Pazienza

Ana Hurtado

Il mio amico, il trovatore cubano Ray Fernández, dice in una delle sue canzoni: “Caspita chi avesse pazienza”. Senz’altro bisogna averla.

Ogni giorno è qualcosa di nuovo che il popolo cubano deve sopportare, non solo dall’amministrazione USA che gli rende la vita impossibile con le sue ben note politiche ostili, ma anche dai suoi cani che difendono il loro padrone benché dormano nel patio, pioggia o sole.

Giuda vendette il suo maestro per 30 denari d’argento e tutti conosciamo la fine atroce che fece. Anche se in questo caso il pagamento è molto infimo rispetto alle 30 monete d’argento dell’epoca.

Il livello di odio è così grande che quando l’imperialismo, nel suo rancore, vuole affondare Cuba, quando non può applicare ulteriore dolore nelle sue politiche criminali, tira le loro “pance riconoscenti” affinché diano libero sfogo a questo sentimento disumano e lo abbassino al popolo. Prima forse gli serviva. Not anymore. (Non più ndt).

Questa tecnica ora fallisce. Errore dopo errore. Il popolo cubano e quello straniero già sanno bene come funziona questa professione di lavoro mercenario mal pagato.

Tentano di creare matrici di opinioni false nelle reti sociali, generano violenza sui canali YouTube per trasmetterla contro il popolo cubano e i suoi simpatizzanti, promuovono vessazioni e persecuzioni contro rivoluzionari fuori Cuba, inventano menzogne ​​e le diffondono con robot su Internet, incitano la gente a commettere crimini sull’isola… È necessario che continui?

È un lavoro economico per gli USA e che gli ha funzionato per un po’. Ma come ho detto prima: ora non più. E’ tale la mediocrità dei suoi dipendenti e la bassa classe dei suoi metodi sono tali che la gente sa già di come va il giochetto.

È come la vecchia storia di Pedro e il lupo che ci raccontavano da bambini in Andalusia. Il pastorello Pedro si annoiava a pascolare con le sue pecore e decise di divertirsi ridendo della sua gente. In due occasioni gridò: “Aiuto, sta arrivando il lupo!” e la gente venne in suo aiuto, in entrambi i casi, mentre Pedro rideva a crepapelle.  Finché arrivò davvero il lupo e nessuno gli credette. E il lupo mangiò tutte le sue pecore. Se ridi in faccia alla tua gente, il lupo mangerà le tue pecore e forse,  sicuramente, anche te.

Il fatto che molti di noi siano stati perseguiti per strada, suonato il ​​campanello delle nostre case, insultati, feriti, aggrediti parenti e altre imprese a buon mercato, non è un motivo per essere pazienti o credersi coraggiosi. Coraggioso era mio bisnonno che, con due condanne a morte e una prigionia nelle carceri franchiste del dopoguerra, quando nel cortile del carcere obbligavano tutti a cantare “Cara al Sol”, lui non la cantava né alzava la mano per fare il saluto fascista. Questo è coraggio.

Coraggio e pazienza sono ciò che Cuba e il suo popolo hanno, ogni giorno, di fronte alla mancanza di medicinali e beni di prima necessità che scarseggiano perché un blocco capriccioso e delinquente non permette al Paese di fare affari e nutrire la sua gente. Bisogna avere pazienza per sopportare che gli USA, che hanno seminano la barbarie nel mondo, inseriscano Cuba nella lista dei paesi che sponsorizzano il terrorismo.

Ciò significa avere pazienza, coraggio e testa alta di fronte agli attacchi.

Il resto delle critiche che possono essere poste alle persone sono cosa più cosa meno. Non si litiga con chi non esiste. Si lotta e si è lottato, da parte nostra, quando era necessario e Cuba è stata attaccata direttamente. Ma non possiamo scrollarci di dosso le mosche che vogliono restare intorno a noi perché senza di noi non esistono. Abbiamo chiaro ciò che vogliamo e, come ho detto in uno scritto precedente, andiamo avanti, senza distogliere lo sguardo.

Quando ho visitato New York, nel 2020, ho potuto trarre le mie conclusioni.

Il metro della città era un si salvi chi può. Ho visto tutte le persone con problemi di salute mentale che avrei potuto vedere negli ultimi mesi, riunite in quel momento, in un vagone. Sdraiati sul pavimento, facendo i loro bisogni addosso, sbattendo la testa contro il vetro. Non posso dire di aver provato paura ma ero in uno stato di stupore.

Camminando per le strade di Harlem sono rimasta sorpresa nel vedere qualcosa che in Spagna non si vedeva da molti anni, più di trent’anni e passa: siringhe per terra. Le strade avevano vita domestica. Quest’ultima cosa non mi ha sorpreso più di tanto visto che in Spagna sono molti le persone indigenti che vivono per strada, ma il numero era altissimo.

Ma un giorno mi sono fermata davanti al cancello di una scuola di Manhattan e sono rimasta molto sorpresa nel vedere quante persone accompagnavano i bambini a scuola, come ci fossero misure di sicurezza al cancello e un furgone della polizia. Ho pensato che forse si trattasse di quella scuola specifica, ma poi ho scoperto, approfondendo l’argomento, che le scuole negli USA, come tutti ben sappiamo, sono fonte di pericolo. Là dove avvengono tante sparatorie e tanti genitori lasciano i propri figli con un nodo alla gola.

E poi ci sono persone che osano chiedere perché siamo così tanti che difendiamo il sistema cubano?

Basta guardare il ritorno in classe degli scolari lunedì scorso. Osserva il sistema educativo di un popolo e vedrai i suoi progressi. Guardate i volti dei genitori, degli studenti e vedrete la speranza.

Può esserci più o meno sviluppo materiale (non per responsabilità del governo), ma il programma educativo e la sicurezza sono qualcosa di intoccabile nel popolo cubano. È il futuro e niente e nessuno potrà mai portarlo via.

Questo è ciò che vogliamo per il mondo. Perché non vogliono che la gente veda l’infanzia a Cuba? Perché si ostinano a nascondere le conquiste della Rivoluzione cubana in tutti i campi, nonostante il maledetto blocco?

Potrebbe essere che sappiano che coloro che la conoscono davvero, senza errori e menzogne, sanno che è un vero modello da imitare?

Non penso che si tratti realmente di una questione di pazienza. Si tratta di coraggio, che è nel DNA non solo del cubano, bensì di chi accoglie la Rivoluzione come stile di vita. C’è una parola che trovo molto simpatica che usano i cubani ed è “guapería”.

Pensavo fosse un significato dato espressamente a Cuba al vocabolo, ma leggendo, qualche giorno fa, uno dei romanzi che meglio rappresenta la società andalusa della prima metà del XX secolo: “Juan Belmonte, Matador de Toros” dell’eminente Manuel Chávez Nogales, mi sono resa conto che a Siviglia, a quell’epoca, si usava con lo stesso significato.

Il coraggio è in Cuba, ed è in tutti coloro che lottano per quella sovranità che tanto lavoro, sangue e lacrime è costata per conquistarla.

Come dice un detto molto cubano che riflette bene l’essenza del popolo: “Non è che siamo fighi, è che non abbiamo paura.”


Paciencia

Por: Ana Hurtado

 

Dice mi amigo el trovador cubano Ray Fernández en una de sus canciones: “Ay quién tuviera paciencia.” Desde luego que hay que tenerla.

Cada día es una cosa nueva la que el pueblo cubano tiene que aguantar, no solo de la administración estadounidense que le hace la vida imposible con sus conocidas políticas hostiles, sino de sus canes que defienden al amo aunque duermen en el patio, llueva o haga un sol de justicia.

Judas vendió por 30 monedas de plata a su maestro y ya sabemos todos el atroz final que tuvo. Aunque en este caso, el pago es muy ínfimo a las 30 monedas de plata de la época.

El nivel de odio es tan grande que cuando el imperialismo en su despecho quiere hundir a Cuba, cuando no puede implementar más dolor en sus políticas criminales, tira de sus “barrigas agradecidas” para que le den rienda suelta a este sentimiento inhumano y lo bajen al pueblo. Antes quizás les servía. Not anymore.

Ya esta técnica falla. Error tras error. Ya la gente de Cuba y los de fuera conocen bien como funciona esta profesión de mercenarismo mal pagado.

Intentan crear matrices de opinión falsas en las redes sociales, generan violencia en canales de Youtube para transmitirla contra el pueblo cubano y sus simpatizantes, promueven acoso y persecución contra revolucionarios fuera de Cuba, inventan mentiras y las difunden con robots por internet, incitan a la gente a delinquir dentro de la isla… ¿Hace falta que continúe?

Es un trabajo que le sale barato a Estados Unidos y que durante un tiempo le resultó. Pero como decía anteriormente: ya no más. Es tal la mediocridad de sus empleados y la baja ralea de sus métodos, que la gente ya sabe de qué va el juego.

Es como el viejo cuento de Pedro y el lobo que nos contaban en Andalucía de niños. El pastorcillo Pedro se aburría pastando con sus ovejas y decidió divertirse riéndose de su pueblo. En dos ocasiones gritó: “¡Socorro, que viene el lobo!” y la gente salió en su auxilio en ambas mientras Pedro se desternillaba de la risa por los suelos.  Hasta que vino el lobo de verdad y nadie le creyó. Y el lobo se comió a todas sus ovejas. Si te ríes de tu pueblo en su cara, el lobo te acabará comiendo, a tus ovejas, y quizás seguramente también a ti.

Que a muchos nos hayan perseguido por la calle, tocado el timbre de nuestras casas, insultado, injuriado, atacado a familiares y demás proezas baratas, no es motivo para tener paciencia o creerse valiente. Valiente era mi bisabuelo que con dos condenas a muerte y preso en las cárceles de Franco en la posguerra, cuando en el patio de la prisión les obligaban a todos a cantar el “Cara al Sol”, él no lo cantaba ni levantaba la mano para hacer el saludo fascista. Eso es valentía.

Valentía y paciencia es lo que tiene Cuba y su pueblo día a día ante la falta de medicamentos y bienes de primera necesidad que escasean porque un bloqueo caprichoso y delincuente no permite que el país pueda hacer negocios y darle de comer a su gente. Paciencia es tener que aguantar que Estados Unidos, que ha ido sembrando la barbarie en el mundo, introduzca a Cuba en la lista de países patrocinadores del terrorismo.

Eso es tener paciencia, valentía y frente alta ante a los ataques.

El resto de cuestiones que nos puedan hacer a las personas, son cosas más, cosas menos. No se lucha con quién no existe. Se lucha y se ha luchado por nuestra parte cuando ha hecho falta y se ha atacado directamente a Cuba. Pero no podemos ir sacudiéndonos las moscas que nos quieren merodear porque sin nosotros no existen. Nosotros tenemos claro lo que queremos, y como dije en algún escrito anterior, vamos hacia el frente, sin desviar la mirada.

Cuando visité Nueva York en el año 2020 pude sacar mis propias conclusiones.

El metro de la ciudad era un sálvese quien pueda. Vi todas las personas con salud mental que podía haber visto en los últimos meses, reunidas en ese momento, en un vagón. Tiradas por el suelo, haciéndose sus necesidades encima, golpeando la cabeza frente al cristal. No puedo decir que sentí miedo pero estaba en un estado de asombro.

Paseando por la calle en Harlem me sorprendió ver algo que en España hace muchísimos años no se veía, concretamente más de treinta y algo: jeringuillas por el suelo. Las calles tenían vida hogareña. Esto último no me sorprendió tanto dado que en España hay muchas personas indigentes que viven en la calle, pero el número era elevadísimo.

Pero un día me detuve frente a la puerta de un colegio en Manhattan y me sorprendió mucho ver cómo los niños iban acompañados al colegio por muchas personas, cómo había medidas de seguridad en la puerta y un furgón de policía. Pensé que quizás era cosa de esa escuela en concreto, pero luego supe adentrándome en el tema que los colegios en Estados Unidos, como todos bien sabemos, que son un foco de peligro. Allá donde se producen tantísimos tiroteos y tantos padres dejan a sus hijos con un nudo en la garganta.

¿Y luego hay gente que se atreve a preguntar por qué somos tantos los que defendemos el sistema cubano?

Basta con ver el pasado lunes la vuelta a la clase de los escolares. Mira el sistema educativo de un pueblo y verás su progreso. Mira las caras de los padres, de los alumnos y verás la esperanza.

Puede haber más o menos desarrollo material (no por responsabilidad del gobierno), pero el programa educativo y la seguridad es algo intocable en el pueblo cubano. Es el futuro, y eso nada ni nadie lo puede arrebatar nunca.

Eso es lo que queremos para el mundo. ¿Por qué no quieren que la gente vea la infancia en Cuba? ¿Por qué se empeñan en tapar a pesar de su maldito bloqueo los logros de la Revolución Cubana en todos los campos?

¿Será que saben que los que la llegan a conocer realmente, sin falacias y mentiras, saben que es un verdadero modelo a imitar?

No creo que realmente se trate de paciencia. Se trata de valentía, que va en el ADN ya no solo del cubano, sino de la persona que acoge la Revolución como forma de vida. Hay una palabra que me resulta muy graciosa que usan los cubanos y es la “guapería”.

Yo pensaba que era un significado que se le había dado expresamente en Cuba al vocablo, pero leyendo hace unos días una de las novelas que para mí representa mejor a la sociedad andaluza de primera mitad del siglo XX: “Juan Belmonte, Matador de Toros” del eminente Manuel Chávez Nogales, me di cuenta que en Sevilla se usaba con la misma acepción en aquella época.

La valentía está en Cuba, y está en todos aquellos que luchan por la soberanía que tanto trabajo, sangre y lágrimas costó conquistarla.

Como dice un dicho bien cubano que refleja bien la esencia del pueblo: “No es que seamos guapos, es que no tenemos miedo”.

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