Il razzismo non è compatibile con il nostro progetto di nazione

La Commissione José Antonio Aponte della UNEAC, formata da scrittori e investigatori di tutto il paese ha emesso una dichiarazione, dopo che un gruppo di giovani nella provincia di Holguín, mentre festeggiavano il giorno di  Halloween (una festa estranea alla nostra identità culturale), sono appari camuffati con i cappucci del Ku Klux Klan, gridando: “Dove sono i negri?”

Nel  documento «si condanna energicamente la condotta razzista, eticamente detestabile degli organizzatori e dei partecipanti a questa manifestazione che non ha niente a che vedere con la nostra cultura e identità, e tanto meno con i valori che sosteniamo nella costruzione di una società migliore”.

In questo comunicato, la Commissione esige responsabilità penali per gli implicati in questo fatto, perché hanno violato il diritto d’uguaglianza previsto e sanzionato nel Codice Penale.

Nel testo si segnala che, anche se non si condanna la festa di  Halloween, dato che, come popolo con un’identità in costante processo d’assimilazione delle nuove influenze straniere – che apporta sempre più dalla cultura cubana alla cultura universale e a quella dei distinti popoli vicini e lontani – siamo « coscienti che la globalizzazione è un processo obiettivo della civiltà e questa festa «non forma parte delle nostre radici culturali».

«Non copiamo il calco e alla forza una festa che non forma parte della nostra idiosincrasia. Dal nord anglosassone giungono molti apporti culturali che assimiliamo e trans culturiamo a modo nostro», si legge nello scritto e si sostiene che nel presente «siamo creatori di un Jazz latino e di un Jazz cubano, che non è sorto a Nuova Orleans ma nei nostri saloni. Coltiviamo il filin che non è esattamente il feeling.

Abbiamo un rap cubano e una cultura Hip Hop che non è copiata da Nuova York, ma dal sentimento dei nostri quartieri cittadini.

Al nostro rodeo nelle campagne cubane non partecipano cowboys biondi con cappelli texani, ma  contadini con cappelli di foglie di palma, abbronzati dal sole del tropico, si legge ancora nel testo.

«Non possiamo auto colonizzarci. Abbiamo una cultura forte e ricca che è spada e scudo della nazione e che teniamo e dobbiamo salvare, per salvarci come nazione e come popolo», si riferisce, e si sostiene che «non si deve mescolare una festa, di qualsiasi origine, con l’odio razziale. Halloween, anche se non è nostra, non è una tradizione razzista ed è un’azione di lesa cultura appannarla con una malvagità come quella realizzata».

Nelle linee finali si spiega che «non abbiamo in Cuba vari popoli, e non siamo multietnici, ma siamo etnologicamente un solo popolo: il cubano, e antropologicamente, un’etno-nazione.

Siamo geneticamente e culturalmente meticci, siamo inclusivi e la nostra   diversità fenotipica ci fa diversi nell’apparenza , ma siamo unici nella nostra essenza».

La dichiarazione precisa chiaramente che il razzismo «non è compatibile con il progetto di nazione che abbiamo iniziato nel 1868, né con la nostra essenza meticcia.

Negli ultimi 63 anni della nostra evoluzione storica, abbiamo costruito una nuova società che pretende un uomo e una donna nuovi, e il socialismo è incongruente con il razzismo e qualsiasi forma di discriminazione».

Per queste ragioni, «risultano intollerabili e ripudiabili le azioni di discriminazione e di odio in una società che costruiamo con amore,
fraternità e unità», conclude.


Non ci può essere impunità di fronte a un’azione razzista

 

15.11 – Nel calore di un giorno di festa completamente estraneo alla nostra identità culturale, anche se è sempre più impiantata nei settori della popolazione, un gruppo di giovani ha provocato indignazione soprattutto nelle reti sociali, uscendo per strada camuffati con i cappucci del Ku klux klán, domandando: «Dove sono i negri?».

Questa espressione pubblica è assolutamente inammissibile. E più inammissibile è la passività e la permissività che hanno coperto l’azione.

Non si può ignorare che le manifestazioni razziste sono punibili nella legislazione penale cubana,

Si deve superare l’aneddoto anche quando, e insisto, si sta per vedere la risposta istituzionale e legale di fronte al fatto.

Il razzismo è una costruzione culturale che, se non si trancia alla radice, penetra e vive nella soggettività umana.

La cultura della supremazia, che privilegia i presunti vantaggi di un colore della pelle su altri, non è un privativa degli Stati Uniti, la nazione che ha sviluppato con la maggior forza questa perversa messa a fuoco,

A Cuba si è lottato con le unghie e i denti contro «L’inganno delle Razze» saggio concetto di Ortiz, per rivendicare il legato storico e culturale degli africani schiavi e  dei loro discendenti alla nostra legittima cultura meticcia.

Dovremo lottare ancora molto, ma il processo delle trasformazioni rivoluzionarie degli ultimi decenni non solo ha dato impulso a questa prospettiva, ma ha anche osservato quelle zone dove non si è avanzati a sufficienza e si sono persino riprodotti modelli e stereotipi razzisti.

In ogni modo quanto è accaduto ci rivela i vasi comunicativi tra un’ideologia ripudiabile ed estranea ai valori etici cittadini della nostra società e l’assimilazione acritica dei modelli culturali di consumo che non hanno niente a che vedere con la nostra idiosincrasia.

Sarebbe opportuno rinfrescare con l’arte il problema riflesso in tutta la sua complessità durante uno degli episodi della prima puntata della serie /Calendario/.

L’educazione antirazzista è un elemento inerente al socialismo cubano e tutto quello che si fa per inculcare questi precetti sarà sempre benvenuto e necessario.

 

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