Venezuela: vince la democrazia

di Alfredo Serrano Mancilla – Celag 

Non condivido le regole della rappresentanza elettorale in Spagna, ma tuttavia, esercito il mio diritto di voto. In nessun modo parlerei di brogli né di dittatura nonostante la proporzionalità elettorale non esista. Ogni voto in Spagna, a seconda del luogo dove viene espresso, ha un valore differente. Ma questo non significa che la Spagna sia un regime totalitario. La democrazia è in vigore da decenni, anche se possiamo contestare la matematica elettorale.

Con l’Assemblea Nazionale Costituente, si è tenuta la tornata elettorale numero 21 in Venezuela in 18 anni. La media è pari a più di un’elezione all’anno. Il chavismo ha vinto 19 di queste. In occasione delle due sconfitte i risultati sono stati riconosciuti.  La democrazia in Venezuela sul piano elettorale, è sempre stata una caratteristica di questo processo rivoluzionario e non è mai stato messo in discussione dal governo. Il prossimo dicembre si terranno le elezioni per i governatori regionali. Verrà anche tenuto un referendum sul testo costituzionale redatto dall’Assemblea e dopo, come previsto, ci saranno le elezioni presidenziali.

Ogni discussione sulle norme per l’elezione della Costituente è benvenuta. Ci sta tutto in questo dibattito, sempre che avvenga con mezzi pacifici e politici. Essere in disaccordo è tanto legittimo così come sostenere la tornata elettorale. La democrazia è questo: il confronto tra proposte anche sulla formula per eleggere i rappresentati della cittadinanza. Assolutamente azzardati e fuori luogo sono certi titoli che parlano di «colpo alla democrazia», «dittatura» o «regime totalitario» per caratterizzare un processo elettorale che non fa altro che invitare la gente a votare.

E infine quello che è successo è che il popolo venezuelano è andato a votare senza paura; 8.089.320 venezuelani hanno dato la loro approvazione alla Costituente (41.53%), una cifra molto vicina al record storico (ottenuto da Chavez nel 2012). Molti lo hanno fatto perché sono chavisti fedeli e sono disposti a dare il loro voto in qualsiasi circostanza.

Ci saranno sicuramente gli oltre 5 milioni e mezzo che già lo fecero nelle elezioni parlamentari del 2015, nonostante le difficoltà economiche. Ma sono andati a votare anche quelli che avevano avanzato delle critiche al chavismo, che avevano mostrato malcontento, ma che adesso sono assolutamente stanchi della violenza di una minoranza di opposizione che ha impedito il normale svolgimento della vita di tutti i giorni. Si tratta di un blocco importante che l’opposizione non ha saputo sedurre nel tempo intercorso dalle ultime legislative, anzi, lo ha spaventato e fatto ritornare dov’era, con il chavismo. Indubbiamente, questa elezione dimostra qualcosa che l’opposizione, nazionale e internazionale, non vuole accettare: il chavismo come identità politica continua a essere molto presente nel paese.

La realtà è che le elezioni in Venezuela non si vincono con tante bugie dall’esterno o con eccessiva violenza all’interno. Il popolo venezuelano da molti anni si sente pienamente emancipato e non vota su indicazione della stampa egemonica internazionale. Per fortuna. Questo è quello che non riescono a comprendere dai centri tradizionali di potere. La gente vota in base alla fiducia nell’uno o nell’altro, al di là di quello che affermano la CNN, El País, il Fondo Monetario Internazionale, Trump, Peña Nieto o Santos.

Ancora una volta ha vinto la democrazia in Venezuela. Sì, la democrazia. Un paese in cui la gente vota, secondo i canoni liberali, è una democrazia. In Venezuela, la democrazia rappresentativa viene applicata alla lettera. La tornata elettorale per la Costituente è una dimostrazione di questo. (…) L’Assemblea Costituente dovrà fornire nuove risposte alle nuove esigenze del popolo venezuelano.

La politica in Venezuela riapre le sue porte in modo che i conflitti siano risolti in questo modo e nessun altro. I voti continueranno a essere fondamentali per determinare il futuro del paese, nonostante altri preferiscano le pallottole. Così no, grazie.

(Traduzione dallo spagnolo per l’AntiDiplomatico di Fabrizio Verde)

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