Mariana, e l’amore, madre, per la Patria

Mentre il sole la ritraeva nella scultura che la consacra come Madre della Patria e Madre Ceiba, Mariana Grajales Cuello riceveva davanti a monumento  funerario che custodisce i suoi resti nel cimitero patrimoniale Santa Ifigenia, l’ omaggio per il 126º anniversario della sua scomparsa fisica

Eduardo Palomares

Mariana Grajales Cuello la chiamarono i suoi genitori, ma Cuba la conosce già come Madre della Patria per simbolizzare l’amore più grande e il maggior sacrificio, la sublime dedizione che ispirò José Martí la domanda: «Cosa c’è in questa donna che epopea e mistero c’è in questa umile donna, che santità e unzione c’i sono state nel suo seno di madre …?».

Alla  sua vita esemplare e gloriosa, che è simbolo dello spirito elevato della donna e della madre cubana, ha reso omaggio  ieri, domenica 10 maggio, il Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito, con un’offerta di fiori posti a suo nome.

Il sentito omaggio reso dalla giovane segreteria generale della Centrale dei lavatori di Cuba in questo municipio, Annie Palacios Tresord, è stato preceduto dall’offerta di fiori a nome del popolo di Cuba, per il quale la consegna dei figli, delle sue energie e l’amore per una Patria libera, si riflette nelle tante cubane che combattono la COVID-19.

Fu lei, come lui confessò, la donna che commosse maggiormente il cuore di Martí, che la chiamò «leonessa» con questa ammirazione che poi, quando l’insigne santiaghera morì a  Kingston,  in Giamaica, nel 1893, rispettosamente ricalcò: «Patria, nella corona che c’è sulla tomba di Mariana Maceo, scrivi  una parola: Madre!».

Il Presidente Díaz-Canel ha felicitato le madri cubane

«A tutte quelle che hanno lasciato a casa i loro esseri amati per curare  compatrioti sconosciuti, cucinare, pulire, servire e ausiliare volontariamente, porgo i ringraziamenti a nome della direzione del nostro Partito e Governo, per la loro esemplare  dedizione alla grande battaglia di questi tempi», si legge nel messaggio del Presidente cubano Miguel Díaz-Canel, nei suoi auguri alle madri cubane.

«Vi felicito oggi e sempre per la vostra capacità di darci la vita, e abbellirla sempre con passione e tenerezza», ed ha aggiunto : «Come diceva Fidel, la donna è un Rivoluzione nella Rivoluzione e quando si dice donna si dice madre, sempre».

«Voi siete la forza che ci ha portato, che ci sostiene e c’ispira.

Vivano le madri cubane, orgoglio di un paese marcato da donne come Mariana, madre della Patria e da tutte quelle che da allora ci hanno spinto a crescere e lottare per lei», riferisce il commovente messaggio del Presidente della Repubblica.

Inoltre ha spiegato le ragioni per le quali non sono state assieme ai figli, ai nipoti, ai vicini e agli amici,  perché per poterli baciare e abbracciare sempre è stato necessario rinunciarlo in un giorno tanto singolare e durante tutti quelli che ci restano sino alla fine della pandemia mondiale della COVID 19».

«Rinunciare all’incontro e alla festa tradizionale di quest’anno è il più grande regalo che può fare ai più amati e venerati membri della famiglia la maggioranza delle professioniste della salute e della scienza che curano i malati e cercano cure definitive per un male che è arrivato carico di minacce e sfide per tutto il mondo  ha detto ancora.


Loro prepararono gli eroici mambì delle nostre prime gesta di liberazione e li stimolarono con il loro esempio e stoicismo; loro, oggi come ieri, nutrirono le fila dell’Esercito Ribelle di figli coraggiosi.

Sono loro  le stesse madri che, quando la Patria lo necessiterà, manderanno i loro figli al sacrificio eroico quante volte sarà necessario perché non torni a morire la libertà nella nostra Patria.

Oggi qui vediamo queste madri che sono venute da luoghi differenti dell’Isola, e quanta importanza simbolica ha questa azione nella quale si rende omaggio ai volti pieni di rughe per gli anni e per le sofferenze di queste Mariane Grajales.

Sono gli stessi volti rugosi che vedemmo durante la guerra civile, ma stanotte vediamo molto di più.

Una madre della campagna è venuta a portare 15 dollari raccolti centesimo a centesimo per accrescere la divisa del paese, e non parla del figlio perduto nella lotta contro la tirannia e del figlio che le resta, per offrirlo alla Patria quando questa lo necessiterà.

La signora Josefa Galán ha perso il suo unico figlio, la sua “unica colomba”, come dice lei, durante l’operazione della Nona di Mosa, ricchissimo territorio di Cuba dove fino a poco tempo fa una compagnia nordamericana sfruttava una miniera ceduta dalla dittatura con una concessione onerosa e dannosa per la nostra economia e sovranità.

Gli attacchi degli aerei della dittatura contro i contadini, l’assortimento di armi nella Basa Navale di  Caimanera, fatto provato con documenti ora in potere dell’Esercito Ribelle. Unicamente dopo il sequestro dei cittadini nordamericani realizzato dalle truppe ribelli gli aerei smisero di volare e bombardare quelle zone.

E tornando alla signora Josefa Galán, è un fatto esemplare che quando stavano seppellendo i feretri con i cadaveri dei cinque compagni uccisi in quell’operazione, lei mi avvicinò, non per chiedere qualcosa, nonostante la sua miseria, non per piangere per il figlio che aveva perduto, ma per offrire il fucile del figlio alla Rivoluzione e la sua stessa vita.

Pochi mesi fa, quando non era ancora stata applicata la Riforma Agraria nella zona di Sagua di Tánamo, incontrammo nuovamente quella madre generosa e coraggiosa. Non chiese niente nemmeno allora ma venne verso di noi per reiterarci la sua offerta di lottare se la Patria veniva minacciata.

Fonte: Dialogo dell’allora  Comandante Raúl con le madri contadine, pubblicato nel quotidiano Revolución, il 9 maggio del 1960.

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