Da Martí a Fidel: un partito per l’unità

Il prossimo 26 marzo a Cuba ci saranno le elezioni e noi, sperando sia di vostro interesse, vi riproponiamo un articolo, apparso su Granma, il 26 marzo 2021, che ci sembra ancora attuale.

Persuadere, aggregare, mobilitare, educare sono sempre state parole d’ordine nel processo di emancipazione cubana, e per concretizzarle è stata indispensabile un’entità unificante: un partito.

La dispersione, il regionalismo, l’arma a doppio taglio contaminata da incoerenze e intrighi hanno ferito profondamente il petto di Cuba. Doveva essere curata in tempo, e altre lacerazioni dovevano essere evitate. Doveva essere salvato.

Dopo osservazioni “cliniche”, ai piedi della ferita, con una dose di intelligenza, di predicazione e di amor patrio, un giovane iniziò a far germogliare la pozione salvifica: l’unità; quel costoso e infallibile vaccino dell’arcipelago contro la disunità che aveva vanificato il suo primo tentativo di emancipazione e l’aveva costretto a rinviarlo. Nasceva allora la necessità di uno strumento politico per unire: un partito.

Passo dopo passo, spinto dalle idee di giustizia, sorse il talento politico del giovane José Martí, deciso a raggruppare gli elementi dispersi, ma fedeli alla Rivoluzione incompiuta, indebolita dalle “passioni del comando e della località che sfigurano e annullano gli impulsi più belli”. La spada “nessuno ce l’ha tolta, (…) l’abbiamo lasciata cadere”, disse l’Apostolo, dopo aver esaminato il clima di confusione che le lotte interne avevano creato. “Hanno consegnato le armi all’occasione fatidica, non al nemico.

Martí conosceva i dettagli di quel risveglio patriottico che accese la fiamma dell’indipendenza il 10 ottobre 1868 e la mantenne accesa per un decennio, anche se non raggiunse i suoi obiettivi, né ebbe l’esito desiderato. Sapeva anche che lo stesso sentimento che li aveva lanciati nella manigua era vivo in quei cubani, e che un nuovo tentativo e una fine vittoriosa, con la premessa dell’unità, erano tanto possibili quanto necessari.

Persuadere, unire, mobilitare, educare sono sempre state le parole d’ordine del movimento di emancipazione cubano, e per realizzarle è stata indispensabile un’entità unificante: un partito.

IL CASO E LA STORIA

 

Nel frattempo, nella convulsa Europa, sotto la guida di Vladimir Ilich Lenin, alcuni postulati del marxismo-leninismo passavano dai manuali alle azioni nei campi e nelle città della Russia zarista, sotto la guida di un’organizzazione bolscevica.

Sebbene il leader russo e il genio cubano non si conoscessero, quasi all’unisono usarono strumenti simili per scopi simili. Due eventi non collegati tra loro sono nati dalla stessa aspirazione alla giustizia.

Nell’idea del Partito Rivoluzionario Cubano, nei suoi obiettivi: organizzare la Guerra Necessaria per la liberazione definitiva della nostra patria e costruire “una nazione capace di assicurare la felicità duratura dei suoi figli e di adempiere nella vita storica del continente ai difficili doveri che la sua situazione geografica le indica”, ci sono componenti embrionali dell’attuale avanguardia politica del nostro popolo: il Partito Comunista di Cuba.

“I principi alla base della concettualizzazione (del nostro modello economico e sociale) si basano sull’eredità di Martí, sul marxismo-leninismo, sul pensiero del leader storico della Rivoluzione cubana, Fidel Castro Ruz, e sul lavoro della Rivoluzione stessa”, ha dichiarato il generale dell’esercito Raúl Castro.

Un percorso lungo e accidentato, fatto di successi e fallimenti, di crescita e apprendimento; un percorso fatto di eroismo e sacrifici a volte inusuali, segna il cammino dai giorni della fondazione di José Martí all’attuale Partito Comunista di Cuba.

Gli ostacoli non sono stati né piccoli né pochi. Sia coloro che sapevano che mantenere il colonialismo sull’isola selvaggia era già un’impossibilità, sia coloro che avevano l’ambizione di assaggiare il “frutto maturo”, hanno capito fin dall’inizio che, con l’unità, si sarebbe creato un ostacolo troppo fastidioso per le loro pretese espansionistiche, e non hanno risparmiato manovre per impedirlo.
Perché esiste un partito unico a Cuba?

Per tutto il XIX secolo, invocando le dottrine e le politiche del Destino manifesto, di Monroe e dei Frutti maturi”, ha ricordato Raúl al VII Congresso del nostro Partito, “diversi governanti americani hanno cercato di appropriarsi di Cuba e, nonostante l’eroica lotta dei Mambises, ci sono riusciti nel 1898, con l’ingannevole intervento alla fine della guerra…”.

“Occuparono militarmente il Paese (…), smobilitarono l’Esercito di Liberazione, sciolsero il Partito Rivoluzionario Cubano organizzato, fondato e guidato da José Martí, e imposero un’appendice alla Costituzione della nascente Repubblica, l’Emendamento Platt, che dava loro il diritto di intervenire nei nostri affari interni e di stabilire, tra l’altro, la Base Navale di Guantánamo”.

Non riuscirono a spegnere la fiamma dell’indipendenza, ma sacrificarono l’esistenza di molti compatrioti, circostanze in cui Cuba vide fiorire il più puro, il più nobile e il più coraggioso dei suoi abitanti, e quasi mai mancò un esempio di comunisti che ispirassero le battaglie di oggi.

EREDITÀ E CONTINUITÀ

Che simbolismo l’alleanza tra Carlos Baliño e Julio Antonio Mella nel 1925! Il primo, fondatore, insieme a Martí, del Partito Rivoluzionario Cubano, con il suo carico di saggezza, quasi nell’autunno della sua esistenza, insieme a Mella, appena ventiduenne, in un atto di lealtà e continuità, per fondare, tra loro, il primo Partito Comunista di Cuba.

Quattro anni dopo, quando Julio Antonio aveva solo 26 anni, esiliato in terra messicana e nel bel mezzo del trambusto rivoluzionario, fu ucciso da un sicario del tiranno Gerardo Machado. “Muoio per la rivoluzione”, disse il patriota nell’ultimo secondo del suo olocausto. Le sue idee avrebbero continuato a ispirare. In meno di cinque anni, la tirannia di Machado crollò di fronte all’assalto popolare rivoluzionario, tra le cui avanguardie, ancora una volta, c’erano i difensori delle idee socialiste.

Villena, Guiteras e altre figure di spicco della Rivoluzione in corso, come Pablo de la Torriente Brau, Rafael Trejo, Blas Roca, Raúl Roa e Carlos Rafael Rodríguez, furono visti sfidare i governi filo-imperialisti.

Altri partirono per la Spagna in quei giorni, spinti dalla vocazione alla fratellanza, come parte della brigata di volontari cubani che difendevano la causa di quella nazione, attaccata dagli eserciti fascisti durante la guerra civile. Pablo de la Torriente morì lì.

LA MONCADA

 

Con queste idee, con questi nobili sogni, con questi esempi, i giovani del Centenario erano pieni di queste idee il 26 luglio 1953, quando attaccarono la più grande fortezza militare di Santiago di Cuba. Portavano Martí nella loro mente e come leader un marziano che stava entrando per sempre nella storia, già abbracciato dalla dottrina marziano-marxista. Quel giorno iniziò l’ultima fase della lotta per l’indipendenza dell’isola, alla quale si unirono, con lo stesso sentimento patriottico, altre organizzazioni rivoluzionarie come la Direzione degli Studenti Universitari e il Partito Socialista Popolare.

Tali erano le lotte patriottiche, pro-indipendenza e anti-imperialiste. Si dovette pagare un prezzo pesante in vite e privazioni, ma la patria rispose a ogni oltraggio e a ogni usurpazione dell’ideale di indipendenza e sovranità.

Come ha sottolineato lo stesso Raúl, “la condizione neocoloniale di Cuba, che ha permesso agli Stati Uniti di esercitare un controllo totale sulla vita economica e politica dell’isola fin dal 1899, ha frustrato, ma non annientato, il desiderio di libertà e indipendenza del popolo cubano”. Esattamente 60 anni dopo, il 1° gennaio 1959, con il trionfo della Rivoluzione guidata dal Comandante in capo Fidel Castro, eravamo definitivamente liberi e indipendenti”.

Una volta che la Rivoluzione è stata al potere, l’unità, come scudo infallibile contro coloro che sognano di distruggerla, è stata una preoccupazione permanente. Una volta superate alcune nicchie di settarismo, si passò alle Organizzazioni Rivoluzionarie Integrate e poi al Partito Unito della Rivoluzione Socialista (PURS), da cui nacque il Partito Comunista di Cuba all’inizio di ottobre del 1965.

L’incredibile resistenza di questo arcipelago di fronte alle minacce e alle ostilità poggia sulla guida sicura di Fidel e Raul. Con questa eredità, tradizione di lealtà, unità, resistenza e vittoria – armi insostituibili – il nostro Partito Comunista e il suo popolo arrivano all’8° Congresso in un momento cruciale.

Cuba, il Paese che ha imparato a superare sfide incredibili, che non sottovaluta né teme il pericolo, sostiene la sfida della continuità; la stessa sfida che irrita e scuote di impotenza i suoi nemici, poveri incapaci che non si rendono conto che è convinzione di questo popolo, fidelista e martiano, non abbassare mai i propri vessilli.

Fonte: Granma

Traduzione: italiacuba.it

 

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