Lezioni della Campagna di alfabetizzazione cubana

Armando Hart Dávalos

Dal trionfo di gennaio, la Rivoluzione collocò i programmi educativi, culturali e scientifici nel vortice delle aspirazioni e delle necessità immediate del nostro popolo. Con queste premesse si svilupparono profondi cambi nell’istruzione e nella cultura che sarebbero state il fondamento della Campagna di Alfabetizzazione iniziata nel gennaio 1961.

L’espansione dei servizi educativi a tutta la popolazione cubana fu un obiettivo prioritario fin dai primi momenti. La creazione immediata di 10000 nuove aule, la conversione delle caserme in scuole e la nazionalizzazione delle scuole private esemplificano, eloquentemente, questa volontà della Rivoluzione trionfante.

Allo stesso modo, all’appello della Rivoluzione 3000 maestri volontari andarono in montagna. Iniziò il piano di miglioramento della donna, che si convertì in un modo per elevare il livello culturale delle donne rurali e, dal 1961, si crearono i circoli infantili per facilitare l’inserimento delle donne nel mondo del lavoro.

Preparare organizzativamente e pedagogicamente la battaglia non sarebbe stato fattibile senza un precedente lavoro di ricerca socio-culturale. Nella sua pianificazione tecnica, furono condotte ricerche scientifiche su tutto il territorio nazionale, che evidenziarono aspetti i cui risultati costituirono fattori molto importanti per l’orientamento del successivo processo tecnico. Così sono nati il ​​libretto Venceremos e il manuale Alfabeticemos. Il merito di questi testi risiedeva nella loro efficienza tecnica e pratica nel guidare il lavoro di centinaia di migliaia di alfabetizzatori. Si elaborarono formule pedagogiche capaci di insegnare attraverso un contenuto rivoluzionario che rispondessero agli interessi e alla psicologia degli analfabeti e degli alfabetizzatori.

La Campagna servì da seme per comprendere i problemi di organizzazione e direzione dell’educazione nelle condizioni di una società rivoluzionaria, dove la scuola doveva legarsi al popolo e i metodi di insegnamento dovevano tenere conto dell’inconveniente della massività della cultura. Per la prima volta nella nostra storia, questo problema si prospettò come qualcosa che richiedeva una soluzione pratica. E questo continua a costituire uno dei più importanti dilemmi che ha di fronte a sé lo sviluppo della cultura nazionale. Si può dire che le esperienze di allora sono decisive per trovare le strade necessarie di oggi. Ogni volta che pensiamo ai compiti che dobbiamo realizzare in termini di massività e qualità della cultura, ricordiamo come la Campagna di Alfabetizzazione riuscì a risolvere, al suo livello, questo importante problema.

L’alfabetizzazione, come tutti i successivi compiti che la Rivoluzione intraprese nel campo dell’istruzione e della cultura, pose un problema che i maestri capirono con chiarezza e precisione. Mi riferisco alla necessità di relazionare, in modo efficace e pratico, gli aspetti tecnici e pedagogici che ciò comportava con i principi e metodi che favorissero una grande mobilitazione sociale e, a loro volta, collegare il tutto alla soluzione delle innumerevoli difficoltà di carattere amministrativo, di organizzazione e distribuzione delle risorse materiali ed umane.

Le vecchie strutture organizzative della dirigenza docente esistenti nel capitalismo crollarono, clamorosamente, in quei mesi e negli anni successivi. In questo modo si crearono nuove strutture e forme di organizzazione popolare dell’istruzione. E non solo per l’istruzione, bensì per altri ambiti del lavoro culturale.

Il principale sostegno per la realizzazione del lavoro tecnico durante la Campagna è da attribuire alla migliore tradizione pedagogica del maestro cubano e al legame popolare, storicamente raggiunto nella scuola primaria e, in particolare, nella scuola pubblica. Questa tradizione dell’insegnamento primario cubano ha il merito di essere stata mantenuta e sviluppata nella lotta aperta contro la corruzione e il ladrocinio dei governi neocoloniali. Questa aveva profonde radici storiche nella nostra Patria, rifiutava l’intellettualismo e andava alla ricerca dei problemi pratici posti dal processo di apprendimento. È una tradizione di lavoro pratico e con profonde radici popolari. Tutta questa tradizione pedagogica, patriottica e con profonde radici popolari, raggiunse l’apice della gloria quando i lavoratori dell’istruzione, essendo parte integrante del popolo, poterono mostrare di aver dato un contributo trascendente alla causa popolare ed alla cultura nazionale.

La Campagna di Alfabetizzazione mostrò l’enorme interesse che la classe operaia aveva per l’istruzione. Il dinamismo del movimento sindacale impose la sua impronta proletaria alle belle giornate guidate dagli alfabetizzatori popolari e dalle migliaia di brigatisti Patria o Muerte. Centinaia di quadri sindacali riversarono la loro energia ed entusiasmo nel sostenere il grande compito che il Paese si trova ad affrontare. Allo stesso tempo, in quelle giornate si fece sentire la parteciparono di migliaia di dirigenti della Federazione delle Donne Cubane, dei Comitati di Difesa della Rivoluzione, dell’Associazione Nazionale dei Piccoli Agricoltori e del Sindacato dei Lavoratori dell’Educazione. L’Associazione dei Giovani Ribelli, frutto dell’unità del movimento giovanile cubano, trovò nell’alfabetizzazione il primo grande compito che le sarebbe servito per forgiarsi nell’azione di massa e che le avrebbe permesso di scoprire e forgiare nuovi quadri che avrebbero assunto diverse responsabilità nella nascente organizzazione.

300000 cubani si unirono alla battaglia, tra cui più di 100000 studenti della brigata Conrado Benítez; 121000 alfabetizzatori popolari; 35000 maestri integrati come dirigenti e specialisti; 15000 lavoratori raggruppati nelle brigate “Patria o Muerte” a cui si deve aggiungere innumerevoli lavoratori di diversi settori, oltre al personale amministrativo e di servizio.

La Campagna fu un evento che, per il suo significato educativo, culturale e politico, suscitò l’attenzione di molti sulla scena internazionale, dal momento stesso in cui Fidel Castro espresse, davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, quel memorabile impegno. Superò i limiti del nostro Paese. Maestri provenienti da diversi paesi dell’America Latina si unirono in brigate di volontari e alfabetizzarono in diverse zone dei nostri campi. Allo stesso modo, si contò sulla collaborazione dei paesi socialisti e di organizzazioni giovanili internazionali, come l’Unione Internazionale degli Studenti e la Federazione Mondiale della Gioventù Democratica.

L’UNESCO, su richiesta del nostro Governo, inviò specialisti per verificare i risultati della Campagna, i quali nelle conclusioni del dettagliato rapporto presentato, esprimevano: “La Campagna non fu un miracolo bensì una difficile conquista, ottenuta con duro lavoro, tecnica ed organizzazione”.

Gli appena alfabetizzati ebbero l’opportunità di incrementare le loro conoscenze minime acquisite attraverso i piani di Monitoraggio e di Educazione Operaia e Contadina, ed i giovani alfabetizzatori furono integrati nel Piano di Borse di Studio della Rivoluzione. Si sviluppò un vero desiderio di apprendere nel seno della classe operaia, dei contadini e dei lavoratori in generale. Grazie agli sforzi tenaci degli organismi educativi, dei sindacati e di altre organizzazioni di massa, più di un milione di persone conseguirono la prima media. Cioè la Campagna non solo riuscì a liquidare l’analfabetismo e ad incorporare alla vita culturale del Paese 700000 persone che non sapevano né leggere né scrivere. Anche gli aprì una strada con il Sistema di Borse di Studio e l’espansione dell’istruzione a tutta una nuova generazione che stava assumendo maggiore influenza nella vita nazionale.

La generazione che compose l’esercito degli alfabetizzatori, per decenni è stata all’avanguardia nei molteplici e diversi compiti che la Rivoluzione ha richiesto nella difesa, nell’economia, nell’istruzione, nella cultura, nella salute del popolo o in ciò che il dovere internazionalista ha loro indicato. Lo dimostrarono dal 1961 ad oggi, come parte attiva nelle grandi imprese storiche che, da allora, il nostro popolo ha compiuto.

Questi giovani che parteciparono alla Campagna di Alfabetizzazione andarono a svolgere il loro lavoro nello stesso anno in cui avvenne l’attacco mercenario di Playa Girón. Loro, seguendo le indicazioni di Fidel, non interruppero il loro lavoro, hanno continuarono nei loro sforzi, ottenendo che quell’anno, l’anno della Vittoria di Girón, fosse anche quello della Vittoria dell’Alfabetizzazione.

Nella coscienza di quella generazione di giovani c’è il ricordo di quell’epopea, nella quale persero la vita nel compire il loro dovere Manuel Ascunce Domenech e Delfín Sen Cedré. Mesi prima della Campagna, il maestro volontario Conrado Benítez era stato brutalmente assassinato. Questi martiri e gli eventi storici sono rimasti per sempre impressi nella coscienza del nostro popolo e hanno segnato un cammino verso il futuro, che nessun giovane alfabetizzatore di quei tempi dimenticherà.

L’alfabetizzazione fu, in breve, un evento educativo e culturale creatore di coscienza rivoluzionaria nelle nuove generazioni e fu un evento essenzialmente umano. L’essenziale è che formò parte dell’intenso movimento popolare di desideri profondi di rinnovamento radicale che il Paese viveva nei primi anni della Rivoluzione. In quei giorni meravigliosi crollarono secoli di ignoranza e di sfruttamento.

In quei momenti fondativi feci un appello agli specialisti e pedagoghi del Paese a cooperare in tutti questi sforzi. La tradizione patriottica delle idee educative cubane ispirava la nostra politica. Dal mio ruolo di Ministro ebbi il privilegio di diventare, di fatto, un alunno dei migliori maestri di Cuba.

Nel 1960, all’Assemblea Generale dell’ONU, Fidel annunciò che si stava organizzando una campagna nazionale contro l’analfabetismo e che, nel 1961, Cuba sarebbe stata libera da quella piaga che affliggeva e affligge ancora l’umanità. Il 22 dicembre di quello stesso anno storico – che lo fu anche perché a Girón trionfammo contro l’imperialismo – proclamava in Plaza de la Revolución che avevamo vinto la battaglia contro l’analfabetismo. Il processo educativo e culturale cubano acquisiva un significato nazionale ed internazionale esemplare.

Per questo poté affermare: “Nessun momento è più solenne ed emozionante; nessun istante di gioia più grande, nessun minuto di legittimo orgoglio e gloria come questo, in cui quattro secoli e mezzo di ignoranza sono stati sconfitti”. Così, insieme all’immagine di José Martí, nacque il movimento educativo, culturale e scientifico generato dalla Rivoluzione Cubana, che è stato la sua spina dorsale, decisivo per l’indipendenza e il progresso del paese, e che è una lettera di presentazione di Cuba davanti al mondo. Fidel allora disse: le masse fecero propria questa lotta; tutte le organizzazioni di massa fecero propria questa bandiera e solo così fu possibile vincere la battaglia.

Tutte queste lezioni le abbiamo apprese dall’epopea dell’Alfabetizzazione.


Lecciones de la Campaña de alfabetización cubana

Por: Armando Hart Dávalos

A partir del triunfo de enero, la Revolución colocó los programas educacionales, culturales y científicos en el vórtice de las aspiraciones y necesidades inmediatas de nuestro pueblo. Con estas premisas se desarrollaron cambios profundos en la educación y la cultura que habrían de ser el fundamento de la Campaña de Alfabetización iniciada en enero de 1961.

La ampliación de los servicios educacionales a toda la población cubana fue objetivo priorizado desde los primeros momentos. La creación de 10 000 nuevas aulas de una vez, la conversión de los cuarteles en escuelas y la nacionalización de la escuela privada, ejemplifican, de manera elocuente, esa voluntad de la Revolución triunfante.

Asimismo, al llamado de la Revolución marcharon a las montañas 3 000 maestros voluntarios. Comenzó el plan de superación de la mujer que se convirtió en una vía para elevar el nivel cultural de las campesinas y, desde 1961, se crearon los círculos infantiles para facilitar la incorporación de las mujeres al trabajo.

Preparar organizativa y pedagógicamente la batalla no hubiera sido factible sin un trabajo previo de investigación socio-cultural. En su planificación técnica se llevaron a cabo investigaciones científicas a través de toda la nación, que pusieron en evidencia aspectos cuyos resultados constituyeron factores muy importantes para la orientación del proceso técnico subsiguiente. Así surgieron la cartilla Venceremos y el manual Alfabeticemos. El mérito de estos textos estuvo en su eficiencia técnica y práctica para orientar el trabajo de centenares de miles de alfabetizadores. Se elaboraron fórmulas pedagógicas capaces de enseñar a través de un contenido revolucionario y que respondía a los intereses y a la psicología de analfabetos y alfabetizadores.

La Campaña sirvió como germen para entender los problemas de organización y dirección de la educación en las condiciones de una sociedad revolucionaria, en donde la escuela debía vincularse con el pueblo y los métodos de enseñanza tomar en cuenta el inconveniente de la masividad de la cultura. Por vez primera en nuestra historia, esa cuestión se planteó como algo que exigía solución práctica. Y ello sigue constituyendo uno de los más importantes dilemas que tiene ante sí el desarrollo de la cultura nacional. Puede decirse que las experiencias de entonces son decisivas para encontrar los caminos necesarios de hoy. Cada vez que pensamos en las tareas que debemos realizar en cuanto a la masividad y calidad de la cultura, recordamos cómo la Campaña de Alfabetización logró solventar, en su nivel, este importante problema.

La alfabetización, como toda la tarea ulterior que emprendió la Revolución en la enseñanza y la cultura, planteó un problema que los maestros entendieron con claridad y precisión. Me refiero a la necesidad de relacionar, en una forma eficiente y práctica, los aspectos técnicos y pedagógicos que ella suponía con los principios y métodos que propiciaran una gran movilización social y, a su vez, vincularlo todo a la solución de innumerables dificultades de carácter administrativo, de organización y de distribución de recursos materiales y humanos.

Las viejas estructuras organizativas de la dirección docente que existían en el capitalismo, se vinieron abajo, estrepitosamente, en esos meses y en los años posteriores. Se crearon, de esta manera, nuevas estructuras y formas de organización popular de la enseñanza. Y no solo para la educación, sino para otros ámbitos del trabajo cultural.

El apoyo principal para la realización del trabajo técnico durante la Campaña, hay que atribuírselo a la mejor tradición pedagógica del maestro cubano y a la vinculación popular, históricamente lograda en la escuela primaria y, muy especialmente, en la escuela pública. Esta tradición del magisterio primario cubano tiene el mérito de haberse mantenido y desarrollado en lucha abierta contra la corrupción y el latrocinio de los gobiernos neocoloniales. Esta tenía una profunda raíz histórica en nuestra Patria, rechazaba el intelectualismo e iba en busca de los problemas prácticos que planteaba el proceso de aprendizaje. Es una tradición de trabajo práctico y de profunda raíz popular. Toda esta tradición pedagógica, patriótica y de profunda raíz popular alcanzó cumbres de gloria cuando los trabajadores de la enseñanza, formando parte integral del pueblo, pudieron mostrar que habían hecho un aporte trascendente a la causa popular y a la cultura nacional.

La Campaña de Alfabetización mostró el enorme interés que la clase obrera tenía por la educación. El dinamismo del movimiento sindical le impuso su sello proletario a las hermosas jornadas libradas por los alfabetizadores populares y los millares de brigadistas Patria o Muerte. Centenares de cuadros sindicales volcaron su energía y su entusiasmo para apoyar la gran tarea que tenía planteada el país. A su vez, en aquellas jornadas se hizo sentir la participación de miles de dirigentes de la Federación de Mujeres Cubanas, de los Comités de Defensa de la Revolución, de la Asociación Nacional de Agricultores Pequeños y del Sindicato de Trabajadores de la Educación. La Asociación de Jóvenes Rebeldes, fruto de la unidad del movimiento juvenil cubano, encontró en la alfabetización la primera gran tarea que le serviría para foguearse en la acción de masas y que le permitiría descubrir y forjar a nuevos cuadros que asumirían diversas responsabilidades en la naciente organización.

A la batalla se integraron 300 000 cubanos, entre los cuales estaban más de 100 000 estudiantes brigadistas Conrado Benítez; 121 000 alfabetizadores populares; 35 000 maestros integrados como dirigentes y especialistas; 15 000 obreros agrupados en las brigadas “Patria o Muerte” a las que hay que agregar un sinnúmero de trabajadores de distintas ramas, así como personal administrativo y de servicios.

La Campaña fue un hecho que por su significado educacional, cultural y político motivó la atención de muchos en el ámbito internacional, desde el momento mismo en que Fidel Castro expresara ante la Asamblea General de las Naciones Unidas aquel memorable compromiso. Rebasó los límites de nuestro país. Maestros procedentes de varios países de Latinoamérica se integraron en brigadas voluntarias y alfabetizaron en distintas zonas de nuestros campos. Igualmente se contó con la colaboración de los países socialistas y de organizaciones juveniles de carácter internacional, como la Unión Internacional de Estudiantes y la Federación Mundial de Juventudes Democráticas.

La UNESCO, a solicitud de nuestro Gobierno, envió especialistas para verificar los resultados de la Campaña, quienes en las conclusiones del pormenorizado informe que presentaron, expresaban: “La Campaña no fue un milagro sino una difícil conquista, lograda a fuerza de trabajo, de técnica y de organización”.

Los recién alfabetizados tuvieron oportunidad de elevar sus conocimientos mínimos adquiridos a través de los planes de Seguimiento y de Educación Obrera y Campesina, y los jóvenes alfabetizadores se integraron en el Plan de Becas de la Revolución. Se desarrolló una verdadera ansia de aprender en el seno de la clase obrera, de los campesinos y de los trabajadores en general. Con el empeño tesonero de los organismos educacionales, de los sindicatos y demás organizaciones de masas, se graduaron de sexto grado más de un millón de personas. Es decir, que la Campaña no solo logró liquidar el analfabetismo e incorporar a la vida cultural del país a 700 000 personas que permanecían sin saber leer ni escribir. También le abrió un camino con el Sistema de Becas y a la ampliación de la enseñanza a toda una nueva generación que fue tomando una mayor influencia en la vida nacional.

La generación que integró el ejército de alfabetizadores, durante décadas ha estado en la vanguardia de las múltiples y diversas tareas que la Revolución ha demandado en la defensa, la economía, la educación, la cultura, la salud del pueblo o en las que el deber internacionalista les ha indicado. Lo demostraron desde 1961 hasta los días presentes, como parte activa en las grandes hazañas históricas que nuestro pueblo ha llevado a cabo desde entonces.

Estos jóvenes que participaron en la Campaña de Alfabetización, fueron a realizar su trabajo en el mismo año en que se producía el ataque mercenario de Playa Girón. Ellos, siguiendo la orientación de Fidel, no interrumpieron su labor, continuaron en su empeño logrando que aquel año, el de la Victoria de Girón, fuera también el de la Victoria de la Alfabetización.

En la conciencia de esa generación de jóvenes está el recuerdo de aquella epopeya, en la que perdieron la vida por cumplir con el deber Manuel Ascunce Domenech y Delfín Sen Cedré. Meses antes de la Campaña había sido asesinado vilmente el maestro voluntario Conrado Benítez. Estos mártires y los hechos históricos quedaron grabados para siempre en la conciencia de nuestro pueblo y han marcado un camino hacia el futuro, que ningún joven alfabetizador de aquellos tiempos olvidará.

La Alfabetización fue, en síntesis, un hecho educacional y cultural creador de conciencia revolucionaria en las nuevas generaciones y fue un acontecimiento esencialmente humano. Lo esencial está en que formó parte del intenso movimiento popular de ansias profundas de renovación radical que vivía el país en los años iniciales de la Revolución. En aquellos días hermosos, siglos de ignorancia y explotación se vinieron estrepitosamente abajo.

En aquellos momentos fundacionales hice un llamamiento a los especialistas y pedagogos del país a cooperar en todos estos empeños. La tradición patriótica de las ideas educacionales cubanas inspiraba nuestra política. Desde mi función de Ministro tuve el privilegio de convertirme, de hecho, en alumno de los mejores maestros de Cuba.

En 1960, en la Asamblea General de la ONU, Fidel anunció que se organizaba una campaña nacional contra el analfabetismo, y que en 1961 Cuba estaría libre de ese flagelo que azotaba y azota aún la humanidad. El 22 de diciembre de aquel mismo año histórico –que lo fue también porque triunfamos contra el imperialismo en Girón–,  proclamaba en la Plaza de la Revolución que habíamos ganado la batalla contra el analfabetismo. El proceso educacional y cultural cubano adquiría una significación nacional e internacional ejemplarizante.

Por eso, pudo decir: “Ningún momento más solemne y emocionante; ningún instante de júbilo mayor, ningún minuto de legítimo orgullo y gloria como éste, en que cuatro siglos y medio de ignorancia han sido derrumbados”. Así, junto a la imagen de José Martí, nació el movimiento educacional, cultural y científico generado por la Revolución Cubana, que ha estado en su columna vertebral, el que resulta decisivo para la independencia y el progreso del país, y es carta de presentación de Cuba ante el mundo. Dijo entonces Fidel, las masas hicieron suya esta lucha; todas las organizaciones de masas hicieron suya esta bandera, y solo así fue posible ganar la batalla.

Todas estas lecciones las aprendimos de la epopeya de la Alfabetización.

 

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