Fidel ed il suo concetto di popolo

F.Escalante Font –  https://lapupilainsomne.wordpress.com

In quest’anno, in cui si commemora il 60esimo anniversario del trionfo della Rivoluzione, ho ritenuto opportuno scrivere alcune righe circa il concetto di Popolo di Fidel.

Nella sua ideologia era sempre presente la partecipazione del popolo nella lotta rivoluzionaria. Il discorso di autodifesa, del 16 ottobre 1953, conosciuto come “La storia mi assolverà” definiva con assoluta chiarezza il suo concetto di popolo, e la necessaria partecipazione dello stesso nel processo di cambio che prevedeva:”…Intendiamo per popolo, quando parliamo di lotta, la grande massa irredenta, quella che anela una patria migliore, più degna e più giusta; quella che desidera grandi e sagge trasformazioni in tutti gli ordini, ed è disposta a dare quando crede sufficientemente in se stessa fino all’ultima goccia di sangue”…”A tale popolo…non gli diciamo “ti daremo” ma “Eccoti, lotta ora con tutte le tue forze affinché siano tue la libertà e la felicità”.

Quel popolo guidato da Fidel e dal suo distaccamento di avanguardia lottò e vinse non solo la dittatura, ma anche l’oscurantismo e l’ignoranza. Il 1 gennaio, l’Esercito ribelle sconfiggeva l’esercito batistiano e metteva in fuga i suoi più importanti personaggi. Fidel nella carovana della libertà lasciò Santiago e, città per città, andò percorrendo il paese fino ad arrivare a L’Avana, l’8 gennaio, e marciare sulla fortezza militare Columbia, sede del quartier generale batistiano, dove nel suo primo discorso agli abitanti dell’Avana espresse la seguente idea:

“Io so che nel parlarvi qui, questa sera, mi trovo davanti ad uno degli obblighi più difficili, forse, in questo lungo processo di lotta, avviatosi a Santiago de Cuba, il 30 novembre 1956. Il popolo ascolta, ascoltano i combattenti rivoluzionari e ascoltano anche i soldati dell’Esercito, il cui destino è nelle nostre mani. Sono convinto che questo è un momento decisivo della nostra storia: la tirannia è stata abbattuta. La gioia è immensa. E tuttavia, rimane ancora molto da fare. Non dobbiamo sbagliarci pensando che, da adesso in poi, tutto sarà più facile; può darsi che da adesso in poi, tutto sarà più difficile. Il primo dovere di ogni rivoluzionario è quello di dire la verità. Ingannare il popolo, risvegliare in lui false illusioni, avrebbe sempre le peggiori conseguenze, e ritengo che è necessario avvertire il popolo contro l’eccesso di ottimismo. Come vinse la guerra l’Esercito Ribelle? Dicendo la verità. Come perse la guerra la tirannia? Ingannando i soldati…”

Immediatamente la Rivoluzione iniziò ad attuare un programma socio-economico e politico. La Riforma Urbana, la riduzione delle tariffe elettriche e telefoniche, di medicine e libri di testo, la lotta contro la corruzione ed il gioco organizzato, la confisca dei beni malversati, la costruzione di aule ed ospedali ed infine la Riforma Agraria, tutto questo in solo 5 mesi. Cuba era cambiata, il programma del Moncada cominciava a vedere i suoi frutti.

I borghesi, latifondisti, proprietari di case e sfollati dal potere inclusi gli ex militari, poliziotti ed altri parassiti del precedente regime, si organizzarono rapidamente per cercare prima di sviare e dissolvere la Rivoluzione, poi rovesciarla con la forza e l’aggressione. Bombe, sabotaggi, assassini sarebbero lo scenario che dovette affrontare il potere rivoluzionario in quegli anni, con il popolo all’avanguardia.

Il 26 ottobre 1959 Fidel in grande concentrazione popolare nel Palazzo Presidenziale e davanti ai continui attacchi controrivoluzionari procedenti dagli USA ed il tentativo golpista realizzato in Camagüey, fece un appello al popolo a prepararsi militarmente in difesa della Rivoluzione, e creare le Milizie Nazionali Rivoluzionarie per la difesa delle conquiste rivoluzionarie.

A quel tempo, Fidel era alla ricerca di una forma adeguata di organizzazione affinché le masse, che si erano organizzate nelle Milizie Nazionali Rivoluzionarie, per affrontare con le armi il nemico, lo facessero anche nelle retrovie, e potessero combattere coloro che, segretamente, cospiravano; un meccanismo che permettesse canalizzare tutte le informazioni, senza dover ricorrere alle denigratorie forme di delazione, anonime, pagate o meno, utilizzate dalla dittatura di Batista. La Rivoluzione non voleva confidenti. E si cercava che questa attività si sviluppasse con sicurezza, rapidità, organizzazione, discrezione e trasparenza. Il sostegno delle masse rivoluzionarie sarebbe stato il punto chiave.

L’idea iniziale si basò sulla creazione di luoghi dove il popolo, in modo aperto e sincero, potesse depositare le sue informazioni su attività sospette, così come lo stato di opinione sulle misure rivoluzionarie che si andavano implementando. Si cercava una formula che permettesse garantire la collaborazione spontanea, con obiettività e probità, per cui la cosa principale sarebbe che si identificasse la fonte che informasse; ma il principio base, il principio essenziale, che non doveva perdersi di vista, era appoggiarsi nelle masse rivoluzionarie.

Al ritorno dal suo viaggio negli USA, dove si era recato per partecipare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, mercoledì 28 settembre, Fidel che veniva caricato con tutte quelle esperienze, e come lui stesso avrebbe riconosciuto, più tardi, aveva “uno speciale stato d’animo” per reincontrarsi con il suo popolo, che lo aspettava nella ex spianata che si estendeva dietro la terrazza nord del Palazzo presidenziale, avrebbe consegnato, fiducioso, una nuova responsabilità al suo popolo.

Era già notte buia, quando si sentì la prima esplosione, proveniente da calle Dragones, a pochi metri dalla concentrazione. Fidel osservò i due orologi che dalla sua lotta nella Sierra era abituato ad indossare, considerando che poteva essere il colpo di cannone che dalla vicina fortezza de La Cabana è sparato ogni notte alle nove, ed all’assicurarsi che fosse altra la causa dello scoppio delineò quello che sarebbe la risposta del popolo cubano:”…per ogni petardo che mettano, noi convertiamo una caserma in una scuola…per ogni petardo che mettano…noi facciamo una legge rivoluzionaria … per ogni petardo che mettano noi armiamo, per lo meno, mille miliziani…”. Qualche minuto dopo, una seconda esplosione a Cárcel y Morro e la terza in un tombino a Prado y Refugio il popolo risponde con grida di “al muro”, “Vinceremo”, mentre il Comandante in capo continua il suo discorso: “Lasciateli, lasciateli che suonino, che con ciò stanno addestrando il popolo in tutti i tipi di rumori…”

La vita ed il riconosciuto genio di Fidel, diedero così un sorprendente e straordinario capovolgimento a qualsiasi altro piano. Quelle esplosioni, e la reazione coraggiosa del nostro popolo, provocarono nel dirigente cubano, una reazione diretta, immediata, e nello stesso atto, nella pubblica piazza, in mezzo ad esplosioni di petardi e delle bombe controrivoluzionarie, in quel dialogo aperto che intavolava Fidel con le masse che sostengono ognuna delle sue parole, con il suo acume e visione, la sua capacità di stratega, stava percependo la forza del popolo che lo ascoltava furioso, stava misurando la tempra, il valore del nostro popolo, stava maturando le idee, tessendole, preparandole fino a raggiungere il crogiolo della creazione.

In primo luogo segnalò “…istituiremo un sistema di vigilanza rivoluzionaria collettiva… Impianteremo un sistema di vigilanza collettiva rivoluzionaria, e che tutti sappiano chi è e cosa fa quello che vive nell’isolato, quali relazioni ebbe con la tirannia; ed a cosa si dedica, chi frequenta… perché se pensano che vanno a poter scontrarsi con il popolo, terribile gran fiasco prenderanno! Perché impianteremo un comitato di vigilanza rivoluzionaria in ogni isolato, affinché il popolo vigili, affinché il popolo osservi…”

La genialità di Fidel, la sua saggezza nell’interpretare le aspirazioni del popolo, propiziava con questa iniziativa il sorgere di una nuova e molto efficace forma di organizzazione della società civile. Aveva appena trovato la formula più adeguata per dar risposta, in modo schiacciante, a ciò che era una imperiosa necessità, creare in ogni isolato, in ogni quartiere, i Comitati di Vigilanza Rivoluzionaria, i Comitati di Difesa della Rivoluzione.

La stessa notte del 28 settembre, sia nella capitale che in altri capoluoghi provinciali, il popolo, dopo aver ascoltato l’appello di Fidel, si era lanciato, spontaneamente, a creare i primi “Comitati di Vigilanza”.

La notte del 29, Fidel partecipa inaspettatamente al programma televisivo “Di fronte alla stampa” e tra altre questioni si riferisce alle idee delineate la notte precedente: la necessità di organizzare il popolo per la vigilanza rivoluzionaria, che qualifica come “una nuova forma di lotta”, approfittando della nostra principale e più preziosa risorsa “il popolo, il sostegno del popolo, l’organizzazione del popolo, quartiere per quartiere, isolato per isolato…lanciamo l’idea affinché la gente stesse pensando a questo…noi già lanciamo la consegna, l’oggetto che tutte le idee intorno a questo problema inizino a svilupparsi, andare a creare quei comitati di vigilanza quartiere per quartiere, blocco per blocco ed edificio per edificio…” “…Organizzare il popolo come abbiamo organizzato la milizia Abbiamo organizzato la milizia per la lotta frontale, dobbiamo organizzare il popolo per la lotta sotterranea…”

All’appello di Fidel, rispose tutto il popolo di Cuba. La stessa vita della rivoluzione richiedeva ora la formazione di quella potente, ampia e di massa rete di vigilanza rivoluzionaria. All’alba del 29 settembre, cominciarono a sorgere i comitati. La vigilanza rivoluzionaria fu il suo compito fondamentale, vitale, da essa dipendeva l’esistenza stessa della Rivoluzione, poi si sarebbe aggiunta l’Istruzione Rivoluzionaria, affinché quegli uomini e donne raggruppati per la lotta contro il nemico sotterraneo, avessero una solida coscienza politica di fronte al trascendente compito che il capo della Rivoluzione gli aveva segnalato.


Fidel y su concepto de pueblo

Por Fabián Escalante Font

En éste año, en el cual se conmemora el sesenta aniversario del triunfo de la Revolución, he considerado oportuno escribir unas líneas acerca del concepto de Fidel sobre el Pueblo. En su ideario estuvo siempre presente la participación del pueblo en la gesta revolucionaria. El discurso de autodefensa del 16 de octubre de 1953, conocido como “La historia me absolverá” definía con absoluta claridad su concepto de pueblo, y la necesaria participación del mismo en el proceso de cambios que avizoraba: “…Entendemos por pueblo, cuando hablamos de lucha, la gran masa irredenta, la que anhela una patria mejor, más digna y más justa; la que ansía grandes y sabias transformaciones en todos los órdenes, y está dispuesta a dar cuando crea suficientemente de sí misma, hasta la última gota de sangre”….”A ese pueblo, … no le íbamos a decir: “te vamos a dar”, sino “!Aquí tienes, lucha ahora con todas tus fuerzas para que sean tuyas la libertad y la felicidad”.

Aquel pueblo encabezado por Fidel y su destacamento de vanguardia luchó y venció no solo a la dictadura, sino también al oscurantismo y la ignorancia. El 1ero de enero el Ejército rebelde derrotaba al ejercito batistiano y ponía en fuga a sus más destacados personeros. Fidel en caravana de la libertad salió de Santiago y ciudad por ciudad fue recorriendo el país hasta llegar a la Habana el 8 de enero y marchar al campamento de Columbia, sede del cuartel general batistiano, donde en su primer discurso a los habaneros expresó la siguiente idea:

“Yo sé que al hablar esta noche aquí se me presenta una de las obligaciones más difíciles, quizás, en este largo proceso de lucha que se inició en Santiago de Cuba, el 30 de noviembre de 1956. El pueblo escucha, escuchan los combatientes revolucionarios, y escuchan los soldados del Ejército, cuyo destino está en nuestras manos. Creo que es este un momento decisivo de nuestra historia: la tiranía ha sido derrocada. La alegría es inmensa. Y sin embargo, queda mucho por hacer todavía. No nos engañamos creyendo que en lo adelante todo será fácil; quizás en lo adelante todo sea más difícil. Decir la verdad es el primer deber de todo revolucionario. Engañar al pueblo, despertarle engañosas ilusiones, siempre traería las peores consecuencias, y estimo que al pueblo hay que alertarlo contra el exceso de optimismo. ¿Cómo ganó la guerra el Ejército Rebelde? Diciendo la verdad. ¿Cómo perdió la guerra la tiranía? Engañando a los soldados….”

De inmediato la Revolución comenzó a ejecutar un programa socioeconómico y político. La Reforma Urbana, la rebaja de las tarifas eléctricas y telefónicas, de medicamentos y libros de textos, la lucha contra la corrupción y el juego organizado, la confiscación de los bienes malversado, la construcción de aulas y hospitales y finalmente la Reforma Agraria, todo ello en solo 5 meses. Cuba había cambiado, el programa del Moncada comenzaba a ver sus frutos.

Los burgueses, latifundistas, casatenientes y desplazados del poder incluidos los ex militares, policías y demás parásitos del anterior régimen, rápidamente se organizaron para intentar primero desviar y disolver la Revolución, luego, derrocarla por la fuerza y la agresión. Bombas, sabotajes, asesinatos sería el escenario que se tuvo que enfrentar el poder revolucionario aquellos años, con el pueblo a la vanguardia.

El 26 de octubre de 1959 Fidel en magna concentración popular en el Palacio Presidencial y ante los continuos ataques contrarrevolucionarios procedentes de Estados Unidos y la intentona golpista realizada en Camagüey, hizo un llamado al pueblo para prepararse militarmente en la defensa de la Revolución, y crear las Milicias Nacionales Revolucionarias para la defensa de las conquistas revolucionarias.

Por entonces, Fidel estaba en la búsqueda de una forma adecuada de organización, para que las masas, que se habían organizado en las Milicias Nacionales Revolucionarias, para enfrentar con las armas al enemigo, lo hicieran también en la retaguardia, y pudieran combatir a los que en secreto conspiraban; un mecanismo que permitiera canalizar todas las informaciones, sin tener que acudir a las denigrantes formas de delación, anónimas, pagadas o no, utilizadas por la dictadura batistiana. La Revolución no requería confidentes. Y se buscaba que esta actividad se desarrollara con seguridad, rapidez, organización, discreción y transparencia. El apoyo de las masas revolucionarias sería el punto clave.

La idea inicial se basó en la creación de lugares donde el pueblo, de forma abierta y sincera, pudiera depositar sus informaciones sobre actividades sospechosas, así como el estado de opinión sobre las medidas revolucionarias que se iban implementando. Se buscaba una fórmula que permitiera garantizar la colaboración espontánea, con objetividad y probidad, para lo cual lo principal sería que se identificara a la fuente que informara; pero el principio básico, el principio esencial, que no debía perderse de vista, era apoyarse en las masas revolucionarias.

Al regreso de su viaje a Estados Unidos a donde había concurrido para participar en la Asamblea General de la ONU, el miércoles 28 de septiembre, Fidel que venía cargado con todas aquellas vivencias, y como él mismo reconocería después tenía “un estado de ánimo especial” para reencontrarse con su pueblo, que lo esperaba en la explanada que se extendía tras la terraza norte del Palacio presidencial, entregaría, confiado, una nueva responsabilidad a su pueblo.

Ya era noche oscura, cuando se sintió la primera explosión, proveniente de la calle Dragones, a escasos metros de la concentración. Fidel observó los dos relojes que desde su lucha en la Sierra acostumbraba a usar, considerando que podría ser el cañonazo que desde la cercana fortaleza de la Cabaña es disparado cada noche a las nueve, y al cerciorarse que era otra la causa del estallido esbozó lo que sería la respuesta del pueblo cubano: “…por cada petardito que pongan, nosotros convertimos un cuartel en escuela…por cada petardito que pongan…nosotros hacemos una ley revolucionaria…por cada petardito que pongan nosotros armamos, por lo menos, mil milicianos…”. Unos minutos después, una segunda explosión en Cárcel y Morro y la tercera en una alcantarilla en Prado y Refugio. el pueblo responde con gritos de “paredón”, “Venceremos”, mientras el Comandante en Jefe continúa su discurso: “Déjenlas, déjenlas que suenen, que con eso están entrenando al pueblo en toda clase de ruidos…”

La vida, y el reconocido genio de Fidel, dieron así un vuelco sorpresivo y extraordinario a cualquier otro plan. Esas explosiones, y la reacción bravía de nuestro pueblo, provocaron en el líder cubano, una reacción directa, inmediata, y en el propio acto, en la plaza pública, en medio de las explosiones de petardos y de las bombas contrarrevolucionarias, en ese diálogo abierto que entabla Fidel con las masas que apoyan cada una de sus palabras, con su agudeza y visión, con su capacidad de estratega, fue tanteando la fuerza del pueblo que lo escuchaba enardecido, fue midiendo el temple, el valor de nuestro pueblo, fue madurando las ideas, tejiéndolas, horneándolas hasta alcanzar el crisol de la creación.

Primero señaló “…vamos a establecer un sistema de vigilancia revolucionaria colectiva….…Vamos a implantar un sistema de vigilancia colectiva revolucionaria, y que todo el mundo sepa quién es y qué hace el que vive en la manzana, qué relaciones tuvo con la tiranía; y a qué se dedica, con quién se junta;…porque si creen que van a poder enfrentarse con el pueblo ¡Tremendo chasco se van a llevar! Porque le implantamos un comité de vigilancia revolucionaria en cada manzana, para que el pueblo vigile, para que el pueblo observe…”

La genialidad de Fidel, su sabiduría para interpretar las aspiraciones del pueblo, propiciaba con esta iniciativa el surgimiento de una nueva y muy efectiva forma de organización de la sociedad civil. Acababa de encontrar la fórmula más apropiada para dar respuesta de manera contundente a lo que ya era una imperiosa necesidad, crear en cada manzana, en cada barrio, los Comités de Vigilancia revolucionaria, los Comités de Defensa de la Revolución.

La propia noche del 28 de septiembre, tanto en la capital como en otras cabeceras provinciales, el pueblo, tras escuchar el llamamiento de Fidel se había lanzado de forma espontánea a crear los primeros “Comités de Vigilancia”.

En la noche del 29, Fidel participa de forma inesperada en el programa televisivo “Ante la Prensa”, y entre otras cuestiones se refiere a las ideas esbozadas la noche anterior: la necesidad de organizar al pueblo para la vigilancia revolucionaria, la que califica como “una nueva forma de lucha”, aprovechando nuestro principal y más valioso recurso “el pueblo, el apoyo del pueblo, la organización del pueblo barrio por barrio, manzana por manzana…., lanzamos la idea para que la gente fuera pensando en eso…nosotros ya lanzamos la consigna, al objeto de que todas las ideas alrededor de este problema empiecen a desarrollarse, ir creando esos comités de vigilancia barrio por barrio, manzana por manzana y edificio por edificio…” “..Organizar al pueblo igual que hemos organizado la milicia. Hemos organizado la milicia para la lucha frontal, hay que organizar al pueblo para la lucha subterránea…”

Al llamado de Fidel respondió todo el pueblo de Cuba. La vida misma de la revolución exigía ya la formación de esa poderosa, amplia y masiva red de vigilancia revolucionaria. Al amanecer del 29 de septiembre comenzaron a surgir los comités. La vigilancia revolucionaria fue su tarea fundamental, vital, de ella dependía la existencia misma de la Revolución, más tarde se agregaría la Instrucción Revolucionaria, para que aquellos hombres y mujeres agrupados para la lucha contra el enemigo subterráneo, tuvieran una conciencia política sólida ante la trascendente tarea que el jefe de la Revolución les había señalado.

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