Il Venezuela respinge il tentativo della Guyana di appropriarsi dell’Essequibo

L’Antidiplomatico

Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha denunciato che gli Stati Uniti e la compagnia petrolifera statunitense ExxonMobil stanno “fomentando un conflitto bellico” nell’Essequibo, una vasta regione ricca di risorse naturali che il Venezuela rivendica a ragion veduta come propria e che la Guyana considera parte del suo territorio.

Secondo Maduro, il governo guyanese è “subordinato” agli interessi della compagnia statunitense, che ha progetti di sfruttamento petrolifero nella zona.

Il leader bolivariano ha affermato che il Venezuela non rinuncerà alla sua sovranità sull’Essequibo e per questo il 3 dicembre ha convocato un referendum per far votare il popolo venezuelano sull’annessione del territorio alla nazione. Il governo ha lanciato una campagna che invita i cittadini a rispondere “cinque volte sì” ai quesiti che verranno posti nel referendum, tra cui se sono d’accordo o meno con l’incorporazione dell’Essequibo al Venezuela.

“Il 3 dicembre, in Venezuela, avrà luogo un evento storico, il popolo andrà a votare e deciderà, punto e basta, che nessuno ne dubiti, e in quel giorno, convocati dal Potere Legislativo, eserciteremo la nostra assoluta e totale sovranità e decideremo il destino di pace, indipendenza e integrazione territoriale del nostro Paese”, ha affermato Maduro, le cui dichiarazioni sono state trasmesse dall’emittente pubblica venezuelana VTV.

Sulla questione è intervenuta anche la vicepresidente venezuelana Delcy Rodriguez, la quale è tornata a ribadire che l’Accordo di Ginevra sulla controversia dell’Essequibo è pienamente in vigore fino a quando le parti non troveranno una soluzione.

Rodríguez ha partecipato al programma Abriendo Puertas, trasmesso da Venevisión, dove ha affermato che l’Accordo di Ginevra rimane in vigore fino a quando le parti non troveranno una soluzione soddisfacente e pratica per entrambe.

L’alta dirigente bolivariana anche indicato che questa soluzione deve essere trovata attraverso negoziati politici diretti, attraverso negoziati pacifici e amichevoli.

Tuttavia, vista la posizione del governo guyanese di non negoziare, la vicepresidente ha affermato che il Venezuela mantiene la sua posizione in conformità con “la legalità internazionale, la conformità, il rispetto e la validità dell’Accordo di Ginevra”.

Delcy Rodriguez ha sottolineato che il referendum è uno strumento e un’opzione completamente legale stabilita dalla Costituzione venezuelana per conoscere l’opinione del popolo.

“Il referendum è uno strumento e una via completamente legale stabilita dalla Costituzione venezuelana per conoscere l’opinione del Popolo Sovrano su questioni di interesse nazionale, quindi la Guyana non ha il diritto di intervenire o di esprimere un’opinione”.

Dopo aver ricordato che il governo della Guyana aveva chiesto alla Corte Internazionale di Giustizia di abrogare tre quesiti del referendum consultivo, la vicepresidente ha denunciato che ciò che stanno facendo è interferire negli affari interni del Venezuela. Comportandosi come “un conclave colonialista e imperialista”.

Quindi ha chiarito che il Venezuela non riconosce la giurisdizione obbligatoria e automatica della Corte Internazionale di Giustizia.

“Niente e nessuno fermerà questo referendum. Il Presidente della Guyana può scalciare e urlare, ma non fermerà il referendum. E nemmeno la Exxon Mobil, anche se compra i funzionari”, ha affermato con fermezza la vicepresidente.

Delcy Rodriguez ha poi evidenziato di ritenere molto importante il fatto che i venezuelani abbiano questioni di interesse comune, come il recupero del territorio dell’Essequibo.

A questo proposito, ha detto che oggi vede un Venezuela che ha trovato molti spazi di unione nazionale. A tal proposito ha citato la Guyana Esequiba e il rifiuto del blocco.

“La partecipazione di uomini e donne venezuelani a qualcosa di così sacro come il loro territorio, la loro integrità territoriale, significa poter dire ai nostri figli, figlie e nipoti: anch’io ho messo la mia impronta”.


Tensioni Venezuela-Guyana: sei fasi storiche per comprendere la disputa sull’Essequibo

 

Le rivendicazioni di lunga data del Venezuela sul territorio dell’Essequibo possono essere attribuite a diversi fattori storici significativi. In primo luogo, durante il periodo coloniale, il Venezuela faceva parte della Capitaneria Generale del Venezuela, che comprendeva la regione dell’Essequibo, situata a ovest del fiume Essequibo.

Questo legame storico ha posto le basi per le aspirazioni territoriali del Venezuela. Inoltre, il lodo arbitrale del 1899, influenzato dagli interessi britannici, ha portato alla contestata demarcazione del confine di Essequibo, che provocò nel Venezuela una forte insoddisfazione. Inoltre, il perseguimento delle proprie rivendicazioni da parte del Venezuela si è basato su sentimenti di unità nazionale, sostenuti da legami culturali storici e dall’importanza strategica delle vaste risorse naturali dell’Essequibo.

Quindi si può affermare che le rivendicazioni del Venezuela nei confronti dell’Esequibo derivano da una complessa interazione di fattori storici, territoriali e di lotta anti-coloniale, che hanno plasmato l’attuale ricerca di questo territorio conteso da parte della nazione sudamericana. Inoltre, la disputa in corso mette in evidenza la natura complessa delle eredità coloniali e delle aspirazioni nazionali nel contesto della definizione di confini nazionali decisi in base agli interessi delle potenze imperialiste.

A tal proposito, il presidente bolivariano Nicolas Maduro in un evento pubblico – “Acto de Unión Nacional en Defensa de la Guayana Esequiba” – tenuto presso il Teatro Teresa Carreño della capitale venezuelana Caracas, ha condotto una lezione magistrale di tre ore sull’evoluzione storica della controversia sull’Essequibo, con il supporto dello storico e ambasciatore venezuelano presso le Nazioni Unite, Samuel Moncada; del giurista costituzionale e deputato Hermann Escarrá; del generale Pompeyo Torrealba e di altri esperti del settore. Per facilitare la comprensione di una questione molto spinosa, hanno suddiviso la storia della controversia sull’Essequibo in sei fasi.

Queste sei tappe fanno parte di un’iniziativa pedagogica volta a incoraggiare il dibattito “per indicare la strada per il recupero dei nostri diritti”, ha spiegato il presidente bolivariano. Secondo la visione venezuelana la definizione di questi momenti storici possono permettere al popolo venezuelano di decidere chiaramente come votare nel referendum consultivo convocato per domenica 3 del prossimo mese di dicembre.

Questi sono i sei momenti che definiscono lo sviluppo storico della controversia territoriale tra la Repubblica Bolivariana del Venezuela e la Repubblica Cooperativa della Guyana:

1) Formazione del territorio (periodo coloniale e dell’indipendenza): inizia nel 1492 con l’arrivo del colonialismo europeo nelle Americhe e si protrae fino al 1840, anno in cui si forma il territorio dell’attuale Venezuela.

2) Periodo di aggressioni, espropriazioni e frodi arbitrali: si tratta precisamente dell’anno 1840, quando l’Impero britannico – con un inganno illegale – fece i primi passi per entrare nel territorio della Repubblica. Culmina nel 1899, anno in cui si consuma la frode del lodo arbitrale di Parigi.

3) Diplomazia imperiale delle cannoniere, denuncia delle frodi e Accordo di Ginevra: definito tra il 1900 e il 1966, si riferisce al periodo in cui il Venezuela è passato da un’epoca di divisione, minacce di blocchi e invasioni militari a una reazione, caratterizzata dalla denuncia e dalle conquiste internazionali in ambito diplomatico attraverso la firma dei documenti che hanno portato alla stesura, all’accettazione e alla firma dell’Accordo di Ginevra del 17 febbraio 1966.

4) Applicazione dell’Accordo di Ginevra, nascita della Repubblica Cooperativa della Guyana e riserva presentata dal Venezuela sul riconoscimento dello Stato sorto dalla Guyana britannica: questa fase, che si concentra sul periodo tra il 1966 e il 2015, prevede l’applicazione pratica dell’Accordo di Ginevra, nonché delle opzioni previste dal documento e dalla Carta delle Nazioni Unite, e la ricerca di una soluzione pacifica e soddisfacente per le parti.

5) La Guyana assume una posizione belligerante: copre il periodo 2015-2023, in particolare gli eventi che hanno portato alla reazione del Venezuela e alla convocazione di un referendum consultivo in difesa dell’Essequibo. Questo periodo è segnato dalla continua violazione del diritto internazionale da parte della Repubblica Cooperativa della Guyana, così come i suoi patti con ExxonMobil e il Comando Sud degli Stati Uniti che rinnegano l’Accordo di Ginevra.

6) Fase post-consultiva: dopo il referendum del 3 dicembre, per ratificare la difesa e la sovranità dell’Essequibo.

Prima tappa storica

Nicolas Maduro ha quindi ha realizzato una ricognizione storica sulla controversia dell’Essequibo. Un viaggio nella storia che naturalmente ha iniziato parlando della prima fase, quella della colonizzazione europea del continente a partire dal 1492. “Nel 1494, quando l’invasione della nostra America era appena iniziata, fu firmato il Trattato di Tordesillas”, in cui i regni di Spagna e Portogallo stabilirono una divisione delle terre e dei mari nel cosiddetto “Nuovo Mondo”, in cui il Portogallo riconobbe alla Spagna la maggior parte del territorio americano, comprese le Guayanas. Maduro ha criticato l’errata denominazione della cosiddetta scoperta dell’America. “Chi ha scoperto chi? O forse non eravamo già qui, i nostri nonni e le nostre nonne, a vivere in pace, a sviluppare la loro civiltà, la loro cultura, la loro vita”.

Nel 1648 fu firmato il Trattato di Münster, con il quale i Paesi Bassi ottennero l’indipendenza dalla Spagna. Poiché 21 anni prima avevano stabilito insediamenti ostili e illegittimi nelle vicinanze dell’Essequibo, divennero vicini del territorio spagnolo. Questi sono gli antecedenti più antichi che si possono trovare finora.

Maduro ricorda che il 1777 diventa una data fondamentale perché la Spagna forma la Capitaneria Generale del Venezuela, che riunisce tutte le province che componevano il territorio del Venezuela.

Samuel Moncada spiega che le popolazioni indigene che vivevano nelle Americhe subirono violente imposizioni da parte degli imperi invasori, che cambiarono totalmente la loro cultura. L’impero spagnolo creò diverse forme di amministrazione del territorio, che nel 1777 si cristallizzarono nella Capitaneria Generale del Venezuela.

Per questo motivo tutte le costituzioni del Venezuela, dal 1819 in poi, definiscono il territorio (uno dei fattori della nazione) come quello che esisteva nella Capitaneria Generale del Venezuela prima della trasformazione politica del 1810. Tutte le Costituzioni affermano questo. La Capitaneria rappresenta l’unità territoriale del Venezuela. E su una mappa della Capitaneria Generale si può vedere che il suo confine orientale era il fiume Essequibo.

Seconda tappa

Nella sua dissertazione storica sull’Essequibo, il presidente Maduro ha ricordato che Robert Hermann Schomburgk era un “esploratore mercantile” inviato dalla Gran Bretagna per esplorare i territori dell’Essequibo, che elaborò diverse mappe che facilitarono l’avanzata degli inglesi verso luoghi ricchi d’oro e verso le foci dell’Orinoco.

A causa della debolezza e dei conflitti interni del Venezuela dell’epoca, Schomburgk raccomandò alla Regina d’Inghilterra di avanzare e impadronirsi non solo della Guayana Esequiba, ma di proseguire verso El Callao, le foci dell’Orinoco e altre zone dell’attuale Stato Bolívar, non protette e molto ricche di minerali e strategiche per la loro posizione geografica.

Vengono pubblicate diverse linee con raccomandazioni all’Impero britannico su quanto avanzare. Una di queste linee fu pubblicata dopo la morte di Schomburgk nel 1865.

Accordo del 1850

Maduro ricorda che nel 1850 il Venezuela e la Gran Bretagna si incontrarono e concordarono di congelare la disputa e di “astenersi dall’avanzare o dal prendere il territorio già in disputa”.

Ma questo accordo fu immediatamente violato dalla Gran Bretagna, con la minaccia permanente dell’uso della forza (“diplomazia delle cannoniere”). Gli inglesi hanno cospirato senza sosta per influenzare e dividere l’opinione pubblica venezuelana, sottolinea Maduro. “Hanno influenzato i cognomi venezuelani affinché fossero un fattore di destabilizzazione e di divisione interna e affinché, se fossero arrivati al potere, consegnassero loro il territorio dell’Essequibo, come è stato registrato in numerosi documenti”.

“I britannici annunciarono con arroganza che il trattato del 1850 non sarebbe stato più rispettato, né per accordo, né per lettera, né per documento”, sottolinea Maduro.

Nel 1887, l’allora presidente venezuelano Antonio Guzmán Blanco ruppe le relazioni con la Gran Bretagna e fece appello alla solidarietà mondiale per fermare le ambizioni britanniche in territorio sudamericano. Le aggressioni continuarono.

La difesa dell’Essequibo

Maduro ricorda che nel 1895 si verificò un evento poco noto ai venezuelani. Ci furono incursioni britanniche che raggiunsero Guasipati ed El Dorado. “Allora un coraggioso generale, Domingo Sifontes, si gettò a respingere l’avanzata britannica e la cacciò dal territorio venezuelano. Onore e gloria, tributo eterno!”.

Il Lodo di Parigi del 1899

Il presidente bolivariano sottolinea che all’epoca vi era una minaccia di uso della forza e un blocco dei porti venezuelani. Di fronte alla minaccia di un’invasione britannica del Venezuela, le autorità venezuelane dell’epoca chiesero molto ingenuamente al governo statunitense di intervenire.

“Era in voga la Dottrina Monroe”, che l’1 e il 2 dicembre compirà 200 anni, e che affermava: “L’America per gli americani”, cioè “noi apparteniamo a loro: le nostre terre, il nostro essere, la nostra forza lavoro”, ha spiegato Maduro.

Il presidente statunitense Stephen Cleveland si appellò alla Dottrina Monroe affinché il potere del suo Paese fosse rispettato in tutte le Americhe e le potenze europee non potessero usare la forza senza il permesso degli Stati Uniti.

C’è stato uno scontro tra due imperi: quello statunitense e quello (all’epoca) potente britannico, e la Dottrina Monroe è stata utilizzata per dividere i territori, ha spiegato il capo di Stato venezuelano. Il risultato di questo scontro tra imperi fu un accordo che sacrificò il Venezuela. Gli inglesi avrebbero mantenuto l’occupazione del Venezuela e, in cambio, avrebbero ottenuto il via libera all’invasione di Cuba e all’appropriazione delle isole di Guam e delle Filippine.

Al Venezuela sarebbero stati negati voce e potere decisionale nei processi che portarono alla firma del Trattato di Washington del 1897 e “all’infausto, invalido, nullo, fraudolento e immorale Lodo di Parigi del 1899”.

“Da quel momento in poi, hanno segretamente concordato la divisione del territorio e una serie di condizioni per espropriare il Venezuela dal suo territorio”, evidenzia Nicolás Maduro.

Dopo aver ricordato la storia del Venezuela nel XIX secolo, il presidente bolivariano denuncia che il governo venezuelano nel 1897 “ha ceduto su tutte le posizioni” e che l’ambasciatore venezuelano rappresentava più gli interessi degli Stati Uniti che quelli del Venezuela, e non aveva alcun legame con gli interessi nazionali. “Il Venezuela è stato macchiato e derubato dagli imperi quando eravamo divisi, disuniti, deboli, in contrasto tra noi stessi”.

Moncada ricorda che gli inglesi non avevano un esercito per invadere il Venezuela, ma avevano una marina per bloccare i porti, come fecero in seguito, nel 1902. Gli Stati Uniti dissero agli inglesi di non usare la forza, ma di ricorrere all’arbitrato, e il Venezuela ingenuamente accettò.

All’insaputa del Venezuela, gli Stati Uniti e i britannici si incontrarono (Moncada sottolinea che ci sono le prove documentali) e i britannici dissero che non avrebbero mai consegnato al Venezuela nulla perché “avremmo perso il nostro onore”. Gli statunitensi fecero finta di essere d’accordo con il Venezuela, lo estromisero dai negoziati e poi si incontrarono separatamente con gli inglesi e giunsero a un accordo su tutte le loro relazioni, un accordo che comprendeva Panama, Cuba, Porto Rico, Filippine, Alaska, ecc. “e vi lascio l’oro venezuelano”.

Trattato di Washington del 1897

Una volta accettato, nel 1896, il ministro inglese Joseph Chamberlain e il segretario di Stato giunsero a un accordo, di cui il Venezuela non era a conoscenza, e redassero il trattato del 1897, con le regole per i tribunali, che dice in modo legalistico che, se gli inglesi sono in un luogo per 50 anni, questo appartiene a loro, indipendentemente da ciò che dice il Venezuela. Inoltre, si sottolinea che, anche se il titolo e la proprietà sono venezuelani, se c’è un possesso britannico, gli arbitri devono riconoscerlo come britannico.

I britannici discutevano tra loro in segreto, dicendo: “Questo è nostro, dobbiamo studiare come portarglielo via”. Le trascrizioni esistono, sono state richieste ai britannici che però si rifiutano di consegnarle per “motivi di sicurezza nazionale”.

“È stato un tribunale di abuso di potere, di inganno, di frode, e oggi vogliono che li riconosciamo, e noi diciamo di no”, ha affermato Moncada.

Il lodo arbitrale del 1899

Maduro continua la sua dissertazione sul Tribunale Arbitrale di Parigi, sul trattato del 1899 e sugli avvocati che vi parteciparono, i quali affermano di aver esaminato 50.000 documenti in 5 giorni e, “in una divisione” tra l’impero statunitense e quello britannico, di aver “consumato un’espropriazione”.

Maduro spiega che “il Venezuela è stato sottoposto a pressioni indebite e ad accordi illegali e iniqui, sulla base della legalità colonialista e della rapacità imperiale. L’umanità, con il diritto internazionale, nel XX secolo avrebbe messo le cose al loro posto quando sono avvenuti i processi di liberazione e decolonizzazione di molti Paesi, ma a quel tempo ciò che contava era la diplomazia delle cannoniere”.

Sottolinea che nel Paese c’era la massima divisione e debolezza. “Il giorno dell’annuncio del Lodo, navi da guerra statunitensi e britanniche arrivarono nei porti venezuelani senza preavviso, in modo coordinato, con le loro cannoniere puntate contro i porti di La Guaira, Puerto Cabello e altri luoghi di questo Paese. Questa è una delle lezioni più amare: le divisioni tra noi, le guerre civili, il cannibalismo politico, la resa alle potenze straniere è stata sfruttata dalle potenze per espropriarci impunemente del nostro territorio”.

Terza tappa

Maduro denuncia che, negli anni successivi al Lodo di Parigi, imprese statunitensi, britanniche, tedesche e francesi finanziarono movimenti golpisti e insurrezionali contro Cipriano Castro (l’allora presidente venezuelano), tentativi di assassinio, ecc.

Nel 1902, le potenze straniere bloccarono i porti venezuelani chiedendo il pagamento dei debiti, ma con l’obiettivo di mettere all’angolo il nostro Paese. Bombardarono uffici doganali, caserme e affondarono le 10 navi della marina venezuelana.

Maduro afferma: “Nel 1905, il presidente statunitense Theodore Roosevelt ordinò la preparazione di un piano per un’invasione militare del Venezuela per prendere i principali porti e la capitale; quello fu l’anno in cui il Venezuela fu costretto ad applicare il lodo fraudolento e un confine de facto basato su un trattato arbitrale illegale, immorale, nullo, imposto per mezzo della diplomazia delle cannoniere”.  Maduro sottolinea che Moncada ha scoperto nella sua indagine i piani di invasione attraverso La Guaira per raggiungere Caracas e prendere la capitale, redatti dal console statunitense in Venezuela che fu espulso da Cipriano Castro.

“24 ore dopo il rovesciamento di Cipriano Castro, un tenente colonnello di una nave da guerra statunitense arriva al porto di La Guaira e viene ricevuto con tutti gli onori nel palazzo presidenziale”, spiega Maduro. “Immediatamente rilasciano le licenze per consegnare tutti i giacimenti petroliferi del Venezuela alle compagnie britanniche e statunitensi. Triste e oscura storia di arrendevolezza e interventismo contro il Venezuela”.

La frode del lodo rivelata 45 anni dopo

Maduro continua con il resoconto storico e sottolinea che l’avvocato Severo Mallet-Prevost, che fu nominato dagli Stati Uniti nel lodo arbitrale del 1899, nel suo testamento del 1944, dopo la sua morte, lasciò un memorandum in cui affermava che il lodo era “un processo illegale di rapina e saccheggio del Venezuela”, secondo Maduro. Nel 1949, il memorandum divenne noto, in cui “l’intera trappola, illegalità e frode commessa contro il Venezuela nel 1899 fu messa a nudo e rivelata da un testimone di prim’ordine”.

Dopo il 1945, gli imperi europei sono crollati e decine di Paesi hanno ottenuto l’indipendenza.

Negli anni Cinquanta e Sessanta, la questione dell’Essequibo tornò alla ribalta. Nel 1962, un’indagine condotta da un gruppo di sacerdoti cattolici coincise con la dichiarazione dell’Impero britannico di voler concedere l’indipendenza alla Guyana. Il Venezuela prese in mano la questione e si svolsero intensi incontri con il governo di Rómulo Betancourt e il ministro degli Esteri Marcos Falcón Briceño.

In Venezuela esistevano diverse correnti: una di queste chiedeva la presa del territorio dell’Essequibo con la forza, guidata da Pedro José Lara Peña. Le pubblicazioni e i giornali della Cadena Capriles spingevano perché ciò avvenisse. Altre correnti di pensiero, come l’Accademia di Storia, sostenevano che il salvataggio della Guyana Essequiba dovesse essere cercato attraverso i canali diplomatici.

Accordo di Ginevra del 1966

Il 12 novembre 1962, davanti alla 348ª Sessione Politica Speciale delle Nazioni Unite (ONU), il ministro degli Esteri venezuelano Marcos Falcón Briceño fece uno storico discorso per rivendicare i diritti del Venezuela sull’Essequibo, fornendo tutti gli elementi giuridici, politici e diplomatici. Maduro sottolinea che è stato in quel momento che è iniziato il processo di colloqui e negoziati, e la Gran Bretagna ha riconosciuto che c’era una disputa in corso che non era stata risolta con il Lodo di Parigi del 1899.

Maduro spiega: “È con la firma dell’Accordo di Ginevra (del 1966) che il Regno di Gran Bretagna, la potenza coloniale occupante della Guyana Essequiba, accetta la controversia che il Venezuela aveva sollevato per tutto il XX secolo. È un elemento modulare e lascia da parte il lodo arbitrale!” Maduro sottolinea che, se la Gran Bretagna avesse ritenuto che questo non fosse un elemento di discussione, non si sarebbe seduta a discutere o a negoziare, né avrebbe firmato l’Accordo di Ginevra”.

Spiega che l’Accordo di Ginevra è registrato presso le Nazioni Unite. Viene firmato dal ministro degli Esteri britannico, Michel Stewart, dal ministro degli Esteri venezuelano, Ignacio Irribarren Borges, e dal primo ministro del governo coloniale della Guyana britannica, Forbes Burnham.

La prima cosa che viene stabilita dal punto di vista diplomatico è “che c’è una controversia in corso che non è stata risolta da nessun precedente riconoscimento o accordo, e che deve essere risolta attraverso mezzi diplomatici, pacifici e il dialogo”. Quindi sottolinea che qualsiasi controversia in corso tra Venezuela e Regno Unito danneggerebbe la collaborazione e “deve essere risolta amichevolmente in un modo che sia accettabile per entrambe le parti”. Maduro sottolinea che l’Accordo di Ginevra è l’unico strumento di cui dispongono i venezuelani, i guyanesi e la comunità internazionale, accettato da tutte le parti.

Maduro mostra una copia certificata della lettera inviata dal Ministro degli Esteri venezuelano Ignacio Iribarren Borges al primo Ministro degli Esteri della Repubblica Cooperativa della Guyana il 26 maggio 1966, giorno in cui fu proclamata l’indipendenza della Guyana. La lettera riconosce l’indipendenza della Guyana, ricorda l’Accordo di Ginevra del 1966, recentemente firmato, e afferma che il nuovo governo della Repubblica Cooperativa di Guyana “diventa parte dell’accordo in questione”.

Ricorda che il riconoscimento del nuovo Stato della Guyana “non implica da parte del nostro Paese la rinuncia o la diminuzione dei diritti territoriali rivendicati, né influisce sui diritti di sovranità”.

La lettera sottolinea inoltre che il lodo arbitrale di Parigi del 1899 “è nullo” e che “il Venezuela riconosce come territorio del nuovo Stato quello che si trova a est della riva destra del fiume Essequibo e ribadisce davanti al nuovo Paese e alla comunità internazionale che si riserva espressamente i diritti di sovranità territoriale su tutta l’area della riva sinistra del suddetto fiume”.

La lettera afferma inoltre che “il territorio della Guayana Esequiba su cui il Venezuela si riserva i suoi diritti di sovranità è delimitato a est dal nuovo Stato della Guyana attraverso la linea mediana del fiume Essequibo, dalla sua sorgente alla sua foce nell’Oceano Atlantico”.

Quarta tappa

Maduro ricorda che l’allora presidente Rafael Caldera approvò la firma del Protocollo di Port of Spain, che congelò le discussioni sull’Essequibo dal 1970 al 1982.

Nel 1982, durante il governo di Luis Herrera Campins, dopo intense trattative, il Protocollo di Port of Spain fu chiuso. Il Presidente della Guyana si recò in Venezuela e ci furono manifestazioni spontanee di migliaia di persone in difesa dell’Essequibo. L’Accordo di Ginevra è stato negoziato con il Segretario delle Nazioni Unite ed è stato sottolineato che la sua applicazione pratica deve basarsi sul consenso della parola, del documento e della firma delle due parti. Nessuna decisione può essere presa nell’ambito dell’Accordo di Ginevra senza l’approvazione consensuale e firmata dei governi della Guyana e del Venezuela. Ciò è avvenuto con la Commissione 66-70 e con il Protocollo di Port of Spain.

Negli anni ’90, quando è stata inaugurata l’opzione dei buoni uffici contenuta nella Carta delle Nazioni Unite, è stata accettata la nomina di Buoni Ufficiali. Ci sono stati tre Buoni Ufficiali: uno nel 1990, uno nel 1999 e uno nel 2010. Tutti e tre i Buoni Ufficiali sono stati accettati da entrambe le parti.

Quinta tappa

Nel 2015 si è verificato quello che Maduro chiama “il quinto momento” nella storia dell’Essequibo: è stata scoperta una cospirazione contro il Venezuela. Exxon Mobil aveva lasciato il Venezuela in seguito alla nazionalizzazione del petrolio nel 2007 e alla creazione di joint venture.

La Exxon Mobil “giurò vendetta contro il Venezuela” e si posizionò in Guyana, ottenendo “attraverso la corruzione, come è ormai pubblico e noto in Guyana, tangenti, mazzette e pagamenti milionari che la Exxon Mobil fece dal 2015 per comprare ministri, deputati e presidenti, per ricevere l’esclusiva sui blocchi petroliferi che venivano scoperti in mari non delimitati e controversi. Vengono scoperti grandi pozzi di petrolio. È l’anno in cui Barack Obama dichiara che ‘il Venezuela è una minaccia insolita e straordinaria per la sicurezza degli Stati Uniti’”.

Maduro nota anche che il brigadiere David Granger diventa presidente della Guyana nel 2015. “Un uomo cresciuto nel Pentagono e nel Comando Sud. Inizia un periodo di diplomazia imperiale, di provocazioni da parte del Comando Sud, con licenze spurie alle transnazionali” e un processo di vittimizzazione, che mostra il Venezuela come un Paese ambizioso e aggressivo.

Ba Ki Moon, all’epoca segretario generale delle Nazioni Unite, nomina un sottosegretario del Dipartimento di Stato USA come suo braccio destro dopo la morte del precedente buon funzionario, e “ci dice unilateralmente che il processo continuerà per un ultimo anno, con ‘un mandato di mediazione forzata’, quando dal punto di vista diplomatico non si stava svolgendo alcuna mediazione”. E ci minaccia: “Se entro la fine del 2017 il Segretario generale conclude che non sono stati compiuti progressi significativi verso una soluzione della controversia, sceglierà la Corte internazionale di giustizia come prossimo mezzo di risoluzione, a meno che entrambi i governi non chiedano di astenersi dal farlo”.

“Minaccia di aggirare i rimedi diplomatici previsti dall’articolo 33. L’accordo di Ginevra stabilisce che i rimedi diplomatici devono essere utilizzati per risolvere la controversia. L’Accordo di Ginevra stabilisce che essi devono essere progressivi e successivi, e il Venezuela ha ratificato di non riconoscere la Corte internazionale di giustizia come meccanismo per risolvere la controversia sulla Guyana Essequiba”.

Il seguente Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, il 30 giugno 2018, ha dichiarato che, non essendoci stati progressi, ha scelto “la Corte Internazionale di Giustizia come meccanismo per una soluzione” Per Maduro, Guterres ha violato l’Accordo di Ginevra.

Il presidente è stato categorico: “Il Venezuela non ha mai accettato la Corte internazionale di giustizia (CIG), perché la CIG non emetterà mai una sentenza soddisfacente per le parti. È così semplice. E la Guyana ha proceduto unilateralmente a dare un calcio all’Accordo di Ginevra e ad attivare la Corte internazionale di giustizia”.

Maduro sottolinea che “il Venezuela ha espresso riserve sulla Corte internazionale di giustizia fin dalla sua fondazione. È registrato in documenti successivi che il Venezuela, dagli anni ’50, ’60, ’80, ’90, dal primo e secondo decennio del XXI secolo fino ad oggi. Ha ribadito la sua posizione in tutti i governi, di tutte le ideologie e colori, che non riconosciamo la Corte internazionale di giustizia come istanza valida per risolvere la disputa sulla Guyana Essequiba”.

“Il Segretario Generale Antonio Guterres ha violato l’Accordo di Ginevra, come gli ho detto personalmente in più occasioni, e ciò è registrato per iscritto presso il Segretariato Generale delle Nazioni Unite. In pubblico, in privato, per iscritto”. Maduro spiega che “per intraprendere qualsiasi opzione, secondo il diritto internazionale dell’accordo di Ginevra, era necessario avere il permesso, la firma e il sostegno del Venezuela. E non è stato fatto così!”.

Il leader venezuelano ha respinto i molteplici tentativi degli Stati Uniti di costruire basi militari nel territorio della Guyana, sotto lo sguardo compiacente del governo della Guyana.

“I capi del Comando Sud visitano la Guyana ogni due mesi. Effettuano esercitazioni militari contro il Venezuela, e ciò che alla fine ha fatto traboccare il vaso della pazienza nazionale è stato quando la Guyana e il suo governo, un fantoccio della Exxon Mobil e del Comando Sud, hanno cercato di inasprire un conflitto nell’est del nostro paese (… ) annuncia che costruirà una base militare per lanciare razzi nello spazio, in piena campagna elettorale. Opportunità? E il Venezuela ha risposto con forza. Il presidente Hugo Chávez ha reagito con forza e il progetto di installare una base aerospaziale nel territorio di Guayana Esequiba è stato sventato”.

Maduro ha raccontato: “E altrove, Exxon Mobil ha annunciato piani per ottenere licenze, e quei piani sono stati respinti. Poi, nel 2013-2018, hanno tentato di collocare navi esplorative in acque da delimitare e in acque venezuelane incontestabili. Come Comandante in Capo delle Forze Armate, ho detto alla Marina Bolivariana: ‘Andate, catturate le navi e portatele fuori dalle acque da delimitare, e portatele fuori dalle acque incontrovertibilmente venezuelane! E così ha fatto la Marina venezuelana. E li ha portati a Margarita”.

Ha denunciato che l’attuale presidente della Guyana, Irfaan Ali, “come parte della provocazione”, appare vestito da militare nel territorio della Guyana Esequiba, offendendo il Venezuela. Rilasciano licenze per blocchi petroliferi nelle acque del Delta dell’Amacuro, indiscutibilmente venezuelano e anche in acque da delimitare. “È allora che l’Assemblea Nazionale si alza, tiene una sessione speciale su questo tema e conclude: basta! “Inizieremo un’altra fase e lasceremo che questa lotta storica venga decisa dal popolo in un referendum consultivo sula Guayana Esequiba”.

Da parte sua, il presidente del Parlamento nazionale, Jorge Rodríguez, ha ricordato che la Guyana ha commesso ripetuti atti di illegalità. “Stanno cercando di aggiudicare blocchi di petrolio e gas in un territorio che fa indiscutibilmente parte del mare territoriale del Venezuela”. Situazione alla quale il Venezuela ha risposto approvando all’unanimità l’invocazione dell’articolo 71 della Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela, poiché “l’articolo 71 della Costituzione dice: ‘Le questioni di particolare importanza nazionale possono essere sottoposte a referendum consultivo’” .

Sesta tappa

Rodríguez ha sottolineato che questo è il momento di unire le forze “indipendentemente da come pensiamo (…) alzare una sola voce, per passare ad un’altra fase nella difesa della nostra Guayana Esequiba, per passare ad una fase in cui tutto il popolo sostiene e “tutto il popolo decide quale dovrà essere il destino, il futuro di quello che è e sarà per sempre territorio della Repubblica Bolivariana del Venezuela”.

Maduro ha concluso criticando le dichiarazioni appena rilasciate dal primo ministro della Guyana, Mark Phillips, il quale ha affermato che “il tempo dei negoziati è finito. Non ci sarà alcun dialogo tra Maduro e il presidente della Guyana. Lasciamo che sia la Corte Internazionale di Giustizia a decidere. “L’Essequibo appartiene esclusivamente alla Guyana e ai guyanesi”.

A questo proposito il presidente Maduro ha risposto: “Sono dichiarazioni arroganti, che sembrano più le dichiarazioni di un portavoce imperiale, il portavoce di Exxon Mobil. Dichiarazioni avventate che mettono nei guai un Paese pieno di onore e coraggio. Il Venezuela non è un paese di codardi! Siamo un popolo di pace, ma disposto a difendere i nostri diritti storici e i nostri diritti! Chiedo rispetto al Venezuela, Primo Ministro della Guyana! “Basta offese, basta provocazioni!”

Maduro ha invitato il popolo venezuelano a prendere parte a questo sesto momento storico, il cui punto di partenza è il referendum del 3 dicembre.

Conclusioni

La storia evidenzia il carattere anti-imperialista della lotta venezuelana per il territorio in disputa dell’Essequibo. Le rivendicazioni del Venezuela sul territorio dell’Essequibo rappresentano una lotta contro i soprusi imperiali subiti dal paese da oltre un secolo. La disputa, come abbiamo visto grazie alla precisa ricostruzione storica di Maduro e Moncada, nasce dal lodo arbitrale del 1899, che fu fortemente influenzato dagli interessi britannici e che attribuì la regione a est del fiume Essequibo alla Guyana britannica, poi diventata Repubblica Cooperativa della Guyana.

Il Venezuela ha sempre – a ragion veduta – contestato la validità del lodo arbitrale, che considera una frode. Il paese ha denunciato la frode a livello internazionale e ha continuato a rivendicare la sovranità sull’Essequibo.

Il referendum consultivo del 3 dicembre 2023 rappresenta un momento cruciale nella storia di questa controversia. Il voto del popolo venezuelano sarà un’importante indicazione della volontà del paese e potrebbe avere un impatto significativo sul futuro della disputa.

Indipendentemente dal risultato del referendum, è chiaro che la questione dell’Essequibo non si risolverà facilmente. Le due parti hanno posizioni molto diverse e sarà necessario un impegno serio da entrambe le parti per trovare una soluzione pacifica e sostenibile.

Tuttavia, il Venezuela è determinato a porre fine ai soprusi imperiali subiti per quanto riguarda l’Essequibo. Il paese ha dimostrato di essere disposto a rispondere alle provocazioni e alle minacce con la diplomazia.

La convocazione del referendum consultivo è un esempio di questa determinazione. Il Venezuela ha scelto di coinvolgere la propria popolazione in un processo democratico per esprimere la propria volontà sulla questione dell’Essequibo.

Il paese ha anche continuato a partecipare agli sforzi diplomatici per risolvere la disputa. Il Venezuela anche se disposto a trovare una soluzione pacifica e sostenibile, non accetterà mai una soluzione che non sia basata sul diritto internazionale e sulla giustizia.

In un mondo che si avvia a grandi passi verso la nuova era multipolare, la fase del dominio imperialista è giunta agli sgoccioli. Ma Washington nonostante il proprio declino tira dritto e continua a essere tracotante, una potenza arrogante pronta a mettere i propri interessi sopra quelli di interi popoli. Da questo punto di vista, però, il Venezuela bolivariano ha sempre mostrato di essere un osso duro. Sulla questione dell’Essequibo la potenza declinante e il fantoccio della Repubblica Cooperativa della Guyana dovranno affrontare tutta la forza anti-imperialista e anti-colonialista sprigionata dalla Rivoluzione Bolivariana.

Fonte

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