La strada di Cuba e il futuro dell’AL

Ricardo Arturo Salgado Bonilla*, 9 aprile 2016

americalatina - cubaMoltissimi latinoamericani ignorano completamente ciò che significa Cuba nelle nostre vite; un’altra parte non meno importante venera la gesta rivoluzionarie dei giovani ‘barbudos’ della Sierra Maestra, ma non riesce a intendere la rivoluzione cubana come un processo storico, complesso, umano, pieno di contraddizioni e con un cumulo di esperienze unico nel pianeta.


Mentre il blocco e l’anticomunismo feroce ci hanno isolati da quello che succedeva nell’isola, le nostre stesse limitazioni ci hanno fatto perdere di vista l’importanza di imparare dall’esperienza cubana.

Le differenze tra i nostri paesi e Cuba sono molto più grandi di quello che possiamo percepire; a forza di propaganda ci hanno fatto credere per decenni che là si viveva né più né meno che all’inferno. Fino a poco tempo fa, e costretti dalla forza morale della posizione di Cuba nel mondo, abbiamo imparato a riconoscere i suoi numerosi sviluppi in diversi campi. Tuttavia, due fattori tendono ad essere facilmente ignorati: la magistrale direzione della rivoluzione e gli effetti che ha avuto il processo in ogni abitante di Cuba; e il carattere dialettico di questo esemplare processo.

In altre parole, ciò che è successo per più di mezzo secolo non è stato prodotto da un miracolo: se una cosa possiamo affermare è che il caso non ha avuto niente a che vedere con questa storia. Per questa ragione, suona vile che Obama venga fuori dal nulla chiedendo a questo popolo che dimentichi il suo grandioso passaggio per la storia dell’umanità; passaggio che lo ha portato dal ruolo predestinato di nazione soggiogata (come le sue sorelle latinoamericane) a una patria degna, simbolo di tutti i valori che danno senso e ragione all’esistenza dell’umanità.

Come ben vedeva Marx, soddisfatte le necessità basilari di sussistenza, gli esseri umani possono dedicarsi alla produzione di beni materiali e non materiali. Questo è successo a Cuba; che ha raggiunto nella pratica quotidiana quello che per mancanza di intendimento noi crediamo di avere: la democrazia. Inoltre, quello che pure è logico, approfondire i cambiamenti ha permesso un vero cambiamento ideologico, che oggi si può percepire in qualunque cubano, anche in quelli che sono contro la rivoluzione.

La capacità di riflettere collettivamente, assente in tutte le altre società del nostro continente, e come effetto deliberato del sistema egemonico, ha permesso cambiamenti qualitativi quasi incomprensibili per noi. Se c’è qualcosa di deplorevole è che molte volte troviamo la nostra gente, di destra o di sinistra, che pensa a una Cuba che si volge irrimediabilmente di ritorno al capitalismo. Sembra che convergiamo su un’idea, alcuni per arroganza, altri terrorizzati dalla sorte.

Questa mancanza di chiarezza, promossa dall’impero con grande piacere, ha portato quest’ultimo a vedere Cuba come un prezioso trofeo: se la caduta del blocco socialista non ha fermato la rivoluzione cubana, il ritorno volontario di questo all’ovile inevitabile nel quale tutto è merce, insegnerebbe al mondo il carattere inevitabile della fine della storia.

Giunti a questo punto ci può risultare più facile avere un barlume dell’importanza che ha per il nostro futuro il capire la strada cubana; quella che oggi ci vuole imporre l’impero è l’idea che non esiste alcuna alternativa alla disgrazia che ci ha procurato l’oracolo sinistro del capitalismo. Per questo motivo è cruciale per i latinoamericani vedere le verità di Cuba.

Non possiamo pretendere di agire come chiaroveggenti e predire che cosa succederà in un paese nel quale si anticipa un uragano di miraggi e feticci intorno alle meraviglie del consumismo. Quello con cui Cuba si confronta ora, il tentativo di assalto ideologico, è proprio il nostro maggior problema per sostenere i processi di cambiamento nella nostra regione, ancor più per approfondirli ed estenderli. Qui l’impero scommette di raggiungere a Cuba i risultati “di successo” che ha avuto nei nostri sfortunati paesi.

Sappiamo che la società cubana è di gran lunga quella che ha più accesso a partecipare alle discussioni che la danneggiano; mentre l’individualismo non viene confuso con nessuna libertà, e il benessere non è misurato con gli stessi strumenti dell’ideologia neoliberista. D’altra parte, l’interesse collettivo è il motore di una società con meno soprassalti, con meno aspetti lasciati all’incertezza; e questo si è imparato in un’esperienza straordinaria di solidarietà che ha raggiunto il suo parossismo durante il ‘período especial’.

Per la società cubana, il domani non è segnato dall’ansietà risultante dalla possibilità di eventi catastrofici, tanto comuni per i nostri popoli, che non hanno mai certezza di niente, perché questa si compra. Se mangio o sopravvivo il giorno dopo, devo avere qualche valore da scambiare per quelle certezze.

Il processo cubano è andato trasformandosi a poco a poco in una via che dobbiamo guardare attentamente. Il sistema nel quale noi viviamo è, oltre che immensamente ingiusto e disuguale, profondamente distruttivo. Avanzare in esso equivale a un suicidio cosciente di tutta l’umanità. Quello che Obama crede che siano le meraviglie del mondo che offre ai cubani, è in realtà la nostra perdizione, e il modello alternativo che si costruisce nell’isola rappresenta una speranza globale di sopravvivenza.

Nemmeno possiamo inventare assurdità, durante questo periodo rivoluzionario, oltre a molteplici successi, come è naturale, sono stati commessi anche molti errori; senza trascurare il fatto che il fine supremo della rivoluzione è il benessere della società e che, pertanto, il compito è avanzare nella direzione di smetterla con la menzogna che la giusta distribuzione è equivalente a ripartire miseria.

Ci potremmo chiedere: quanti dei nostri paesi saranno pronti a sopportare un período especial?, la risposta sarebbe molto diversa, ma ci servirebbe per capire l’entità dell’attacco imperiale contro questa e il materiale di cui dispone per sconfiggere l’offensiva nemica. Fidel, comandante in capo, anticipava con molto anticipo che era nella battaglia delle idee che alla fine si sarebbe definito il futuro dell’umanità, in questo Cuba dispone di un arsenale formidabile.

Per adesso, noi non stiamo all’altezza di entrare in questa battaglia di idee, ma Cuba, un’altra volta, porta sulle spalle il compito di mantenere il fronte, mentre noi non siamo in grado di superare noi stessi, mentre assumiamo la responsabilità di pensare collettivamente; mentre arriviamo all’unica conclusione che ci permetterebbe di cambiare la nostra storia: l’unione di tutti i nostri paesi in una grande nazione latinoamericana.

Non sarà recitando Marx, Lenin o Mao che otterremo quel mondo migliore a cui aneliamo; la chiave è nella nostra capacità di essere coraggiosi e assumere la sfida di superare noi stessi; nel costruire senza modelli, comprendendo che gli errori sono parte della storia.
Lungi dal credere nella “normalizzazione” degli Stati Uniti, dobbiamo capire che l’aggressione contro Cuba continua, con nuovi metodi, senza abbandonare quelli antichi, e che, difendere la rivoluzione cubana è difendere il nostro futuro.

Infine, facciamo capire che difendere la rivoluzione cubana, o qualunque altro nostro popolo della Nuestra América, non deve essere semplicemente un atto declaratorio. Dobbiamo essere rivoluzionari, prendere sul serio quello che succede a tutti noi. Bisogna imparare di nuovo ciò che significa la solidarietà; non dare quello che ci avanza, ma il meglio di noi.

*Ricardo Arturo Salgado Bonilla – Laureato in Matematica e Ricercatore Sociale. Scrittore e Analista autodidatta. Collaboratore di teleSUR e di altri media digitali.
Censurato nel suo paese, l’Honduras (da media e da lettori). Attuale Segretario delle Relazioni Internazionali del Partido Libertad y Refundación, LIBRE.

Traduzione: Redazione di El Moncada
http://www.telesurtv.net

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