Come una radice nella terra

Le costituzioni potrebbero raccontare la storia di un paese. Una storia che considera ogni diritto conquistato ed anche la lotta per ottenerlo.

Le parole e lo spirito della Carta Magna riflettono chiaramente la società che dirigono, sia per quello che è esposto nei suoi articoli, come in quello che è eluso.

Il divenire costituzionale cubano forma parte inseparabile della tradizione libertaria di questo legato di lotte emancipatrici che ci hanno portato sino a qui e che un gennaio di quasi 60 anni fa aperse il concorso per intraprendere poi la rotta socialista dalla mano di una Rivoluzione “con tutti e per il bene di tutti”, profondamente martiana e fidelista.

Come disse il Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz durante la proclamazione della nostra Legge suprema, nel 1976, «Il carattere e il contenuto della Costituzione sono un riflesso dell’ordine sociale esistente, della posizione che occupano le une e le altre classi sociali (…)».

«In un paese socialista, disse allora, la Costituzione dovrà validare giuridicamente il dominio politico della classe operaia in alleanza con il resto delle masse lavoratrici del popolo».

«Consoliderà il sistema economico-sociale basato nella proprietà sociale, sui mezzi di produzione, nell’eliminazione dello sfruttamento e nella graduale scomparsa delle differenze di classe. Dovrà assicurare le conquiste e i diritti dei lavoratori, la libertà degli individui e offrirà le garanzie reali per la sua realizzazione pratica.».

(…) «La Costituzione che oggi poniamo in vigore consolida giuridicamente quanto già realizzato dalla Rivoluzione e regola (…) gli obiettivi pianificati nella costruzione del socialismo e del comunismo. (…) Ogni diritto che proclama è un diritto garantito dalla realtà economica, politica e sociale del paese».

Ed è la Carta Magna, quella del 1976, totalmente socialista e che onorò la dottrina martiana «sul culto dei cubani alla dignità piena dell’uomo», che fu approvata nel referendum dal 97,7 % degli elettori andarono a votare, cioè cinque milioni e mezzo di uomini e donne.

Oltre a riflettere l’ordine politico e sociale esistente in qualsiasi nazione com’è espresso dalla Legge delle Leggi, perchè in Cuba, costituzionalmente, il socialismo è irrevocabile?

Il socialismo cubano non è un’imposizione arbitraria, accettata da un popolo docile, spogliato della sua voce e del suo voto, come proclamano alcuni male informati o malintenzionati. Ha le sue radici in una decisione popolare, d’essenza democratica come la stessa Rivoluzione e si affida all’attuazione conseguente delle generazioni che incarnano la continuità.

SACRA E INTOCCABILE: LA VOLONTÀ DEL POPOLO

Fu il 20 maggio del 2002 quando l’allora presidente nordamericano George W. Bush, durante una riunione a Miami, reclamò da Cuba, «con insolenza», una nuova Costituzione nella quale si rinunciasse al carattere socialista della Rivoluzione.

I discorsi provocatori erano il suo forte, riflesso di una posizione storicamente d’ingerenza, che non riconosce la libera determinazione dei popoli d’eleggere come edificare il loro futuro.

Di fronte all’arroganza e alla mancanza di rispetto, la risposta cubana fu ugualmente storica: un processo plebiscitario che si estese dal 10 al 17 giugno del 2002.

In appoggio al sistema socialista si realizzarono le marce popolari più diverse e più di nove milioni di persone sostennero con le loro firme la modifica della Carta Magna realizzata dall’Assemblea Nazionale del Potere Popolare (ANPP) che approvò la Legge di Riforma Costituzionale il 26 giugno del 2002, «che stabilì il carattere irrevocabile del socialismo e del sistema politico, sociale ed economico in lei stabilito, così come la proibizione di negoziare in caso d’aggressione, minaccia o costrizione di una potenza straniera.

SENZA VUOTI NELL’ESSENZA

Dall’ultima riforma costituzionale sono passati già 16 anni e in questo periodo, soprattutto nell’ultima tappa, lo scenario socio-economico e politico cubano si è modificato in modo considerevole, specialmente con l’implementazione delle Linee approvate nel VI e nel VII Congressi del Partito.

È divenuta evidente quindi la necessità d’adattare la Legge delle Leggi alle nuove circostanze e d’adeguare alcuni dei suoi articoli in funzione delle esperienze proprie e nella costruzione del progetto di paese che, da dentro, abbiamo disegnato.

Ma riformare non implica rinunciare alla storia, a tutto quanto fatto, sempre perfettibile.

Ancora una volta, come ha detto il Generale d’Esercito, nella chiusura della Sessione Costitutiva della IX Legislatura della ANPP, «non vogliamo modificare il carattere irrevocabile del socialismo nel nostro sistema politico e sociale, nè il ruolo dirigente del Partito Comunista di Cuba, come avanguardia organizzata e forza dirigente superiore della società e dello Stato, come stabilisce l’articolo numero 5 dell’attuale Costituzione, che difenderemo nella prossima».

Il progetto costituzionale che finalmente risalterà, sarà il risultato di un ampio processo di consultazione popolare e dovrà essere approvato in un referendum dal popolo, come esercizio genuino di partecipazione cittadina sempre più cosciente e quindi più efficace.

Com’è divenuta pratica comune, le decisioni trascendentali devono contare con il consenso delle maggioranze, ma non dalla formalità che implica lo stare, ma dal protagonismo che apre spazio alla partecipazione, a pensare ed essere parte, non dalla freddezza delle percentuali che parlano di partecipazione collettiva, ma dall’apporto individuale.

«Si tratta, ha detto il Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, di «realizzare una norma costituzionale che rifletta la perpetuità d’una nazione sovrana,indipendente, socialista, democratica, prospera e sostenibile, sempre più inclusiva, in cui si rinforzi l’istituzionalità dello Stato rivoluzionario e prevalga la predica martiana».

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