Dina: NO al popolo, SI all’Impero

Il sindaco di Lima non ha esitato a sostenere Dina Boluarte e ha assicurato che il suo gabinetto è “uno dei migliori che abbia mai visto”.

La crisi politica e sociale del Perù continua ad aggravarsi con un presidente imposto e sostenuto finora dall’oligarchia locale e dall’imperialismo, con un Congresso screditato e controllato dalla destra, riluttante ad anticipare le elezioni che lo farebbero sparire, pur di mantenere il suo mandato fino al 2026.

Non importa il rifiuto della presidente ad interim Dina Boluarte da parte di quasi l’80% dei peruviani e la violenta repressione delle manifestazioni popolari contro di lei, perché i media mainstream giustificano persino l’uccisione virtuale dei suoi partecipanti, per lo più indigeni, che chiedono le sue dimissioni, lo scioglimento del Congresso, nuove elezioni e una Costituzione che sostituisca quella imposta da Alberto Fujimori.

La Boluarte si è detta una donna di sinistra, ha aderito a un partito di ideologia marxista e si è arrampicata fino alla vicepresidenza della nazione, da dove ha cospirato e tradito il presidente legittimo, Pedro Castillo, santificando la sua ingiusta incarcerazione, tutte le magagne della procuratrice generale Patricia Montesinos e alleandosi con l’ultradestra Keiko Fujimori, di cui due anni prima aveva detto che l’avrebbe rinchiusa per i suoi vari reati di corruzione.

Non so quanto durerà l’appoggio dell’ultradestra al suo governo ad interim, e se sarà motivato da altri aspiranti al potere che, pur rimanendo nei ranghi della reazione, si oppongono a Keiko, soprattutto ora che Boluarte la appoggia in tutto ciò che chiede.

Tanto che i media non sospettabili di essere progressisti hanno titolato gli articoli con questa affermazione: “Dina Baluarte china il capo a Keiko Fujimori dopo l’irruzione di Joaquín Ramírez”, un boss mafioso sotto le sembianze di un sindaco che ha appoggiato gli affari di Keiko e l’ha sostenuta finanziariamente.

Il partito pro-Fujimori Forza Popolare aveva chiesto che i ministri di Keiko non testimoniassero sul caso di Joaquín Ramírez e che evitassero di tenere conferenze stampa su questo tema, che pone la figlia dell’ex dittatore Alberto Fujimori come membro chiave del braccio politico del clan Ramírez.

NESSUN “GROVIGLIO”.

Come i criminali dell’era batistiana a Cuba sostenevano che le accuse sui loro crimini facevano parte di un groviglio contro di loro, così Joaquín Ramírez ha giustificato ciò che gli sta accadendo, indicando alcuni personaggi anche a destra che si oppongono al Fujimorismo e che invidiano il suo potere politico e la sua ricchezza “ben guadagnata”.

In questo contesto, il Ministro degli Interni, Vicente Romero, ha dichiarato in una conferenza stampa dopo un’operazione in cui sono state sequestrate 214 proprietà legate a Ramírez, che si tratta del secondo “più grande caso di riciclaggio di denaro” in Perù dopo il caso Orellana.

“Dopo il caso Orellana, questo è il più grande caso di riciclaggio di denaro in Perù. Saranno sequestrati più di 1 miliardo di dollari in una media di 295 beni, edifici, veicoli, aerei, simulatori e immobili. Questo ci permette di capire la dimensione di come il denaro viene nascosto attraverso il riciclaggio”, ha dichiarato.

Secondo la tesi del procuratore, a seguito dell’indagine preliminare avviata contro Joaquín Ramírez nel 2019, all’attuale sindaco di Cajamarca viene attribuito il reato di riciclaggio di beni per aver partecipato al finanziamento illecito della campagna presidenziale di Keiko Fujimori, quando ricopriva il ruolo di segretario generale di Fuerza Popular. Questo movimento irregolare di denaro è stato effettuato a danno dell’Università Alas Peruanas (UAP) e dello Stato.

La Procura ha dichiarato che durante il periodo in cui Ramírez era a capo dell’Università Alas Peruanas, sono stati simulati contratti milionari attraverso società di facciata per l’acquisto e la rivendita di beni immobili, oltre ad altre attività, con l’obiettivo di trasferire fondi alla campagna presidenziale di Keiko Fujimori.

Secondo la struttura dell’organizzazione criminale dedita alla presunta commissione di riciclaggio di denaro, il braccio politico sarebbe stato composto dalla leader di Fuerza Popular, Keiko Fujimori, e da Piar Figara, ex consigliere della figlia di Alberto Fujimori. La loro funzione sarebbe stata quella di catturare fondi illeciti per ottenere potere politico e, con questo, schermare l’organizzazione criminale.

CONTINUERANNO A PROTEGGERLA?

Per Keiko, che è attualmente indagata nel caso Cocktails – un caso di riciclaggio di contributi illegali nelle elezioni del 2011 e del 2016 – questo è il secondo caso in cui è stata coinvolta dalla Procura.

Se alla fine sarà effettivamente condannata rimane un dubbio per molti, mentre ora gode del favore di un presidente che sta persino cercando di dare il via libera a un’amnistia per suo padre.

Il presidente è temporaneamente a casa per motivi di salute e deve continuare a scontare la sua pena di 25 anni nel carcere di Barbadillo, dove è ingiustamente rinchiuso l’ex presidente Pedro Castillo, e ora è appena arrivato un altro ex presidente, Alejandro Toledo, estradato dagli Stati Uniti per rispondere alle accuse di corruzione, per le quali finora non ci sono prove convincenti.

Fujimori è stato condannato, tra gli altri crimini, per il massacro di civili durante la lotta contro la guerriglia, ma non per aver inconsapevolmente sterilizzato più di 3.000 donne indigene.

Fonte: CubaSi

Traduzione: italiacuba.it

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