Il colonialismo giuridico: altro fronte strategico contro il Venezuela

Sair Sira

Ingenuamente, dal Sud Globale si pensa che i tempi coloniali siano alle spalle e che, una volta raggiunta l’indipendenza, i paesi svilupperebbero liberamente le loro potenzialità, al di là dei disegni delle metropoli del Nord Globale.

Formalmente, le Nazioni Unite riconoscono 17 territori non autonomi, amministrati rispettivamente da tre potenze e da un paese nella sfera di influenza di queste: USA, Regno Unito, Francia e Nuova Zelanda. Ma la realtà è che il processo di colonizzazione vissuto dall’America Latina e dai Caraibi, dall’Africa e dall’Asia, tra il XVI e il XIX secolo, non si è concluso una volta raggiunta l’indipendenza.

Esiste tutta una corrente di pensiero rappresentata dagli studi decoloniali e postcoloniali e dagli studi di critica giuridica che, con argomentazioni molto solide, assicurano che le indipendenze raggiunte costituiscono, più che veri atti di sovranità, “la continuazione di un modello di esclusione giuridica” che si mantiene ai nostri giorni.

Il colonialismo potrebbe essere inteso, all’interno della tradizione inaugurata da Aníbal Quijano e Walter Mignolo, come quell’intervento diretto che si realizza sullo spazio colonizzato attraverso una struttura che facilita la subordinazione totale (razziale, economica, politica, conoscitiva, ecc.) e che termina  facilitando il controllo – con altri mezzi, non così “violenti” – alla potenza colonizzatrice.

Assumendolo in questo modo, assistiamo dalle nostre realtà nazionali a situazioni di colonialismo, o meglio di neocolonialismo, nella sfera economica quando si discutono le condizioni per la concessione del credito in un’istituzione finanziaria internazionale o quando si negozia un accordo economico con una potenza particolare e la potenza o l’istituzione (controllata dalla potenza) impone condizioni dannose al Paese.

Potremmo, nello stesso ordine di idee, parlare di colonialismo scientifico quando ci viene imposto un modo di avvicinarsi e di creare (fare scienza), negando le forme e i modi con cui le popolazioni originarie, fuori del centro egemonico (Nord Globale), producono la loro conoscenze, scartandole o, cosa ancora più grave, sminuendole.

A partire dal Diritto Internazionale (DI), la corrente di pensiero denominata “Third World Approaches to International Law” (TWAIL) ha denunciato l’origine coloniale e i rapporti di potere su cui si fonda il DI. Questa corrente critica il presunto carattere universale del DI, rivelando le sue origini eurocentriche, espansionistiche, assimilazioniste e omogeneizzanti, plasmate dal colonialismo e dall’imperialismo.

Non senza ragione gli Stati recentemente indipendenti hanno visto nella Corte Internazionale di Giustizia (CIG) una delle principali fonti del DI, un mezzo attraverso il quale si rafforzavano le sue tracce coloniali.

DISTORSIONI COLONIALI DELLA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA

 

Diversi sono gli aspetti che costituiscono distorsioni coloniali all’interno del CIG e che indubbiamente rendono difficile che essa possa essere considerata un’istituzione imparziale chiamata ad amministrare la giustizia tra Stati sovrani. Ricordiamo che, durante il processo di decolonizzazione, i paesi che stavano ottenendo l’indipendenza denunciavano questo comportamento che, in un modo o nell’altro, finivano per favorire la potenza coloniale.

Il primo delle distorsioni è l’idioma che la CIG utilizza per ascoltare le parti in una controversia. Anche se si stima che sul pianeta esistano poco più di 7000 idiomi e che l’ONU riconosca sei lingue ufficiali: arabo, cinese, inglese, francese, russo e spagnolo, la Corte accetta, nei processi, solo l’inglese e il francese, riflettendo il potere e l’influenza delle antiche potenze coloniali nel processo.

La composizione della CIG e il modo in cui vengono scelti i giudici costituisce un’altra delle distorsioni che ha la Corte e che fa dubitare dell’imparzialità delle sue decisioni. I giudici della CIG, 15 in totale, sono eletti dall’Assemblea Generale e dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU per un mandato di tre anni.

Questo processo elettorale è dominato dagli Stati atlantisti, che regolarmente hanno una rappresentanza sproporzionata nella Corte e influenzano le votazioni per le elezioni dei giudici, giacché si assume come un compromesso negoziato da lungo tempo e regola anche la composizione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

IL COLONIALISMO GIURIDICO CONTRO IL VENEZUELA E’ PARTE DELLA STRATEGIA CHE CERCA DI DESTABILIZZARE INTERNAMENTE E SCREDITARE A LIVELLO INTERNAZIONALE

 

Il tipo di approccio al DI utilizzato potrebbe essere considerato un’altra distorsione. La Corte si fonda sul DI consuetudinario, che si basa sulle pratiche e consuetudini degli Stati. Tuttavia, questo approccio riflette la visione del mondo dell’Occidente, che ha avuto un’influenza sproporzionata nel suo sviluppo e di cui sono già state esposte ampie critiche.

La liturgia della CIG si basa sulle tradizioni giuridiche occidentali, che si sono sviluppate nelle antiche potenze coloniali e che costituisce un’altra delle distorsioni. Queste tradizioni giuridiche pongono l’accento sullo Stato e sul diritto scritto. Questa liturgia può essere estranea agli Stati non occidentali che hanno tradizioni giuridiche diverse. Ad esempio, la CIG utilizza un sistema di precedenti, che potrebbe essere sconosciuto agli Stati non occidentali che hanno sistemi giuridici basati sulla tradizione orale o sulla consuetudine.

VENEZUELA E IL COLONIALISMO GIURIDICO

 

Potremmo dire che siamo di fronte ad un esempio di colonialismo giuridico quando viene imposto un sistema legale, vale a dire una sentenza, un ordine giudiziario o una richiesta di un tribunale straniero su un territorio o paese coloniale o indipendente, ignorando, o in molti casi violando apertamente l’ordine interno, cioè sovrano, che quello Stato o territorio si è dato.

Il dettaglio è che normalmente le decisioni prese da questo tribunale straniero avvantaggiano direttamente la potenza colonizzatrice con la concessione di territori o agevolazioni commerciali, o indirettamente, attraverso i vantaggi ottenuti dalle sue imprese o dai suoi paesi alleati. E sebbene siamo di fronte a casi di colonialismo giuridico, persino quando il Paese accetta la giurisdizione di tali tribunali stranieri (soprattutto quando si parte dalla visione critica del DI), lo siamo ancora di più quando l’ordinamento giuridico interno del Paese viene ignorato.

Il colonialismo giuridico che si vuole applicare al Venezuela negli ultimi anni fa parte di quella strategia che cerca di destabilizzarlo internamente e screditarlo a livello internazionale, come si vedrà, non è stata una strategia isolata, bensì finemente orchestrata a diversi livelli e su argomenti materie.

Con sentenza di un tribunale di Londra, capitale del Regno Unito, la Repubblica Bolivariana del Venezuela, attraverso il suo governo in quanto legittimo rappresentante della volontà del popolo venezuelano, non può accedere alle riserve auree che lo Stato conservava presso la Banca d’Inghilterra. Al di là delle implicazioni economiche dell’azione delittuosa dell’istituzione finanziaria che si giustifica con una sentenza giudiziaria, osserviamo l’atteggiamento corsaro del tribunale che impone la sua giurisdizione sull’altra sponda dell’Atlantico e su beni che non gli appartengono.

Gli Ordini Esecutivi e altri strumenti legali e paralegali utilizzati dal governo USA contro il Venezuela, e che costituiscono parte integrante del regime di sanzioni contro il Paese, sono un altro chiaro esempio di come opera il colonialismo giuridico attraverso l’extraterritorialità della sua applicabilità. Attraverso questi strumenti giuridici assunti al di fuori del territorio venezuelano, si ottiene influenzare negativamente il normale andamento dell’economia nazionale e le sue relazioni commerciali a livello internazionale.

Più recentemente, la pretesa che la CIG decida sulla possibilità che il popolo venezuelano manifesti attraverso un referendum consultivo non fa altro che aggiungere un nuovo capitolo a queste azioni che vengono portate avanti, da alcuni anni, contro il paese. Sarebbe senza precedenti che un organismo internazionale si pronunciasse contro l’esercizio della sovranità di una nazione sui suoi affari interni, come menzionato nella comparizione di mercoledì scorso, 14 novembre, e costituirebbe una chiara violazione del principio di autodeterminazione dei popoli se alla fine decidesse di sospendere la consultazione.

A questo proposito, giovedì 16 novembre, il Tribunale Supremo di Giustizia del Venezuela, a seguito di una richiesta di protezione presentata riguardo allo svolgimento del referendum, si è pronunciata assicurando che qualsiasi decisione presa da persone fisiche o giuridiche, nazionali o straniere, o da qualsiasi organismo internazionale o Stato-nazione che ignori il diritto del popolo venezuelano di esercitare i propri diritti politici “non avrà alcuna validità o efficacia giuridica, per cui le stesse dovranno essere ignorate da tutti gli organi che esercitino il potere pubblico”.

Il cambio di paradigma nelle relazioni internazionali a cui stiamo assistendo avrà come compito principale quello di discutere criticamente l’esercizio del DI e l’importanza che esso ha per il mantenimento di una comunità globale multipolare e pluricentrica che rompa con le logiche coloniali, comprese le pratiche del colonialismo giuridico, di cui l’Occidente ha approfittato a proprio vantaggio negli ultimi 100 anni.


EL COLONIALISMO JURÍDICO: OTRO FRENTE ESTRATÉGICO CONTRA VENEZUELA

Sair Sira

Ingenuamente, desde el Sur Global se piensa que los tiempos coloniales quedaron atrás y que, una vez alcanzada la independencia, los países desarrollarían sus potencialidades libremente, más allá de los designios de las metrópolis, del Norte Global.

Formalmente las Naciones Unidas reconocen 17 territorios no autónomos, administrados por, respectivamente, tres potencias y un país dentro de la esfera de influencia de éstas: Estados Unidos, Reino Unido, Francia y Nueva Zelanda. Pero la realidad es que el proceso de colonización que vivió América Latina y El Caribe, África y Asia entre los siglos XVI y XIX no finalizó una vez alcanzada la independencia.

Existe toda una corriente de pensamiento representado por los estudios decoloniales, poscoloniales y los estudios de crítica jurídica que, con argumentos muy sólidos, aseguran que las independencias alcanzadas constituyen, más que verdaderos actos de soberanía, “la continuación de un modelo de exclusión jurídica” que se mantiene en nuestros días.

El colonialismo se pudiera entender, dentro de la tradición que inauguran Aníbal Quijano y Walter Mignolo, como aquella intervención directa que se realiza sobre el espacio colonizado a través de todo un entramado que facilita la subordinación total (racial, económica, política, de conocimiento, etc.) y que termina facilitándole el control –por otros medios no tan “violentos”– a la potencia colonizadora.

Asumiéndolo de esta manera, asistimos desde nuestras realidades nacionales a situaciones de colonialismo, o mejor dicho de neocolonialismo, en lo económico cuando se discuten condiciones para otorgamiento de un crédito en alguna institución financiera internacional o cuando se negocia un acuerdo económico con alguna potencia en particular y la potencia o la institución (controlada por la potencia) impone condiciones lesivas al país.

Pudiéramos, en ese mismo orden de ideas, hablar de colonialismo científico cuando se nos impone un modo de acercarse y crear (hacer ciencia), negando las formas y maneras que las poblaciones originarias, fuera del centro hegemónico (Norte Global) producen su conocimiento, desechándolas, o más grave aún, menospreciándolas.

Desde el derecho internacional, la corriente de pensamiento denominada “Third World Approaches to International Law” (TWAIL) ha denunciado el origen colonial y las relaciones de poder en las que se funda el derecho internacional. Esta corriente cuestiona el supuesto carácter universal del derecho internacional, revelando sus orígenes eurocéntricos, expansionistas, asimilacionistas y homogenizadores, moldeados por el colonialismo y el imperialismo.

No sin razón los Estados recientemente independizados vieron en la Corte Internacional de Justicia (CIJ) una de las principales fuentes del Derecho Internacional, un medio por el cual se reforzaban las huellas coloniales de éste.

SESGOS COLONIALES DE LA CORTE INTERNACIONAL DE JUSTICIA

Varios son los aspectos que constituyen sesgos coloniales dentro de la CIJ y que sin duda alguna dificultan que la misma sea considerada una institución imparcial llamada a impartir justicia entre Estados soberanos. Recordemos que, durante el proceso de descolonización, los países que estaban obteniendo la independencia denunciaban este comportamiento, que de una u otra manera terminaban favoreciendo a la potencia colonial.

El primero de los sesgos es el idioma que emplea la CIJ para escuchar a las partes en una controversia. Si bien en el planeta se calculan un poco más de 7 mil idiomas y la Organización de las Naciones Unidas (ONU) reconoce seis lenguas oficiales: el árabe, el chino, el inglés, el francés, el ruso y el español, la Corte solo acepta en los juicios el inglés y el francés, reflejando el poder y la influencia de las antiguas potencias coloniales en el proceso.

La composición de la CIJ y la forma en que son escogidos los jueces constituye otro de los sesgos que mantiene la Corte y que la hace dudar de la imparcialidad de sus decisiones. Los jueces de la CIJ, 15 en total, son elegidos por la Asamblea General y el Consejo de Seguridad de la ONU por periodos de tres años.

Este proceso de elección está dominado por los Estados atlantistas, que regularmente tienen una representación desproporcionada en la Corte e influyen en las votaciones para las elecciones de los jueces, ya que se asume como un compromiso negociado desde hace tiempo y rige también la composición del Consejo de Seguridad de la ONU.

EL COLONIALISMO JURÍDICO CONTRA VENEZUELA ES PARTE DE LA ESTRATEGIA QUE BUSCA DESESTABILIZAR INTERNAMENTE Y DESPRESTIGIAR A NIVEL INTERNACIONAL

El tipo de enfoque del Derecho Internacional empleado pudiera ser considerado otros de los sesgos. La Corte se fundamenta en el derecho internacional consuetudinario, que se basa en las prácticas y costumbres de los Estados. Sin embargo, este enfoque refleja la visión del mundo de Occidente, que ha tenido una influe ncia desproporcionada en su desarrollo y del que existe una amplia crítica expuesta ya expuesta.

La liturgia de la CIJ se basa en las tradiciones jurídicas occidentales, que se desarrollaron en las antiguas potencias coloniales y que constituye otro de los sesgos. Estas tradiciones jurídicas ponen el foco en el Estado y en el derecho escrito. Esta liturgia puede ser ajena para los Estados no occidentales que tienen tradiciones jurídicas diferentes. Por ejemplo, la CIJ utiliza un sistema de precedentes, que puede ser desconocido para los Estados no occidentales que tienen sistemas jurídicos basados en la tradición oral o en la costumbre.

VENEZUELA Y EL COLONIALISMO JURÍDICO

Podríamos decir que estamos ante un ejemplo de colonialismo jurídico cuando se impone un sistema legal, a saber, una sentencia, una orden judicial o una exigencia de algún tribunal extranjero sobre un territorio o país colonial o independiente, ignorando, o en muchos casos violando abiertamente, el ordenamiento interno, es decir, soberano que ese Estado o territorio se ha dado.

El detalle es que normalmente las decisiones que toma ese tribunal extranjero benefician directamente a la potencia colonizadora con la concesión de territorio o facilidades comerciales, o de forma indirecta, a través de las ventajas que obtienen sus empresas o sus países aliados. Y si bien estamos delante de casos de colonialismo jurídico, incluso cuando el país acepta la jurisdicción de dichos tribunales extranjeros (sobre todo cuando partimos de la visión crítica del Derecho Internacional), lo estamos aún más cuando se ignora el ordenamiento jurídico interno del país.

El colonialismo jurídico que se le ha querido aplicar a Venezuela en los últimos años es parte de esa estrategia que busca desestabilizarla internamente y desprestigiarla a nivel internacional y, como se verá, no ha sido una estrategia aislada, sino más bien finamente orquestada en distintos niveles y sobre diferentes materias.

Por sentencia de un tribunal en Londres, capital del Reino Unido, la República Bolivariana de Venezuela, a través de su gobierno como representante legítimo de la voluntad del pueblo venezolano, no puede acceder a las reservas de oro que el Estado mantenía en el Banco de Inglaterra. Más allá de las implicaciones económicas de la acción delictiva de la institución financiera que se excusa en una sentencia judicial, observamos la actitud corsaria del tribunal que impone su jurisdicción al otro lado del Atlántico y sobre bienes que no le pertenecen.

Las Órdenes Ejecutivas y demás instrumentos legales y paralegales que emplea el gobierno de los Estados Unidos contra Venezuela, y que constituyen parte integral del régimen de sanciones contra el país, son otro claro ejemplo de cómo opera el colonialismo jurídico a través de la extraterritorialidad de su aplicabilidad. A través de estos instrumentos jurídicos asumidos fuera del territorio venezolano se logra afectar negativamente el normal desempeño de la economía nacional y su relacionamiento comercial a nivel internacional.

Más recientemente, la pretensión de que la CIJ decida sobre la posibilidad de que el pueblo venezolano se manifieste a través de un referéndum consultivo, no hace sino agregar un nuevo capítulo a estas acciones que desde hace algunos años se vienen ejecutando contra el país. Resultaría inédito que una instancia internacional se pronuncie en contra del ejercicio de la soberanía de una nación sobre sus asuntos internos, como se mencionó en la comparecencia del pasado miércoles 14 de noviembre, y constituiría una clara violación al principio de libre determinación de los pueblos si decidiese en definitiva suspender la realización de la consulta.

Sobre esto, el jueves 16 de noviembre, el Tribunal Supremo de Justicia de Venezuela, en seguimiento a una solicitud de amparo introducida sobre la realización del referéndum, se pronunció asegurando que cualquier decisión que tome personas naturales o jurídicas, sean estas nacionales o extranjeras o cualquier organismo internacional o Estados-nación que desconozcan el derecho al pueblo venezolano de ejercer sus derechos políticos “no tendrá ninguna validez ni eficacia jurídica, por lo que las mismas deben ser desconocidas por todos los órganos que ejercen el poder público”.

El cambio de paradigma en el relacionamiento internacional que estamos presenciando tendrá como tarea principal discutir con sentido crítico el ejercicio del Derecho Internacional y la importancia que tiene para el sostenimiento de una comunidad global multipolar y pluricéntrica que se rompa con las lógicas coloniales, incluyendo las prácticas de colonialismo jurídico, de las que se aprovechó Occidente a su favor en los últimos 100 años.

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