Blocco: principale ostacolo allo sviluppo

Salim Lamrani https://islamiacu.blogspot.it

bandie-pugnaNonostante l’istituzione di un dialogo storico con L’Avana, il 17 dicembre 2014, e nonostante la visita ufficiale del presidente Barack Obama nell’isola. nel marzo 2016, Washington continua ad applicare sanzioni economiche contro la popolazione cubana, suscitando l’incomprensione della comunità internazionale.

Stabilite nel 1960, in piena Guerra Fredda, le sanzioni perdurano più di mezzo secolo dopo, causano grandi difficoltà all’economia cubana e infliggono inutili sofferenze alle categorie più vulnerabili della popolazione. Il loro elevato costo e la portata extraterritoriale motivano l’unanime rifiuto della comunità internazionale. Tuttavia la risoluzione di questo conflitto asimmetrico dipende dal potere esecutivo USA, che dispone delle necessarie prerogative per smantellare gran parte della rete di sanzioni imposte all’isola.

Costo delle sanzioni economiche

Il 13 settembre 2016 Barack Obama è tornato a rinnovare, per un anno, la Legge sul Commercio con il Nemico, una legislazione del 1917 utilizzata, per la prima volta, dal presidente John F. Kennedy, nel 1962, per imporre sanzioni economiche totali contro Cuba, che proroga la stato d’assedio contro l’isola. Questa legge prorogata, ogni anno, dai nove presidenti USA, a partire da quella data, si applica solo contro L’Avana. [1]

Ancora una volta l’impatto delle sanzioni è stato drammatico per l’economia e la società cubana. In un anno, dall’aprile 2015 al marzo 2016, costarono 4680 milioni di dollari all’isola secondo Bruno Rodriguez, il ministro degli Esteri cubano. Nel suo rapporto annuale sulle sanzioni economiche, le autorità cubane hanno stimato i danni causati a livello nazionale. Risultarono particolarmente colpiti tre settori. Primo le esportazioni perché Cuba non può vendere beni o servizi agli USA. Poi il costo prodotta dalla ricerca di mercati alternativi geograficamente lontani dall’isola. Ed, infine, l’impatto finanziario, poiché Cuba ancora non può utilizzare il dollaro nelle sue transazioni internazionali, nonostante le dichiarazioni del presidente Obama sulla soppressione di questa restrizione. “Non vi è elemento nelle nostre vite in cui non sia presente il suo impatto”, ha concluso Bruno Rodríguez [2] . In totale le sanzioni economiche sono costate 125000 milioni di dollari a Cuba dal loro inizio nel 1960 [3]

Altri settori vitali come quello della sanità, risultano colpiti dalle sanzioni economiche. Solo per citare un esempio, Cuba non può acquistare gli stimolatori cerebrali profondi, che permettono trattare le malattie neurologiche che produce, esclusivamente, la società USA Medtronic. Diverse centinaia di pazienti cubani con la malattia del Parkinson, che potrebbero beneficiare di una migliore qualità della vita grazie a questa strumentazione, si vedono privati di essa a causa di una disputa politica che oppone Washington a L’Avana da più di mezzo secolo. [4]

Aspetto extraterritoriale delle sanzioni

Nonostante lo storico avvicinamento del dicembre 2014 diverse entità internazionali sono state pesantemente sanzionate dopo tale data per realizzare, in perfetta legalità con il diritto internazionale, le franciavsUSAtransazioni finanziarie con Cuba. Così, nel maggio 2015, la banca francese BNP Paribas è stata condannata ad una multa record di 8900 milioni di dollari per mantenere, tra l’ altro, rapporti finanziari con Cuba. [5] In ottobre del 2015 un’altra banca francese, Credit Agricole, ha dovuto pagare un multa di 1116 milioni di dollari per lo stesso motivo. Conviene ricordare che BNP Paribas e Credit Agricole non hanno violato alcuna legge francese e rispettarono, scrupolosamente, il diritto europeo ed il diritto internazionale. Washington applicò, in modo extraterritoriale, cioè illegale, le sue sanzioni contro Cuba. Altre entità finanziarie sono state anche pesantemente sanzionate. Così la banca tedesca Commerzbank ha dovuto pagare una multa di 1710 milioni di dollari e pose fine a tutte le sue relazioni con Cuba. [6] Il potere esecutivo USA ha preso tutte queste decisioni.

Margine di manovra del presidente Obama

Nonostante, il presidente Obama abbia lanciato vari appelli al Congresso invitandolo a porre fine allo stato di assedio anacronistico, crudele ed inefficiente. Ha espresso, varie volte, la sua opposizione al mantenimento di misure di ritorsione economica che oltre a compromettere seriamente il benessere dei cubani hanno isolato gli USA sulla scena internazionale. Durante il suo storico viaggio a Cuba ha ammesso che: “La politica degli USA ha fallito. Dobbiamo avere il coraggio di riconoscere questa verità. Una politica di isolamento elaborata per la guerra fredda non ha senso nel XXI secolo. L’embargo fa male solo al popolo cubano, invece di aiutarlo. E’ un onere di un altro tempo che pesa sul popolo cubano”. La comunità mondiale, favorevole alla risoluzione pacifica di questo conflitto, ha applaudito questo discorso segnato dalla lucidità. [7]

Tuttavia, la retorica costruttiva di Barack Obama non è stata corroborata da fatti tangibili nonostante le sue prerogative di capo del potere esecutivo. E’ vero che il Presidente USA ha ristabilito il dialogo politico con Cuba nel dicembre 2014, ha ampliato il numero delle categorie di cittadini degli USA autorizzati a recarsi nell’isola nel gennaio 2015, ha ritirato Cuba dalla lista dei paesi sponsor del terrorismo nel maggio 2015, ha ristabilito rapporti diplomatici con la riapertura delle ambasciate in Washington e l’Avana nel luglio 2015, ha autorizzato l’esportazione di beni e servizi nel campo delle telecomunicazioni nel marzo 2016 (al solo settore non statale) ed ha facilitato la ripresa del trasporto marittimo di passeggeri tra le due nazioni nel maggio 2016 e dei voli commerciali nell’agosto 2016.

Tuttavia, oltre a queste misure positive ma molto limitate, il presidente USA dispone di tutto il margine di manovra necessario a smantellare la quasi totalità della rete di sanzioni imposte dal 1960, senza richiedere l’autorizzazione da parte del Congresso. Barack Obama potrebbe autorizzare le società cubane ad aprire conti bancari negli USA per agevolare le transazioni commerciali e finanziarie. Potrebbe anche porre alla persecuzione finanziaria contro Cuba, di cui hanno sofferto molte banche internazionali. In totale l’amministrazione Obama ha inflitto multe per un totale di 14000 milioni di $ a varie entità bancarie del mondo per le sue relazioni con l’isola caraibica. Allo stesso modo, la Casa Bianca potrebbe consentire il commercio bilaterali tra le imprese cubane e statunitensi (import/export). Potrebbe anche consentire ai capitali USA la possibilità di fare investimenti a Cuba. Infine, potrebbe, ad esempio, eliminare la restrizione che impedisce a qualsiasi nave, a prescindere dalla provenienza, che trasporti mercanzia a Cuba, entri in un porto USA per i successivi sei mesi. [8]

Ci sono solo quattro settori che il potere esecutivo non può toccare senza il consenso del Congresso. Il presidente Obama non può autorizzare il commercio tra le sussidiarie di società USA situate all’estero e Cuba (Legge Torricelli 1992). Invece, può consentire il commercio tra le società madri con sede negli USA e le imprese cubane, il che rende de facto inutile qualsiasi transazione con una società controllata con sede in un paese terzo. [9]

Allo stesso modo, Barack Obama non può permettere il turismo ordinaria a Cuba (Legge di Riforma delle Sanzioni Commerciali del 2000). Invece può perfettamente moltiplicare il numero di categorie di cittadini autorizzati a recarsi nell’isola ed espandere la loro definizione. Così, la Casa Bianca potrebbe ridefinire la nozione di “viaggio culturale” ed integrare, per esempio, la visita di un semplice museo. Così ogni cittadino che si impegni a visitare un museo durante il loro soggiorno a Cuba potrebbe trarre vantaggio dalla categoria “viaggio culturale”. [10]

Senza il consenso del Congresso, il presidente Obama neppure può autorizzare la vendita a credito di materie prime alimentari (Legge di Riforma delle Sanzioni Commerciali del 2000). Invece può perfettamente consentire la vendita a credito di tutti i prodotti non alimentari, il che limiterebbe. Considerevolmente, l’impatto della sanzione. [11]

Infine la Casa Bianca non può permettere che le transazioni con le proprietà USA nazionalizzate negli anni ’60 (Legge Helms-Burton, 1996). Tuttavia, può aprire la strada a qualsiasi attività che coinvolga le altre proprietà dell’isola. [12]

Unanime rifiuto delle sanzioni

Tutti i settori della società USA sono a favore della revoca delle sanzioni economiche. Il mondo degli affari, mediante la Camera di Commercio USA, desidera fortemente la sua fine poiché vede un mercato di 11 milioni di persone a 150 chilometri dalle coste USA che accoglie altri investitori internazionali. L’opinione pubblica è favorevole, con oltre il 70%, la piena normalizzazione delle relazioni bilaterali tra le due nazioni, poiché non capisce il motivo per cui il suo governo vieta viaggi a Cuba per turismo ordinario. Le autorità religiose, attraverso il Consiglio Nazionale delle Chiese, hanno condannato le sanzioni per le sofferenze inflitte alla popolazione dell’isola. I cubano-americani, con un 63% secondo un sondaggio del settembre 2016, sono anche sostenitori della revoca delle sanzioni, onu 2015poiché sanno che le misure economiche ostili colpiscono i loro parenti sull’isola. [13] Infine va ricordato che, nel 2015, per la ventiquattresima volta consecutiva, 191 paesi su 193 hanno chiesto la fine dello stato d’assedio contro l’isola nel corso della riunione annuale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. [14]

Un conflitto asimmetrico

Alcuni osservatori ritengono che Cuba deve rispondere ai gesti compiuti dal Presidente Obama con cambiamenti di ordine interno. Dimenticano la natura asimmetrica del conflitto. Infatti, nella disputa che oppone Washington a L’Avana, l’ostilità è unilaterale. Cuba non impone sanzioni economiche contro gli USA, non occupa illegalmente una parte del suo territorio sovrano (Guantanamo), non finanzia apertamente un’opposizione interna, con l’obiettivo di ottenere un “cambiamento di regime”, non ruba il capitale umano come fa con la Legge di Aggiustamento Cubano, non realizza trasmissioni illegali destinate a fomentare la sovversione interna -come è il caso di Radio e TV Martí-. D’altro canto, Cuba è una nazione indipendente e secondo il diritto internazionale e dal Congresso di Westfalia, del 1648, che riconosce l’uguaglianza sovrana degli Stati, i cambiamenti nell’isola sono esclusiva competenza del popolo cubano, il solo che può decidere il suo modello politico e il suo modello di società.

Conclusione

Le sanzioni contro Cuba sono anacronistiche, crudeli e inefficaci. Hanno un impatto disastroso sull’economia cubana e colpiscono durevolmente il benessere della popolazione dell’isola. Nonostante le dichiarazioni costruttive della Casa Bianca a favore di una revoca dello stato d’assedio, non si è adottata alcuna importante misura per alleviare i cubani da questo strangolamento economico che dura da più di mezzo secolo e che la comunità internazionale condanna in maniera massiccia. Naturalmente, nessuna completa normalizzazione delle relazioni sarà possibile mentre è in vigore questa politica ostile.

Bloqueo: Las sanciones económicas, principal obstáculo para el desarrollo de Cuba

Salim Lamrani

A pesar del establecimiento de un diálogo histórico con La Habana el 17 de diciembre de 2014 y pese a la visita oficial del presidente Barack Obama a la isla en marzo de 2016, Washington sigue aplicando sanciones económicas contra la población cubana, suscitando la incomprensión de la comunidad internacional. Establecidas en 1960, en plena Guerra Fría, las sanciones perduran más de medio siglo después, ocasionan importantes dificultades a la economía cubana e infligen sufrimientos inútiles a las categorías más vulnerables de la población. Su costo elevado y su alcance extraterritorial motivan el rechazo unánime de la comunidad internacional. No obstante la resolución de este conflicto asimétrico depende del poder ejecutivo estadounidense, que dispone de las prerrogativas necesarias para desmantelar gran parte de la red de sanciones impuestas a la isla.

Costo de las sanciones económicas

El 13 de septiembre de 2016 Barack Obama volvió a renovar por un año la Ley de Comercio con el Enemigo, una legislación de 1917 utilizada por primera vez por el presidente John F. Kennedy en 1962 para imponer sanciones económicas totales a Cuba, que prorroga el estado de sitio contra la isla. Esta ley, prorrogada cada año por los nueve presidentes de Estados Unidos desde esa fecha, sólo se aplica contra La Habana.[1]

Una vez más el impacto de las sanciones ha sido dramático para la economía y la sociedad cubanas. En un año, de abril de 2015 a marzo de 2016, costaron 4.680 millones de dólares a la isla según Bruno Rodríguez, ministro cubano de Relaciones Exteriores. En su informe anual sobre las sanciones económicas, las autoridades cubanas estimaron los daños causados a nivel nacional. Resultaron afectados particularmente tres sectores. Primero las exportaciones, ya que Cuba no puede vender bienes ni servicios a Estados Unidos. Luego el costo producido por la búsqueda de mercados alternativos geográficamente alejados de la isla. Y finalmente el impacto financiero, pues Cuba todavía no puede usar el dólar en sus transacciones internacionales, a pesar de las declaraciones del presidente Obama sobre la supresión de esta restricción. “No existe elemento en nuestras vidas en el que no esté presente su impacto”, concluyó Bruno Rodríguez 2. En total las sanciones económicas han costado 125.000 millones de dólares a Cuba desde su implementación en los años 1960.[3]

Otros sectores vitales, como el de la salud, resultan afectados por las sanciones económicas. Sólo para citar un ejemplo, Cuba no puede adquirir los estimuladores cerebrales profundos, que permiten tratar las enfermedades neurológicas, que produce de modo exclusivo la empresa estadounidense Medtronic. Varios centenares de pacientes cubanos con la enfermedad de Parkinson, que podrían beneficiar de una mejor calidad de vida gracias a este equipo, se ven privados de él a causa de un diferendo político que opone Washington a La Habana desde hace más de medio siglo.[4]

Aspecto extraterritorial de las sanciones

A pesar del acercamiento histórico de diciembre de 2014, varias entidades internacionales fueron fuertemente sancionadas después de esa fecha por realizar, en perfecta legalidad con el derecho internacional, transacciones financieras con Cuba. Así, en mayo de 2015, el banco francés BNP Paribas fue condenado a una multa record de 8.900 millones de dólares por mantener, entre otros, relaciones financieras con Cuba.5 En octubre de 2015 otro banco francés, Crédit Agricole, tuvo que pagar una multa de 1.116 millones de dólares por el mismo motivo. Conviene recordar que BNP Paribas y Crédit Agricole no violaron ninguna ley francesa y respetaron escrupulosamente el derecho europeo y el derecho internacional. Washington aplicó de modo extraterritorial, es decir ilegal, sus sanciones contra Cuba. Otras entidades financieras también fueron fuertemente sancionadas. Así el banco alemán Commerzbank tuvo que pagar una multa de 1.710 millones de dólares y puso término a todas sus relaciones con Cuba.[6] El poder ejecutivo estadounidense tomó todas estas decisiones.

Margen de maniobra del presidente Obama

No obstante, el presidente Obama lanzó varios llamados al Congreso convidándolo a poner fin al estado de sitio anacrónico, cruel e ineficiente. Expresó varias veces su oposición al mantenimiento de medidas de retorsión económica que además de afectar gravemente el bienestar de los cubanos han aislado a Estados Unidos en la escena internacional. Durante su histórico viaje a Cuba admitió lo siguiente: “La política de Estados Unidos ha fracasado. Debemos tener la valentía de reconocer esta verdad. Una política de aislamiento elaborada para la Guerra Fría no tiene ningún sentido en el siglo XXI. El embargo sólo hace daño al pueblo cubano en vez de ayudarlo. Es una carga de otro tiempo que pesa sobre el pueblo cubano”. La comunidad mundial, favorable a la resolución pacífica de este conflicto, aplaudió este discurso marcado por la lucidez.[7]

Sin embargo, la retórica constructiva de Barack Obama no ha sido corroborada por hechos tangibles, a pesar de sus prerrogativas como jefe del poder ejecutivo. Es verdad que el presidente de Estados Unidos restableció el diálogo político con Cuba en diciembre de 2014, amplió el número de categorías de ciudadanos estadounidenses autorizados a viajar a la isla en enero de 2015, retiró a Cuba de la lista de los países patrocinadores del terrorismo en mayo de 2015, restableció los lazos diplomáticos con la reapertura de embajadas en Washington y La Habana en julio de 2015, autorizó la exportación de bienes y servicios en el campo de las telecomunicaciones en marzo de 2016 (sólo hacia el sector no estatal) y facilitó la reanudación del transporte marítimo de pasajeros entre ambas naciones en mayo de 2016 y de los vuelos comerciales en agosto de 2016.

No obstante, más allá de estas medidas positivas pero muy limitadas, el presidente de Estados Unidos dispone de todo el margen de maniobra necesario para desmantelar la casi totalidad de la red de sanciones impuestas desde 1960, sin necesitar la autorización del Congreso. Barack Obama podría autorizar a las empresas cubanas a abrir cuentas bancarias en Estados Unidos para facilitar las transacciones comerciales y financieras. Podría también poner fin a la persecución financiera contra Cuba, de la cual han sufrido muchos bancos internacionales. En total la administración de Obama infligió multas por un importe total de 14.000 millones de dólares a diversas entidades bancarias del mundo por sus relaciones con la isla del Caribe. Del mismo modo, la Casa Blanca podría permitir el comercio bilateral entre las empresas cubanas y estadounidenses (importaciones/exportaciones). También podría consentir a los capitales estadounidenses la posibilidad de hacer inversiones en Cuba. Por fin, podría, por ejemplo, eliminar la restricción que impide que todo barco, cual fuere su origen, que transporte mercancía a Cuba, entre en un puerto estadounidense durante los siguientes seis meses.[8]

Sólo hay cuatro sectores que el poder ejecutivo no puede tocar sin el acuerdo del Congreso. El Presidente Obama no puede autorizar el comercio entre las subsidiarias de las empresas estadounidenses ubicadas en el exterior y Cuba (Ley Torricelli de 1992). En cambio, puede permitir el comercio entre la empresa matriz instalada en Estados Unidos y las empresas cubanas, lo que hace que resulte de facto inútil toda transacción con una subsidiaria establecida en un tercer país.[9]

Del mismo modo, Barack Obama no puede permitir el turismo ordinario en Cuba (Ley de Reforma de las Sanciones Comerciales de 2000). En cambio puede perfectamente multiplicar el número de categorías de ciudadanos autorizados a viajar a la isla y ampliar su definición. Así, la Casa Blanca podría redefinir la noción de “viaje cultural” e integrar por ejemplo la visita de un simple museo. De este modo todo ciudadano que se comprometa a visitar un museo durante su estancia en Cuba podría beneficiarse de la categoría “viaje cultural”.[10]

Sin el acuerdo del Congreso, el presidente Obama tampoco puede autorizar la venta a crédito de materias primas alimenticias (Ley de Reforma de las Sanciones Comerciales de 2000). En cambio puede perfectamente consentir la venta a crédito de todo producto no alimenticio, lo que limitaría considerablemente el impacto de la sanción.[11]

Finalmente la Casa Blanca no puede permitir las transacciones con las propiedades estadounidenses nacionalizadas en los años 1960 (Ley Helms-Burton de 1996). No obstante, puede abrir la vía a todo negocio que implique las demás propiedades de la isla.[12]

Rechazo unánime de las sanciones

Todos los sectores de la sociedad estadounidense están a favor del levantamiento de las sanciones económicas. El mundo de los negocios, mediante la Cámara de Comercio de Estados Unidos, desea fuertemente su fin pues ve un mercado de 11 millones de habitantes a 150 kilómetros de las costas estadounidenses que acoge a otros inversionistas internacionales. La opinión pública favorece a más del 70 % la normalización completa de las relaciones bilaterales entre ambas naciones, pues no entiende por qué su gobierno le prohíbe viajar a Cuba para hacer turismo ordinario. Las autoridades religiosas, mediante el Consejo Nacional de Iglesias, han condenado las sanciones por el sufrimiento que infligen a la población de la isla. Los cubanoamericanos, con un 63 % según un sondeo de septiembre de 2016, también son partidarios del levantamiento de las sanciones, pues saben que las medidas económicas hostiles afectan a sus familiares en la isla.[13] Por fin conviene recordar que en 2015, por vigesimocuarta vez consecutiva, 191 países sobre 193 pidieron el fin del estado de sitio contra la isla durante la reunión anual de la Asamblea General de Naciones Unidas.[14]

Un conflicto asimétrico

Algunos observadores consideran que Cuba debe responder a los gestos que realizó el presidente Obama con cambios de orden interno. Olvidan de hecho el carácter asimétrico del conflicto. En efecto, en el diferendo que opone Washington a La Habana, la hostilidad es unilateral. Cuba no impone sanciones económicas a Estados Unidos, no ocupa de modo ilegal una parte de su territorio soberano (Guantánamo), no financia abiertamente a una oposición interna con el objetivo de conseguir un “cambio de régimen”, no roba el capital humano como lo hace la Ley de Ajuste Cubano, no realiza transmisiones ilegales destinadas a fomentar la subversión interna –como es el caso con Radio y TV Martí- Por otra parte, Cuba es una nación independiente y según el derecho internacional y desde el Congreso de Westfalia de 1648, que reconoce la igualdad soberana entre los Estados, los cambios en la isla son competencia exclusiva del pueblo cubano, el único que puede decidir su sistema político y su modelo de sociedad.

Conclusión

Las sanciones contra Cuba son anacrónicas, crueles e ineficientes. Tienen un impacto desastroso sobre la economía cubana y afectan durablemente el bienestar de la población de la isla. A pesar de las declaraciones constructivas de la Casa Blanca a favor de un levantamiento de este estado de sitio, no se ha adoptado ninguna medida de envergadura para aliviar a los cubanos de este estrangulamiento económico que dura desde hace más de medio siglo y que la comunidad internacional condena de modo masivo. Desde luego, ninguna normalización completa de las relaciones será posible mientras esté en vigor esta política hostil.

*Doctor en Estudios Ibéricos y Latinoamericanos de la Universidad Paris Sorbonne-Paris IV, Salim Lamrani es profesor titular de la Universidad de La Reunión y periodista, especialista de las relaciones entre Cuba y Estados Unidos. Su último libro se titula Cuba, ¡palabra a la defensa!, Hondarribia, Editorial Hiru, 2016.

Contacto: lamranisalim@yahoo.fr ; Salim.Lamrani@univ-reunion.fr

Página Facebook: https://www.facebook.com/SalimLamraniOfficiel

Notas

1 EFE, «Obama renueva Ley de Comercio con el Enemigo que sustenta el embargo a Cuba”, 13 de septiembre de 2016.

2 Óscar Figueredo Reinaldo, José Raúl Concepción & Layrene Pérez, «En un año el bloqueo restó cuatro mil 680 de dólares a la economía cubana», 9 de septiembre de 2016.

3 Ibid.

4 República de Cuba, “Informe de Cuba sobre la resolución 70/5 de la Asamblea General de las Naciones Unidas titulada ‘Necesidad de poner fin al bloqueo económico, comercial y financiero impuesto por los Estados Unidos de América contra Cuba’”, junio de 2016. http://www.cubadebate.cu/wp-content/uploads/2016/09/Necesidad-de-poner-fin-al-bloqueo-econ%C3%B3mico-comercial-y-financiero-impuesto-por-los-Estados-Unidos-de-Am%C3%A9rica-contra-Cuba.pdf (sitio consultado el 19 de septiembre de 2016).

5 Le Monde, « La BNP Paribas formellement condamnée à une amende record aux Etats-Unis», 1 de mayo de 2015.

6 Bruno Rodríguez, «Le blocus économique, commercial et financier appliqué à Cuba continue d’exister pleinement et complètement», 28 de octubre de 2015. http://fr.granma.cu/mundo/2015-10-28/le-blocus-economique-commercial-et-financier-applique-a-cuba-continue-dexister-pleinement-et-completement (sitio consultado el 19 de septiembre de 2016) ; República de Cuba, “Informe de Cuba sobre la resolución 70/5 de la Asamblea General de las Naciones Unidas titulada ‘Necesidad de poner fin al bloqueo económico, comercial y financiero impuesto por los Estados Unidos de América contra Cuba’”, op. cit.

7 Barack Obama, «Remarks by President Obama to the People of Cuba», The White House, 22 de marzo de 2016. https://www.whitehouse.gov/the-press-office/2016/03/22/remarks-president-obama-people-cuba (sitio consultado el 17 de septiembre de 2016).

8 República de Cuba, “Informe de Cuba sobre la resolución 70/5 de la Asamblea General de las Naciones Unidas titulada ‘Necesidad de poner fin al bloqueo económico, comercial y financiero impuesto por los Estados Unidos de América contra Cuba’”, junio de 2016. http://www.cubadebate.cu/wp-content/uploads/2016/09/Necesidad-de-poner-fin-al-bloqueo-econ%C3%B3mico-comercial-y-financiero-impuesto-por-los-Estados-Unidos-de-Am%C3%A9rica-contra-Cuba.pdf (sitio consultado el 19 de septiembre de 2016).

9 Ibid.

10 Ibid.

11 Ibid.

12 Ibid.

13 EFE, «Mayoría cubanoamericanos quiere fin embargo, pero no cree en cambios en Cuba», 14 de septiembre de 2016.

14 Nations unies, «191 países piden en la Asamblea General el fin del bloqueo contra Cuba», 27 de octubre de 2015. http://www.un.org/spanish/News/story.asp?NewsID=33704#.V-ACGXrj-2U (sitio consultado el 19 de septiembre de 2016).

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