Perù, un banco di prova per i colpi di Stato

Telma Luzzani

Mai i colpi di Stato in America Latina hanno avuto obiettivi puramente locali. Né i dittatori del XX secolo, formatisi alla Scuola delle Americhe presso la base USA a Panama, né i golpe ibridi del XXI secolo, in cui si combinano azioni altamente complesse del potere legislativo e/o giudiziario; i media; settori economici in grado di colpire il mercato e le tradizionali forze di polizia o militari. Da Pinochet e Videla sino alle destituzioni di Dilma Roussef, Fernando Lugo, Manuel Zelaya o Evo Morales, tutti hanno l’impronta inconfondibile degli interessi geopolitici e geoeconomici di Washington. Pedro Castillo non fa eccezione.

Il 6 dicembre, un giorno prima del rovesciamento di Castillo, l’ambasciatrice USA a Lima, Lisa Kenna, ha incontrato il generale (R) Emilio Gustavo Bobbio Rosas, nominato ministro della Difesa il giorno precedente, 5 dicembre. Bobbio è rimasto in carica solo 3 giorni, il sufficiente per aiutare a destituire Castillo e ordinare alle Forze Armate di non sostenere il legittimo presidente del Perù. Bobbio si è dimesso il 7 dicembre e gli è succeduto Alberto Otárola, il maggior responsabile della feroce repressione contro chi protestava contro il golpe e dei quasi 30 morti tra i manifestanti (finora).

L’ambasciatrice Lisa Kennan ha un curriculum che parla da sé: è stata agente della CIA per nove anni ed è una veterana del Pentagono. Quando ha incontrato Bobbio, si sapeva che il Congresso, come da mesi, cercava, ancora una volta, di destituire Castillo per presunta “incapacità morale” (cosa contemplata nella Costituzione peruviana). Si sapeva anche, come da mesi, che non avevano raccolto abbastanza voti per capovolgerlo “legalmente”. Come sono stati ottenuti i voti? Una versione non ancora dimostrata ma plausibile è che Castillo, con poca esperienza negli oscuri labirinti della politica, sia stato indotto a commettere un errore, non un’illegalità.

Secondo questa versione non provata, il presidente del Congresso, generale (R) William Zapata, uomo dei servizi segreti ed ex comandante in capo dell’esercito, è stato una degli autori intellettuali del piano che ha coinvolto la Contraloría  (ente fiscale superiore) e la Procura Nazionale, le FFAA, la polizia, settori di estrema destra del Congresso e la vicepresidentessa e successore di Castillo, Dina Boluarte. La notte prima del golpe, Castillo ha partecipato ad una riunione del Consiglio dei Ministri. Data la crisi prolungata in Perù e le permanenti vessazioni del Congresso contro il presidente (una delle tante umilianti provocazioni da parte del potere legislativo è stata quella di non consentirgli di lasciare il Paese per partecipare all’insediamento di Petro alla presidenza della Colombia), gli si raccomanda l’applicazione dell’articolo 134 della Costituzione che consente, “nei casi di ostruzionismo” lo scioglimento del Congresso e l’immediata convocazione di nuove elezioni legislative. A Castillo è stato assicurato che contava sul sostegno del popolo e delle FFAA per applicare questo articolo.

Questo è ciò che ha fatto Castillo la mattina dopo, il 7 dicembre. Ma il sostegno promesso non si è manifestato e, invece, è stato subito accusato di “tentativo golpista” e destituito. Lì il Congresso ha avuto i voti necessari. L’ambasciatrice Kenna ha subito twittato: “Gli USA respingono categoricamente qualsiasi atto extra costituzionale del presidente Castillo per impedire che il Congresso compia il suo mandato” senza menzionare che l’articolo 134 – citato da Castillo quella mattina – autorizza il presidente a fare ciò che ha fatto.

Il giorno seguente, 8 dicembre, mentre il presidente della Bolivia, Luis Arce, denuncia che “la destra peruviana ha tentato di rovesciare un governo democraticamente eletto dal popolo” e i suoi omologhi della Colombia, Gustavo Petro, e del Messico, Andrés Manuel López Obrador, riconoscono Castillo come presidente legittimo, Brian Nichols, sottosegretario del Dipartimento di Stato, riferisce che “gli USA danno il benvenuto alla presidentessa Dina Boluarte e non vedono l’ora di lavorare con la sua amministrazione per realizzare una regione più democratica, prospera e sicura”. Al culmine del cinismo, mentre i manifestanti peruviani venivano violentemente attaccati dalla polizia, Nichols conclude la sua nota dicendo: “Applaudiamo i peruviani mentre si uniscono a sostegno della loro democrazia”.

Gli affari sono affari.

 

Nonostante il Perù sia una democrazia “buona”, come dice ironicamente il politologo spagnolo Manolo Monereo, “una di quelle che rispetta l’economia di mercato, dà sicurezza agli investimenti stranieri e avvantaggia le grandi società con poco controllo e poche tasse”, si deve tener conto che “l’ordine neoliberale non nasce spontaneamente dalla natura bensì bisogna imporlo”. Il Perù è troppo prodigo di risorse naturali per permettere che la sua ricchezza sia lasciata al gioco democratico.

La Cordigliera delle Ande è la principale fonte di giacimenti minerari nel mondo. Secondo l’Istituto geologico USA (US Geological Survey), il Perù è il secondo produttore mondiale di argento, rame e zinco e il primo di oro, zinco, stagno, piombo e molibdeno in America Latina. È anche ricco di pietre preziose, terre rare, petrolio, gas, litio e uranio.

La nota attivista ed ex deputata del partito Podemos Perù, Cecilia García, ha denunciato il rapporto tra il colpo di Stato contro Castillo e il rinnovo delle concessioni minerarie, petrolifere ed elettriche in quel paese.

“Il 2023 è un anno chiave perché scadono e devono essere riesaminati almeno 37 progetti minerari. Devono essere approvate le concessioni per i lotti petroliferi nel nord, così come i contratti per lo sfruttamento del litio. Avevano bisogno di rimuovere il presidente dal potere durante l’anno 2023. Per questo motivo, nonostante le richieste popolari e le pressioni, Dina Boluarte ha indetto le elezioni per il 2024 e si rifiuta di anticiparle”.

Un altro punto di analisi per capire questo colpo di Stato è la guerra geoeconomica tra Washington e Pechino e la crescente rabbia degli USA nel vedere che la perdita della sua leadership è inversamente proporzionale all’avanzata inarrestabile della Cina.

Cosco Shipping Ports, uno dei colossi cinesi, sta costruendo il Terminal Portuale Multiscopo di Chancay, un mega porto di 992 ettari in grado di inviare 1500000 di container e 6 milioni di tonnellate di merci all’anno dal Sud America alla Cina e a tutta l’Asia. Il business è gigantesco ed i vantaggi reciproci, per la nostra regione e la Cina, sono enormi. Se a questo si aggiunge l’incorporazione del Perù al grande progetto cinese della “la franja y la ruta” (Nuova Via della Seta) e della strada bioceanica tra Perù e Brasile, che collega gli oceani Atlantico e Pacifico, si comprende l’ossessione di Washington per tenere sotto controllo Lima.

Il caso peruviano e il suo presunto caos permanente (seppure stabile in termini di concessioni per lo sfruttamento minerario, petrolifero e ittico) deve osservarsi con attenzione.

La nostra regione è, ancora una volta, un laboratorio di prova per la destabilizzazione democratica. Come la Bolivia, l’Argentina o il Brasile, il Perù è attualmente uno di quegli esperimenti.

(Tratto da El destape)

Perú, un campo de ensayo para los golpes de Estado

Por: Telma Luzzani

Nunca los golpes de Estado en América Latina tuvieron objetivos puramente locales. Ni los dictadores del siglo XX, entrenados en la Escuela de las Américas de la base norteamericana en Panamá, ni los golpes híbridos del siglo XXI, en los que se combinan complejísimas acciones de los poderes Legislativo y/o Judicial; los medios de comunicación; sectores empresariales capaces de dar golpes de mercado y las tradicionales fuerzas policiales o militares. Desde Pinochet y Videla hasta las destituciones de Dilma Roussef, Fernando Lugo, Manuel Zelaya o Evo Morales, todos tienen el sello inconfundible de los intereses geopolíticos y geoeconómicos de Washington. Pedro Castillo no es la excepción.

El 6 de diciembre, un día antes del derrocamiento de Castillo, la embajadora de EEUU en Lima, Lisa Kenna, se reunió con el general (R) Emilio Gustavo Bobbio Rosas, designado como ministro de Defensa el día anterior, 5 de diciembre. Bobbio estuvo solo 3 días en el cargo, lo suficiente para ayudar a destituir a Castillo y ordenar a las Fuerzas Armadas no apoyar al legítimo presidente de Perú. Bobbio renunció el 7 de diciembre y lo sucedió Alberto Otárola el máximo responsable de la feroz represión contra quienes protestaban en contra del golpe y de las casi 30 muertes de manifestantes (hasta ahora).

La embajadora Lisa Kennan tiene un prontuario que habla por sí solo: fue nueve años agente de la CIA y es veterana del Pentágono. Cuando se reunió con Bobbio, se sabía que el Congreso, como hace meses, buscaba una vez más destituir a Castillo por supuesta “incapacidad moral” (algo contemplado en la Constitución peruana). Se sabía también, como hace meses, que no juntaban los votos suficientes para voltearlo “legalmente”. ¿Cómo se consiguieron los votos? Una versión no comprobada aún pero verosímil es que Castillo, con poca experiencia en los oscuros laberintos de la política, fue inducido a cometer un error, no una ilegalidad.

Según esa versión no comprobada, el presidente del Congreso, general (R) William Zapata, hombre de los servicios de inteligencia y ex comandante general de ejército, fue uno de los autores intelectuales del plan que involucró a la Contraloría y la Fiscalía de la Nación, a las FFAA, a la policía, a sectores de extrema derecha del Congreso y a la vicepresidenta y sucesora de Castillo, Dina Boluarte. La noche anterior al golpe Castillo participó de una reunión de Consejo de Ministro. Dada la crisis continuada en Perú y el permanente acoso del Congreso contra el presidente (una de las muchas provocaciones humillantes de la Legislatura fue no permitirle salir del país para participar de la asunción de Petro como presidente de Colombia), se le recomienda la aplicación del artículo 134 de la Constitución que permite, “en casos de obstruccionismo” la disolución de Congreso y el llamado inmediato a nuevas elecciones legislativas. Se le aseguró a Castillo que contaba con el apoyo del pueblo y de las FFAA para aplicar este artículo.

Esto fue lo que hizo Castillo a la mañana siguiente, 7 de diciembre. Pero el apoyo prometido no apareció y, en cambio, fue rápidamente acusado de “intento golpista” y destituido. Ahí sí el Congreso tuvo los votos necesarios. La embajadora Kenna tuiteó de inmediato: “Estados Unidos rechaza categóricamente cualquier acto extraconstitucional del presidente Castillo para impedir que el Congreso cumpla con su mandato” sin mencionar que el artículo 134 –citado por Castillo esa mañana- faculta al presidente a hacer lo que hizo.

Al día siguiente, 8 de diciembre, mientras el presidente de Bolivia, Luis Arce, denuncia que “la derecha peruana intentó derrocar a un gobierno democráticamente electo por el pueblo” y sus pares de Colombia, Gustavo Petro y de México, Andrés Manuel López Obrador, reconocen como legítimo presidente a Castillo, Brian Nichols, subsecretario del Departamento de Estado informa que “EEUU da la bienvenida a la presidenta Dina Boluarte y espera trabajar con su administración para lograr una región más democrática, próspera y segura.” En el colmo del cinismo, mientras los manifestantes peruanos eran atacados con violencia por la policía, Nichols termina su nota diciendo: “Aplaudimos a los peruanos mientras se unen en apoyo a su democracia”.

Business are business.

A pesar de que Perú es una democracia de las “buenas”, como dice irónicamente el politólogo español Manolo Monereo, “una de esas que respeta la economía de mercado, da seguridad a las inversiones extranjeras y beneficia a las grandes empresas con poco control y pocos gravámenes”, se debe tener en cuenta que “el orden neoliberal no surge espontáneamente de la naturaleza sino que hay que imponerlo”. Perú es demasiado pródigo en recursos naturales como para dejar que su riqueza quede librada al juego democrático.

La Cordillera de los Andes es la principal fuente de depósitos minerales del mundo. Según el Instituto Geológico de EEUU (US Geolological Su rvey), Perú es el segundo productor de plata, cobre y zinc del mundo y el primero de oro, zinc, estaño, plomo y molibdeno en América Latina. Es además rico en piedras preciosas, tierras raras, petróleo, gas, litio y uranio.

La conocida activista y ex legisladora por el partido Podemos Perú, Cecilia García, denunció la relación entre el golpe de Estado contra Castillo y la renovación de las concesiones mineras, petroleras y de la energía eléctrica en ese país. “El 2023 es un año clave porque vencen y hay que reevaluar al menos 37 proyectos mineros. Hay que aprobar concesiones de lotes petroleros en el norte además de contratos para la explotación de litio. Necesitaban sacar al presidente del poder durante el año 2023. Por eso a pesar de los reclamos populares y la presiones, Dina Boluarte llamó a elecciones para el 2024 y se niega a adelantarlas”.

Otro punto de análisis para entender este golpe de Estado es la guerra geoeconómica entre Washington y Beijing y la creciente bronca de EEUU al ver que la pérdida de su liderazgo es inversamente proporcional al imparable avance de China. Cosco Shipping Ports, una de las gigantes chinas, está construyendo la Terminal Portuario Multipropósito de Chancay, un megapuerto de 992 hectáreas, capaz de enviar 1.500.000 de contenedores y 6 millones de toneladas de carga al año de América del Sur a China y a toda Asia. El negocio es gigantesco y los mutuos beneficios de nuestra región y China, enormes. Si a esto se suma la incorporación de Perú al gran proyecto chino de “la franja y la ruta” (Nueva Ruta de la Seda) y la carretera bioceánica entre Perú y Brasil, que conecta los océanos Atlántico y Pacífico, se entiende la obsesión de Washington por tener a Lima bajo control.

El caso peruano y su supuesto caos permanente (aunque estable en cuanto a las concesiones para la explotación minera, petrolera y pesquera) debe observarse detenidamente. Nuestra región es, una vez más, laboratorio de ensayo para la desestabilización democrática. Como Bolivia, Argentina o Brasil, Perú es en este momento uno de esos experimentos.

(Tomado de El destape)

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.