

Uno dei punti chiave del modo di governare del dirigente venezuelano ha a che fare con l’esercizio dell’egemonia, soprattutto quando l’ombra della guerra indotta incombeva sulla realtà nazionale durante l’escalation violenta (guarimbas) del 2014 e 2017. Sotto la minaccia di un colpo di stato, che è il modo più comune di “fare politica” nell’opposizione, il presidente Maduro ha deciso di indire l’elezione di un’Assemblea Nazionale Costituente (ANC) che avrebbe rinnovato le istituzioni democratiche del paese.

Una simile proposta ha resettato il complicato gioco di poteri che si era instaurato quando l’opposizione ha assunto il potere legislativo nel 2015 e il suo unico obiettivo era quello di destituire il capo dello Stato con qualsiasi mezzo. Mentre i suoi avversari invocavano l’intervento straniero, Maduro ha portato la crisi politica nel crogiolo del dibattito nazionale e alla ricerca dell’integrità dello Stato.

Il resto dei poteri pubblici si è articolato sulla base della non ingerenza, cosa che ha permesso che ogni agenda straniera venisse fermata da decisioni sovrane che hanno ostacolato il cambio di regime deciso da Washington. È stata quindi superata la viziosa abitudine di vedere la politica come una pratica individuale, per costruire un quadro di azione collettiva in cui l’appello al dialogo e la difesa della nazione sono stati essenziali.

Un dato importante è che né il Presidente né il direttorio politico guidato il chavismo sono caduti nella trappola dell’“alternanza democratica” per “lasciare spazio agli altri”, secondo il catechismo liberale, bensì sono rimasti a capo del progetto bolivariano rispettando la sua validità nel mezzo di un continente in cui il dogmatismo neoliberista promosso dalle élite corporatocratiche non smette di saccheggiare risorse e forza lavoro.

LA BASE SOCIALE COME SOGGETTO POLITICO

 

Data l’insistenza di queste élite nel trasformare il Venezuela in uno Stato fallito stimolando lo scontro sociale attraverso guarimbas e bande criminali, la polverizzazione dell’economia e la conversione del potere statale in un’arma per sfigurarlo (l’Assemblea Nazionale eletta nel 2015), il governo guidato da Maduro ha affrontato diversi fronti con soluzioni concrete in cui l’organizzazione comunitaria ha mantenuto un ruolo di primo piano.

Quindi il rafforzamento della base sociale è stato fondamentale nel suo metodo. Per questo sono stati costituiti i Comitati Locali di Approvvigionamento e Produzione (CLAP), che non solo hanno contribuito a risolvere la crisi alimentare stimolata dal boicottaggio, dal contrabbando e dalla speculazione, ma hanno strumentato il potere locale insieme ai consigli comunali e alle comuni.

Nonostante le condizioni avverse, la base e la dirigenza chavista hanno lottato per unirsi attorno alla leadership di Maduro, nonostante la sua complessità in termini di partiti, movimenti, tendenze e persino spiritualità.

Il naturale deterioramento, sommato a quello indotto dagli effetti delle sanzioni e dei propri errori, sono stati affrontati con cambiamenti “naturali” e rinnovamenti nel Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), che ha chiesto una mobilitazione pacifica di piazza, ma anche Elezioni Primarie Aperte come quelle del 2021. In queste elezioni promosse dalle Unità di Battaglia Bolívar-Chávez (UBCH), le cellule fondamentali e territoriali del partito, sono stati eletti candidati a governatorati e municipi.

Anche i responsabili di strada, di comunità e di UBCH sono stati rinnovati, nel 2022, attraverso un processo interno partito dalle assemblee popolari in cui la coesione organica ha consentito al presidente l’esecuzione di una direzione strategica di successo.

Queste basi, insieme ad altre figure di potere popolari, hanno aderito a iniziative come 1×10 del Buon Governo, che cerca di risolvere gli impatti sociali dell’aggressione multifattoriale e ha garantito l’accesso dei cittadini a servizi pubblici come sanità, istruzione, telecomunicazioni, tra gli altri.

MULTIPOLARITÀ: PIÙ CHE TEORIE

 

Anche se molti dei dirigenti della regione hanno preso le distanze dal Venezuela per auto preservarsi di fronte all’egida imperiale, oggi pagano la loro tiepidezza politica assistendo all’ascesa – o al ritorno – di dirigenze di destra con sfumature fascistoidi. Nel frattempo, persino i suoi più acerrimi avversari riconoscono in Maduro un avversario di rispetto che ha saputo stabilire legami in funzione di ciò che essenzialmente deve essere preservato: sovranità e stabilità sociale.

Il blocco ha permesso al governo nazionale di muoversi con grande senso dell’olfatto e poca ortodossia nell’ambito economico attraverso la diplomazia bolivariana, che antepone l’unione e l’integrazione al di sopra delle affiliazioni ideologiche. In questo modo, alcuni legami con potenze emergenti come Turchia, Iran, Cina, Russia o India, ad esempio, hanno contribuito ad aggirare le sanzioni euro-atlantiche e a garantire la sostenibilità di un’economia sull’orlo del collasso.

La lezione del “metodo Maduro”, ereditato da Chávez, è che la multipolarità può essere ricercata quando si è in difficoltà; la realtà offre sempre più della teoria.

Oggi il Venezuela è inserito nel processo di riaggiustamento globale come punta di diamante di una regione che sta ancora riflettendo sulla formula per essere un polo di potere su cui l’influenza USA è una questione in più. Coloro che volevano dare lezioni o consigli al Venezuela, oggi non osano parlare: la loro condiscendenza è stata annullata dai loro stessi errori.

Il rafforzamento delle relazioni con altri attori della regione come Lula, López Obrador o Petro rivelano che il Venezuela -guidato dal presidente Maduro- è una voce che sta espandendo sempre più la sua area di influenza e con la quale gli USA devono sedersi e discutere parlare senza sopraffazioni.

Più che istoriale di una burocrazia diplomatica, la presenza venezuelana nell’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America-Trattato sul Commercio dei Popoli (ALBA-TCP), nell’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) e nella Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC) è fondamentale affinché l’America Latina possa svolgere un ruolo importante nel mondo multipolare che si avvicina.

Senza vendetta, Maduro ha insistito sull’integrazione regionale e ha stabilito relazioni dignitose con i nuovi poli emergenti come il blocco BRICS, oltre ad approfondire la cooperazione Sud-Sud con i paesi dell’Asia e dell’Africa.

Dopo essersi affermato come entità di potere reale, il Venezuela ha parlato faccia a faccia con altri fattori globali, sostenendo la dignità nazionale come una bandiera senza vittimismo, fragilità o infantilizzazione.

ED ECONOMICO

 

In quanto all’ambito economico, la parola chiave è adattabilità. Nel 2018, il governo nazionale ha proposto un piano di ripresa economica che cercava di difendere l’economia dall’assedio estero e da alcune deformazioni storiche che costituivano i fianchi di attacco di alcune élite corporative nazionali e straniere.

Di fronte al controllo dei prezzi al consumo, la borghesia commerciale ha scatenato una feroce guerra che ha utilizzato la speculazione come arma fondamentale. Allo stesso modo, il dollaro parallelo è stato manipolato dai poteri di fatto dell’economia di rendita nazionale e transnazionalizzata al fine di demolire il controllo del cambio.

La principale fonte di valuta estera dell’economia venezuelana è stata profondamente colpita, per l’11%, dalle sanzioni applicate contro il Venezuela, pari, così come da settori politici che si sono infiltrati nell’industria per lavorare a favore di interessi cospirativi. Questi sono stati protetti dagli USA, il che rivela la loro partecipazione a vari complotti. Il declino indotto dell’attività petrolifera ha comportato una diminuzione delle entrate pubbliche e, quindi, le buste paga pubbliche sono state impoverite negli ultimi anni.

Le aggressioni sono state evitate mediante l’applicazione della giustizia, la partecipazione attiva della classe lavoratrice petrolifera e il supporto tecnologico di altri paesi alleati come Iran e Cina.

Maduro non solo ha discusso sulla rendita o sulla dipendenza economica venezuelana, ma ha anche diretto azioni al riguardo. Se avesse lasciato correre la deriva economica e avesse assunto l’atteggiamento della vittima – come è successo con altri governanti soffocati – oggi non continuerebbe al potere.

Molte sono state le analisi condotte attorno a questa dimensione dell’operato del governo venezuelano, tuttavia, i risultati mostrano che il quadro decisionale ha prodotto una relativa stabilità della valuta venezuelana e segnali di crescita economica sostenuta.

Il dialogo con i settori produttivi nazionali e l’attivazione di altri “motori” hanno riorientato lo sviluppo dell’economia venezuelana. Dall’ultimo trimestre del 2021 e per tutto il 2022 si è registrata una crescita nonostante l’incidenza della “massima pressione” attuata dall’amministrazione di Donald Trump, e non sostanzialmente modificata da Joe Biden. Entrambi i governi hanno perpetrato misure coercitive sulle attività produttive dello Stato.

Oggi una parte importante della comunità imprenditoriale venezuelana si è espressa contro le sanzioni e si prevede che decisioni strategiche, come l’attivazione delle Zone Economiche Speciali (ZEE), stimolino importanti investimenti pubblici e privati ​​nel breve e medio termine, sia nazionali che stranieri, in questi spazi con vantaggi comparativi.

È possibile che la tempesta economica continui, ma esiste anche la certezza che con il presidente Maduro a capo dell’Esecutivo vi sia un ampio quadro di governabilità, autostima nazionale, vita politica propria, dignità geopolitica e produttività per il benessere sociale e non per la mera accumulazione di pochi.


LAS LECCIONES DE ESTADO DE NICOLÁS MADURO

CARTOGRAFÍA PARA TIEMPOS DE TORMENTA: GOBERNAR EN VENEZUELA

Eder Peña

El escenario político de América Latina está marcado por distintos giros que han llevado al poder a partidos y coaliciones nacionalistas o de izquierda. Sin embargo, estos movimientos han producido efectos por los que las formaciones políticas han visto amenazada y desarticulada su permanencia en el gobierno, sea por acciones injerencistas o errores propios.

Desde el fallecimiento del Comandante Hugo Chávez Frías en 2013, el que fuera su canciller y luego vicepresidente, Nicolás Maduro Moros, ganó las elecciones y ha sorteado distintas amenazas al proyecto que hoy lidera: la Revolución Bolivariana.

El Gran Polo Patriótico Simón Bolívar, una alianza heterogénea de partidos y movimientos, también ha vencido en elecciones y ha accedido a espacios de poder regional y municipal, lo que ha permitido que el chavismo sea la primera fuerza política nacional y que las acciones de gobierno del Presidente sean acompañadas a escalas más concretas.

No obstante, son muchos los aprendizajes que ha dejado el método, basado en los cuales el sindicalista y dirigente político no solo ha resistido sino avanzado en la estabilidad de su gestión y en el rol geopolítico de Venezuela en pleno reacomodo global. Esto redunda en la garantía de los derechos establecidos en la Constitución de 1999, columna vertebral del proceso bolivariano.

DECISIONES RELEVANTES PARA DETENER LA GUERRA

Uno de los puntos claves en la forma de gobernar del líder venezolano tiene que ver con el ejercicio de la hegemonía, sobre todo cuando la sombra de la guerra inducida acechó la realidad nacional durante la escalada violenta (guarimbas) de 2014 y 2017. En medio de la amenaza de golpe, que es el modo más común de “hacer política” en la oposición, el presidente Maduro decidió convocar la elección de una Asamblea Nacional Constituyente (ANC) que recondujera la institucionalidad democrática del país.

Tal propuesta reseteó el complicado juego de poderes que se instauró cuando la oposición asumió el Poder Legislativo en 2015 y su agenda única fue destituir por cualquier vía al jefe de Estado. Mientras sus adversarios pedían intervención extranjera, Maduro llevó la crisis política al crisol del debate nacional y a la búsqueda de la integridad del Estado.

El resto de los poderes públicos se articuló en función de la no injerencia, lo que permitió que cada agenda extranjera fuera detenida por decisiones soberanas que obstaculizaron el cambio de régimen determinado desde Washington. De allí que ha sido superada la viciosa costumbre de ver la política como una práctica individual, para construir un marco de acción colectiva en el que el llamado al diálogo y la defensa de la nación han sido medulares.

Un dato importante es que ni el Presidente ni el directorio político que encabeza el chavismo han caído en la trampa de la “alternabilidad democrática” para “dejar espacio a otros”, a tono con el catecismo liberal, sino que se han mantenido al frente del proyecto bolivariano respetando su vigencia en medio de un continente en el que el dogmatismo neoliberal impulsado por élites corporatocráticas no deja de expoliar recursos y fuerza de trabajo.

LA BASE SOCIAL COMO SUJETO POLÍTICO

Ante la insistencia de dichas élites de convertir Venezuela en un Estado fallido mediante la estimulación de la confrontación social vía guarimbas y bandas criminales, la pulverización de la economía y la conversión de un poder del Estado en arma para desconfigurarlo (la Asamblea Nacional elegida en 2015), el gobierno encabezado por Maduro abordó distintos frentes con soluciones concretas en las que la organización comunitaria mantuvo protagonismo.

De allí que el fortalecimiento de la base social ha sido fundamental en su método. Para ello se conformaron los Comités Locales de Abastecimiento y Producción (CLAP), que no solo han contribuido a resolver la crisis alimentaria estimulada por el boicot, el contrabando y la especulación, sino que han instrumentado el poder local junto a los consejos comunales y las comunas.

Pese a las condiciones adversas, la base y el liderazgo chavista han luchado por unificarse en torno al liderazgo de Maduro, aun con su complejidad en cuanto a partidos, movimientos, tendencias y hasta espiritualidades.

El desgaste natural, más el inducido por los efectos de las sanciones y los errores propios, han sido enfrentados con cambios “naturales” y renovaciones en el Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV), que ha convocado a movilización callejera pacífica, pero también a Elecciones Primarias Abiertas como las de 2021. En esos comicios motorizados por las Unidades de Batalla Bolívar-Chávez (UBCH), las células fundamentales y territoriales del partido, se eligieron candidaturas a gobernaciones y alcaldías.

Los jefes de calle, de comunidad y de las UBCH también fueron renovados en 2022 mediante un proceso interno que partió de asambleas populares en las que la cohesión orgánica le ha posibilitado al mandatario la ejecución de una dirección estratégica exitosa.

Estas bases, junto a otras figuras del poder popular, se han sumado a iniciativas como el 1×10 del Buen Gobierno, que busca solucionar los impactos sociales de la agresión multifactorial y ha garantizado el acceso de la ciudadanía a servicios públicos como salud, educación, telecomunicaciones, entre otros.

MULTIPOLARIDAD: MÁS QUE TEORÍAS

Aun cuando muchos de los líderes de la región establecieron distancias con Venezuela para autopreservarse ante la égida imperial, hoy en día escarmientan su tibieza política presenciando el ascenso —o regreso— de liderazgos de derecha con matices fascistoides. Entretanto, hasta sus más enconados adversarios reconocen a Maduro como un contrincante de respeto que ha sabido establecer vínculos en función de lo que esencialmente debe ser preservado: la soberanía y la estabilidad social.

El bloqueo permitió que el gobierno nacional se moviera con mucho olfato y poca ortodoxia en lo económico mediante la diplomacia bolivariana, que antepone la unión y la integración por encima de filiaciones ideológicas. De esa manera, algunos nexos con potencias emergentes como Türkiye, Irán, China, Rusia o India, por ejemplo, ayudaron a sortear las sanciones euroatlánticas y garantizar el sostenimiento de una economía al borde del colapso.

La lección que muestra el “método Maduro”, heredado de Chávez, es que se puede buscar la multipolaridad estando en aprietos; la realidad siempre ofrece más que la teoría.

Hoy Venezuela se inserta en el proceso de reacomodo global como punta de lanza de una región que aún piensa la fórmula de cómo ser un polo de poder sobre el que la influencia de Estados Unidos sea un asunto más. Aquellos que buscaban dar clases o consejos a Venezuela, hoy no se atreven a hablar: su condescendencia ha sido anulada por sus propios errores.

El estrechamiento de relaciones con otros actores de la región como Lula, López Obrador o Petro develan que Venezuela —liderada por el presidente Maduro— es una voz que amplía cada vez más su área de influencia y con la que Estados Unidos debe sentarse a dialogar sin atropellos.

Más que registros de una burocracia diplomática, la presencia venezolana en la Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América-Tratado de Comercio de los Pueblos (ALBA-TCP), la Unión de Naciones Sudamericanas (Unasur) y la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (Celac) es clave para que América Latina pueda tener un rol importante en el mundo multipolar que se avecina.

Sin revanchas, Maduro ha insistido en la integración regional y ha establecido relaciones dignas con los nuevos polos emergentes como el bloque de los Brics, así como ha profundizado la cooperación Sur-Sur con países de Asia y África.

Al haberse constituido como un ente de poder real, Venezuela ha hablado cara a cara con otros factores globales, sosteniendo la dignidad nacional como bandera sin victimismo, fragilidad, ni infantilización.

Y LO ECONÓMICO

En cuanto a lo económico, la palabra clave es la adaptabilidad. En 2018 el gobierno nacional se planteó un plan de recuperación económica que buscó defender la economía del asedio exterior, y de algunas deformaciones históricas que constituyeron flancos de ataque por algunas élites corporativas nacionales y extranjeras.

Ante el control de precios al consumidor, la burguesía comercial desató una guerra feroz que utilizó la especulación como arma fundamental. Asimismo el dólar paralelo fue manipulado por los poderes fácticos de la economía rentista nacional y transnacionalizada para demoler el control de cambio.

La fuente principal de divisas de la economía venezolana fue afectada profundamente por el 11% de las sanciones aplicadas contra Venezuela, además por sectores políticos que infiltraron la industria para trabajar en favor de intereses conspirativos. Estos han sido protegidos por Estados Unidos, lo que devela su participación en diversas tramas. El declive inducido de la actividad petrolera ha hecho que los ingresos públicos y, por ende, la nómina pública se hayan visto mermados en los últimos años.

Las agresiones han sido sorteadas mediante la aplicación de la justicia, la participación activa de la clase trabajadora petrolera y el apoyo tecnológico de otros países aliados como Irán y China.

Maduro no solo ha debatido sobre el rentismo o la dependencia económica venezolana, sino que ha orientado acciones al respecto. De haber dejado correr la deriva económica y asumido una pose de víctima —como ha ocurrido con otros gobernantes asfixiados—, hoy no seguiría en el poder.

Muchos han sido los análisis realizados en torno a esta dimensión del desempeño del gobierno venezolano, sin embargo, los resultados van mostrando que el marco decisorio ha producido una estabilidad relativa de la moneda venezolana y señales de crecimiento económico sostenido.

El diálogo con sectores productivos nacionales y la activación de otros “motores” han reorientado el desenvolvimiento de la economía venezolana. Desde el último trimestre de 2021 y durante todo 2022 hubo crecimiento pese a la incidencia de la “máxima presión” instrumentada por la administración de Donald Trump, y no modificada sustancialmente por Joe Biden. Ambos gobiernos han perpetrado medidas coercitivas sobre las actividades productivas del Estado.

Hoy en día una parte importante del empresariado venezolano se ha manifestado en contra de las sanciones y se espera que decisiones estratégicas, como la activación de las Zonas Económicas Especiales (ZEE), estimulen importantes inversiones públicas y privadas a corto y mediano plazo, tanto nacionales como extranjeras, en estos espacios con ventajas comparativas.

Es posible que la tormenta económica siga, pero también existe la seguridad de que con el presidente Maduro al frente del Ejecutivo hay un amplio marco de gobernabilidad, autoestima nacional, vida política propia, dignidad geopolítica y productividad para el bienestar social, y no para la mera acumulación de unos pocos.

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