Bolivia, Evo di nuovo

L’opposizione denuncia brogli ma non presenta nessuna prova

di Juan Manuel Karg* – RTwww.lantidiplomatico.it.

Evo Morales Ayma ha vinto le sue quarte elezioni consecutive alla presidenza della Bolivia: ha battuto con il 47,07% contro 36,51% il suo avversario Carlos Mesa, che non ha riconosciuto i risultati e denunciato presunti brogli senza fornire prove.

Ci sono alcuni dati importanti per dare un contesto alla notizia: il Movimento al Socialismo ha vinto in 242 comuni, vale a dire l’85% di essi; Morales ha ottenuto la maggioranza di deputati e senatori; e la differenza tra i due candidati principali è di circa 650 mila voti. Vale a dire: il leader ‘cocalero’ non ha vinto per poco o per un soffio, come hanno cercato di far credere alcuni media mainstream del continente.

Mesa ha sfruttato alcuni relazioni preliminari delle missioni elettorali dell’Organizzazione degli Stati Americani e dell’Unione Europea per cercare il disconoscimento dei risultati. Sia l’OSA che l’UE hanno messo in dubbio che il TREP abbia caricato tutto il procedimento domenica: la trasmissione ha raggiunto l’83%, una cifra superiore al 70% del carico nel 2014 e l’80% nel 2016. Poi si è parlato di un presunto cambiamento nella tendenza del voto, una cosa che non esiste: Morales ha aumentato la differenza di circa il 3,5% e considerando che, come quello che è accaduto in seguito nel Computo Generale, il TREP ha prima caricato i distretti urbani , dove il voto anti-evo è forte.

L’OSA ha raggiunto un punto estremo nel suo posizionamento: ha raccomandato un secondo turno che violerebbe la Costituzione dello Stato Plurinazionale della Bolivia stessa, in cui si afferma che quando un candidato supera il 40% e il 10% dal suo avversario principale, risulta presidente eletto. E, per finire, ha fatto questa raccomandazione prima che i dati finali erano noti, mentre i voti venivano ancora caricati.

La decomposizione di Unasur compiuta dai governi conservatori ha reso impossibile avere una missione elettorale indipendente e autonoma a La Paz in grado di caratterizzare il processo elettorale considerando le caratteristiche particolari del paese: chiunque abbia già seguito precedenti elezioni in Bolivia sa che il voto rurale arriva sempre in seguito, a causa delle condizioni geografiche del quel paese.

Il governo Morales ha spiegato cosa è successo con il TREP tra domenica e lunedì? Senza dubbio.

E questo ha creato suscettibilità, dentro e fuori la Bolivia. Questo basta a denunciare una presunta frode, senza mostrare elementi contundenti che lo provano? No. Non è abbastanza. E c’è un ulteriore paradosso: a questo punto, senza atti irregolari in mano, l’opposizione boliviana si aggrappa alla denuncia che Morales non avrebbe potuto essere candidato, visto e considerato il referendum del 21 febbraio 2016. Tale argomento è facilmente confutato dal partito al potere: fu lo stesso Luis Almagro, segretario generale dell’OSA, a convalidare la candidatura di Morales mesi fa, dopo che la giustizia boliviana fece lo stesso. E Mesa anche ha accettato questo quadro generale per partecipare alle elezioni. Vale a dire: ha accettato alcune regole che ora, con i numeri delle elezioni in mano, non sono ritiene adeguate.

Si apre uno scenario complesso per la Bolivia, un paese che sembrava stabile in un contesto regionale di forte combustione: l’interpretazione di queste elezioni finirà per essere stabilita nelle strade e nei ministeri degli Esteri stranieri. Nel primo, mostrano i muscoli sia le forze sostenitrici del governo -La Paz- che l’opposizione -Santa Cruz-. C’è da prevenire l’escalation della violenza.

Nella sfera diplomatica, nel frattempo, il governo di Andrés Manuel López Obrador in Messico ha già accolto con favore il trionfo del MAS e ha fatto lo stesso il blocco dei deputati appartenenti al Frente de Todos dell’Argentina, che si aggiunge al riconoscimento dei governi di Cuba e Venezuela

I governi conservatori della regione hanno già tentato il disconoscimento, quando hanno riconosciuto Juan Guaidó in Venezuela. Nove mesi dopo, i risultati sono scarsi: Nicolás Maduro è ancora a Miraflores e ha appena aderito al Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani. Guaidó non governa il territorio sul quale afferma di avere poteri esecutivi. Qualsiasi riconoscimento diverso da Morales, vincitore secondo l’Órgano Electoral Plurinacional, può essere un nuovo passo avanti per questi governi e per l’intera regione. L’America Latina non ha bisogno di interferenze negli affari interni dei paesi, sono i popoli che determinano chi sono i loro legittimi governanti.

*Politologo UBA/Analista Internazionale

(Traduzione de l’AntiDiplomatico)


Il Movimento dei Paesi Non Allineati sostiene il trionfo elettorale di Evo Morales in Bolivia

 

Il Movimento dei Paesi Non Allineati (NAM) si è congratulato con il presidente della Bolivia, Evo Morales, per la sua vittoria nelle recenti elezioni presidenziali tenutesi nel paese sudamericano e ha chiesto il rispetto per il risultato elettorale.

“I Capi di Stato e di Governo si congratulano con sua Eccellenza, Evo Morales Ayma, Presidente dello Stato Plurinazionale della Bolivia, per la sua rielezione a Presidente dello Stato Plurinazionale della Bolivia per il periodo 2020-2025 e chiedono il rispetto della volontà sovrana del popolo Boliviano”, afferma la dichiarazione congiunta del NAM.

I leader del Movimento dei Paesi Non Allineati hanno sottolineato nella dichiarazione, approvata durante il vertice dell’organizzazione tenutasi a Baku e presentata dal ministro degli Esteri Diego Pary, “lo spirito democratico del popolo boliviano che ha partecipato alle elezioni in modo pacifico e civile”.

Il testo proposto e letto da Pary alla fine del suo discorso al Baku Congress Center indica che i capi di Stato e di governo del NAM “hanno accolto con favore la convocazione e lo svolgimento delle elezioni presidenziali del 20 ottobre 2019 nello Stato Plurinazionale della Bolivia”.

Si sono inoltre congratulati con S.E. Evo Morales Ayma (…) per la sua rielezione a presidente dello stato plurinazionale della Bolivia per il periodo 2020-2025 e hanno chiesto il rispetto della volontà sovrana del popolo boliviano”.

Nel suo discorso al vertice del NAM, il ministro degli Esteri boliviano ha condannato e chiesto la revoca del blocco degli Stati Uniti contro Cuba, ha espresso la solidarietà del suo paese con il Venezuela e la causa palestinese.

Il ministro degli Esteri boliviano a favore del multilateralismo

Pary ha espresso il suo rifiuto della pratica delle “misure unilaterali coercitive” e ha raccomandato di far prevalere il multilateralismo.

La difesa del multilateralismo deve diventare un pilastro fondamentale del NAM, è stato l’appello fatto questo sabato dal cancelliere boliviano durante il suo discorso al XVII vertice dell’organizzazione.

Dal Baku Convention Center in Azerbaigian, Pary ha osservato che il sistema multilaterale è sotto attacco, motivo per cui la sua custodia piuttosto che un’opzione è una necessità per le nazioni del mondo.

A tale proposito, ha anche sollecitato ad approfondire l’unità tra gli Stati membri per affrontare le sfide future, nonché a fare la differenza nella protezione della pace e nella promozione degli interessi dei paesi in via di sviluppo.

“Senza governance globale, non possiamo affrontare una crisi globale come quella che colpisce l’umanità”, ha detto durante il suo discorso al XVIII vertice dei Capi di Stato e di governo del NAM.

Pary Rodríguez ha affermato che una delle sfide più urgenti è rappresentata dalle misure unilaterali coercitive imposte dai paesi egemoni alle nazioni sovrane, un’azione che viola i principi del diritto internazionale, la Carta delle Nazioni Unite.

Riferendosi ai piani destabilizzanti contro Cuba e Venezuela, ha sottolineato che il NAM deve agire in modo proattivo per denunciare manovre restrittive che incidono sui diritti umani della popolazione.

“Respingiamo le minacce di intervento e ribadiamo un messaggio di pace tra i popoli”, ha sottolineato.

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