Editoriale NYT sulle torture in Guantanamo

guantaLa tortura in sé è abbastanza orribile. Botte, sospensioni, privazione del sonno, /waterboarding (sottomarino)/, finte esecuzioni, formano parte di una litania di abusi autorizzati dal governo degli Stati Uniti contro i sospetti di terrorismo detenuti per gli attacchi del 11 settembre, che nessuno in una posizione di potere ha potuto mai giustificare.

Il quotidiano ha iniziato questo mese una serie di lavori nei quali si dettagliano le cicatrici psicologiche ed emozionali che riguardano gli uomini.

Potenzialmente cento hanno sofferto per gli interrogatori della CIA, in *luoghi neri* di tutto il mondo e in particolare nel campo di detenzione militare in Guantánamo, Cuba.

Moltissimi tra questi uomini erano innocenti o erano combattenti di basso livello che non rappresentavano una minaccia reale e che sono stati finalmente liberati senza imputazioni.

Senza dubbio, nonostante le garanzie degli avvocati del Dipartimento di Giustizia che *le tecniche d’interrogatorio migliorate* non avevano effetti negativi a lungo tempo, il The Times ha saputo che molti tra questi uomini soffrono sempre di paranoia, psicosi, depressione e disturbi da stress post traumatico relazionati con l’abuso.

Soffrono per scene scene retrospettive, incubi e attacchi di panico debilitanti. Alcuni non possono lavorare, uscire per strada o parlare con le loro famiglie di quello che hanno subito.

Un medico ha paragonato i disturbi psichiatrici che ha visto tra gli ex detenuti con quello che i medici militari avevano osservato negli ex prigionieri di guerra statunitensi dopo la guerra in Vietnam, in Corea e la Seconda Guerra Mondiale.

Suleiman Abdallah Salim, uno degli uomini al cui profilo il NYT ha avuto accesso, era un lavoratore della Tanzania, itinerante, il cui unico crimine è stato d’essere nel luogo sbagliato e nel momento sbagliato.

Ha passato cinque anni in custodia negli Stati Uniti, durante i quali è stato appeso con catene per giornate intere, lo hanno lanciato contro una parete, è stato sottoposto al sottomarino, in acqua e ghiaccio; lo hanno messo in una cassa a forma di bara, tutto per sottrargli informazioni che non aveva mai avuto.

“Sempre le stesse domande”, ha commentato. “Io dicevo *non lo so* e ripetevano : “Lo sai”. Stessa domanda e stessa risposta e due individui che mi dicevano che avrebbero vinto, poi la stessa domanda e loro hanno vinto.

Non deve stupire che questo tipo di trattamento che usa eufemismi per occultare la sua vera natura lasci tali danni per lungo tempo.

La domanda ora è se qualcuno renderà conto per i danni provocati in uno dei periodi più depravati della storia degli Stati Uniti.

Per anni il governo ha frustrato con successo domande per le quali ora reclama il privilegio del segreto statale. Ma dopo che il Senato ha emesso una relazione nel 2014 sull’uso della CIA della tortura, che ha confermato che molti dei più brutali fatti denunciati erano accaduti veramente, il Sr. Salim, con un altro ex detenuto e la famiglia di un terzo, ha presentato una denuncia contro due psicologi, James Mitchell e Bruce Jessen, che furono assunti dalla CIA per sviluppare ed eseguire programmi d’interrogatorio.

Nel mese d’aprile un giudice federale nello stato di Washington ha ammesso la denuncia ed ha permesso ai querelanti d’accusare funzionari della CIA che occupavano incarichi d’alto rango quando si sviluppò il programma *d’interrogatorio migliorato*.

Questo caso può offrire la prima opportunità per il sistema di giustizia di interrompere il legato brutale delle politiche di tortura del governo.

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