Guerra, blocchi e falsità

L’autore riflette sulle azioni mediatiche della stampa corporativa internazionale complice della politica estera USA, dell’Unione Europea e di “Israele” contro Venezuela, Cuba e Palestina.

 

La capacità di discernere tra menzogna e verità è sempre più difficile nel mondo di oggi.

L’universo globale dell’informazione e della comunicazione è oggi un mondo di cinismo, di schizofrenia e di vere e proprie bugie. Chi osa mostrare la verità viene, nel più benevolo dei casi, ridicolizzato o bollato come assassino dell’illusione.

Nell’era digitale, quando sembrava che la democratizzazione dell’informazione e della conoscenza stesse passando da chimera a realtà, la dittatura della disinformazione e la cosiddetta post-verità hanno un chiaro vantaggio.

Le cause sono molteplici, ma due spiccano: i profondi e crescenti divari educativi e culturali derivanti dall’ingiusto ordine mondiale e la paralisi politica di vari strati sociali come risultato della simbiosi tra consumismo e repressione.

I blocchi

In questi giorni i media parlano dei negoziati tra Venezuela e Stati Uniti in Qatar. I colloqui sono segnati da due fatti incontrovertibili ma nascosti: Washington non è riuscita a sconfiggere la Rivoluzione Bolivariana e ha bisogno del suo petrolio per stabilizzare i mercati e le ansie europee.

Nel frattempo, il Venezuela ha bisogno di sconfiggere il blocco imposto dalla Casa Bianca per raggiungere gli obiettivi sociali ed economici del processo chavista, consapevole che la controparte non cederà sul suo obiettivo, come dimostrano le condizioni sulle prossime elezioni.

Questi sono i fatti. Tuttavia, la narrazione imposta è piena di omissioni e lacune e legittima spudoratamente l’azione sanzionatoria degli Stati Uniti, anche contro la sovranità europea.

Riportare senza arrossire o mettere in dubbio che la società francese Maurel & Prom MAUP.PA ha dovuto chiedere un permesso al Dipartimento di Stato americano per poter commerciare con la compagnia petrolifera venezuelana PDVSA ci porta a due conclusioni che non verranno mai affrontate: il blocco non solo è illegittimo, ma è extraterritoriale, e l’Unione Europea non è solo complice, è vassalla.

Seguono due costruzioni di natura più strategica e ideologica che si esprimono, in primo luogo, nella matrice comunicativa che cerca di seminare l’idea del fallimento economico del processo chavista, senza curarsi, per quanto cinico possa sembrare, della contraddizione logica che il blocco rappresenta. Un puro gioco di prestigio mediatico.

L’altro è un avvertimento a terzi su ciò che potrebbero affrontare se decidessero di esplorare percorsi alternativi al neoliberismo e al capitalismo.

Il caso di Cuba è un altro esempio antologico di manipolazione e menzogna.

Accusata per decenni di essere una dittatura crudele e di violare i diritti elementari, Cuba è stata appena eletta da 146 Stati al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

Ma Cuba soffre anche di un ferreo blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti. L’intento è chiaro: sconfiggere questa esperienza socialista.

Grazie al trattamento mediatico della stampa mainstream, intellettuali e politici sono arrivati a ripetere le argomentazioni di Washington secondo cui il blocco è un pretesto cubano per giustificare i problemi economici dell’isola.

Cambiano idea solo quando conoscono a fondo la ragnatela di leggi e regolamenti ideati dagli Stati Uniti per asfissiare e arrendere il popolo cubano e quando le aziende dei loro Paesi si scontrano e subiscono le conseguenze di questo sciame genocida.

Inoltre, descrivendo questa guerra economica come un embargo, come la Casa Bianca l’ha sempre chiamata, si cerca di alleggerire il peso aggressivo e criminale e di presentare la questione come una disputa bilaterale.

Basta controllare la stampa di questi giorni per vedere come la compagnia energetica messicana PEMEX si sia vista annullare la richiesta di un prestito milionario da parte di una banca statunitense, proprio dopo che è stato rivelato che, in modo sovrano, aveva esportato petrolio a Cuba. Un modo per confermare che il blocco è una questione bilaterale, al di là delle recenti accuse della suddetta banca.

La guerra

Negli ultimi 75 anni, il popolo palestinese ha subito crimini inimmaginabili. Dall’uccisione di bambini con il fosforo bianco all’espropriazione permanente della loro terra.

La lotta per riconquistare la propria terra, la propria dignità e la propria libertà è stata la scelta di milioni di palestinesi in tutto questo tempo. La comunità internazionale, per lo più inerte, ha assistito al più lungo crimine del nostro tempo, come lo ha descritto Fidel Castro il 12 ottobre 1979, in occasione della plenaria dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Su quello stesso palco, 19 anni prima, Fidel aveva espresso un’idea che è ancora valida oggi e la cui essenza è stata trascurata, nascosta, quando si analizza ciò che sta accadendo oggi nella Striscia di Gaza. Fidel disse nel 1960: “Se scompare la filosofia dell’espropriazione, sarà scomparsa la filosofia della guerra”.

Non c’è spazio per la superficialità o l’opportunismo, tanto meno per la codardia o l’omissione della storia quando si cerca un approccio al conflitto israelo-palestinese.

Incolpare la vittima perenne per la nuova escalation, conoscendo l’asimmetria tra un popolo vessato, bloccato e tormentato e un regime sionista sostenuto dagli Stati Uniti che viola i più elementari diritti umani e tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite e il diritto internazionale, è una fallacia e un’ipocrisia. Tutte le guerre sono odiose, ma non credo alle false preghiere per la pace, dettate da palchi di sapone montati su milioni di palestinesi morti.

L’espropriazione e il genocidio del regime sionista di “Israele” contro i palestinesi è la causa reale e fondamentale di ciò che sta accadendo oggi in quella regione.

La codardia e l’indifferenza di gran parte della comunità internazionale, insieme al sostegno politico, diplomatico, militare e finanziario degli Stati Uniti al genocida “Israele”, hanno rinviato una soluzione giusta e duratura per entrambi i popoli, unica garanzia di pace.

Ma di questo non parlerà la grande stampa aziendale monocorde, né la piccola stampa, entrambe piene di interessi, bugie e riflessi condizionati, incapaci di presentare i fatti in modo obiettivo, razionale ed etico.

Fonte: el Mayadeen

Traduzione: italiacuba.it

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