Mani solidarie per moltiplicare la salute

In occasione del 55° anniversario della collaborazione medica cubana con l’estero, Granma affronta il tema

Lisandra Fariñas Acosta 

http://www.granma.cu

I

«I medici cubani guardano negli occhi le persone, toccano i loro corpi, ascoltano ciò che hanno da dire, le trattano con dignità …».


Quella frase -che ho sentito dire tre anni fa all’allora Ministro della Salute del Brasile, Arthur Chioro nella Convention Cuba-Salute 2015 quando parlava ai presenti su ciò che ha significato per il gigante sudamericano il programma Mais Medicos- sintetizza, in un certo senso, una storia che non deve aspettare di essere scritta, perché le sue pagine sono andate tessendosi nel mentre, ed a forza di volontà, uomini e donne che conoscono il valore di condividere ciò che si ha.

Ci sono 55 anni di esperienze, aneddoti, vittorie, apprendimenti, supporto, solidarietà …; 55 anni percorrendo montagne, fiumi, selve, città, essendo il sollievo che cura e calma quando la terra trema, i vulcani esplodono, piove troppo o i venti si accaniscano. Ci sono più di mezzo secolo di ricordi, che si auto rinnovano con l’amore di quel primo giorno di maggio del 1963, quando la prima brigata medica cubana, composta da 56 professionisti sanitari, partì per l’Algeria.

Allora l’indipendenza di quella nazione dal colonialismo francese era recente e c’erano appena 200 medici che dovevano servire quattro milioni di persone. “I suoi leader vedevano in Cuba un faro di solidarietà e si avvicinarono ai cubani ed al nostro leader storico, Fidel”, racconta a Granma, il dottor Jorge Juan Delgado Bustillo, direttore dell’Unità Centrale di Cooperazione Medica (UCCM).

Fu il dott. José Ramón Machado Ventura, all’epoca ministro della Sanità Pubblica di Cuba, a condurre quella prima brigata a compiere la sua missione internazionalista. “In più di un’occasione lo stesso Dr. Machado ha sottolineato che cosa significò contare sulla disposizione di molti candidati, tenendo conto della cifra di medici disponibili nel paese, dopo l’esodo che si produsse di questi professionisti al trionfo della Rivoluzione. Su 6000, solo 3000 rimasero sull’isola” ha commentato Delgado Bustillo.

Un anno prima, il 17 ottobre 1962, Fidel aveva appena inaugurato l’Istituto di Scienze di Base e la Pre Clinica Victoria de Girón, ed in questo atto di fondazione aveva espresso la convinzione, riferendosi all’Algeria, che i volontari per aiutare a guarire gli altri paesi non sarebbero mancati. “Preclara visione -ha sostenuto l’intervistato- perché a 55 anni da questa prima brigata, oltre 407000 professionisti della salute hanno compiuto missione solidale in 164 paesi del mondo, con oltre 600000 missioni”.

***

“(…) Essere una grande e civile nazione, per tendere un braccio amico e un cuore fraterno a tutti gli altri popoli…”, disse il 10 ottobre 1868 in Demajagua, Carlos Manuel de Céspedes, il Padre della Patria. La solidarietà del nostro popolo ha le sue radici in questa dichiarazione, ha detto il direttore dell’UCCM; ed è un obiettivo realizzato dopo il 1 gennaio.

Sebbene l’Algeria costituì la missione medica ufficiale; tre anni prima, maggio 1960, segna una pietra miliare a cui si deve tornare. Vittima di un terremoto, la Repubblica del Cile ebbe a sua disposizione, con immediatezza, medici e professionisti sanitari cubani e circa dieci tonnellate di risorse per assistere le vittime. “La rivoluzione aveva trionfato solo da un anno. Era a Cuba il senatore, poi presidente, Salvador Allende, che fu colui che accompagnò la brigata da Cuba sino a Santiago del Cile e la presentò in quel paese fratello. Fu una missione breve e nascente, ma di grande importanza”, ha spiegato Delgado Bustillo.

Dopo l’Algeria, la collaborazione è aumentata in Africa, America, Medio Oriente e Asia, e questo fatto non ha supposto solo l’invio di brigate mediche, ma la formazione di risorse umane all’estero ed a Cuba, così come l’assistenza di emergenza di fronte a situazioni di disastro.

Secondo quanto riferito dall’intervistato, “è negli anni ’70 che, con maggior numero di risorse umane, si inizia a collaborare in Africa, in paesi come Angola, Mozambico, Etiopia … Trionfa la rivoluzione sandinista ed immediatamente, appena due giorni dopo, si crea una brigata medica che si reca in quel paese fratello. Ad oggi, i medici cubani sono ancora presenti in Nicaragua”.

A poco a poco -ha commentato- si sono incorporati altri paesi africani come Guinea Bissau, Capo Verde, Guinea Equatoriale e la collaborazione si è andata espandendo in Asia, in nazioni come Laos e Vietnam, anche in tempi di guerra. Nel corso degli anni, i nostri medici sono giunti anche nei Caraibi e di loro sono stati testimoni, ad esempio, paesi come la Giamaica, ha detto Delgado Bustillo.

Le parole non arrivano a descrivere, inoltre, ciò che hanno rappresentato missioni come Barrio Adentro, in Venezuela, e l’Operazione Miracolo, quest’ultima prossima a raggiungere i tre milioni di operati in 35 paesi, ha detto.

Come una pietra miliare della cooperazione medica internazionale, lo specialista ha menzionato la creazione dell’UCCM, nel 1984, istituzione incaricata della preparazione e della formazione delle brigate e della preparazione integrale dei cooperanti. “Oggi abbiamo 36000 collaboratori in 66 paesi, di tutte le regioni del mondo. Dal Portogallo, Nord Africa, sub-Sahara, Medio Oriente, Asia ed Oceania, fino alle remote isole del Pacifico: Nauru e Kiribati, dall’altra parte del mondo, a 14 ore di differenza dal nostro paese.

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Dicono che qualcosa di buono viene sempre da tutto ciò che è male; il 1998 forse può essere la prova, perché mentre l’America Centrale viveva momenti difficili da dimenticare, la storia della cooperazione medica cubana dava una svolta.

Un anno di disgrazia. Mitch attraversava l’America Centrale, di categoria 5, il livello più alto possibile nella scala degli uragani Zaffir-Simpson, con velocità sostenuta dai venti di 290 chilometri l’ora. L’occhio dell’uragono si mosse parallelamente alla costa di Honduras e Nicaragua, e li flagellò con enormi precipitazioni che avrebbero guadagnato, dopo le catastrofiche inondazioni, l’appellativo di secondo uragano più mortifero dell’Atlantico.

Tra morti e dispersi, sommarono a circa 30000 le vittime, riferirono allora i media, a cui si aggiungevano i milioni di persone danneggiate. Prima di Mitch, era già entrato il potente Georges, che toccò terra in sette diverse occasioni, in diversi paesi, durante il suo lungo tragitto tra il Mar dei Caraibi ed il Golfo del Messico, convertendosi nella seconda tormenta più nefasta della stagione. Il suo saldo distruttivo: oltre 600 morti.

Tuttavia, la catastrofe avrebbe generato, con il dolore, la speranza. “Le brigate mediche cubane si prepararono immediatamente: il 3 novembre 1998, giunse la prima in Honduras ed il 5 novembre giunsero i medici cubani in Guatemala; pochi giorni dopo in Nicaragua, ed il 5 dicembre, ad Haiti.

Ma l’idea di Fidel -che supervisionò personalmente la preparazione di ciascuna delle brigate- andava oltre l’inviare professionisti della salute in America centrale e propose iniziare la formazione di medici di questi paesi a Cuba. Sorse allora il Programma Integrale di Salute (PIS): insieme all’invio di risorse umane per la salute, si portavano giovani a studiare medicina a Cuba, ciò che in seguito sarebbe stata esteso a molti altri paesi”, ha sottolineato il dott. Delgado Bustillo.

E così è stato. I primi studenti arrivarono da El Salvador, Guatemala, Nicaragua, Honduras e Messico. Solo pochi mesi dopo si inaugurava la Scuola Latinoamericana di Medicina (ELAM), nelle cui aule oggi imparano l’arte di curare i giovani delle Americhe, Oceania, Eurasia e Africa. Frutto del progetto: oltre 29000 medici laureati di circa 105 paesi, in 14 corsi di laurea.

“Questa è stata soprattutto una solidarietà umanitaria. Come principio, i nostri collaboratori mantengono la convinzione e la pratica di recarsi in luoghi remoti e di difficile accesso, dove non vanno i professionisti sanitari di quei paesi; luoghi con situazioni avverse, benché si tratta sempre che abbiano le migliori condizioni di vita.

“La verità è che c’è una popolazione che deve essere curata, ed in questo non entra in gioco né il luogo, né genere, né razza, né religione o cultura … Perché qualcosa che contraddistingue i nostri cooperanti, oltre alla loro preparazione e qualità umana, è il rispetto per le tradizioni e le usanze delle nazioni dove andremo a lavorare; e costituiscono anche le basi per le quali la collaborazione medica cubana ha acquisito prestigio internazionale”, ha affermato il dott. Delgado Bustillo.

Le pagine di questa storia, ovviamente, non finiscono qui.

II 

Circa 1775887170 consultazioni sono il risultato del lavoro instancabile dei medici cubani che forniscono assistenza ai pazienti di tutto il mondo come parte delle missioni internazionaliste

«Uno dei ricordi che tengo con piacere è l’albero della vita, un albero che è stato piantato nel nostro ospedale; ogni volta che un paziente veniva dimesso, veniva e gli legava un nastro, e questo indicava, a tutti noi, che una nuova vita era stata salvata. Questo ci riempiva di orgoglio e vedemmo molti nastri legati a quell’albero».

Questo è solo un frammento di una testimonianza resa all’Unità Centrale di Cooperazione Medica (UCCM), a proposito del 55° anniversario della cooperazione medica cubana nel mondo, dall’infermiere Pedro Luis Rivera Rivera, di San Antonio de los Baños, Artemisa.

I giorni che ha trascorso in Sierra Leone -quando ha affrontato l’ebola come parte del contingente di 256 professionisti cubani della salute che sono andati, nel 2015, in Africa Occidentale, per combattere una epidemia dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come Emergenza Internazionale- sono il vivo riflesso che per la Maggiore delle Antille l’Africa non sarà mai il continente dimenticato.

Sono stati molti di più, 17000 professionisti del sistema sanitario cubano che hanno espresso la loro disposizione ad andare in Sierra Leone, Guinea Conakry e Liberia, a lottare con un nemico pericoloso e sconosciuto. Andavano solo con l’impegno di coloro che avrebbero persino dato la vita nello sforzo di salvare gli altri.

“Per la prima volta, l’OMS chiedeva al governo ed al ministero della sanità cubani di inviare personale medico direttamente al lavoro di cura, cioè di fornire assistenza medica ai malati del virus ebola. E questa richiesta si faceva proprio a Cuba”, ha ricordato a Granma il Dr. Jorge Juan Delgado Bustillo, direttore dell’UCCM.

In risposta alla richiesta di aiuto del Sr. Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, e della dottoressa Margaret Chan, allora direttrice generale dell’OMS, il Governo di Cuba decise di partecipare a questo sforzo globale, sotto il coordinamento dell’OMS e convocò i governi ed i ministri della salute di tutti i paesi ad unirsi alla lotta contro questo flagello.

“Ci sono stati molti paesi che hanno sostenuto con risorse materiali e finanziarie, e diversi organismi internazionali della salute e medici che sono venuti in aiuto. Ma il contingente con il maggior numero è stato quello dei nostri medici, infermieri e professionisti. E questo, ha a che vedere, anche, con il prestigio che la medicina cubana ha guadagnato nel mondo”, ha assicurato il dott. Delgado Bustillo.

Il pericolo potenziale era lì, le gioie, le vittorie, i nastri della vita, la morte, la perdita più sentita del compagno di lotta … ma forse mai ha brillato così in alto il nome della salute cubana, e uno in particolare: Henry Reeve.

Non è un caso, ad esempio, che durante la 70a Assemblea Mondiale della Sanità fosse consegnato il Premio Doctor Lee Jon-Wook alla Brigata che porta questo nome, per il suo straordinario contributo alla salute pubblica nel mondo.

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“Dal 1960 al 2004 Cuba ha fornito assistenza medica di emergenza in più di 20 paesi, con 2071 collaborati in scenari diversi: terremoti, epidemie, uragani, eruzioni di vulcani in paesi dell’America centrale come l’Honduras, Nicaragua, Guatemala, Perù, ed anche in altri lontani come Russia”, racconta il dottor Delgado Bustillo.

Ma il settembre del 2005 sarebbe stato decisivo, da quando l’uragano Katrina si accanì sul sud degli USA e l’idea di Fidel ci lasciasse, come sollievo al dolore, la speranza che offre un contingente specializzato in situazioni di disastri ed epidemie gravi. I medici della Henry Reeve -nome che hanno ricevuto in memoria di quell’eccezionale giovane combattente nordamericano che è morto lottando per l’indipendenza di Cuba-, da allora, sarebbero i medici del mondo.

“Un contingente di 10000 medici era stato preparato e reclutato dallo stesso Fidel, all’inizio per assistere in modo immediato e gratuito il popolo di New Orleans, popolo ricco ma molto vulnerabile colpito da questa catastrofe. Ricordo l’interesse e la perseveranza del Comandante per poter inviare i nostri professionisti, ma l’aiuto fu respinto dal governo USA di George Bush”, ha affermato l’intervistato.

Questo contingente, che inizialmente sarebbe stato composto da membri della brigata mobilitata per assistere le vittime dell’uragano Katrina, avrebbe avuto lo scopo di cooperare, immediatamente, con il suo personale specialmente addestrato, con qualsiasi paese che soffra una catastrofe, specialmente quelli che affrontano grandi flagelli per uragani, inondazioni o altri fenomeni naturali di quella gravità, oltre ad epidemie che costituiscono veri disastri naturali e sociali; includendo anche il nostro territorio nazionale.

“Nonostante la mano amica che abbiamo teso, ai medici cubani non è stato permesso di entrare nel territorio USA. Ma la Henry Reeve non era una storia, era una verità. E solo pochi giorni dopo la sua creazione, una brigata è partita per il Guatemala, l’8 ottobre 2005, poiché questa nazione era stata colpita da intense piogge e grandi inondazioni. 688 collaboratori sono stati inviati ad un popolo che aveva una brigata dal 1998”, ricorda il dottor Delgado Bustillo.

Un altro disastro di grande importanza nel mondo avvenne nello stesso mese ed anno: il terremoto in Pakistan, e quasi allo stesso tempo in cui arrivava la brigata in Guatemala, i medici cubani andavano dall’altro lato del mondo, a soccorrere vite davanti ad un evento che è descritto come uno dei più devastanti nella storia di quel paese dell’Asia meridionale.

“Circa 32 ospedali da campo con tecnologia di punta per gli interventi chirurgici e la cura di tutti i pazienti con qualsiasi malattia e patologia, sono stati dispiegati in quel paese, con la presenza di 2564 professionisti sanitari cubani, che sono rimasti, in maniera solidaria e gratuita, per otto mesi, salvando centinaia di migliaia di vite”, ha spiegato lo specialista.

Il nome della Henry Reeve non ha smesso di sentirsi da allora, anche se dallo scenario mediatico, molte volte, si cerca di metterlo a tacere. Perché nel 2010 «siamo tornati ad Haiti», quando un terremoto ha di nuovo scosso il suo popolo. «E dico siamo tornati, perché i medici cubani già stavano lì da prima, sono sempre stati. La terra tremò, il 12 gennaio 2010, ed il 13 arrivò la prima brigata medica specializzata in epidemie e disastri, ma lì c’erano più di 200 professionisti della salute, che furono i primi a prestare soccorso alla popolazione colpita. Circa 1712 collaboratori avrebbero aiutato a guarire”, ha spiegato il direttore dell’UCCM.

Ha anche ricordato che Haiti è stata colpita dal colera, nove mesi più tardi, in un’epidemia che ha continuato sommando la morte di migliaia, e che ha potuto essere controllata “grazie all’impegno, solidarietà e umanesimo degli 887 professionisti della salute cubani, che si sono dispersi in un’opera di azione diretta contro il colera, curando malati, facendo prevenzione, azioni di natura epidemiologica, di qualità dell’acqua”.

Alle gesta della lotta contro l’ebola in Africa, alla storia che i medici cubani hanno scritto contro la cecità in America Latina e nei Caraibi, al colera ad Haiti e la partecipazione di 26 brigate del Contingente Internazionale di Medici Specializzati in Disastri e Grandi Epidemie «Henry Reeve» in 22 paesi come Pakistan, Indonesia, Messico, Ecuador, Perù, Cile e Venezuela, tra gli altri, ci sono molti esempi da aggiungere.

***

“La collaborazione cubana sarà mantenuta”, ha aggiunto il dott. Delgado Bustillo. In tempi dove in maniera infondata ed in modo inaccettabile si mette in discussione la dignità, la professionalità e l’altruismo dei collaboratori cubani, è bene riaffermare al mondo che Cuba continuerà ad offrire le sue esperienze, risorse umane specializzate e mantiene a disposizione le sue università mediche per la formazione di professionisti e tecnici nel campo della salute, nonché i prodotti dell’industria farmaceutica e della biotecnologica per incidere nell’ambito della copertura sanitaria universale.

“Continueremo ad esprimere il nostro internazionalismo e disinteresse nel sostenere tutti i popoli del mondo che richiedano la nostra presenza. La storia dei professionisti sanitari cubani parla da sola ed ha prestigio da vendere La loro, e quella delle famiglie cubane che sono state coinvolte nella collaborazione medica e sono state di supporto e retroguardia. Non c’è prezzo o valore che paghi la solidarietà, il coraggio di lasciare i propri cari per andare a compiere una missione, due, tre o quattro anni lontani dalla Patria”, riflette l’intervistato.

Non c’è prezzo che paghi la dignità, né premio maggiore del pensare quanti alberi della vita ha riempito, in tutti questi anni, la medicina cubana.

Risultati del lavoro in 55 anni

-Consultazioni: 1775887170

– Interventi chirurgici: 12911079

– Parti realizzate: 3402626

-Vite salvate: 6428165

-Vaccini applicati: 14121697

-Operazione Miracolo: 3022758

Fonte: UCCM


Manos solidarias para multiplicar salud (I)

A propósito del 55 aniversario de la colaboración médica cubana con el exterior, Granma se acerca al tema

Autor: Lisandra Fariñas Acosta

«Los médicos cubanos miran a los ojos de las personas, tocan su cuerpo, escuchan lo que tengan que decir, las tratan con dignidad…».

Esa frase –que escuché decir hace tres años al entonces ministro de Salud de Brasil, Arthur Chioro, en la Convención Cuba-Salud 2015, cuando hablaba a los presentes sobre lo que ha significado para el gigante sudamericano el programa Mais Médicos–, sintetiza, de algún modo, una historia que no debe esperar a ser escrita, porque sus páginas las han ido tejiendo en la marcha, y a fuerza de voluntad, hombres y mujeres que saben del valor de compartir aquello que se tiene.

Hay 55 años de vivencias, anécdotas, victorias, aprendizajes, apoyo, solidaridad…; 55 años desandando montes, ríos, selvas, ciudades, siendo el alivio que cura y calma cuando la tierra tiembla, estallan volcanes, llueve demasiado o se ensañan los vientos. Hay más de medio siglo de memorias, que se renuevan a sí mismas con el amor de aquel primer día de mayo de 1963, cuando partió a Argelia la primera brigada médica cubana, conformada por 56 profesionales de la salud.

Entonces era reciente la independencia de esa nación del colonialismo francés, y apenas contaba con unos 200 médicos que debían atender a cuatro millones de personas. «Sus líderes veían en Cuba un faro de solidaridad y se acercaron a los cubanos y a nuestro líder histórico, Fidel», recuenta a Granma, el doctor Jorge Juan Delgado Bustillo, director de la Unidad Central de Cooperación Médica (UCCM).

Fue el doctor José Ramón Machado Ventura, en ese momento ministro de Salud Pública de Cuba, quien condujo esa primera brigada a cumplir su misión internacionalista. «En más de una ocasión el propio doctor Machado ha subrayado lo que significó contar con la disposición de muchos candidatos, teniendo en cuenta la cifra de médicos disponible en el país, luego del éxodo que se produjo de estos profesionales al triunfo de la Revolución. De 6 000, quedaron en la Isla apenas 3 000», comentó Delgado Bustillo.

Un año antes, el 17 de octubre de 1962, Fidel había dejado inaugurado el Instituto de Ciencias Básicas y Preclínicas Victoria de Girón, y en ese acto fundacional había manifestado la convicción, refiriéndose a Argelia, de que los voluntarios para ayudar a sanar en otros pueblos no faltarían. «Preclara visión –sostuvo el entrevistado– porque a 55 años de esta primera brigada, más de 407 000 profesionales de la salud han cumplido misión solidaria en 164 países del mundo, con más de 600 000 misiones».

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«(…) Ser una nación grande y civilizada, para tender un brazo amigo y un corazón fraternal a todos los demás pueblos…», dijo el 10 de octubre de 1868 en la Demajagua, Carlos Manuel de Céspedes, el Padre de la Patria. La solidaridad de nuestro pueblo tiene sus raíces en esta declaración, apuntó el director de la UCCM; y es una meta cumplida luego del Primero de Enero.

Si bien Argelia constituyó la misión médica oficial; tres años antes, mayo de 1960, marca un hito sobre el que debe volverse. Víctima de un terremoto, la República de Chile tuvo a su disposición con inmediatez, médicos y profesionales de la salud cubanos y unas diez toneladas de recursos para asistir a los damnificados. «Hacía apenas un año que había triunfado la Revolución. Estaba en Cuba el senador, después presidente, Salvador Allende, quien fue el que acompañó la brigada desde Cuba hasta Santiago de Chile y la presentó en ese hermano país. Fue una misión corta y emergente, pero de gran importancia», explicó Delgado Bustillo.

Después de Argelia, la colaboración se incrementó en África, América, Medio Oriente y Asia, y este hecho no solo supuso el envío de brigadas médicas, sino la formación de recursos humanos en el exterior y en Cuba, así como la ayuda de emergencia ante situaciones de desastres.

Según refirió el entrevistado, «es en los años 70 que, con mayor número de recursos humanos, se empieza a colaborar en África, en países como Angola, Mozambique, Etiopía… Triunfa la revolución sandinista e inmediatamente, apenas dos días después, se crea una brigada médica que viajó a ese hermano país. Hasta este momento los médicos cubanos continúan presentes en Nicaragua».

Poco a poco –comentó– se incorporaron otros países africanos como Guinea Bissau, Cabo Verde, Guinea Ecuatorial, y se fue expandiendo la colaboración a Asia, en naciones como Laos y Vietnam, en tiempos incluso de guerra. Con los años, nuestros médicos llegaron también al Caribe, y de ello fueron testigos, por ejemplo, países como Jamaica, dijo Delgado Bustillo.

No alcanzan las palabras para describir, además, lo que han representado misiones como Barrio Adentro, en Venezuela, y la Operación Milagro, esta última próxima a llegar a los tres millones de operados en 35 países, significó.

Como un hito de la cooperación médica internacional, el especialista mencionó la creación de la UCCM en 1984, institución encargada de la preparación y conformación de las brigadas, y de la preparación integral de los cooperantes. «Hoy tenemos 36 000 colaboradores en 66 países, de todas las regiones del orbe. Desde Portugal, África del Norte, subsahariana, Medio Oriente, Asia y Oceanía, hasta las remotas islas del Pacífico: Nauru y Kiribati, al otro lado del mundo, a 14 horas de diferencia con nuestro país.

***

Dicen que de todo lo malo surge siempre algo bueno; 1998 quizá sea la prueba, porque al tiempo que Centroamérica vivía momentos difíciles de olvidar, la historia de la cooperación médica cubana daba un vuelco.

Un año de infortunio. Mitch pasaba por América Central, de categoría 5, el más alto nivel posible en la escala de huracanes Zaffir-Simpson, con 290 kilómetros por hora de velocidad máxima de vientos sostenidos. El ojo del huracán se movió paralelamente a la costa de Honduras y Nicaragua, y los golpeó con precipitaciones desmedidas que le ganarían, luego de las catastróficas inundaciones, el apelativo de segundo huracán más mortífero del Atlántico.

Entre muertos y desaparecidos sumaron alrededor de 30 000 víctimas, reportaron entonces los medios de comunicación, a lo que se sumaban los millones de damnificados. Antes de Mitch, ya había hecho su entrada el poderoso Georges, que tocó tierra en siete ocasiones, en países diferentes, durante su largo trayecto entre el mar Caribe y el Golfo de México, convirtiéndose en la segunda tormenta más nefasta de la temporada. Su saldo destructivo: más de 600 muertos.

Sin embargo, la catástrofe pariría con el dolor una esperanza. «Las brigadas médicas cubanas se alistaron de inmediato: el 3 de noviembre de 1998 llegó la primera a Honduras y el día 5 de noviembre arribaron los médicos cubanos a Guatemala; unos días después, a Nicaragua y el 5 de diciembre, a Haití.

Pero la idea de Fidel –quien supervisó personalmente la preparación de cada una de las brigadas– iba más lejos de enviar profesionales de la salud a Centroamérica, y propuso comenzar la formación de médicos de estos países en Cuba. Surgió entonces el Programa Integral de Salud (PIS): a la par del envío de recursos humanos de la salud, se traían jóvenes a estudiar Medicina en Cuba, lo cual posteriormente se ampliaría a otros muchos países», destacó el doctor Delgado Bustillo.

Y así fue. Los primeros estudiantes llegaron desde El Salvador, Guatemala, Nicaragua, Honduras y México. Apenas unos meses después se inauguraba la Escuela Latinoamericana de Medicina (ELAM), en cuyas aulas hoy aprenden el arte de curar jóvenes de las Américas, Oceanía, Eurasia y África. Fruto del proyecto: más de 29 000 médicos egresados de unos 105 países, en 14 graduaciones.

«Esta ha sido una solidaridad humanitaria por encima de todo. Como principio, nuestros colaboradores mantienen la convicción y práctica de ir a los lugares remotos y de difícil acceso, donde no van los profesionales de la salud de esos países; lugares con situaciones adversas, aunque siempre se trata de que tengan las mejores condiciones de vida.

«Lo cierto es que hay población que atender, y en ello no entra en juego ni lugar, ni género, ni raza, religiones o cultura… Porque algo que distingue a nuestros cooperantes, además de su preparación y calidad humana, es el respeto por las tradiciones y costumbres de las naciones a donde vamos a laborar; y constituyen también bases por las cuales la colaboración médica cubana ha ganado prestigio internacional», apuntó el doctor Delgado Bustillo.

Las páginas de esta historia, por supuesto, no acaban aquí.

Manos solidarias para multiplicar salud (II y final)

Unas 1 775 887 170 consultas son el resultado del trabajo incansable de los médicos cubanos que brindan asistencia a enfermos en todo el mundo como parte de las misiones internacionalistas

«Uno de los recuerdos que guardo con agrado es el del árbol de la vida, un árbol que fue plantado en nuestro hospital; cada vez que se le daba de alta a un paciente, venía y amarraba una cinta en él, y esto indicaba para todos nosotros que se había salvado una nueva vida. Eso nos llenaba de orgullo, y vimos muchísimas cintas amarradas en ese árbol».

Este es apenas el fragmento de un testimonio que diera a la Unidad Central de Cooperación Médica (UCCM), a propósito del aniversario 55 de la cooperación médica cubana en el mundo, el enfermero Pedro Luis Rivera Rivera, de San Antonio de los Baños, Artemisa.

Los días que pasó en Sierra Leona –cuando encaró el ébola como parte del contingente de 256 profesionales de la salud cubanos que marcharon en el año 2015 a África Occidental, para combatir una epidemia declarada por la Organización Mundial de la Salud (OMS) como Emergencia Internacional– son el reflejo vivo de que para la Mayor de las Antillas, África no será nunca el continente olvidado.

Fueron muchos más, 17 000 profesionales del sistema de salud cubanos los que manifestaron su disposición de partir a Sierra Leona, Guinea Conakry y Liberia, a luchar con un enemigo peligroso y desconocido. Irían solo con el compromiso de quien daría hasta la vida en el empeño de salvar otras.

«Por primera vez la OMS pedía al Gobierno y Ministerio de Salud cubanos enviar personal médico directamente a la labor asistencial, es decir, a brindar atención médica a los enfermos del virus de ébola. Y esta petición se hacía precisamente a Cuba», rememoró a Granma el doctor Jorge Juan Delgado Bustillo, director de la UCCM.

Ante la solicitud de ayuda del Sr. Ban Ki-moon, secretario general de Naciones Unidas, y de la doctora Margaret Chan, entonces directora general de la oms, el Gobierno de Cuba decidió participar en este esfuerzo global, bajo la coordinación de la OMS, y convocó a sumarse a la lucha contra este flagelo a los gobiernos y ministros de salud de todos los países.

«Hubo muchos países que apoyaron con recursos materiales y financieros, y varios organismos internacionales de la Salud y médicos acudieron a ayudar. Pero el contingente de mayor número fue el de médicos, enfermeros y profesionales nuestros. Y eso tiene que ver, también, con el prestigio que la medicina cubana ha ganado en el mundo», aseguró el doctor Delgado Bustillo.

El peligro potencial estuvo allí, las alegrías, las victorias, las cintas de la vida, la muerte, la pérdida más sentida del compañero de lucha… pero quizá nunca antes brilló tan alto el nombre de la salud cubana, y uno en especial: Henry Reeve.

No es casual, por ejemplo, que durante la 70 Asamblea Mundial de la Salud fuese otorgado el Premio Doctor Lee Jon-Wook a la Brigada que lleva este nombre, por su extraordinario aporte a la salud pública en el mundo.

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«Desde el año 1960 al 2004, Cuba prestó asistencia médica de emergencia en más de 20 países, con 2 071 colaboradores, en escenarios disímiles: terremotos, epidemias, huracanes, deslaves de volcanes, en países de Centroamérica como Honduras, Nicaragua, Guatemala, Perú, e incluso en otros tan distantes como Rusia», recuenta el doctor Delgado Bustillo.

Pero septiembre del año 2005 sería decisivo, desde que el huracán Katrina se ensañara con el sur de Estados Unidos y la idea de Fidel nos dejara, como alivio al dolor, la esperanza que reparte un contingente especializado en situaciones de desastres y graves epidemias. Los médicos de la Henry Reeve –nombre que recibieran en memoria de aquel excepcional joven combatiente norteamericano que murió luchando por la independencia de Cuba–, desde entonces, serían médicos del mundo.

«Un contingente de 10 000 médicos había sido preparado y alistado por el propio Fidel, en principio para asistir de manera inmediata y gratuita al pueblo de New Orleans, pueblo rico pero muy desprotegido, afectado por esta catástrofe. Recuerdo el interés y la persistencia del Comandante para poder enviar a nuestros profesionales, pero la ayuda fue rechazada por el gobierno norteamericano de George Bush», refirió el entrevistado.

Este contingente, que estaría integrado en un principio por los miembros de la brigada movilizada para asistir a los damnificados por el huracán Katrina, tendría como objetivo cooperar de inmediato, con su personal especialmente entrenado, con cualquier país que sufra una catástrofe, especialmente los que enfrenten grandes azotes de huracanes, inundaciones u otros fenómenos naturales de esa gravedad, además de epidemias que constituyan verdaderos desastres naturales y sociales; incluyendo también nuestro territorio nacional.

«Pese a la mano amiga que tendimos, a los médicos cubanos no se les permitió entrar a territorio norteamericano. Pero la Henry Reeve no era un cuento, era una verdad. Y solo unos días después de creada salió una brigada para Guatemala, el 8 de octubre del 2005, pues esta nación había sido afectada por intensas lluvias y grandes inundaciones. Se enviaron 688 colaboradores para asistir a un pueblo que tenía una brigada allí desde el año 1998», recuerda el doctor Delgado Bustillo.

Otro desastre de gran trascendencia en el mundo se sucedió ese mismo mes y año: el terremoto de Pakistán, y casi al tiempo que llegaba la brigada a Guatemala, los médicos cubanos salían al otro lado del mundo, a socorrer vidas ante un evento que está descrito como uno de los más devastadores en la historia de ese país del sur de Asia.

«Unos 32 hospitales de campaña, con la tecnología de punta para hacer intervenciones quirúrgicas, y atender a todos los pacientes de cualquier enfermedad y patología, fueron desplegados en ese país, con la presencia de 2 564 profesionales de la salud cubanos, los cuales permanecieron de manera solidaria y gratuita durante ocho meses, salvando cientos de miles de vidas», explicó el especialista.

El nombre de la Henry Reeve no ha parado de escucharse desde entonces, aunque desde el escenario mediático, muchas veces, intenten silenciarlo. Porque en el 2010 «volvimos a Haití», cuando un terremoto sacudió nuevamente su pueblo. «Y digo volvimos, porque los médicos cubanos ya estaban allí desde antes, siempre han estado. La tierra tembló el 12 de enero del 2010, y el día 13 llegó la primera brigada médica especializada en epidemias y desastres, pero había allí más de 200 profesionales de la salud, que fueron los primeros en atender a la población afectada. Alrededor de 1 712 colaboradores ayudarían a sanar», explicó el director de la UCCM.

Recordó, además, que Haití fue afectado por el cólera nueve meses después, en una epidemia que siguió sumando las muertes por miles, y que pudo ser controlada «gracias al empeño, solidaridad y humanismo de los 887 profesionales de la salud cubanos, que se dispersaron en un trabajo de acción directa contra el cólera, atendiendo enfermos, haciendo prevención, acciones de carácter epidemiológico, de calidad del agua».

A las hazañas de la lucha contra el ébola en África, a la historia que los médicos cubanos escribieron contra la ceguera en América Latina y el Caribe, al cólera en Haití y la participación de 26 brigadas del Contingente Internacional de Médicos Especializados en Desastres y Grandes Epidemias «Henry Reeve» en 22 países como Pakistán, Indonesia, México, Ecuador, Perú, Chile y Venezuela, entre otros, sobran ejemplos para agregar.

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«La colaboración cubana se va a mantener», subrayó el doctor Delgado Bustillo. En tiempos donde sin fundamentos y de modo inaceptable se cuestiona la dignidad, la profesionalidad y el altruismo de los colaboradores cubanos, es bueno reafirmar al mundo que Cuba continuará ofreciendo sus experiencias, recursos humanos especializados y mantiene a disposición sus universidades médicas para la formación de profesionales y técnicos en el campo de la Salud, así como los productos de la industria médico farmacéutica y biotecnológica para incidir en el alcance de la cobertura sanitaria universal.

«Seguiremos expresando nuestro internacionalismo y desinterés en apoyar a todos los pueblos del mundo que requieran de la presencia nuestra. La historia de los profesionales de la Salud cubanos habla por sí misma y goza de sobrado prestigio. La de ellos, y la de las familias cubanas que han estado involucradas en la colaboración médica y han sido apoyo y retaguardia. No hay precio ni valor que pague la solidaridad, el valor de dejar atrás seres queridos para ir a cumplir una misión, dos, tres o cuatro años lejos de la Patria», reflexionó el entrevistado.

No hay precio que pague la dignidad, ni premio mayor que pensar cuántos árboles de la vida ha llenado todos estos años la medicina cubana.

Resultados de trabajo en 55 años

-Consultas: 1 775 887 170

-Intervenciones quirúrgicas: 12 911 079

-Partos realizados: 3 402 626

-Vidas salvadas: 6 428 165

-Vacunas aplicadas: 14 121 697

-Operación Milagro: 3 022 758

Fuente: UCCM

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