Il Nicaragua celebra, oggi, la vita e la pace

Bertha Mojena Milián – http://www.granma.cu

Questo giovedì, la Plaza de la Fe, a Managua ritornerà a riempirsi di bandiere rosse e nere, di canti ed acclamazioni, di lodi per la pace e la riconciliazione ed il Nicaragua avrà un’altra bella giornata di celebrazioni per la sua Rivoluzione


Il popolo del Nicaragua e la Rivoluzione Sandinista oggi celebrano il loro 39esimo anniversario, e sottolineo “celebrano”, perché raramente nella storia dopo aver poche volte nella storia, dopo aver affrontate tante avversità insieme in poche settimane, si può mantenere la testa alta e far ricorso alla storia per continuare a credere che sì sia possibile, che la lotta continua sapendo che la strada continuerà ad essere molto difficile.

Proprio un anno fa, nella simbolica Plaza de la Fe, di fronte ai monumenti dedicati a figure trascendentali, come Augusto Cesar Sandino ed Hugo Chavez, centinaia di migliaia di persone -la maggior parte delle quali giovani- insieme ai leader latinoamericani e caraibici e agli invitati al XXIII Incontro del Foro de Sao Paolo tenutosi in quella città, innalzavano bandiere e tra canti ed acclamazioni trasformavano quella celebrazione in una bella cerimonia tra fratelli che cantavano per la pace, la sovranità dei nostri popoli, la fratellanza e la fiducia nel futuro.

Sarebbe stato impensabile, allora, che solo pochi mesi più tardi, il Nicaragua che amiamo e che tanto ha rappresentato nelle lotte del continente, fosse sottoposto ad un copione già noto, smisurato e ben montato dalle oligarchie dell’estrema destra -interne ed esterne- con il sostegno e la manipolazione dell’OSA e, naturalmente, dell’imperialismo USA, benché si sia preteso mascherare la sua presenza nelle forme più dissimili.

In un paese dove il 40% della popolazione ha mano di 40 anni, si è incubata una guerra di simboli, con la più feroce manipolazione mediatica e la combinazione di diverse critiche alla gestione del governo del Comandante Daniel Ortega, l’articolazione di fazioni della chiesa, dei contadini ed imprenditori che hanno portato ad un’atroce violenza di strada.

Le ricorrenti immagini della presa di università e luoghi simbolici -molti di essi distrutti-, l’attacco a note istituzioni e figure governative, le carovane di auto ed i blocchi, gli incendi e persino l’assassinio di giovani e leader sociali, concentravano l’attenzione e circolavano in tutti i possibili formati per il sostegno, manipolativo e malevolo, dei media e vari profili nelle reti sociali.

Le giustificazioni erano molte: che sia la riforma del lavoro, che sia una decrescita economica, che si avesse “ingovernabilità” nel paese, la costruzione di presunti atti di corruzione, repressione, violazioni ripetuta dei diritti umani …

Quello che non dicevano, i mal chiamati mass media, è che più di 45 milioni di dollari sono stati usati per la preparazione dei giovani nicaraguensi all’estero -specialmente negli USA- per contribuire a sovvertire l’ordine in Nicaragua; un paese ed un governo di quelli che risulta “scomodo” e molto simbolico per le lotte della regione, in particolare in una regione così complessa come l’America centrale, dove è interesse continuare a mantenere un clima “favorevole” agli interessi del Nord.

E mentre questo avviene, una sorta di confusione si genera: artisti ed intellettuali nicaraguensi si prestano a dare visibilità alla reazione contro-rivoluzionaria, sorge il ​​Movimento degli ‘Autoconvocati’ ed, all’estero, pochi paesi denunciano questi fatti.

Come in politica, ben poco di ciò che accade è casuale, da febbraio di quest’anno il Fondo Monetario Internazionale (FMI) aveva fatto una relazione in cui avvertiva di “preoccupazioni” per l’economia del Nicaragua, ovviamente, senza menzionare, neppure per un attimo, lo sforzo compiuto dal governo sandinista, nell’ultimo decennio, su temi quali la riduzione della povertà, l’espansione della rete elettrica nazionale e l’aumento della sicurezza sino ad occupare il primo posto in America centrale.

In questo senso, il ministro degli Esteri del Nicaragua, Denis Moncada, ed altre autorità del governo, hanno ribadito che l’escalation degli eventi in Nicaragua conferma il tentativo di un colpo di stato che ha cercato di imporre un settore della società per rovesciare un governo legittimamente eletto ed il cui risultato è stata la morte di persone innocenti -per lo più sandiniste- nelle mani di gruppi terroristici che non hanno nulla a che fare con i sentimenti delle famiglie di quel paese.

“È nostro dovere difendere la pace, la sicurezza, il diritto alla vita ed i diritti fondamentali di tutti i nicaraguensi, inclusa la libera circolazione. Il Nicaragua ha detto: ora basta alla sofferenza imposta”, afferma Moncada, a cui hanno aderito dirigenti politici, studenteschi, di settori e movimenti sociali, nella ricerca di un dialogo coerente, civile, responsabile e necessario.

“Il Nicaragua vuole pace” è l’idea ripetuta da coloro, che anche in questi giorni del XXIV Incontro del Foro de Sao Paulo a L’Avana, sostenevano come si è tessuta e orchestrata -passo per passo- la violenza scatenata in quel paese, con lo stesso copione applicato contro il processo bolivariano del Venezuela, assicurando che, benché ci sia ancora molta strada da percorre, già si gettano le basi per la stabilità e comprensione nel paese, con tutti e per il bene di tutti.

La Plaza de la Fe, a Managua ritornerà a riempirsi di bandiere rosse e nere, di canti ed acclamazioni, di lodi per la pace e la riconciliazione ed il Nicaragua avrà un’altra bella giornata di celebrazioni per la sua Rivoluzione, che fin dalle prime ore di giovedì accoglierà centinaia di migliaia di persone e fratelli, di varie parti del mondo, che li accompagneranno per rafforzare questi legami -che al dire del Che- non si possono rompere come gli appuntamenti.

La Rivoluzione Sandinista continuerà avendo, indubbiamente, una forte valanga di avversità, di ogni tipo, da affrontare, ma i popoli che sono fedeli alla loro storia non si sbagliano. E quella bella tradizione, che, ogni 19 luglio, fa sì che si riuniscano, abbraccino e, dalla gioia e dalla pace, sfidare l’ignominia, continuerà a permettere loro di costruire il cammino per nuove vittorie.

ALCUNI PROGRESSI DELLA RIVOLUZIONE SANDINISTA NELL’ULTIMO DECENNIO (NELLA LOTTA PER SRADICARE LA POVERTA’ E FAME):

– Sicurezza legale e cittadina.

– Maggiore alleanza tra diversi settori: privato, lavoratori e governo.

– Bassa inflazione.

– La libera convertibilità della sua valuta, il córdoba e solidità del regime di cambio, sostengono un’economia stabile.


Nicaragua celebra hoy la vida y la paz

Este jueves, la Plaza de la Fe, en Managua volverá a llenarse de banderas rojinegras, de cantos y vítores, de alabanzas por la paz y la reconciliación y Nicaragua tendrá otra hermosa jornada de celebración por su Revolución

Autor: Bertha Mojena Milián

El pueblo de Nicaragua y la Revolución Sandinista celebran hoy su aniversario 39, y recalco «celebran», porque pocas veces en la historia después de haberse enfrentado a tantas adversidades conjuntas en apenas semanas, se puede mantener la cabeza en alto y apelar a la historia para seguir creyendo que sí se puede, que la lucha continúa a sabiendas de que el camino seguirá siendo bien difícil.

Hace justamente un año, en la simbólica Plaza de la Fe, frente a los monumentos dedicados a figuras trascendentales como Augusto César Sandino y Hugo Chávez, cientos de miles de personas –la mayoría de ellos jóvenes– junto a líderes latinoamericanos y caribeños y los delegados e invitados al XXIII Encuentro del Foro de Sao Paulo celebrado en esa ciudad, levantaban banderas y entre cantos y vítores convertían aquella celebración en una hermosa ceremonia de hermanos que cantaban a la paz, la soberanía de nuestros pueblos, la hermandad y la confianza en el futuro.

Sería impensable entonces, que apenas unos meses después, la Nicaragua que amamos y que tanto ha representado en las luchas de este continente, fuese sometida a un guion ya conocido, desmedido y bien montado desde las oligarquías ultraderechistas –internas y externas– con el apoyo y la manipulación de la OEA y, por supuesto, del imperialismo norteamericano, aunque se haya pretendido disfrazar su presencia de las más disímiles formas.

En un país donde el 40 % de la población tiene menos de 40 años, se gestó una guerra de símbolos, con la más feroz manipulación mediática y la combinación de diferentes críticas a la gestión gubernamental del Comandante Daniel Ortega, la articulación de facciones de la iglesia, los campesinos y empresarios que desembocaron en una atroz violencia callejera.

Las imágenes recurrentes de la toma de universidades y lugares simbólicos –muchos de ellos destrozados–, el ataque a instituciones y figuras gubernamentales de renombre, las caravanas de autos y los tranques, los incendios y hasta el asesinato de jóvenes y líderes sociales, centraban la atención y circulaban en todos los formatos posibles por el respaldo manipulador y malintencionado de los medios de comunicación y perfiles diversos en redes sociales.

Las justificaciones eran muchas: que si la reforma laboral, que si un decrecimiento económico, que si había «ingobernabilidad» en el país, construcción de supuestos hechos de corrupción, represión, violación reiterada de derechos humanos…

Lo que no decían los mal llamados grandes medios de comunicación, es que más de 45 millones de dólares se habían empleado en la preparación de jóvenes nicaragüenses en el exterior –sobre todo en Estados Unidos– para contribuir a subvertir el orden en Nicaragua, un país y un Gobierno de esos que resulta «incómodo» y muy simbólico para las luchas de la región, sobre todo en una región tan compleja como Centroamérica, donde es interés seguir manteniendo un clima «favorable» a los intereses del Norte.

Y mientras esto transcurre, una especie de confusión se genera: artistas e intelectuales nicaragüenses se prestan a dar visibilidad a la reacción contrarrevolucionaria, surge el Movimiento de los «Autoconvocados» y al exterior pocos países denuncian estos hechos.

Como en política, muy poco de lo que ocurre es casual, desde febrero de este año el Fondo Monetario Internacional (FMI) había realizado un informe en el que alertaba de «preocupaciones» sobre la economía de Nicaragua, claro, sin mencionar por un instante el esfuerzo realizado por el Gobierno sandinista en la última década en temas como la disminución de la po­breza, la ampliación de la red eléctrica nacional y el incremento de la seguridad hasta ocupar el primer puesto en Centroamérica.

En este sentido, el canciller nicaragüense Denis Moncada y otras autoridades del Gobierno han reiterado que la escalada de los sucesos en Nicaragua confirma el intento de un golpe de Estado que ha pretendido imponer un sector de la sociedad para derribar a un Gobierno legítimamente electo y cuyo resultado ha sido la muerte de personas inocentes –en su mayoría del sandinismo– en manos de grupos terroristas que nada tienen que ver con el sentir de las familias de ese país.

«Es nuestro deber defender la paz, seguridad, derecho a la vida y derechos fundamentales de todos los nicaragüenses, incluyendo la libre circulación. Nicaragua ha dicho: basta ya al sufrimiento impuesto», asegura Moncada, a lo que se han sumado dirigentes políticos, estudiantiles, de sectores y movimientos sociales, en la búsqueda de un diálogo coherente, civilizado, responsable y necesario.

«Nicaragua quiere paz», es la idea reiterada de quienes también por estos días del XXIV Encuentro del Foro de Sao Paulo en La Habana, argumentaban cómo se tejió y orquestó –paso por paso– la violencia desatada en ese país, con el mismo guion aplicado contra el proceso bolivariano de Venezuela, asegurando que, aunque queda trecho por recorrer, ya se sientan las bases para la estabilidad y el entendimiento en el país, con todos y para el bien de todos.

La Plaza de la Fe volverá a llenarse de banderas rojinegras, de cantos y vítores, de alabanzas por la paz y la reconciliación y Nicaragua tendrá otra hermosa jornada de celebración por su Revolución, que desde horas tempranas de este jueves acogerá a cientos de miles de personas y hermanos de varias partes del mundo que los acompañarán para estrechar esos lazos –que al decir del Che– no se pueden romper como los nombramientos.

La Revolución Sandinista seguirá teniendo, sin duda, una fuerte avalancha de adversidades de todo tipo que enfrentar, pero los pueblos que son fieles a su historia no se equivocan. Y esa hermosa tradición que cada 19 de julio los hace reunirse, abrazarse y desde la alegría y la paz desafiar la ignominia, seguirá permitiéndoles construir el camino hacia nuevas victorias.

ALGUNOS AVANCES DE LA REVOLUCIÓN SANDINISTA EN LA ÚLTIMA DÉCADA (EN LA LU­CHA POR DESTERRAR A LA POBREZA

Y EL HAMBRE):

– Seguridad jurídica y ciudadana.

– Mayor alianza entre diferentes sectores: privados, trabajadores y el Gobierno.

– Baja in­flación.

– Libre convertibilidad de su moneda, el córdoba, y solidez del régimen cambiario, sustentan una economía estable.

– Fuerte posición de las divisas extranjeras.

– Sectores que marcan pauta en el país: construcción (20 %), hotelería y restaurantes (11,5 %), intermediación financiera y servicios conexos (9,8), pesca y acuicultura (8,6), ganadería (5,5) y el comercio (5,4).

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