Mercenari

René González Barrios www.cubadebate.cu

Poco più di tre anni fa, parlando con un cubano d’onore, cameraman per un’agenzia di stampa straniera dell’Avana, che sembrava uno straniero, mi raccontava con amarezza e tristezza un’esperienza vissuta all’Avana Vecchia. Due giovani gli si sono avvicinati e gli hanno detto: “… yuma; se ci paghi 10 CUC a testa gridiamo contro il governo, quello che vuoi, così puoi filmarci».

Da cubano che ama la sua patria, quella storia mi ha scosso. Mi era difficile pensare che, con gli immensi sforzi compiuti dalla nostra Rivoluzione dal suo trionfo, alla ricerca di un’educazione e di una cultura di eccellenza, ci siano giovani educati da essa, che abbiano l’anima di mercenari.

Ho spiegato all’amico confuso di non deprimersi, che il nemico, fin dalle nostre guerre per l’indipendenza, aveva diviso i cubani usando assassini, emarginati, declassificati, e ogni sorta di sottoproletario e feccia, contro la causa della libertà.

Non appena iniziata l’impresa dei Dieci Anni, il brigadiere dell’esercito spagnolo, Francisco Acosta y Albear, cubano di nascita, offrì risorse, denaro e la sua spada alla Spagna. Organizzò un battaglione di mobilitati chiamato “Del Orden”, che era composto da ex detenuti e altri fuorilegge, quasi tutti feccia sociale, oriundi, con cui seminò morte e desolazione nei territori dove operava. Era lo stesso terrore imposto dai guerriglieri cubani al servizio della Spagna, assassini, veri cani da caccia sulle orme dei liberatori e dei loro familiari nella palude insorta.

Nella sua strategia di dividere il popolo cubano, il governo coloniale mobilitò e contrappose alle truppe insorte, in cui la componente nera era la maggioranza, truppe spagnole nere, perfettamente armate e impeccabilmente in uniforme.

Tra marzo e luglio 1874, il Capitano Generale dell’isola José Gutiérrez de la Concha, cercò di formare dodici battaglioni con liberti, di 1000 posti ciascuno. Il suo piano prevedeva la formazione di un “grande esercito di neri e mulatti”, composto solo da neri, liberti e schiavi che, vestiti elegantemente e ben nutriti, una volta nella palude, fossero capaci di neutralizzare e demoralizzare i mambi neri, provocare la loro smobilitazione e massiccia diserzione. Questo piano non fu mai attuato, tra l’altro, per paura che, una volta armati, si sollevassero contro la Spagna.

Il 22 aprile 1878, il Generalissimo Máximo Gómez, al suo arrivo in Giamaica, inviava al giornalista Juan Bellido de Luna, a New York, un piccolo libro di sua paternità intitolato ‘El Convenio del Zanjón. Relato de los últimos sucesos de Cuba’. Nell’opera, il patriota dominicano mostrava il dolore che gli aveva prodotto, alla sua uscita dall’isola dal porto di Santiago di Cuba, lo spettacolo prodotto dai cubani estranei alla rivoluzione o al servizio della Spagna: “… La curiosità del popolo era tale che la marina era riempita quasi completamente di curiosi per alcune ore: triste e dolorosa impressione mi causò la vista di quelle masse, lì c’erano più di tremila uomini utili alle armi; lì erano sordi, come nove anni fa, alla voce del patriottismo e solo una curiosità infantile li portava a vederci: poco dopo abbiamo sentito una musica militare e non ci è voluto molto per vedere sfilare i feriti del Battaglione di San Quintín avuti in uno scontro con le forze del generale A. Maceo; erano custoditi da oriundi in divisa da volontario: quanti pensieri si affollavano nella mia immaginazione e non potei fare a meno di esclamare, rivolgendomi ai miei compagni. Cuba non può essere libera”.

Durante la guerra del 95, il generale Valeriano Weyler Nicolau, quando fu nominato capitano generale dell’isola di Cuba, ricorse nuovamente al fattore razziale per contrastare l’influenza del Titano di Bronzo. Sapendo che la componente nera era importante tra le truppe di Maceo, convocò la formazione del Terzo dei Volontari e Vigili del Fuoco Mobilitati, e tra questi scelse 30 neri con a capo un ufficiale volontario, tutti cubani, per formare la sua scorta. Come lui stesso avrebbe confessato nel suo libro “Il mio comando a Cuba”, si trattava di una “misura politica, per dare una prova di fiducia a quella razza, così affezionata alla Spagna in altri tempi”. Con quella scorta e parte delle truppe negre, andò a Pinar del Río per combattere il generale Antonio nella Sierra del Rosario e tendergli imboscate nella Linea del Mariel per evitare il suo passaggio all’Avana.

Quando il generale Antonio Maceo fu ucciso in combattimento, l’11 dicembre 1896, Weyler tornava nella capitale, dove fu ricevuto con manifestazioni di giubilo da ampi settori della società dell’Avana. Furono due giorni di festa, con fuochi d’artificio, tanto vino e cibo in onore del Capitano Generale. Evviva Weyler, il re e la fanteria spagnola, tuonavano ovunque.

Il generale José Miró Argenter, capo di Stato Maggiore del Luogotenente Generale Antonio Maceo, nelle sue ‘Cronache della Guerra’ riferiva, con dolore, come cubani, abitanti dei quartieri poveri dell’Avana, ripetevano esultanti gli evviva spagnoli, quando i proprietari di negozi, caffetterie e locande diedero loro cibo e bevande gratis, fino a stancarli e ubriacarli. L’occasione funebre per migliaia di cubani fu manipolata dalla Spagna, convocando, con un certo successo, la creazione di Battaglioni di volontari cubani per combattere contro i liberatori.

Imponendo una politica di attrazione, il governo spagnolo ottenne la diserzione del colonnello dell’Esercito di Liberazione Juan Masó Parra che, con una parte delle sue forze, formò la Brigata Cuba-Spagnola, composta interamente da cubani. Non sono state ancora studiate a fondo le migliaia di cubani che, dalle file dell’Esercito Spagnolo, difesero, con le armi, il colonialismo a Cuba.

Gli organi militari e repressivi della Repubblica prerivoluzionaria hanno dato spazio a criminali e corrotti che imposero il terrore e si mescolarono con la mafia e la criminalità organizzata. Fulgencio Batista è l’esempio più vivido di un militare senza scrupoli e opportunista che, legato alla mafia USA, fece fortuna a spese della sofferenza e della povertà del popolo. Seguendo l’esempio del dittatore Gerardo Machado, usò veri assassini per reprimere ferocemente tutti coloro che considerava avversario del suo falso governo.

A Girón, la brigata mercenaria era composta da un numero non trascurabile di sottoproletari. Quella era l’avanguardia dell’impalcatura militare organizzata dalle forze armate USA, pronte a intervenire, se la testa di ponte si fosse consolidata.

I membri della feccia sconfitta, andarono in Congo per ordine della CIA, per massacrare il popolo congolese impoverito che nasceva all’indipendenza. Piloti cubani, appartenenti alla Brigata 2506, furono tra i principali protagonisti del genocidio. Quei mercenari dell’aria cacciavano e massacravano i congolesi come bestie. Il giornalista e storico spagnolo Vicente Talón, nel suo libro intitolato “Il diario della guerra del Congo”, ha affermato: “Li ho conosciuti a Leopoldville, al bar “Pergola”, che era il loro quartier generale, e li ho visti agire allo Stan (Stanleyville) nella zona di Albertville, solcando la giungla con i loro mitra. Erano gli unici, a quel tempo, che sostenevano di essere lì per “combattere il comunismo”, ma in seguito, quando una parte dei mercenari insorse contro Mobutu, li bombardarono a mansalva con la stessa determinazione usata prima contro i Simba. In realtà erano mercenari. E anche mercenari della peggior specie, i più opportunisti e codardi».

Mercenari cubani andarono in Vietnam, Laos e Cambogia e fecero carriera nei ranghi dell’esercito USA. Alcuni furono in Bolivia per combattere contro il Che, altri in America Centrale, contro i guerriglieri di sinistra in El Salvador, Guatemala e Nicaragua. Altri avrebbero ripreso la strada dell’Africa in Angola, sostenendo il Sudafrica e le bande dell’UNITA di Jonas Malheiro Savimbi, un “combattente per la libertà” per Ronald Reagan, e l’FNLA di Holden Roberto. Mercenari di Girón, nel 1975 aprirono uffici a Miami per il reclutamento di cubani e di altre nazionalità, per confrontarsi con gli internazionalisti cubani. Fondarono anche il Comando Militare 2506 con il quale furono in Angola, nel 1978, per incontrare i principali capi dell’UNITA e dell’FNLA.

Cercando in Internet i dati sulla presenza degli ispanici nelle forze Armate USA, ho trovato, sul sito LatinoBlogs.htm dell’emporio di infocomunicazioni American Ol Line (AOL), un edulcorante articolo intitolato ‘Gli immigrati condividono la lotta nell’Esercito USA’, pubblicato il 18 marzo 2008 dalla American Immigration Law Foundation. L’articolo annuncia i presunti benefici dell’appartenenza all'”Esercito Mondiale della Pace e dell’Antiterrorismo”. Appaiono più di venti commenti di giovani latinoamericani che mostrano il loro interesse ad aderire. Fa male, però, trovare tra le opinioni, quella di un giovane cubano, che il 6 maggio 2008 scriveva: “18. Ciao, sono cubano, sono legale negli USA, ma non ho ancora la mia residenza, vorrei sapere quali requisiti dovrei avere per entrare nell’esercito, sono un ragazzo di 21 anni che ama la libertà e mi piacerebbe combattere per un mondo migliore, proprio per questo vorrei arruolarmi nell’esercito, spero possiate darmi una risposta sui requisiti che devo soddisfare per arruolarmi al più presto, grazie”

Giovani incauti che, nati nella nostra patria, ed educati dalla nostra Rivoluzione a valori e principi di solidarietà, disonorano le proprie radici indossando l’uniforme yankee nelle guerre imperialiste e genocide in Iraq o in Afghanistan, o in qualsiasi angolo del mondo. Guidati dal canto delle sirene, si immergono, oggi, nel mondo delle transnazionali delle armi e della morte, rendendo a buon mercato e miseri servigi all’impero che li usa, spietatamente e senza scrupoli.

Non dimentichiamo mai che terroristi cubani come Luis Posada Carriles, un ex membro dell’esercito USA, e Orlando Bosh, responsabile confessato di crimini orrendi contro il nostro paese, tra cui l’esplosione di un aereo passeggeri alle Barbados, sono morti pacificamente a Miami, protetto dall’Impero. Cuba è ancora in attesa di una spiegazione dal governo USA sull’attacco con armi da fuoco alla nostra sede diplomatica a Washington.

Ai mercenari di ieri, e di sempre, si unisce, oggi, la feccia criminale e spregevole che ha compiuto atti criminali, vandalici e violenze, la scorsa domenica 11 luglio. Nessuno dubiti che questi saranno, nel caso ipotetico di un intervento militare USA a Cuba, la punta di diamante, la quinta colonna e l’avanguardia delle forze d’invasione. In quei criminali troverà, la controrivoluzione di Miami e dell’impero, il braccio esecutivo dell’appello di tre giorni per uccidere comunisti e rivoluzionari, e imporre il terrore a un popolo nobile che aspira solo a costruire un futuro di pace e solidarietà.

I popoli sono saggi, e il nostro, conoscendo la storia della formazione della nazione, abbraccia, in maniera maggioritaria, il progetto di una Rivoluzione socialista, sovrana, antimperialista e solidale che elaboriamo insieme sotto la guida di Fidel. Non ha paura di questi mercenari di sempre, che abbiamo sconfitto a Girón, nella lotta contro i banditi, e in ogni aggressione perpetrata contro il nostro paese. Davanti ad ogni traditore si innalzano centinaia di patrioti. In questa Cuba libera e indipendente, i mercenari ed i traditori, i vandali ed i delinquenti, troveranno sempre un ostacolo inespugnabile: il popolo rivoluzionario.


Mercenarios

Por: René González Barrios

Hace algo más de tres años, conversando con un cubano de honor, camarógrafo de una agencia de prensa extranjera en La Habana, con pinta de extranjero, me contaba con amargura y tristeza una experiencia vivida en La Habana Vieja. Dos jóvenes se le acercaron y manifestaron, “…yuma; si nos pagas 10 CUC a cada uno, gritamos contra el gobierno, lo que tú quieras, pa que nos filmes.”

Como cubano que ama su patria, aquel relato, me estremeció. Me costaba trabajo pensar, que, con los inmensos esfuerzos realizados por nuestra Revolución desde su triunfo, en pos de una educación y cultura de excelencia, existan jóvenes educados por ella, que tengan alma de mercenarios.

Le expliqué al confligido amigo que no se deprimiera, que el enemigo, desde nuestras guerras por la independencia, había dividido a los cubanos utilizando a asesinos, marginados, desclasado, y todo tipo de lumpen y escorias, en contra de la causa de la libertad.

Apenas comenzada la gesta de los Diez Años, el brigadier del ejército español, Francisco Acosta y Albear, cubano de nacimiento, ofreció recursos, dinero y su espada a España. Organizó un batallón de movilizados llamado “Del Orden”, que se formó con ex presidiarios y otros forajidos, en su casi totalidad escorias sociales hijos del país, con el que sembró de muerte y desolación los territorios donde operó. Era el mismo terror que imponían las guerrillas cubanas al servicio de España, asesinos, verdaderos perros de caza tras las huellas de los libertadores y sus familiares en la manigua insurrecta.

En su estrategia de dividir al pueblo cubano, el gobierno colonial movilizó y contrapuso a las tropas insurrectas, en las que el componente negro era mayoritario, tropas negras españolas, perfectamente armadas, e impecablemente uniformadas.

Entre marzo y julio de 1874, el Capitán General de la Isla José Gutiérrez de la Concha, intentó formar doce batallones con libertos, de 1 000 plazas cada uno. Su plan preveía la formación de un “gran ejército de pardos y morenos”, integrado sólo por negros, libertos y esclavos que, elegantemente vestidos y bien alimentados, una vez en la manigua, fuese capaz de neutralizar y desmoralizar a los mambíses negros, provocar su desmovilización y deserción masiva. Este Plan no se llegó a ejecutar, entre otros factores, por el temor a que, una vez armados, se sublevaran contra España.

El 22 de abril de 1878, el generalísimo Máximo Gómez, a su llegada a Jamaica, enviaba al periodista Juan Bellido de Luna a Nueva York, un pequeño libro de su autoría titulado El Convenio del Zanjón. Relato de los últimos sucesos de Cuba. En la obra, el patriota dominicano patentizaba el dolor que le produjo a su salida de la Isla por el puerto de Santiago de Cuba, el espectáculo protagonizado por cubanos ajenos a la revolución o al servicio de España: “…la curiosidad del pueblo era tal que la marina estuvo llena casi completamente por curiosos por algunas horas: triste y dolorosa impresión me causó la vista de aquellas masas, allí había más de tres mil hombres útiles para las armas; allí estaban sordos como hacía ya nueve años a la voz del patriotismo y solo una curiosidad pueril les traía a vernos: poco después oímos una música militar y no tardamos mucho en ver desfilar los heridos del Batallón de San Quintín tenidos en un encuentro con fuerzas del general A, Maceo; iban custodiados por hijos del país con uniforme de voluntario: cuantos pensamientos se agolparon en mi imaginación y no pude menos de exclamar volviéndome hacia mis compañeros. Cuba no puede ser libre.”

Durante la guerra del 95, el general Valeriano Weyler Nicolau, al ser nombrado capitán general de la isla de Cuba, acudió nuevamente al factor racial para contrarrestar la influencia del Titán de Bronce. Conocedor que entre las tropas de Maceo el componente negro era importante, convocó la formación del Tercio de Voluntarios y Bomberos Movilizados, y dentro de estos últimos, escogió 30 negros con un oficial voluntario al frente, todos cubanos, para formar su escolta. Como el mismo confesaría en su libro “Mi mando en Cuba”, se trataba de una “medida política, para dar una prueba de confianza a esa raza, tan adicta a España en otros tiempos.” Con esa escolta y parte de las tropas negras, pasó a Pinar del Río a combatir en la Sierra del Rosario al general Antonio y a tenderle emboscadas en la Línea del Mariel para evitar su paso a La Habana.

Muerto en combate el general Antonio Maceo, el 11 de diciembre de 1896 regresaba Weyler a la capital, donde fue recibido con manifestaciones de júbilo por amplios sectores de la sociedad habanera. Fueron dos días de fiestas, con fuegos artificiales, mucho vino y comidas en honor al Capitán General. Vivas a Weyler, al Rey y a la infantería española, atronaban por doquier.

El general José Miró Argenter, jefe del Estado Mayor del Lugarteniente General Antonio Maceo, refería con dolor en sus Crónicas de la Guerra, como cubanos, habitantes de las barria das pobres de La Habana, repetían jubilosos los vivas españoles, cuando los dueños de bodegas, cafetines y fondas, les dieron de beber y comer gratis, hasta hartarlos y emborracharlos. La ocasión luctuosa para miles de cubanos, la manipuló España, convocando, con algún éxito, a la creación de Batallones de voluntarios cubanos para pelear contra los libertadores.

Imponiendo una política de atracción, el gobierno español logró la deserción del coronel del Ejército Libertador Juan Masó Parra, quien, con parte de sus fuerzas, formó la Brigada Cuba Española, compuesta íntegramente por cubanos. Aún no se ha estudiado a profundidad los miles de cubanos que, desde las filas del Ejército Español, defendieron con las armas el colonialismo en Cuba.

Los órganos militares y represivos de la República pre revolucionaria, dieron cabida a delincuentes y corruptos que impusieron el terror y se codearon con la mafia y la delincuencia organizada. Fulgencio Batista es el más vivo ejemplo de militar inescrupuloso y oportunista, que, vinculado a la mafia estadounidense, hizo fortuna a costa del sufrimiento y pobreza del pueblo. Siguiendo el ejemplo del dictador Gerardo Machado, se valió de verdaderos asesinos para reprimir con saña, a todo el que consideraba adversario de su espurio gobierno.

En Girón, la brigada mercenaria estuvo compuesta por una cifra no despreciable de lumpen. Aquella era la vanguardia del andamiaje militar organizado por las fuerzas armadas de los Estados Unidos, listas para intervenir, de haberse consolidado la cabeza de playa.

Miembros de la escoria derrotada, marcharon al Congo por órdenes de la CIA, para masacrar al empobrecido pueblo congolés que nacía a la independencia. Pilotos cubanos pertenecientes a la Brigada 2506, se encontraban entre los principales protagonistas del genocidio. Aquellos mercenarios del aire, cazaban y masacraban a los congoleses como a bestias. El periodista e historiador español Vicente Talón, en su libro titulado “El diario de la guerra del Congo”, expresaba: “Yo los traté en Leopoldville, en el bar la “Pérgola”, que era su cuartel general, y les ví actuar en Stan (Stanleyville) en la zona de Albertville, arando la selva con sus ametralladoras. Eran los únicos, en esa época, que decían estar allí para “combatir el comunismo”, pero, más tarde, cuando una parte de los mercenarios se sublevaron contra Mobutu, los bombardearon a mansalva con la misma determinación empleada antes contra los simbas. Se trataba en realidad de mercenarios. E incluso mercenarios de la peor clase, de la más ventajista y cobarde.”

Mercenarios cubanos marcharon a Vietnam, Laos y Cambodia e hicieron carrera en las filas del ejército de los Estados Unidos. Algunos fueron a Bolivia a combatir contra el Che, y otros a Centroamérica, contra las guerrillas de izquierda en El Salvador, Guatemala y Nicaragua. Otros tomarían nuevamente el camino de África en Angola, apoyando a Sudáfrica y a las bandas de la UNITA de Jonas Malheiro Savimbi, “combatiente por la libertad” para Ronald Reagan, y del FNLA de Holden Roberto. Mercenarios de Girón, en 1975 abrieron en Miami oficinas de reclutamientos de cubanos y otras nacionalidades, para enfrentar a los internacionalistas cubanos. Fundaron incluso el Comando Militar 2506 con el que fueron a Angola a entrevistase en 1978 con los principales jefes de la UNITA y el FNLA.

Buscando en Internet datos sobre la presencia de hispanos en las Fuerzas Armadas de Estados Unidos, encontré, en el sitio Web LatinoBlogs.htm del emporio de las infocomunicaciones American Ol Line (AOL), un edulcorante artículo titulado Los Inmigrantes comparten la lucha en el Ejército de los Estados Unidos, publicado en Marzo 18 de 2008 por American Immigration Law Foundation. El artículo anuncia las supuestas bondades de la pertenencia al “Ejército mundial de la paz y el antiterrorismo.” Más de una veintena de comentarios de jóvenes latinoamericanos, aparecen mostrando su interés en ingresar. Duele, sin embargo, encontrar entre las opiniones, la de un joven cubano, quien con fecha 6 de mayo de 2008 escribía:  “18. hola, soy cubano, estoy legal en usa, pero aun no tengo mi residencia, desearia saber que requisitos deveria tener para entrar al army, soy un chico de 21 anos que ama la libertad y me gustaria luchar por un mundo mejor, por esto mismo desearia integrar al army, espero que puedan darme una respuesta sobre los requisitos que deba cumplir para alistarme lo mas pronto posible, grasias”

Jóvenes incautos que, nacidos en nuestra patria, y educados por nuestra Revolución en valores y principios solidarios, deshonran sus raíces vistiendo el uniforme yanqui en las guerras imperialistas y genocidas de Iraq o Afganistán, o en cualquier rincón del mundo. Guiados por los cantos de sirenas, se sumergen hoy en el mundo de las transnacionales de las armas y la muerte, prestándole baratos y míseros servicios al imperio que los utiliza despiadada e inescrupulosamente.

No olvidemos nunca que terroristas cubanos como Luis Posada Carriles, ex miembro del Ejército de los Estados Unidos, y Orlando Bosh, responsables confesos de horrendos crímenes contra nuestro país, incluida la voladura de un avión de pasajeros en Barbados, murieron tranquilamente en Miami, protegidos por el Imperio. Cuba espera aún por la explicación del gobierno de los Estados Unidos sobre el ataque con armas de fuego, a nuestra sede diplomática en Washington.

A los mercenarios de ayer, y de siempre, se une hoy la escoria delincuencial y despreciable que protagonizaron actos criminales, de vandalismo y violencia, el pasado domingo 11 de julio. Que a nadie le quepa duda que esos serán, en el hipotético caso de una intervención militar de Estados Unidos en Cuba, la punta de lanza, quinta columna y vanguardia, de las fuerzas invasoras. En esos delincuentes, encontrará la contrarrevolución de Miami y el imperio, el brazo ejecutor del llamado a tres días para matar comunistas y revolucionarios, e imponer el terror a un pueblo noble que solo aspira a construir un futuro de paz y solidaridad.

Los pueblos son sabios, y el nuestro, conociendo la historia de la formación de la nación, mayoritariamente abraza el proyecto de Revolución socialista, soberana, antimperialista y solidaria que de conjunto nos trazamos bajo la guía de Fidel. No se atemoriza ante estos mercenarios de siempre, a los que derrotamos en Girón, en la lucha contra bandidos, y en cada agresión perpetrada contra nuestro país. Ante cada traidor, se levantan cientos de patriotas. En esta Cuba libre e independiente, los mercenarios y traidores, los vándalos y delincuentes, encontraran siempre un valladar inexpugnable: el pueblo revolucionario.

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