L’ossessione per Castro sopravvive a Fidel

Max J. Castro  https://progresosemanal.us

Miami. La schiacciante sconfitta delle forze appoggiate dagli USA in Afghanistan invia un messaggio chiaro, ma mai compreso dagli esuli cubani che sognano un cambio di regime a Cuba attraverso l’intervento USA: che la democrazia non si può esportare o imporre con la pistola.

Tre o quattro generazioni di cubano americani, quelli che conservano la mentalità dei loro genitori e nonni, si sono agitati per le strade di Miami e Washington per quella che è stata la tipica speranza degli esuli antigovernativi dal 1959: un intervento militare.

La cosa più vicina al loro desiderio è stata l’invasione della Baia dei Porci nel 1961, un’operazione della CIA realizzata da intermediari dell’esilio. Quella fatale avventura è conosciuta, nei circoli di politica estera USA, come “il disastro perfetto”.

Dopo quell’esperienza e le disfatte in Vietnam, Iraq e Afghanistan, perché qualcuno, sano di mente, dovrebbe pensare che il governo USA prenderebbe per lo meno in considerazione un altro esperimento per creare una democrazia, in stile USA, in una terra straniera? Queste missioni messianiche alla fine conducono a corse selvagge verso le uscite.

Soffocare l’economia cubana, che è la politica USA da Trump fino ad oggi, danneggia il popolo cubano. La gente dell’isola lavora, vive e sopravvive in quell’economia, non in altra. È una politica crudele che è in vigore dall’amministrazione Kennedy e non ha ottenuto altro che impoverire ulteriormente il popolo cubano e guadagnare, agli USA, la condanna, praticamente unanime, del mondo espressa annualmente nelle votazioni delle Nazioni Unite, quando solo Israele vota contro.

L’unica eccezione a questa interminabile politica ostile si è verificata durante il secondo mandato di Obama, che ha avviato un processo di apertura verso Cuba, stabilito relazioni diplomatiche, liberalizzato i viaggi e offerto un raggio di speranza di un futuro migliore per le relazioni Cuba-USA e per il popolo cubano. Trump, che si è dilettato nel disfare qualsiasi cosa buona fatta da Obama, ha ristabilito una politica ostile ed ha inasprito le restrizioni pre-Obama. Biden, che ha invertito gran parte delle nefaste politiche di Trump, ha mantenuto la stessa posizione verso Cuba con un occhio alla gretta politica della Florida, aggiungendo alcune sanzioni (relativamente insignificanti) contro funzionari cubani in risposta alle proteste degli esuli negli USA.

Alcune parole di avvertimento: l’unico altro paese ad aver sofferto una guerra economica così lunga è stato Haiti nel XIX secolo dopo la sua rivoluzione ed è una delle principali ragioni per cui oggi Haiti è la definizione di uno stato fallito.

Le cause di entrambi gli embarghi sono simili. La rivoluzione haitiana ha scosso gli stati dominanti del XIX secolo che beneficiavano, immensamente e dipendevano dalla schiavitù per promuovere la rivoluzione industriale, in particolare l’industria britannica che importava enormi quantità di cotone coltivato dagli schiavi nel sud degli USA. Se l’esempio di Haiti si fosse esteso, gli interessi economici delle grandi potenze sarebbero stati pregiudicati. Quegli interessi hanno preso contromisure con un blocco economico decennale, che si è aggiunto a problemi interni di cattiva governance e perturbazioni economiche. Allo stesso modo, la rivoluzione cubana ha minacciato il dominio USA nell’emisfero e le contromisure sono state dure, rapide e di lunga data. Tutto ciò si aggiunge ai problemi inerenti di un’economia centralizzata dallo stato in un paese sottosviluppato.

I sostenitori dell’embargo usano un falso argomento binario: non è l’embargo, bensì lo stesso governo, quello che danneggia l’economia cubana e, quindi, il popolo cubano. Questo è un argomento conveniente se si ha una tolleranza infinita per il dolore degli altri popoli. La realtà è che l’embargo agisce come una comorbilità. Le persone con affezioni mediche di base, come malattie cardiache o renali, peggiorano se contraggono il Covid-19. Allo stesso modo, l’embargo aggrava le inefficienze inerenti il modello economico cubano. Sono un doppio colpo che aumenta le penurie che affronta la popolazione.

La democrazia non arriverà a Cuba attraverso Washington o Miami. In questo senso, ai tifosi dell’embargo/blocco chiedo per quanto tempo vogliono tenere il ginocchio stringendo il collo del popolo cubano, e per cosa. Per dispetto?

È tempo che i cubani della diaspora, negli USA e altrove, sfidino la tipica narrativa dell’esilio come molti altri lo hanno fatto per decenni, a volte a caro prezzo. L’amore per Cuba, per il popolo cubano, per la sovranità della nazione, è più importante e nobile di un odio ossessivo per il governo cubano ed il comunismo. Dobbiamo fare pressione su Biden affinché torni alla politica di Obama invece di ascoltare, servilmente, gli opportunisti politici della Florida come DeSantis, Rubio, Salazar e compagnia.

Quando gli USA predicano la democrazia per Cuba e chiedono che siano permesse manifestazioni senza repressione governativa, devono guardarsi allo specchio. Finché i repubblicani continueranno a giustificare l’assalto, con intenzioni omicide, al Campidoglio e inventeranno nuovi schemi per sopprimere la partecipazione democratica degli afroamericani e di altre minoranze etniche, gli USA non sono in condizione di dar lezioni di democrazia a nessuno.

La repressione dei manifestanti di Black Lives Matter è stata più forte di qualsiasi altra cosa vista di recente a Cuba. Il governatore Ron DeSantis della Florida ha approvato una nuova legge contro questo movimento che impone il carcere e pesanti multe per le manifestazioni nelle pubbliche vie. Tuttavia, quando gli esuli cubani hanno occupato le autostrade statali e federali per tenere proteste, le autorità hanno chiuso un occhio. Infine, sono fiducioso che, se avessimo dati comparabili, in qualsiasi anno, la polizia uccide più civili negli USA di quanti ne abbia uccisi a Cuba, in totale, dall’inizio della Rivoluzione.

Gli USA devono abbandonare quella che i giornalisti del Miami Herald Michael L. Krenn e Don Bohning hanno chiamato “L’ossessione per Castro”. Fidel non c’è più, ma l’ossessione continua. Lasciatelo andare ora. Non si è ottenuto nulla eccetto un circolo vizioso di ostilità e più ostilità, come la serie di fumetti “Spia contro Spia” sulla rivista Mad.

Biden, impara da Obama, l’uomo che ha salvato la tua carriera politica abbracciandoti come suo vicepresidente dopo aver fatto quelli che sono stati interpretati come commenti altezzosi e con sfumature razziali su di lui. Ignora i Diaz-Balart e altri incorreggibili e amareggiati, e assumi la statura morale di Nelson Mandela, che ha fatto pace con i suoi nemici, nonostante sia stato imprigionato per anni su un’isola prigione così come lo sono stati il resto dei sudafricani neri nella vasta prigione a cielo aperto chiamata apartheid.

Traduzione di Amaury Cruz.


La obsesión con Castro sobrevive a Fidel

Por Max J. Castro

MIAMI. La aplastante derrota de las fuerzas respaldadas por Estados Unidos en Afganistán envía un mensaje claro, pero nunca entendido por los exiliados cubanos que sueñan con un cambio de régimen en Cuba a través de la intervención estadounidense: que la democracia no se puede exportar o imponer a punta de pistola.

Tres o cuatro generaciones de cubanoamericanos, los que conservan la mentalidad de sus padres y abuelos, han estado agitando en las calles de Miami y Washington por lo que ha sido la esperanza típica de los exiliados antigubernamentales desde 1959: una intervención militar.

Lo más cerca que llegaron a su deseo fue la invasión de Bahía de Cochinos en 1961, una operación de la CIA llevada a cabo por intermediarios del exilio. Esa aventura fatal es conocida en los círculos de la política exterior de Estados Unidos como “el desastre perfecto”.

Después de esa experiencia y las debacles en Vietnam, Irak y Afganistán, ¿por qué alguien en su sano juicio pensaría que el gobierno de Estados Unidos siquiera consideraría otro experimento para crear una democracia al estilo estadounidense en una tierra extranjera? Estas misiones mesiánicas conducen al final a carreras desbocadas hacia las salidas.

Asfixiar la economía cubana, que es la política de Estados Unidos desde Trump hasta hoy, perjudica al pueblo cubano. La gente de la isla trabaja, vive y subsiste en esa economía, no en otra. Es una política cruel que ha estado en vigor desde la administración de Kennedy y no ha logrado otra cosa que empobrecer aún más al pueblo de Cuba y valerle a Estados Unidos la condena prácticamente unánime del mundo, expresada anualmente en las votaciones de Naciones Unidas, cuando sólo Israel vota en contra.

La única excepción a esta interminable política hostil ocurrió durante el segundo término de Obama, que inició un proceso de apertura hacia Cuba, estableció relaciones diplomáticas, liberalizó los viajes y ofreció un rayo de esperanza de un futuro mejor para las relaciones Cuba-Estados Unidos y para el pueblo cubano. Trump, que se deleitó en deshacer cualquier cosa buena que hizo Obama, restableció una política hostil, y recrudeció las restricciones previas a Obama. Biden, que ha revertido gran parte de las nefastas políticas de Trump, ha mantenido la misma postura hacia Cuba con un ojo puesto en la politiquería de la Florida, y agregó algunas sanciones (relativamente insignificantes) contra funcionarios cubanos en respuesta al clamor de los exiliados en Estados Unidos.

Unas palabras de advertencia: el único otro país que ha sufrido una guerra económica tan larga fue Haití en el siglo XIX después de su revolución, y es una de las principales razones por las que hoy Haití es la definición de un estado fallido.

Las causas de ambos embargos son similares. La revolución haitiana sacudió a los estados dominantes del siglo XIX que se beneficiaban inmensamente y dependían de la esclavitud para impulsar la Revolución Industrial, especialmente la industria británica que importaba enormes cantidades de algodón cultivado por esclavos en el sur de Estados Unidos. Si el ejemplo de Haití se hubiera extendido, los intereses económicos de las grandes potencias se hubiesen perjudicado. Esos intereses tomaron represalias con un bloqueo económico de décadas, que se sumó a los problemas internos de mala gobernanza y trastornos económicos. Al igual, la revolución cubana amenazó el dominio estadounidense del hemisferio, y las represalias fueron duras, rápidas y de larga data. Todo esto se suma a los problemas inherentes de una economía centralizada por el estado en un país subdesarrollado.

Los partidarios del embargo utilizan un falaz argumento binario: no es el embargo, sino el propio gobierno, lo que perjudica a la economía cubana y, por tanto, al pueblo cubano. Ese es un argumento conveniente si uno tiene tolerancia infinita ante el dolor de otros pueblos. La realidad es que el embargo actúa como una comorbilidad. Las personas con afecciones médicas subyacentes, como enfermedades cardíacas o renales, se ponen peor si contraen Covid-19. Asimismo, el embargo empeora las ineficiencias inherentes al modelo económico cubano. Son un doble golpe que aumenta las penurias que enfrenta la población.

La democracia no llegará a Cuba a través de Washington o Miami. En este sentido, a los fanáticos del embargo/bloqueo, les pregunto cuánto tiempo quieren mantener la rodilla apretando el cuello del pueblo cubano, y para qué. ¿Por despecho?

Es hora de que los cubanos en Estados Unidos y otros lugares de la diáspora desafíen la narrativa típica del exilio como muchos otros lo han hecho durante décadas, a veces a un gran costo. El amor por Cuba, por el pueblo cubano, por la soberanía de la nación, es más importante y noble que un odio obsesivo hacia el gobierno cubano y el comunismo. Tenemos que presionar a Biden para que vuelva a la política de Obama en lugar de escuchar servilmente a los oportunistas políticos de la Florida como DeSantis, Rubio, Salazar y compañía.

Cuando Estados Unidos predica la democracia para Cuba y reclama que se permitan las manifestaciones allá sin represión gubernamental, tienen que mirarse en el espejo. Mientras que los republicanos sigan justificando el asalto con intenciones homicidas al Capitolio y estén inventando nuevos esquemas para suprimir la participación democrática de los afroamericanos y otras minorías étnicas, Estados Unidos no está en condiciones de dar lecciones de democracia a nadie.

La represión de los manifestantes de Black Lives Matter fue más fuerte que cualquier cosa vista en Cuba recientemente. El gobernador Ron DeSantis de la Florida aprobó una nueva ley dirigida a ese movimiento que impone cárcel y fuertes multas por manifestaciones en las vías públicas. Sin embargo, cuando los exiliados cubanos se apoderaron de carreteras estatales y federales para realizar protestas, las autoridades se hicieron de la vista gorda. Por último, confío en que, si tuviéramos datos comparables, en cualquier año la policía mata a más civiles en Estados Unidos de lo que han matado en Cuba, en total, desde el principio de la revolución.

Estados Unidos debe abandonar lo que los periodistas del Miami Herald Michael L. Krenn y Don Bohning han llamado “La obsesión con Castro”. Fidel ya no está, pero la obsesión continúa. Suéltenlo ya. No se ha logrado nada excepto un círculo vicioso de hostilidad y más hostilidad, como la serie de historietas “Espía contra Espía” en la revista Mad.

Biden, aprende de Obama, el hombre que salvó tu carrera política al abrazarte como su vicepresidente después de hacer lo que se interpretó como comentarios condescendientes y con tintes raciales sobre él. Ignora a los Díaz-Balarts y otros incorregibles y amargados, y asume la estatura moral de Nelson Mandela, que hizo las paces con sus enemigos ––a pesar de haber sido encarcelado durante años en una isla prisión, así como fueron el resto de los sudafricanos negros en la vasta prisión al aire libre llamada apartheid.

Traducción de Amaury Cruz.

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