Alcune lezioni dall’esperienza cubana di fronte al blocco

Jose Ernesto Nováez Guerrero

L’autore descrive la resistenza di Cuba nella sua lotta per l’indipendenza e la battaglia che ha condotto, per più di 60 anni, contro il ferreo blocco imposto dagli USA per il solo motivo di non rinunciare alla sua libertà e autodeterminazione.

Siamo di fronte a un mondo in cambiamento. L’egemonia delle vecchie potenze emergenti è contesa da nuovi attori e si sta configurando un potente blocco di resistenza tra regioni del mondo che sembrano estremamente distanti geograficamente, ma che si avvicinano molto per volontà di sovranità e rispetto reciproco ai loro diverse processi politici e sociali.

Le sanzioni si sono convertite in moneta comune utilizzata dall’imperialismo USA per punire quei paesi ed i loro popoli. In questo senso conviene ripercorrere l’esperienza di Cuba, piccolo Paese caraibico che ha resistito, per più di sessant’anni, al ferreo blocco imperiale senza rinunciare alla propria autodeterminazione. Comprendere le radici storiche dello scontro tra USA e Cuba e trarre alcune lezioni dall’esperienza cubana può essere utile per la lotta nel momento presente.

Radici della disputa tra Cuba e USA

 

Almeno dal 1812 Cuba fa parte dei piani di espansione territoriale USA. Thomas Jefferson, terzo presidente di quel paese, considerava Cuba il nec plus ultra dell’espansione verso est. Cuba riuniva, per gli interessi imperiali della giovane nazione nordamericana, due requisiti desiderabili: la sua posizione geografica privilegiata all’ingresso del Golfo del Messico e la sua vicinanza alle coste nordamericane, ciò che avrebbe permesso difenderla agevolmente senza necessità di una potente marina da guerra, qualcosa che mancava al paese all’inizio del XIX secolo.

Questo iniziale interesse aiuta a comprendere il ruolo di Cuba nel plasmare la politica estera USA verso l’America Latina durante il XIX secolo e la prima metà del XX secolo, ed in particolare le sue relazioni con Cuba.

Di fronte al rifiuto spagnolo di vendere l’isola, gli USA seguirono una linea netta: mantenere l’isola nelle mani più deboli possibili in modo che, giunto il momento, potesse essere portata via senza grosse difficoltà. Così, di fronte ai desideri britannici e francesi, gli USA finanziarono, sostennero e tollerarono le azioni delle forze militari spagnole contro gli insorti cubani, durante la seconda metà del XIX secolo.

E nel 1898, gli USA trovarono nell’esplosione della corazzata Maine nella baia dell’Avana la scusa perfetta per intervenire nella guerra tra cubani e spagnoli; in quella che è nota nella storiografia cubana come la guerra ispano-cubana nordamericana. Come esito del suo intervento, la Spagna, sconfitta su tutta la linea, si arrese agli USA, disconoscendo i belligeranti cubani.

Iniziò una fase di occupazione militare (1898-1902) che terminò solo con la nascita di una prima Repubblica di Cuba completamente mutilata nella sua indipendenza dall’appendice chiamato Emendamento Platt. Questa imposizione lasciava l’Isola dei Pini al di fuori della sovranità cubana, forzava l’isola a firmare un Trattato di Basi Navali e Carboniere con il quale Cuba fu riempita di basi militari (e come residuo di quel trattato sopravvive l’illegale Base Navale di Guantánamo) e dava agli USA il ​​diritto di intervenire a Cuba ogni volta che riteneva che la “democrazia” e la “libertà” fossero in pericolo. In pratica, ciò sostenne una nuova invasione militare (1906-1909) e una politica di permanente minaccia di intervento come elemento di pressione politica sul paese e fomentando instabilità e cospirazione, in accordo con i propri interessi.

Questa politica di intervento armato fu il complemento di un’aggressiva politica di penetrazione economica che, durante la prima metà del XX secolo, convertì l’isola in una neocolonia nordamericana. Tanto che i presidenti eletti a Cuba, prima di parlare con il popolo che lo aveva eletto, chiamavano l’ambasciatore USA.

Come risultato di questo processo, l’industria dello zucchero, all’epoca il principale settore economico del paese, divenne, in gran parte, proprietà del capitale nordamericano. Le aziende agricole USA s’impossessarono delle migliori terre del paese. La United Fruit Company, ad esempio, giunse a possedere più del 60% delle terre coltivabili nell’oriente di Cuba. Le banche, l’elettricità, le raffinerie dove veniva lavorato il carburante che il Paese acquistava all’estero, i trasporti pubblici, il servizio telefonico, le principali industrie, erano tutte proprietà USA.

La quota di zucchero, che era il nome della quantità di zucchero che gli USA acquistavano ogni anno da Cuba, cosa che era vitale per l’economia dell’isola, era anche uno strumento di coercizione e ricatto politico.

I risultati di questo totale dominio USA per Cuba furono in due direzioni fondamentali: da un lato, corruzione e debolezza del potere esecutivo, perdita della sovranità nazionale, precarizzazione della qualità di vita del popolo cubano e, dall’altro, radicalizzazione dell’atteggiamento antimperialista del popolo cubano, comprensione, da una parte della popolazione, che l’unica alternativa era la trasformazione rivoluzionaria dell’ordine delle cose e il riscatto e rivendicazione del simboli costitutivi della nazione cubana, in particolare della figura di José Martí, molto svuotata di contenuto dalla Repubblica neocoloniale.

Questo desiderio e dominio nordamericano e la profondità dell’antimperialismo maturato nel popolo cubano, spiegano sia la genocida persistenza del blocco nordamericano sia l’eroica resistenza del popolo cubano.

Il blocco e le sue conseguenze sul popolo cubano

 

Le tensioni e pressioni USA iniziano fin dai primi giorni del trionfo rivoluzionario del 1959. Quanto accaduto a Cuba aveva colto completamente di sorpresa i servizi segreti e il governo USA. Un guerrigliero aveva sconfitto un esercito moderno, dotato di armi estremamente costose e addestrato nei migliori college militari USA.

E Cuba. Appena mezzo migliaio di guerriglieri inferiori in armi, senza aviazione né blindati, avevano sconfitto, nell’agosto 1958, un’offensiva di oltre 10000 soldati, aviazione, artiglieria, blindati e supporto di fuoco da parte delle batterie delle navi da guerra e avevano lanciato un’offensiva verso il centro e ad occidente del paese che aveva ottenuto vittorie straordinarie.

Il governo rivoluzionario, nato nel gennaio 1959, era figlio di forze estremamente eterogenee e questo portò a numerose tensioni e contraddizioni interne, ma aveva nell’antimperialismo un potente legante. L’aggressività USA crebbe man mano che la politica sociale del governo muoveva i primi passi.

Non solo iniziarono a tagliare la quota di zucchero, ma inoltre finanziarono e addestrarono innumerevoli bande armate che cominciarono ad operare fondamentalmente nel centro e nell’occidente del Paese. E anche la minaccia di un intervento militare era ampiamente brandita.

Emanata dai desideri più profondi del popolo cubano e coerente con essi, la Rivoluzione intraprese un insieme di misure di carattere popolare, come la diminuzione degli affitti delle case e l’aumento dei salari e dell’occupazione. Ma il provvedimento che scatenò l’acuirsi delle contraddizioni fu la firma, il 17 maggio 1959, della Prima Legge di Riforma Agraria. Con questa legge iniziava la più profonda riforma agraria delle Americhe, spezzando definitivamente la spina dorsale della grande proprietà terriera e agricola a Cuba.

A questi prime misure ne seguirono altre con le quali il governo rivoluzionario rispondeva alle aggressioni e ai ricatti. Il punto di maggiore inasprimento della contesa tra le due nazioni si ebbe nel 1960 con la campagna di nazionalizzazione in cui la Rivoluzione, in un rapido processo di riconquista della sovranità, sequestrò tutta la grande proprietà USA a Cuba, comprese le banche. Questo crescendo ebbe due punti critici nell’invasione mercenaria di Cuba, nell’aprile 1961, con l’appoggio militare USA e nella cosiddetta Crisi dei Missili nell’ottobre 1962.

Di fronte all’attacco ai suoi interessi economici e alla decisione di Cuba di non cedere un briciolo della sua sovranità nazionale recentemente conquistata, la risposta USA, oltre all’aperta ostilità, fu l’applicazione di una serie di misure economiche che, nel corso degli anni, sono state codificate e perfezionate sino a formare il Blocco come lo conosciamo oggi.

L’intenzione dichiarata di queste misure è generare penuria e sofferenza nel popolo cubano, portandolo a un’esplosione contro il governo rivoluzionario. Per le caratteristiche della sua esecuzione, è inumano, perché nega al popolo cubano l’accesso a prodotti alimentari e medici di prima necessità ed extraterritoriali, perché l’Ufficio del Tesoro USA si arroga il diritto di sanzionare paesi terzi per avere relazioni commerciali con Cuba.

Nel 1992 il Blocco divenne Legge e, nel 1996, fu aggiunta la Legge Helms-Burton, che non solo intensifica l’aggressione, ma ignora completamente la sovranità e l’autodeterminazione del popolo cubano.

Con Donald Trump, l’aggressività s’incrementò ancor più. Trump non solo ha attivato il Titolo III della Helms-Burton (cosa che altri governi, compreso quello di Clinton sotto il quale era stato approvato, avevano evitato) consentendo che gli eredi di qualsiasi cittadino USA o cittadino cubano, all’epoca delle nazionalizzazioni, che poi si sia convertito in cittadino USA, avvii procedimenti legali contro terzi, di qualsiasi paese, che facciano affari con Cuba e utilizzino una qualsiasi delle proprietà nazionalizzate, ma ha anche iniziato a perseguitare le navi che trasportavano carburante nel paese e ricattare compagnie di navigazione e assicuratrici.

Il costo umano di questi 63 anni di assedio prolungato è praticamente incalcolabile. In cifre, l’ammontare delle perdite subite dall’economia nazionale cubana a causa del blocco o derivate direttamente da esso ammonta a più di 154217,3 milioni di $. Solo tra agosto 2021 e febbraio 2022, il blocco ha causato perdite per circa 3806,5 milioni di $ Nei primi 14 mesi di governo di Joe Biden le perdite per il Paese si aggirano intorno ai 15 milioni al giorno e raggiungono più di 454 milioni al mese [1]. Per avere un’idea economica del costo di queste perdite per il futuro di Cuba, si stima che il Paese abbia bisogno di almeno tre miliardi di $ di investimenti annuali per crescere intorno al 5% e garantire uno sviluppo sostenuto. Con quanto si perde a causa del Blocco, si potrebbe decisamente modificare l’andamento economico del Paese.

I numeri non esprimono appieno una tragedia umana che non ha avuto dimensioni catastrofiche per la capacità di resilienza della Rivoluzione cubana e per la politica di giustizia sociale di questo progetto che ha parzialmente attenuato l’impatto di queste misure sulla popolazione.

Lezioni dal blocco di Cuba

 

La prima e più importante lezione del Blocco è che queste misure da sole non sconfiggono un popolo convinto della verità e giustizia della propria causa. Il rischio maggiore in queste circostanze risiede nella progressiva usura del progetto e nel fatto che possa perdere le sue linee guida fondamentali.

L’esperienza di Cuba dimostra che le nazioni sottoposte ad assedi di questa dimensione possono e devono trovare modi per aggirare gli ostacoli e raggiungere un funzionamento relativo delle loro economie. Dimostra anche che la chiave della sopravvivenza delle piccole nazioni contro quelle potenti è tessere un sistema di alleanze internazionali il più ampio e diversificato possibile, che garantisca che per ogni porta che si chiude, se ne aprano diverse. In questo senso, la diplomazia della Rivoluzione cubana ha svolto un ruolo fondamentale e Cuba è stata promotrice di numerosi meccanismi di coordinamento internazionale, mettendo in evidenza il Movimento dei Non Allineati.

Un’altra lezione importante è che solo la giustizia sociale garantisce che un popolo sottoposto a un criminale assedio possa evitarlo e, allo stesso tempo, ottenere tassi significativi in ​​termini di istruzione o assistenza sanitaria. Solo questo spiega perché Cuba viva una crisi durissima, con profonde carenze materiali e, allo stesso tempo, tutta la sua popolazione, compresi i minori di 16 anni, sia stata vaccinata contro il covid 19 con vaccini di produzione propria.

Di fronte all’assedio, i piccoli paesi devono puntare sullo sviluppo della loro risorsa più importante: la propria popolazione. L’investimento nell’istruzione, in particolare nell’istruzione superiore, è fondamentale per garantire al Paese i tecnici, gli ingegneri, i medici, gli scienziati, indispensabili per superare le sfide che comporta far funzionare una società e risolvere le sue crisi in condizioni di permanente eccezionalità.

Le misure sanzionatorie dimostrano la necessità, per i Paesi che puntano su un modello alternativo a quello del grande capitale occidentale, dell’emergere di un mondo multipolare. Nessun progetto sopravvive isolato.

Infine, va anche notato che per la nascita di un mondo nuovo non basta l’eroica resistenza di progetti come quello cubano. Resistere garantisce solo il diritto di provare. La resistenza ha pienamente senso solo quando è parte di un progetto di giustizia e sovranità all’interno dei paesi e di equità, inclusione, opportunità e redistribuzione della ricchezza su scala internazionale. Non è resistere tanto per resistere, ma resistere affinché nasca effettivamente un mondo nuovo per tutti i popoli


Algunas lecciones de la experiencia cubana ante el Bloqueo

José Ernesto Nováez Guerrero

El autor describe la resistencia de Cuba en su lucha por la independencia y la batalla que por más de 60 años libra contra el férreo bloqueo impuesto por los Estados Unidos por la sola razón de no renunciar a su libertad y autodeterminación.

Estamos ante un mundo cambiante. La hegemonía de los viejos poderes emergentes está siendo disputada por nuevos actores y un poderoso bloque de resistencia se configura entre regiones del mundo que parecieran sumamente distantes en lo geográfico, pero que se acercan mucho por su voluntad de soberanía y el respeto mutuo a sus diversos procesos políticos y sociales.

Las sanciones se han convertido en moneda de uso común por el imperialismo norteamericano para castigar a esos países y sus pueblos. En ese sentido, conviene revisitar la experiencia de Cuba, pequeño país del Caribe que ha resistido durante más de sesenta años el férreo bloqueo imperial sin renunciar a su autodeterminación. Entender las raíces históricas del enfrentamiento entre Estados Unidos y Cuba y extraer algunas lecciones de la experiencia cubana puede ser útil para la lucha en el momento actual.

Raíces del diferendo entre Cuba y EE.UU.

Desde al menos 1812 Cuba forma parte de los planes de expansión territorial estadounidenses. Thomas Jefferson, tercer presidente de ese país, consideraba a Cuba el nec plus ultra de la expansión hacia el este. Cuba reunía, para los intereses imperiales de la joven nación norteamericana, dos requisitos apetecibles: su posición geográfica privilegiada a la entrada del Golfo de México y su cercanía a las costas norteamericanas, lo que permitiría defenderla con facilidad sin necesidad de una marina de guerra potente, algo de lo que carecía el país a principios del siglo XIX.

Este temprano interés ayuda a entender el papel de Cuba en la configuración de la política exterior norteamericana hacia América Latina durante el siglo XIX y la primera mitad del siglo XX y en especial sus relaciones con Cuba.

Ante la negativa española a vender la Isla, EE.UU. siguió una clara línea: mantener la Isla en las manos más débiles posibles para, llegado el momento, poder arrebatarla sin grandes dificultades. Así, ante las apetencias inglesas y francesas, EE.UU. financió, apoyó y toleró las acciones de las fuerzas militares españolas en contra de los insurgentes cubanos durante la segunda mitad del siglo XIX.

Y en 1898, los EE.UU. encuentran en la explosión del acorazado Maine en la Bahía de la Habana la excusa perfecta para intervenir en la guerra entre cubanos y españoles en la que se conoce en la historiografía cubana como la guerra hispano-cubana-norteamericana. Como resultado de su intervención, España, derrotada en toda la línea, se rindió a EE.UU. desconociendo a los beligerantes cubanos.

Inició una etapa de ocupación militar (1898-1902) que solo concluyó con el nacimiento de una primera República de Cuba completamente mutilada en su independencia por el apéndice llamado Enmienda Platt. Esta imposición dejaba fuera de la soberanía cubana la Isla de Pinos, forzaba a la isla a firmar un Tratado de Bases Navales y Carboneras por el cual Cuba se llenó de bases militares (y como residuo de ese tratado sobrevive la ilegal Base Naval de Guantánamo) y le daba a EE.UU. el derecho a intervenir en Cuba cada vez que considerara que la “democracia” y “libertad” estaban en peligro. En la práctica, esto sustentó una nueva invasión militar (1906-1909) y una política de permanente amenaza de intervención como elemento de presión política sobre el país y fomentando la inestabilidad y la conspiración, acorde con sus intereses.

Esta política de intervención armada fue el complemento de una agresiva política de penetración económica que durante la primera mitad del siglo XX convirtió a la Isla en una neocolonia norteamericana. Tanto es así que los presidentes electos en Cuba antes de hablar con el pueblo que los había elegido, llamaban al embajador estadounidense.

Como resultado de este proceso la industria azucarera, principal sector económico del país en la etapa, pasó a ser en su mayor parte propiedad del capital norteamericano. Las compañías agrícolas estadounidenses se apoderaron de las mejores tierras del país. La United Fruit Company, por ejemplo, llegó a poseer más del 60 por ciento de las tierras cultivables en el Oriente cubano. La banca, la electricidad, las refinerías donde se procesaba el combustible que el país adquiría en el exterior, el transporte público, la telefonía, las principales industrias, eran todas propiedades norteamericanas.

La cuota azucarera, que era el nombre de la cantidad de azúcar que EE.UU. compraba a Cuba cada año, algo que era vital para la economía de la Isla, era también una herramienta de coacción y chantaje político.

Los resultados de este total dominio norteamericano para Cuba fueron en dos direcciones fundamentales: por una parte corrupción y debilidad del poder ejecutivo, pérdida de soberanía nacional, precarización de la calidad de vida del pueblo cubano y, por el otro, radicalización de la actitud antimperialista del pueblo cubano, comprensión por una parte de la población de que la única alternativa era la transformación revolucionaria del orden de cosas y rescate y reivindicación de los símbolos constitutivos de la nación cubana, particularmente de la figura de José Martí, muy vaciado de contenido por la República neocolonial.

Esta apetencia y dominación norteamericana y la profundidad del antiimperialismo que maduró en el pueblo cubano, explican tanto la genocida persistencia del Bloqueo norteamericano como la heroica resistencia del pueblo cubano.

El Bloqueo y sus consecuencias sobre el pueblo cubano

Las tensiones y presiones norteamericanas inician desde los primeros días del triunfo revolucionario de 1959. Lo ocurrido en Cuba había tomado totalmente por sorpresa a los servicios de inteligencia y al gobierno norteamericano. Una guerrilla había derrotado a un ejército moderno, equipado con armamento sumamente costoso y entrenado en los mejores colegios militares de EE.UU.

Y Cuba. Apenas medio millar de guerrilleros inferiores en armas, sin aviación ni blindados, habían derrotado en agosto del 58 una ofensiva de más de 10 mil soldados, aviación, artillería, blindados y apoyo de fuego por parte de las baterías de los barcos de guerra y habían emprendido una ofensiva hacia el centro y occidente del país que había logrado victorias extraordinarias.

El gobierno revolucionario nacido en enero de 1959 era hijo de fuerzas sumamente heterogéneas y eso conllevó a numerosas tensiones y contradicciones internas, pero tenía en el antimperialismo un poderoso aglutinante. La agresividad estadounidense se fue haciendo mayor en la medida en que política social del gobierno daba los primeros pasos.

No solo comenzaron a recortar la cuota azucarera, sino que además financiaron y entrenaron infinidad de bandas armadas que comenzaron a operar en el centro y occidente del país fundamentalmente. Y la amenaza de una intervención militar era ampliamente esgrimida también.

Emanada de los anhelos más profundos del pueblo cubano y coherente con ellos, la Revolución emprendió un conjunto de medidas de carácter popular, tales como la disminución de los alquileres de las viviendas y el aumento de los salarios y el empleo. Pero la medida que desencadenó la agudización de las contradicciones fue la firma, el 17 de mayo de 1959, de la Primera Ley de Reforma Agraria. Con esta ley se iniciaba la reforma agraria más profunda de América, quebrando definitivamente la columna vertebral de la gran propiedad terrateniente y agrícola de Cuba.

A estas primeras medidas siguieron otras con las cuales el gobierno revolucionario respondía a las agresiones y chantajes. El punto de mayor agudización del diferendo entre ambas naciones, se dio en 1960 con la campaña de nacionalización en la cual la Revolución, en un rápido proceso de reconquista de soberanía, intervino toda la gran propiedad norteamericana en Cuba, incluyendo la banca. Este crescendo tuvo dos puntos críticos en la invasión mercenaria a Cuba en abril de 1961, con apoyo militar estadounidense, y en la denominada Crisis de los Misiles en octubre de 1962.

Ante el ataque a sus intereses económicos y la decisión de Cuba de no ceder un ápice en la recién ganada soberanía nacional, la respuesta de EE.UU. además de la hostilidad abierta, fue la aplicación de un conjunto de medidas económicas que, con el paso de los años, se han ido codificando y perfeccionando hasta conformar el Bloqueo tal y como hoy lo conocemos.

La intención declarada de estas medidas es generar escasez y sufrimiento en el pueblo cubano, que lo lleven a un estallido en contra del gobierno revolucionario. Por las características de su ejecución es inhumano, porque niega el acceso del pueblo cubano a alimentos y productos médicos de primera necesidad y extraterritorial, porque la Oficina del Tesoro norteamericana se arroga el derecho a sancionar a terceros países por tener relaciones comerciales con Cuba.

En 1992 el Bloqueo se convierte en Ley y en 1996 se la añade la Ley Helms-Burton, que no solo agudiza la agresión, sino que además desconoce totalmente la soberanía y autodeterminación del pueblo cubano.

Con Donald Trump la agresividad escaló aún más. Trump no solo activó el Título III de la Helms-Burton (algo que otros gobiernos, incluyendo el de Clinton bajo el cual se aprobó, habían evitado) permitiendo que los herederos de cualquier ciudadano norteamericano o ciudadano cubano en la época de las nacionalizaciones que luego se haya convertido en ciudadano norteamericano, entablen procesos legales contra terceros de cualquier país que hagan negocios con Cuba y usen alguna de las propiedades nacionalizadas, sino que además comenzó a perseguir los buques que transportaban combustibles hasta el país y chantajear a las navieras y las aseguradoras.

El costo humano de estos 63 años de asedio sostenido es prácticamente incalculable.  En números, el monto de las pérdidas a la economía nacional cubana producto del Bloqueo o derivadas directamente de este ascienden a más de 154 217, 3 millones de dólares. Solo entre agosto de 2021 y febrero de 2022, el Bloqueo provocó pérdidas en torno a los 3 806, 5 millones de dólares. En los primeros 14 meses del gobierno de Joe Biden, las pérdidas para el país rondan los 15 millones por día y llegan a más de 454 millones por mes[1]. Para que se tenga una idea económica del costo de estas pérdidas para el futuro de Cuba, se estima que el país necesita al menos tres mil millones de inversión anual para crecer en torno al cinco por ciento y garantizar un desarrollo sostenido. Con lo que se pierde por el Bloqueo se pudiera modificar decisivamente el curso económico del país.

Los números no expresan cabalmente una tragedia humana que no ha sido de dimensiones catastróficas por la capacidad de resiliencia de la Revolución cubana y por la política de justicia social de este proyecto que ha atenuado en parte el impacto de estas medidas sobre la población.

Lecciones del Bloqueo a Cuba

La primera y más importante lección del Bloqueo es que estas medidas por si solas no vencen a un pueblo convencido de la verdad y justicia de su causa. El riesgo mayor en estas circunstancias reside en el desgaste progresivo del proyecto y en que este pueda perder sus directrices fundamentales.

La experiencia de Cuba demuestra que las naciones sometidas a asedios de esta dimensión pueden y deben encontrar caminos para crear los obstáculos y lograr un funcionamiento relativo de sus economías. También demuestra que la clave de la supervivencia de las naciones pequeñas en contra de las poderosas, es tejer un sistema de alianzas internacionales lo más amplio y diverso posible que garanticen que por cada puerta que se cierre, se abran varias. En este sentido la diplomacia de la Revolución cubana ha jugado un papel fundamental y Cuba ha sido impulsora de numerosos mecanismos de articulación internacional, destacando el Movimiento de los No Alineados.

Otra lección importante es que solo la justicia social garantiza que un pueblo sometido a un asedio criminal pueda sortearlo y, al mismo tiempo, obtener índices significativos en materia de educación o atención de salud. Solo eso explica que Cuba viva una crisis muy dura, con profundas carencias materiales y, al mismo tiempo, toda su población, incluyendo los menores de 16 años, hayan sido vacunados contra la covid 19 con vacunas de producción propia.

Ante el asedio los países pequeños deben apostar por el desarrollo de su recurso más importante: su población. La inversión en educación, sobre todo en educación superior, es clave para garantizar que el país tenga los técnicos, ingenieros, doctores, científicos, indispensables para sortear los retos que implica hacer funcionar una sociedad y resolver sus crisis en condiciones de permanente excepcionalidad.

Las medidas sancionatorias demuestran la necesidad, para los países que apuestan por un modelo alternativo al del gran capital occidental, de la emergencia de un mundo multipolar. Ningún proyecto sobrevive aislado.

Por último, conviene apuntar también que para el nacimiento de un mundo nuevo, no basta con la resistencia heroica de proyectos como el cubano. Resistir solo garantiza el derecho a intentar. La resistencia solo se llena plenamente de sentido cuando forma parte de un proyecto de justicia y soberanía al interior de los países y de equidad, inclusión, oportunidades y redistribución de la riqueza a escala internacional. No es resistir por resistir, sino resistir para que efectivamente nazca un mundo nuevo para todos los pueblos.

[1] Consultar http://www.cubadebate.cu/especiales/2022/10/21/cuba-en-datos-como-se-cuenta-el- bloqueo/amp/

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