La storia dello studente chavista ucciso due volte

La seconda per mano dei media

di Geraldina Colotti – Il Manifesto,

Si chiamava Juan Bautista López Manjarres e aveva 33 anni. Era il presidente della Federación de Centros de Estudiantes de la Universidad Politécnica Territorial José Antonio Anzoátegui (Uptjaa), che ha sede nella città di El Tigre. E’ stato ucciso durante un’assemblea da alcuni sicari fuggiti in moto, che hanno ferito altre tre persone. E’ stato ammazzato due volte: dai sicari in moto e da quelli della carta stampata, portavoce di un unico canale, quello delle destre venezuelane.

“Leader studentesco di opposizione ucciso dai collettivi chavisti”, si è subito scritto in tutte le lingue: prendendo come sempre per buona la fonte di El Nacional. Invece, bastava digitare il nome. In twitter (@juan_lopez_) il suo profilo risultava di tutt’altro bordo. Era un militante chavista, portavoce studentesco del Psuv, che ne ha lamentato la morte. In alcune fotografie, lo si vede sotto la bandiera cubana (bruciata nelle piazze dall’opposizione), poi con la camicia rossa, insieme al ministro dell’Educazione universitaria, Hugbel Roa e al governatore dello Stato Anzoátegui, Nelson Moreno. Il 24 dicembre scorso, era già sfuggito a un attentato analogo. Nella recrudescenza di un conflitto che mira a cancellare i 18 anni di “rivoluzione bolivariana”, gli omicidi mirati sono in aumento: soprattutto i femminicidi politici, perché le donne sono la nervatura del socialismo venezuelano e le più in vista nei territori.

Con sempre più frequenza, i media embedded addebitano però i morti a una parte sola, quella governativa. Presentano uno scenario di guerra in un paese allo sbando, tenuto in pugno da una sanguinosa dittatura caraibica che, dopo aver affamato il popolo, ora lo reprime perché chiede “libertà”. Un racconto che “funziona”, quando non si verificano né si confrontano le fonti. A rigor di logica, si dovrebbero considerare alcuni elementi: l’uccisione di poliziotti con armi da fuoco mentre è stato proibito il porto d’armi per tre mesi. Il fatto che la Guardia Nacional può portare in piazza solo lacrimogeni e idranti. La dichiarata adesione delle Forze armate al governo e alla costituzione. L’appoggio al chavismo dei tanto vituperati “collettivi”, che di certo non hanno interesse a danneggiare ulteriormente un paese sotto attacco delle grandi istituzioni internazionali. E il profluvio di fake news che mostrano persone fotografate sotto i carri armati come se stessero per essere travolte poi risorte in pizzeria.

“Io, io, devo gridare: libertà – dice al telefono Mariasol, docente universitaria – io che non posso più portare le figlie a scuola perché questi tagliagole bloccano le strade e seminano il panico. Se uno si sente male muore sull’ambulanza perché non si riesce a raggiungere gli ospedali. Lo sanno tutti che vengono pagati bene”. Il tariffario circola, per fare le “guarimbas” tutto il giorno, si guadagna. Alla lunga, però, come nel 2014, sale anche l’esasperazione nei quartieri bene, dove si svolgono prevalentemente le violenze. E alcuni dirigenti di opposizione, mentre in piazza aizzano gli incappucciati, su twitter provano a richiudere il vaso di Pandora.

Juan Bautista López stava illustrando agli studenti la proposta di Assemblea costituente, attivata da Nicolas Maduro “per riformare lo stato” e rimettere al “potere originario”, quello del popolo, la facoltà di decidere se rendere irreversibili le conquiste sociali o cambiare totalmente registro. Un azzardo che passa per l’elezione di 500 costituenti “con voto diretto, segreto e universale” in ogni settore del paese. Obiettivo, “preservare la pace e la stabilità” ed evitare la guerra civile. L’obiettivo è anche quello di recuperare gli scontenti, i critici di un certo malgoverno e burocrazia, e  rimotivare i settori più radicali della base.

La decisione, presa per decreto il 1° maggio e accolta dal Potere elettorale è già in Gazzetta ufficiale. Il presidente della Commissione di attivazione, Elias Jaua, ha rivolto un invito formale all’opposizione per una prima riunione, lunedì prossimo. Ma, per oggi, le destre hanno organizzato altre marce. E hanno rinnovato l’appello alle Forze armate, affinché compiano un colpo di Stato. Sul Venezuela, attacco del Pd ai 5Stelle, accusati di “sostenere una dittatura”.

 

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