La nuova strategia USA: affamare la base sociale del Chavismo

Álvaro Verzi Rangel, CLAE, http://aurorasito.altervista.org

La nuova strategia degli Stati Uniti nella disperata pressione per un cambio di governo in Venezuela, che comprende minacce di invasione, consiste nella punizione collettiva della popolazione civile, in modo che i disordini sociali si intensifichino aumentando le difficoltà della crisi economica producendo la caduta del Presidente costituzionale Nicolás Maduro.

Per la Fase 2 dell’operazione Venezuela Freedom dell’US Southern Command, la base sociale del Chavismo è il maggiore ostacolo all’accesso al petrolio, alla ricchezza umana e naturale del Venezuela e perciò Washington accelera l’uso della punizione collettiva contro la popolazione povera e vulnerabile nella sua provocazioni. Ma già le provocazioni non sono solo contro il Venezuela e accusano Mosca. La portavoce della cancelleria russa Mariga Zakharova affermava che “Le dichiarazioni sulla presunta responsabilità russa della situazione in Venezuela sono assurde”. Il governo degli Stati Uniti, nel piano per soffocare l’economia venezuelana, ora proponeva di attaccare il Comitato locale per l’alimentazione e la produzione e preparava sanzioni contro i funzionari del governo venezuelano legati alle scatole del cibo che combattono rivendita, speculazione, accaparramento e contrabbando di articoli di base. Il comitato per le relazioni estere del Senato considerava il programma alimentare e di distribuzione delle scatole CLAP con cui il governo venezuelano garantisce il cibo della popolazione, come singolare minaccia alla sicurezza interna degli Stati Uniti, motivo per cui i senatori Marco Rubio e Bob Meléndez proponevano una legge che sanziona la distribuzione delle scatole CLAP e impedire alle aziende nel mondo di vendere, distribuire e pagare cibo. Questa settimana, Washington faceva anche pressione su alcuni grandi intermediari per sospendere il commercio di carburante per aerei col Venezuela, sotto la minaccia di affrontare sanzioni, facendo pressione affinché il Presidente Nicolás Maduro lasci il potere ed anche chiesero che i voli commerciali non si fermino in Venezuela.
Diversi fondi di investimento hanno chiesto che vengano revocate alcune sanzioni contro il Venezuela, dato che ritengono che quelle emesse, che limitano le transazioni, causino danni a imprese e clienti. Nel frattempo, il divieto di acquisto di petrolio venezuelano era dannoso per l’industria statunitense, poiché causava l’aumento del prezzo del petrolio pesante, e si doveva ricorrere ad altri mercati per rifornirsi, come il russo, dove il costo del trasporto è più alto. A sanzioni, embarghi e pirateria di fondi e risorse venezuelane si aggiungono altre misure coercitive unilaterali di attacco diretto alla popolazione venezuelana, che ne indica la natura indiscriminata e disumana, come avviene con medicinali, attrezzature mediche e tecnologie di ogni tipo, parti automobilistiche, transazioni commerciali, riserve internazionali, che colpiscono l’intera popolazione senza distinzione di preferenza politica, credo, razza o status sociale. Su proposta di Washington, l’opposizione (guidata da Guaidó) annunciava l’assunzione del veterano Lee Buchheit per aiutare a ristrutturare il debito e garantirne alle banche transnazionali il pagamento. Il finanziamento dell’opposizione dipende in gran parte da questo.

Dialogo in Norvegia
I colloqui svoltisi in Norvegia la scorsa settimana con rappresentanti del governo e dell’opposizione cercavano di costruire un programma pacifico in un’iniziativa di sostegno internazionale per raggiungere una soluzione alla crisi e creando aspettative positive in Venezuela e nelle principali metropoli del mondo, anche se il governo degli Stati Uniti non vi partecipava, almeno ufficialmente… Mentre tutti i tentativi di negoziare tra governo e opposizione, nella necessità di un appello per le elezioni, il Presidente Nicolás Maduro propose “Facciamo ke elezioni, legittimeremo l’unica istituzione che non è stata legittimata negli ultimi cinque anni “, riferendosi all’Assemblea nazionale, decaduta, gestita dall’opposizione e presieduta da Juan Guaidó. Dall’opposizione, la risposta iniziale fu di rifiuto e l’uscita di Maduro dalla presidenza, prima delle elezioni presidenziali, argomento difficile da negoziare. Nel frattempo, Diosdado Cabello, Presidente dell’Assemblea Costituente, affermava di aver deciso di mantenere la carica “almeno” fino al 31 dicembre 2020. La settimana prossima i colloqui continueranno, questa volta con quattro rappresentanti del governo e quattro dell’opposizione e forse con osservatori di Stati Uniti e Russia. La richiesta di Washington, ripetuta dai delegati dell’opposizione, è che Maduro se ne vada, mentre i delegati filogovernativi chiedevano che vengano create le condizioni di pace, in modo che il mandato possa essere esercitato. La verità è che non vi è unanimità nell’opposizione, poiché mentre il settore di VP (Leopoldo López e Guaidó) richiede le elezioni generali, a partire dalle elezioni presidenziali, i partiti Acción Democrática, UNT e Primero Justicia non li appoggiavano e AP, Copei, MAS, Cambio y Soluciones si astenevano. Il dialogo proposto dalla Norvegia è necessario per raggiungere un accordo di riconoscimento politico che consenta di ripristinare la pace. Non dovrebbe essere un dialogo tra due gruppi, basti pensare ai loro interessi, ma cercare una soluzione al conflitto politico, col necessario accompagnamento internazionale, ma senza che altri Paesi decidano il destino del Venezuela.

Quadro della situazione
Il quadro della situazione mostra che prima dei successivi insuccessi di Washington nella ricerca di complici per l’invasione del Venezuela (in cui perse il sostegno del gruppo di Lima e dell’Unione europea), il Comando meridionale degli Stati Uniti ritirò le minacce e Washington decise di dare la priorità alle sanzioni economiche e i creditori, per lo più fondi avvoltoio, agivano per farsi pagare il debito. Nell’ultima settimana ci fu un incontro, nel dipartimento di Stato USA, di Carlos Vecchio (rappresentante di Juan Guaidó) con Elliott Abrams e Sergio de la Peña, sottosegretario alla Difesa per l’emisfero occidentale degli Stati Uniti, che fu addetto militare nordamericano in Venezuela, e sviluppò piani che simulavano conflitti a bassa intensità. Ma il tanto reclamato incontro di Vecchio col Viceammiraglio Craig Faller, capo del Southern Command, per chiedere a Guaidó d’invocare l’invasione del Venezuela, fu sospeso. Le agenzie internazionali cambiarono sceneggiatura e ora fanno notare che Washington preferisce esercitare pressioni economiche e diplomatiche per espellere Maduro, rinviando almeno l’uso della forza militare, sebbene non minacce. Nel frattempo, a Washington, la sede diplomatica del Venezuela fu occupata dalla polizia statunitensi, in violazione delle disposizioni della Convenzione di Vienna. Si evidenzino le parole del reverendo Jesse Jackson prima di tale aggressione: “La gente deve protestare perché se possono violare questa legge internazionale possono violarne altre”. Continua anche lo scontro, misurato dall’embargo finanziario che limita le transazioni bancarie per le importazioni. Per eludere le sanzioni, il Venezuela intende “usare il rublo russo negli accordi commerciali reciproci e abbandonare le transazioni in dollari”, secondo Jorge Valero, rappresentante venezuelano all’ONU, a Ginevra. Va ricordato che queste proposte e decisioni avevano luogo nel quadro delle prime fasi dei negoziati, che si sviluppavano col governo norvegese. Le sanzioni avevano ridotto l’apporto calorico della popolazione, aumentato malattie e mortalità (per adulti e bambini) che sfollati venezuelani che lasciavano il Paese a causa del peggioramento della depressione economica e dell’iperinflazione. Cioè, esacerbavano la crisi economica e reso quasi impossibile stabilizzare l’economia. Più severe e distruttive delle ampie sanzioni economiche dell’agosto 2017 furono quelle imposte da un ordine esecutivo (di Donald Trump) il 28 gennaio 2019 e le successive, insieme al riconoscimento di un governo parallelo creando nuove sanzioni ancora più soffocanti degli ordini esecutivi, secondo l’analista messicano John Saxe-Fernandez. Le sanzioni infliggevano danni molto gravi a vita e salute umane, tra cui oltre 40000 morti tra il 2017 e il 2018, includendola nella definizione di punizione collettiva della popolazione civile, come descritto nelle convenzioni internazionali di Ginevra e L’Aja, di cui l’UE è firmataria. Tali sanzioni sono anche illegali secondo il diritto internazionale e i trattati che l’UE ha firmato. Ma non importa a Trump, suoi alleati/complici ed opposizione radicale venezuelana. Le ripercussioni avutisi in Venezuela portava alle dimissioni di Isaías Rodríguez, l’ambasciatore venezuelano in Italia, vessato da problemi di salute e un debito di nove milioni di euro per mantiene la rappresentanza diplomatica con individui e aziende italiane. “Mi dimetto, Presidente, per le mie dosi di insonnia, stress, afflizione e vipere che da tempo le accompagnano”, diceva nella lettera, senza identificare le vipere. Rodriguez, anche lui membro dell’attuale Assemblea nazionale costituente, è un leader molto amato dal pubblico, per coraggio, lealtà e umiltà. Fu costituente nel 1999, Vicepresidente esecutivo e Procuratore generale della Repubblica.

* Sociologo venezuelano, Co-direttore dell’Osservatorio sulla comunicazione e la democrazia e del Centro latinoamericano per l’analisi strategica (CLAE).

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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