Neoliberismo e povertà: i primi (impietosi) dati dell’Argentina di Milei

Fabrizio Verde

Viste le idee economiche e politiche del presidente argentino Javier Milei era facile intuire quali sarebbero stati i primi risultati. Il Dipartimento di Econometria dell’Università Torcuato Di Tella ha confermato che la povertà nei primi tre mesi di quest’anno è cresciuta in Argentina, raggiungendo i 3,2 milioni di cittadini.

Dopo l’elezione del presidente Javier Milei, la povertà ha raggiunto il 51,8% in media nel primo trimestre dell’anno, dove le persone che vivono in famiglie che non hanno un reddito sufficiente a coprire il costo del Paniere Totale di Base rappresentano il 48,3% in media nel semestre che va da ottobre 2023 a marzo 2024.

Secondo la logica metodologica per cui la povertà viene calcolata su base semestrale, il rapporto afferma che “L’incidenza prevista è una media ponderata di un tasso di povertà stimato del 44,9% per il quarto trimestre del 2023 e del 51,8% per il primo trimestre del 2024”.

Questa situazione mostra che tra i mesi di gennaio e marzo di quest’anno, 3.247.667 persone sono entrate in una situazione di povertà nel Paese, mentre si prevede che il valore sarà già diversi punti sopra la media data.

La piattaforma argentina Tiempo ha sottolineato che, in un anno, “la media semestrale è passata dal 39,8% al 48,3% che lo studio ha registrato nell’ultimo semestre. Si tratta di 8,5 punti percentuali equivalenti a 4 milioni di nuovi poveri che, se si prendesse l’ultima proiezione trimestrale, arriverebbero a 5,65 milioni. Attualmente, 24.381.038 persone vivono in famiglie povere”.

Nel frattempo, gli studi confermano il minimo storico del tasso di disoccupazione, pari al 5,7% a dicembre, che dimostra come l’occupazione non sia più uno strumento efficace per evitare la povertà.

Tre lavoratori dipendenti su dieci vivono in povertà e quasi il 20% dei lavoratori registrati si trova in una situazione simile, secondo l’Osservatorio del debito sociale argentino.

Neoliberismo e povertà

L’Argentina di Milei segue il classico andamento neoliberista. Uno dei principi fondamentali del neoliberismo è la convinzione che la riduzione della regolamentazione statale e la promozione della concorrenza porteranno ad un aumento della crescita economica e della prosperità. Nei fatti invece accade sempre il contrario. Anche se il massiccio apparato di propaganda schierato a favore del neoliberismo cerca di celare il clamoroso fallimento di questa nefasta teoria economica e politica.

Le politiche neolibesriste esacerbano la povertà riducendo i salari e aumentando la disuguaglianza dei redditi. In un sistema di libero mercato, le aziende sono incentivate a pagare i lavoratori il meno possibile per massimizzare i profitti. Per questo motivo troviamo salari stagnanti e un divario crescente tra ricchi e poveri. Man mano che i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri faticano ad arrivare a fine mese, i livelli di povertà aumentano in maniera esorbitante.

Un altro modo in cui il neoliberismo può contribuire all’aumento della povertà è attraverso l’erosione delle reti di sicurezza sociale. Le politiche neoliberiste spesso cercano di ridurre la spesa pubblica su programmi sociali come l’assistenza sanitaria, l’istruzione e il welfare. Le popolazioni vulnerabili restano quindi senza il sostegno di cui hanno bisogno per uscire dalla povertà. Senza accesso a servizi sanitari, educativi e sociali a prezzi accessibili, gli individui sono abbandonati a se stessi in un’economia sempre più competitiva e diseguale.

Inoltre, il neoliberismo può anche perpetuare cicli di povertà promuovendo l’individualismo e la meritocrazia. Il neoliberismo pone una forte enfasi sulla responsabilità personale e sull’autosufficienza, suggerendo che gli individui dovrebbero essere in grado di uscire dalla povertà attraverso il duro lavoro e la determinazione. Tuttavia, ciò ignora le barriere sistemiche che molti individui devono affrontare, come la discriminazione, la mancanza di accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria e le limitate opportunità di lavoro. Attribuendo agli individui la colpa della propria povertà, il neoliberismo non riesce ad affrontare le cause profonde della disuguaglianza economica.

La dottrina neoliberista, di cui Milei è un fanatico, impone la privatizzazione dei servizi essenziali, come la sanità, l’istruzione e i servizi pubblici. Di conseguenza, gli individui e le famiglie possono avere difficoltà a permettersi i beni di prima necessità, portando ad un aumento dei livelli di povertà e deprivazione perché i servizi offerti prima dallo Stato sono adesso nelle mani delle aziende private che mirano a massimizzare i profitti applicando prezzi più alti.

La crescita del Venezuela

Dall’altro lato della propaganda abbiamo invece il bistrattato Venezuela. Il paese bolivariano che applica politiche di segno socialista è sempre indicato come simbolo di fallimento economico. Lo stesso Milei è alfiere di questa fallace narrazione che occulta i reali motivi che hanno affossato l’economia venezuelana negli ultimi anni, come le brutali sanzioni imposte al paese dall’imperialismo statunitense per asfissiare la patria di Bolivar e Chavez.

Mentre l’Argentina è affossata da Milei, il Fondo Monetario Internazionale – quindi non un covo di bolscevichi – prevede che il Venezuela avrà la più alta crescita economica della regione quest’anno, con un’espansione del 4% del Prodotto Interno Lordo (PIL), secondo un recente rapporto del World Economic Outlook.

Il Paese caraibico è seguito dal Paraguay con il 3,8%, dall’Uruguay con il 3,7%, dal Perù con il 2,5%, dal Messico con il 2,4%, dal Brasile con il 2,2%, dal Cile con il 2%, dalla Bolivia con l’1,6%, dalla Colombia con l’1,1%, dall’Ecuador con lo 0,1%. Mentre l’Argentina del fanatico neoliberista di Milei è in recessione, con il -2,8%.

L’organizzazione multilaterale prevede che il PIL venezuelano supererà la soglia dei 100 miliardi di dollari entro il 2024, chiudendo quest’anno a 102,328 miliardi di dollari.

In questo senso, il Fondo Monetario Internazionale prevede che il Venezuela raggiungerà i 105.876 milioni di dollari nel 2025, con una crescita effettiva del 3,47%.

In termini pro capite, il PIL del Venezuela chiuderà a 3.867,44 dollari nel 2024 e salirà, secondo le proiezioni del FMI, a 3.968,92 dollari.

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