Come Ecuador ed Israele destabilizzano le basi del Diritto Internazionale

misionverdad.com

Ogni volta sono sempre più gli argomenti che si accumulano a supporto della tesi di un Diritto Internazionale in franca crisi ed evidente indebolimento. In termini generali, l’inefficacia e l’inefficienza dell’ONU nel rispondere in modo concertato alle principali sfide che si presentano all’umanità sono uno dei sintomi più evidenti di questo processo decadente.

Tuttavia, i problemi vanno oltre il luogo comune che pretende assolvere da ciò l’incidenza particolare di alcuni paesi. L’inosservanza delle norme stabilite a livello internazionale da parte delle principali potenze, o di coloro che si rifanno ad esse, si è consolidata in una prassi che mina le fondamenta del rapporto internazionale.

Il meccanismo si sviluppa in piccole dosi di veleno che screditano modi e consuetudini forgiati nel corso dei secoli come procedura tra gli Stati che, sebbene non siano gli unici attori sulla scena transnazionale, fungono da pilastri perché concentrano la legittimità e sovranità conferite dalla loro condizione istituzionale, di cui altre entità politiche del pianeta sono prive.

Dallo scorso ottobre abbiamo visto come l’ONU, gli USA e i paesi dell’Unione Europea ignorino le richieste della comunità internazionale di porre fine al genocidio israeliano contro il popolo palestinese. Ma non solo questo, si sono aggiunti nuovi oltraggi, imprevedibili e senza precedenti, come l’attacco al consolato iraniano a Damasco, capitale della Siria, da parte dell’esercito israeliano; e il raid nell’ambasciata del Messico a Quito da parte delle forze di sicurezza ecuadoriane, che contribuiscono alla svalutazione a cui l’Occidente sta sottoponendo il Diritto Internazionale.

L’INVIOLABILITÀ DEL RECINTO DIPLOMATICO

 

La Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961 costituisce, dopo la Carta delle Nazioni Unite (ONU), il documento più importante della diplomazia moderna, convertendosi nella pietra angolare delle attuali relazioni internazionali. In essa si riesce a agglutinare un lavoro accumulato nei secoli in cui il leitmotiv è il riconoscimento e la garanzia della legazione straniera. Per questo, uno dei progressi, e se si vuole traguardi, che si raggiunge con questo strumento è quanto stabilito nel suo articolo 22, che esprime tassativamente che:

1.I locali della missione sono inviolabili. Gli agenti dello Stato ospitante non potranno penetrarvi senza il consenso del capo della missione.

2.Lo Stato ospitante ha l’obbligo speciale di adottare tutte le misure adeguate per proteggere i locali della missione contro ogni intrusione o danno ed evitare che si turbi la tranquillità della missione o si attenti contro la sua dignità.

3.I locali della missione, il suo mobilio e gli altri beni in esso situati, così come i mezzi di trasporto della missione, non potranno essere oggetto di alcuna ispezione, perquisizione, sequestro o misure di esecuzione.

L’idea è di permettere lo svolgimento ottimale della missione diplomatica, basandosi sui principi di buona fede e di promozione delle relazioni di amicizia tra le nazioni previsti dallo stesso strumento.

La recente aggressione di Israele al consolato iraniano a Damasco e il raid nell’ambasciata messicana a Quito costituiscono non solo violazioni flagranti della Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche, bensì un assoluto disprezzo per la consuetudine e la tradizione diplomatica di secoli. Queste azioni rappresentano un attacco diretto all’inviolabilità degli agenti diplomatici e delle loro sedi, compreso il loro mobilio, beni e mezzi di trasporto, una protezione che è stata fondamentale per lo sviluppo delle relazioni internazionali nel corso della storia.

Simbolicamente, queste azioni equivalgono all’infame immagine, presente nei film e nelle serie storiche, del dono che arriva al re: la testa mozzata del suo inviato, negoziatore o ambasciatore. Un messaggio inequivocabile che, nel contesto attuale, può essere interpretato solo come un casus belli.

Le conseguenze di queste azioni sono estremamente gravi e non devono essere prese alla leggera. Si corre il rischio di smantellare il sistema diplomatico internazionale, un pilastro fondamentale per la pace e la sicurezza globale. Da qui l’imperativo che la comunità internazionale condanni energicamente queste violazioni ed esiga che i responsabili rendano conto dei loro atti.

Nel Medio Oriente stiamo già assistendo all’escalation delle tensioni tra Israele e la Repubblica Islamica dell’Iran a causa della mancanza di rispetto del diritto internazionale, che potrebbe trasformarsi, nel corso dei mesi, in un conflitto aperto dalle dimensioni regionali e globali per le sue conseguenze geopolitiche.

Altre considerazioni devono essere valutate riguardo alla violazione del recinto diplomatico messicano in Ecuador, poiché si aggiungono altri elementi che non dovrebbero passare inosservati e che complicano ulteriormente la già delicata situazione delle relazioni interstatali in America Latina e nei Caraibi, non solo già espresse nel poco dinamismo dei processi di integrazione regionale, bensì nella continua proliferazione di frizioni diplomatiche con impatti differenziati.

AMERICA LATINA E CARAIBI COME ZONA DI PACE

 

Al di là del cliché che potrebbe nascondersi dietro l’espressione “zona di pace”, aggiunta al lessico diplomatico latino-carabico e usata anche retoricamente dalle autorità nazionali, essa riflette un simbolismo che evidenzia e privilegia le vie e i compiti diplomatici nella risoluzione dei problemi che sorgano all’interno della regione, così come in relazione ad altre aree geografiche del pianeta, nel senso che solo consolidando i canali di comunicazione diretta e favorendo il dialogo e il negoziato tra gli Stati si potrà consolidare la pace in America Latina e nei Caraibi.

L’assalto all’ambasciata messicana compiuto dall’Ecuador, lo scorso 5 aprile, da parte di commandos militari e della polizia, più che una spacconata isolata, è un atto di disprezzo del diritto internazionale e di quella tradizione di dialogo, che considera la regione come una “zona di pace”, che dovrebbe privare i paesi dell’America Latina e dei Caraibi che si stia esportando dei modelli comportamentali che Stati paria come Israele applicano nelle loro relazioni quotidiane.

Come accennato in precedenza, il problema risiede nei terribili precedenti che si creano con questo tipo di azioni unilaterali che ignorano l’esistente regime diplomatico internazionale e che continuano ad aggiungere discredito ad un diritto internazionale e ad una relazione regionale già piuttosto indebolita. Alle azioni dell’Ecuador si aggiungono quelle messe in atto dalla Colombia uribista con il bombardamento di Sucumbíos (Operazione Phoenix), quelle degli USA che hanno permesso l’assalto alla sede diplomatica venezuelana a Washington e la violazione dell’immunità diplomatica dell’ambasciatore Alex Saab detenuto a Capo Verde e deportato negli USA.

Pertanto, si mina la fiducia tra gli Stati e si erode il modo civile di condurre le relazioni tra i paesi dell’America Latina e dei Caraibi, creando precedenti che possono essere copiati da altri paesi.

Ad esempio, attualmente nell’ambasciata del Nicaragua a Panama si trova, come rifugiato, l’ex presidente Ricardo Martinelli, che è indagato, dal suo Paese, per casi di corruzione (molto simile al caso di Jorge Glas in Ecuador). Immaginiamo che Panama rivendichi lo stesso diritto dell’Ecuador e assalti l’ambasciata del Nicaragua a Città di Panama, sostenendo che l’ex presidente è un criminale e che non dovrebbe essere considerato un richiedente asilo/perseguitato politico: a che livello di frattura arriverebbero le relazioni tra i paesi dell’America Latina e dei Caraibi?

Tali azioni non solo colpiscono il diritto internazionale in forma generale nel suo insieme, bensì violano, specificamente, le garanzie diplomatiche contenute nella Convenzione di Vienna ed il diritto di asilo contemplato nella Convenzione di Caracas sull’Asilo Diplomatico e le future garanzie di adempimento.

LA RIFORMA DELL’ONU E IL SALVATAGGIO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE DALL’ AMERICA LATINA E CARAIBI

 

La necessità di una profonda riforma dell’ONU è una tema che ha acquisito particolare rilevanza negli ultimi anni, particolarmente dalla prospettiva dei paesi emergenti e del Sud del mondo, e all’interno di questa diversità di Stati, quelli dell’America Latina e Caraibi.

In un contesto in cui il numero dei membri dell’ONU si è quasi quadruplicato dalla sua nascita, raggiungendo 193 Stati, e dove i paesi del Sud del mondo chiedono una maggior riflesso in tutti gli organi dell’organizzazione, la riforma dell’ONU si converte in un imperativo per adattarla alle nuove realtà geopolitiche. Il mondo di oggi non è più segnato dal bipolarismo della Guerra Fredda o dall’unipolarismo USA degli ultimi tre decenni. La multipolarità emerge come un nuovo ordine internazionale in divenire e l’ONU deve evolversi per rispondere alle esigenze e sfide di questo nuovo scenario.

Dalla prospettiva dell’America Latina e dei Caraibi, la riforma dell’ONU dovrebbe andare oltre l’incorporazione di nuovi membri permanenti (includendo qualche proveniente dalla regione, potrebbe essere il Brasile o il Messico) nel Consiglio di Sicurezza, o del rafforzamento dell’Assemblea Generale come organo più “rappresentativo” della realtà mondiale, passa attraverso due vettori che, per tradizione della regione, sembrano essere trasversali.

Il primo si riferiva alla democratizzazione dell’organizzazione dell’ONU, che implicherebbe un’eliminazione del veto detenuto dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, e che tanto intralcia e ostacola le risposte dell’ONU di fronte a sfide come quelle rappresentate dal genocidio di Gaza; e il secondo, relativo al rafforzamento del diritto internazionale che implica il ribaltamento delle pretese di sostituire l’architettura giuridica internazionale centrata sull’ONU formatasi dopo la Seconda Guerra Mondiale con un “ordine basato su regole”.

Tuttavia, la sfida principale che la regione deve affrontare va oltre la richiesta di riforma del sistema dell’ONU partendo da una voce comune (come blocco) consiste nel superare l’ideologizzazione della politica estera che sta caratterizzando l’azione internazionale dei governi recentemente eletti (Milei o Noboa) e che finisce per avvicinare questi paesi a posizioni apertamente filo USA.

Come abbiamo detto in precedenza, l’urgenza è fermare e condannare un comportamento che crea precedenti nefasti per il consolidamento del dialogo e della stabilità regionale. L’azione ecuadoriana non dovrebbe rimanere impunita, come neppure la brutalità israeliana nell’esercizio dell’occupazione dei territori palestinesi, e condannare tale azione passa necessariamente per la condanna dei suoi patrocinatori, vale a dire, USA e Unione Europea.

DIRITTO INTERNAZIONALE E IL MONDO MULTIPOLARE IN DIVENIRE

 

Dato il mutante panorama geopolitico che tende verso un mondo multipolare, diventa evidente la necessità di ristabilire un sistema di norme giuridiche chiare e ferme che si basino sull’ordinamento giuridico preesistente. L’attuale meccanismo dell’ONU offre una solida base per il rinnovamento di un ordinamento giuridico che regola i rapporti tra Stati sovrani o comunità di Stati.

Il rafforzamento del diritto internazionale è fondamentale per prevenire lo scoppio di nuovi conflitti globali dalle conseguenze imprevedibili. Il vuoto giuridico e la mancanza di meccanismi efficaci per la risoluzione pacifica delle controversie non fanno altro che aprire la strada all’escalation di tensioni e della violenza. In questo contesto, la riforma dell’ONU assume un’importanza capitale. L’organizzazione deve adattarsi alle nuove realtà geopolitiche e rafforzare il suo ruolo come garante dell’ordine giuridico internazionale. È necessario espandere la partecipazione di tutti gli Stati al processo decisionale e rafforzare i meccanismi di controllo e sanzione per coloro che non rispettano le norme stabilite.

Devono essere ristabiliti gli impegni che sono alla base dell’osservanza del diritto internazionale. La comunità internazionale deve assumere la responsabilità di promuovere il rispetto delle norme giuridiche e rafforzare le istituzioni che le sostengono, compresi i principi di inviolabilità diplomatica, il diritto di asilo ed il rispetto della sovranità nazionale, tra molti altri.

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