Terrorismo e nuove “minacce alla sicurezza nazionale” della Casa Bianca

OPERAZIONE CONDOR 2.0: DOPO IL GOLPE IN BOLIVIA, GLI USA PUNTANO A NICARAGUA E MESSICO

Ben Norton http://misionverdad.com

Dopo aver guidato il golpe in Bolivia, gli USA hanno dichiarato il Nicaragua come una “minaccia alla sicurezza nazionale” annunciando nuove sanzioni, allo stesso tempo Trump ha designato i cartelli della droga, in Messico, come “terroristi” senza escludere un intervento militare.

Sembra, che un riuscito golpe contro un presidente socialista eletto democraticamente non sia sufficiente.

Immediatamente dopo aver super visionato un golpe di estrema destra in Bolivia, il 10 novembre, l’amministrazione Trump pone il suo sguardo, ancora una volta, sul Nicaragua, il cui governo sandinista (eletto democraticamente) ha sconfitto un violento tentativo di golpe nel 2018.

Washington ha designato il Nicaragua come una minaccia alla sicurezza nazionale degli USA ed ha annunciato che amplierà le sue soffocanti sanzioni contro la piccola nazione centroamericana.

Trump aumenta anche la temperatura in Messico, vincolando, senza alcuna base, il paese al terrorismo, persino suggerendo un potenziale intervento militare. Questi movimenti si manifestano dopo che il presidente Andrés Manuel López Obrador ha avvertito sui tentativi di un colpo di stato della destra.

Come in Colombia, Brasile, Cile ed Ecuador (alleati di Washington), sono disperati nel cercare di sconfiggere le massicce rivolte popolari contro le politiche di austerità neoliberale e l’enorme divario di disuguaglianza, gli USA aumentano le aggressioni contro i governi progressisti ancora in piedi.

Questi movimenti hanno portato le forze di sinistra in America Latina ad allertare sulla rinascita di un’Operazione Condor del XXI secolo: la violenta e velata campagna della Guerra Fredda con il sostegno degli USA in tutta la regione.

L’AMMINISTRAZIONE TRUMP DICHIARA IL NICARAGUA UNA “MINACCIA ALLA SUA SICUREZZA NAZIONALE”

 

Un giorno dopo il golpe in Bolivia, la Casa Bianca ha pubblicato un comunicato in cui applaudiva il putsch militare e chiariva quali sono i due paesi che seguono nella lista degli obiettivi di Washington: “Questi eventi mandano un forte segnale ai regimi illegittimi di Venezuela e Nicaragua”, ha dichiarato Trump.

Il 25 novembre, la Casa Bianca di Trump, in forma discreto, ha pubblicato un comunicato che caratterizza il Nicaragua come “una inusuale e straordinaria minaccia alla sicurezza nazionale ed alla politica estera degli USA”.

Ciò prolunga per un altro anno l’ordine esecutivo firmato da Trump, nel 2018, che dichiara lo “stato di emergenza nazionale” per il paese centroamericano.

La dichiarazione di Trump, del 2018, è arrivata dopo un fallito e violento tentativo di golpe in Nicaragua. Il governo USA ha finanziato e sostenuto molti dei gruppi di opposizione che hanno cercato di rovesciare Daniel Ortega, il presidente eletto del Nicaragua, e li ha esaltati mentre cercavano di abbatterlo.

Dopo la designazione della minaccia alla sicurezza nazionale, del 2018, a prosecuzione e rapidamente è seguita la guerra economica. Nel dicembre di quell’anno, il Congresso USA ha approvato la Legge NICA (NICA Act) senza alcun tipo di opposizione. Questa legislazione ha dato a Trump l’autorità di imporre sanzioni al Nicaragua, vietando alle istituzioni finanziarie internazionali di fare affari con Managua.

Il nuovo comunicato di Trump lancia una bizzarra propaganda contro il Nicaragua, riferendosi al suo governo eletto -che per decenni è stato oggetto di attacchi da parte di Washington- come un presunto “regime” violento e corrotto.

Questo ordine esecutivo è simile a quello firmato dall’allora presidente Barack Obama, nel 2015, che ha anche designato il Venezuela come una minaccia alla sicurezza nazionale USA.

Entrambi gli ordini furono usati per giustificare l’imposizione unilaterale di soffocanti sanzioni economiche. E il rinnovamento dell’ordine prepara la strada ad un’escalation nell’attacco economico contro il Nicaragua.

I media aziendali in inglese hanno dato scarsa copertura a questa estensione, ma i media di destra, in spagnolo, in America Latina l’hanno pesantemente amplificata.

E gli attivisti dell’opposizione esaltano, allegramente, l’intensificazione della guerra ibrida di Washington contro Managua.

ALTRE AGGRESSIVE SANZIONI CONTRO NICARAGUA

 

Il principale servizio di informazione del governo USA, Voice of America (VOA), ha indicato che l’estensione dell’ordine esecutivo sarà accompagnato da ulteriori attacchi economici.

Carlos Trujillo, ambasciatore di Washington presso l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), ha dichiarato a VOA che “continuerà la pressione contro il Nicaragua”.

Il rappresentante davanti all’OSA ha aggiunto che Trump annuncerà nelle prossime settimane un nuovo giro di sanzioni contro il governo nicaraguense.

VOA ha dichiarato, chiaramente, che “il Nicaragua, insieme a Cuba e Venezuela, è uno dei paesi dell’America Latina che è diventato una priorità nell’uso della pressione diplomatica ed economica per ottenere il cambio di regime”.

Questa non è una frase retorica. Il Dipartimento del Tesoro ha aggiornato la sezione delle sanzioni relative al Nicaragua l’8 novembre.

E a settembre, l’Ufficio per il Controllo degli Attivi all’Estero (OFAC) del Dipartimento del Tesoro ha annunciato un’ulteriore serie di “regolamenti integrali”, rafforzando le sanzioni esistenti contro il Nicaragua.

Il reportage di VOA ha citato diversi nicaraguensi di destra che hanno apertamente chiesto una maggiore pressione USA contro il loro paese.

Bianca Jagger, la celebrità ed attivista dell’opposizione che era sposata con il leader dei Rolling Stones Mick Jagger, ha fatto un appello agli USA affinché imponesse ulteriori sanzioni, in particolare contro l’esercito.

“[Le sanzioni] non hanno toccato l’esercito nicaraguense perché [i funzionari USA] hanno la speranza che agiscano come hanno fatto in Bolivia”, ha detto Jagger, facendo riferimento agli ufficiali che hanno violentemente rovesciato il presidente democratico eletto della Bolivia.

Molti di questi leader militari furono addestrati nella Scuola delle Americhe, una nota base di sovversione che risale agli anni dell’Operazione Condor. Nei giorni scorsi, i media latinoamericani sono colmi di articoli che sottolineano che per portare a termine il putsch i soldati boliviani hanno ricevuto fino a 50 mila $ ed i generali 1 milione.

VOA ha aggiunto che “nel caso del governo centroamericano, l’effetto che avranno le sanzioni potrà essere maggiore perché è un paese economicamente vulnerabile”.

Il VOA ha citato Roberto Courtney, un importante attivista dell’esilio e direttore esecutivo del gruppo di opposizione Etica e Trasparenza, che controlla le elezioni in Nicaragua e che riceve il sostegno del braccio per il cambio di regime del governo USA, il National Endowment for Democracy (la NED).

Courtney, che afferma di essere un attivista per i diritti umani, ha sbavato sul pronostico della guerra economica USA contro il suo paese, dicendo a VOA che “c’è una sottile differenza [tra Nicaragua e Bolivia] … la vulnerabilità economica fa sì che possibilmente le sanzioni siano più effettive”.

Courtney, descritto da VOA come un “esperto nel processi elettorali”, ha aggiunto che “se c’è un bastone, deve esserci anche una carota”. Ha affermato che l’OSA potrebbe contribuire ad applicare una pressione politica e diplomatica contro il governo nicaraguense.

Queste sanzioni unilaterali USA sono illegali ai sensi del diritto internazionale e considerate un atto di guerra. Il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha caratterizzato la guerra economica come “terrorismo finanziario”, spiegando che mira in modo sproporzionato ai civili per rivoltarli contro il suo governo.

Personaggi di alto livello della destra nicaraguense hanno applaudito Trump per l’estensione dell’ordine esecutivo e per la richiesta di nuove sanzioni contro il proprio paese.

L’Alleanza Civica per la Giustizia e la Democrazia, un fronte d’opposizione che riunisce diversi gruppi, molti dei quali sono finanziati dalla NED, hanno celebrato l’ordine.

TRUMP CHIAMA “TERRORISTI” I CARTELLI MESSICANI, NON SCARTA GLI ATTACCHI CON DRONI

 

Mentre non vi è nessuna novità sul fatto che gli USA puntino contro i governi del Nicaragua e del Venezuela, Donald Trump sta posando il suo sguardo sull’alleato di vecchia data degli USA: il Messico.

Nel 2018, l’elettorato messicano ha fatto storia quando ha eletto a valanga Andrés Manuel López Obrador. López Obrador, con frequenza chiamato AMLO, è il primo presidente di sinistra in oltre cinquant’anni. Supportato da una campagna progressista che promette un sostegno alla spesa sociale, riduzione della povertà, lotta alla corruzione e persino la depenalizzazione della droga.

In Messico, AMLO gode di molta popolarità. Nel febbraio ha avuto un sorprendente indice di approvazione dell’86%. E si è guadagnato un ampio sostegno giurando di combattere l’ortodossia capitalista neoliberale.

“Il modello economico neoliberale è stato un disastro, una calamità per la vita pubblica del paese”, ha dichiarato. “La corruzione è la figlia del neoliberalismo.”

Quando ha rivelato il suo Piano di Sviluppo Nazionale, López Obrador ha annunciato la fine della “lunga notte neoliberale”.

Le sue politiche di sinistra hanno causato shock a Washington, che da molto tempo si è affidato ai leader neoliberali che gli garantissero una base lavorativa stabile, economica e sfruttabile, per mantenere un mercato affidabile di beni USA e frontiere aperte per il capitale USA e corporativo.

Il 27 novembre, un giorno dopo aver dichiarato il Nicaragua una “minaccia alla sicurezza nazionale”, Trump ha annunciato che il suo governo designerà i narco-cartelli messicani come “organizzazioni terroriste”.

Tale designazione facilita il cammino per l’intervento militare diretto da parte USA in Messico.

Trump ha rivelato questa nuova politica al sostegno della Fox News, tv di destra, ospite di Bill O’Reilly in un’intervista. “Designerà quei cartelli in Messico come gruppi terroristi e iniziare a colpirli con droni e cose del genere?” ha chiesto O’Reilly.

Il presidente USA ha rifiutato di escludere quella possibilità e altre azioni militari contro i cartelli in Messico.

L’annuncio di Trump apparentemente ha sorpreso il governo messicano, che ha immediatamente convocato un incontro con il Dipartimento di Stato.

E’ particolarmente ironica questa designazione quando si prende in considerazione che i principali capi dei cartelli messicano hanno tenuto legami di lunga data con il governo USA. Ad esempio, i leader di Los Zetas, un cartello che ostenta una famigerata brutalità, furono originariamente addestrati nelle tattiche di controinsurrezione dagli USA.

Durante la Guerra Fredda, gli USA hanno armato, addestrato e finanziato squadroni della morte in tutta l’America Latina, molti dei quali sono stati coinvolti nel traffico di droga. La CIA ha anche usato denaro della droga per finanziare gruppi paramilitari di estrema destra in America Centrale.

Queste tattiche sono state anche usate in Medio Oriente e nell’Asia meridionale. Gli USA hanno armato, addestrato e finanziato estremisti islamisti in Afghanistan, negli anni ’80, (del secolo scorso) per combattere contro l’Unione Sovietica. Gli stessi jijadisti-salafiti che in seguito hanno fondato Al Qaeda ed i talebani.

Questa strategia è stata poi replicata nelle guerre degli USA contro Libia e Siria. Omar al-Shishani (“Omar il ceceno”), per esempio, fu addestrato dall’esercito USA e godette del sostegno diretto di Washington mentre combatteva contro la Russia.

L’amministrazione di Barack Obama ha anche supervisionato una campagna chiamata Project Gunrunner (Progetto Trafficanti di Armi) e l’Operazione Rapido e Furioso (Fast and Furious), in cui il governo USA ha cooperato alla spedizione di armi ai cartelli messicani.

La giornalista messicana Alina Duarte ha spiegato che con la designazione come terroristi dei cartelli messicani “stanno creando l’idea che il Messico rappresenta una minaccia alla sua sicurezza nazionale”.

“Possiamo iniziare a parlare della possibilità di un golpe contro López Obrador in Messico?”, si chiedeva Duarte.

Ha sottolineato che i media aziendali hanno intrapreso una campagna sempre più feroce per demonizzare AMLO, ritraendo il presidente democraticamente eletto come aspirante dittatore con una sete di potere che presumibilmente sta distruggendo l’economia messicana.

In un’intervista a Max Blumenthal e Ben Norton, di The Grayzone, nel suo podcast “Ribelli Moderati” (Moderate Rebels), Duarte ha discusso il tema dell’interferenza USA nella politica messicana:

Oggi, una campagna silenziosa si sta diffondendo in tutto il Messico sulla paura che l’opposizione di destra possa rovesciare il presidente López Obrador.

Lo stesso AMLO ha segnalato pubblicamente le voci, chiarendo che non tollererà alcuna discussione sui colpi di stato.

“Quanto in errore sono i conservatori e i loro falchi”, ha twittato López Obrador il 2 novembre. “Ora è diverso”, ha scritto AMLO, riferendosi all’assassinio nel 1913 del presidente progressista Francisco Madero, uno dei leader della Rivoluzione Messicana.

“Non sarà permesso un altro colpo di stato”, ha dichiarato.

Qualche mese fa, mentre s’intensificava la paura di un golpe, López Obrador si è spostato ulteriormente a sinistra, sfidando direttamente il governo USA, rivendicando, inoltre, una politica estera indipendente che è drammaticamente in contrasto con i suoi ossequianti predecessori.

Il governo di AMLO ha respinto gli sforzi USA per delegittimare il governo del Venezuela, bloccando gli sforzi di Washington di imporre l’attivista Juan Guaidó come leader del golpe.

AMLO ha dato il benvenuto a Rafael Correa, il perseguitato leader socialista ecuadoriano, ed è stato anche l’anfitrione dell’argentino Alberto Fernández nel suo primo viaggio all’estero dopo aver vinto la presidenza del suo paese.

In ottobre, López Obrador ha persino dato il benvenuto al presidente cubano Díaz-Canel in una storica visita.

L’OPERAZIONE CONDOR 2.0 DI TRUMP

 

Un Messico indipendente e di sinistra è intollerabile per Washington.

In un discorso ai venezuelani a Miami (con i suoi berretti di Make America Great Again, lo slogan della prima campagna presidenziale di Trump) a febbraio, Trump ha parlato per più di un’ora contro il socialismo, minacciando di cambio di regime i rimanenti governi di sinistra.

“I giorni del socialismo e del comunismo sono contati, non solo in Venezuela, ma anche a Cuba ed in Nicaragua”, ha dichiarato, aggiungendo che mai si permetterà al socialismo di mettere radici nel cuore del capitalismo negli USA.

Mentre Trump ha dichiarato che cerca di ritirarsi dalle guerre in Medio Oriente (purché non stia occupando giacimenti petroliferi), ha concentrato l’intervento aggressivo in America Latina.

Anche se il falco neoconservatore John Bolton non è più lì a supervisionare la politica estera USA, Elliott Abrams permane saldamente incrostato nel Dipartimento di Stato, spolverando il suo copione dell’Iran-Contra per decimare ancora una volta il socialismo in America Latina.

Durante il culmine della Guerra Fredda e dell’Operazione Condor, migliaia di dissidenti furono uccisi e altre centinaia di migliaia scomparvero, torturati o imprigionati con il supporto dell’apparato di intelligence USA.

Oggi, mentre l’America Latina viene sempre più osservata con le lenti della nuova Guerra Fredda, l’Operazione Condor è riavviata con nuovi meccanismi di sabotaggio e sovversione. Il caos è appena all’inizio.

Nota del redattore [di The Grayzone]: questo articolo è stato aggiornato il 29 novembre con ulteriori informazioni sulle sanzioni USA contro il Nicaragua.

Originariamente pubblicato il 27 novembre, la traduzione per Mision Verdad e The Grayzone è stata fatta da Diego Sequera.


TERRORISMO Y NUEVAS “AMENAZAS A LA SEGURIDAD NACIONAL” DE LA CASA BLANCA

OPERACIÓN CÓNDOR 2.0: TRAS EL GOLPE EN BOLIVIA, EEUU APUNTA A NICARAGUA Y MÉXICO

Ben Norton

Luego de presidir el golpe en Bolivia, los Estados Unidos declararon a Nicaragua como una “amenaza a la seguridad nacional” anunciando nuevas sanciones, al mismo tiempo que Trump designó a los carteles del narcotráfico en México como “terroristas” sin descartar una intervención militar.

Al parecer, un golpe exitoso contra un presidente socialista elegido democráticamente no es suficiente.

Inmediatamente después de supervisar un golpe de extrema derecha en Bolivia el 10 de noviembre, la Administración Trump pone su mirada, una vez más, sobre Nicaragua, cuyo gobierno sandinista (democráticamente electo) derrotó un violento intento de golpe en 2018.

Washington designó a Nicaragua como una amenaza a la seguridad nacional de los Estados Unidos, y anunció que ampliará sus sanciones asfixiantes contra la pequeña nación centroamericana.

Trump también aumenta la temperatura en México, vinculando sin base alguna al país con el terrorismo, incluso sugiriendo una potencial intervención militar. Estos movimientos se manifiestan luego de que el presidente Andrés Manuel López Obrador advierte sobre los intentos de un golpe de Estado de la derecha.

Al igual que Colombia, Brasil, Chile y Ecuador (los aliados de Washington), están desesperados por derrotar los masivos alzamientos populares contra las políticas de austeridad neoliberal y la enorme brecha de desigualdad, los Estados Unidos aumentan las agresiones contra los gobiernos progresistas todavía en pie.

Estos movimientos han llevado a las fuerzas de izquierda en América Latina a alertar sobre el resurgimiento de una Operación Cóndor del siglo XXI: la violenta y velada campaña de la Guerra Fría con el apoyo de los Estados Unidos en toda la región.

LA ADMINISTRACIÓN TRUMP DECLARA A NICARAGUA UNA “AMENAZA A SU SEGURIDAD NACIONAL”

Un día después del golpe en Bolivia, la Casa Blanca publicó un comunicado aplaudiendo el putsch militar y dejando claro cuáles son los dos países que vienen a continuación en la lista de objetivos de Washington: “Estos eventos envían una fuerte señal a los regímenes ilegítimos de Venezuela y Nicaragua”, declaró Trump.

El 25 de noviembre, la Casa Blanca de Trump, de forma discreta publicó un comunicado caracterizando a Nicaragua como “una amenaza inusual y extraordinaria a la seguridad nacional y la política exterior de los Estados Unidos”.

Esto prolonga un año más la orden ejecutiva firmada por Trump en 2018 declarando “estado de emergencia nacional” al país centroamericano.

La declaración de Trump de 2018 vino luego de un fallido y violento intento de golpe en Nicaragua. El gobierno de los Estados Unidos ha financiado y apoyado a muchos de los grupos de oposición que buscaron derrocar a Daniel Ortega, el presidente electo de Nicaragua, y los aupó mientras buscaban tumbarlo.

Luego de la designación de amenaza a la seguridad nacional de 2018, a continuación, y rápidamente, siguió la guerra económica. En diciembre de ese año el Congreso estadounidense aprobó la Ley NICA (NICA Act) sin ningún tipo de oposición. Esta legislación le otorgó a Trump la autoridad para imponer sanciones a Nicaragua, prohibiendo a las instituciones financieras internacionales hacer negocios con Managua.

El nuevo comunicado de Trump lanza propaganda estrafalaria contra Nicaragua, refiriéndose a su gobierno electo -que por décadas ha sido objeto de ataques de Washington- como un supuesto “régimen” violento y corrupto.

Esta orden ejecutiva es similar a la que firmó el para entonces presidente Barack Obama en 2015, que también designó a Venezuela como una amenaza a la seguridad nacional de los Estados Unidos.

Ambas órdenes fueron empleadas para justificar la imposición unilateral de sanciones económicas asfixiantes. Y la renovación de la orden prepara el camino para una escalada en el ataque económico contra Nicaragua.

Los medios corporativos en inglés le dieron una cobertura escasa a esta extensión, pero los medios de derecha en español en Latinoamérica la amplificaron pesadamente.

Y los activistas opositores aúpan con alegría la intensificación de la guerra híbrida de Washington contra Managua.

MÁS SANCIONES AGRESIVAS CONTRA NICARAGUA

El principal servicio de información del gobierno de los Estados Unidos, Voice of América (VOA), indicó que la extensión de la orden ejecutiva vendrá acompañada con más ataques económicos.

Carlos Trujillo, el embajador de Washington ante la Organización de Estados Americanos (OEA), le dijo a VOA que “continuará la presión contra Nicaragua”.

El representante ante la OEA agregó que Trump anunciará en las próximas semanas una nueva ronda de sanciones contra el gobierno nicaragüense.

VOA claramente manifestó que “Nicaragua, junto a Cuba y Venezuela, es uno de los países latinoamericanos que se ha vuelto prioridad en el empleo de presión diplomática y económica para lograr el cambio de régimen”.

Esta no es una frase retórica. El Departamento del Tesoro actualizó la sección de sanciones relacionadas con Nicaragua el 8 de noviembre.

Y en septiembre, la Oficina para el Control de Activos en el Extranjero (OFAC, por sus siglas en inglés) del Departamento del Tesoro anunció una serie adicional de “regulaciones integrales”, reforzando las sanciones existentes contra Nicaragua.

El reportaje de VOA citó a varios nicaragüenses de derecha que pidieron abiertamente más presión estadounidense contra su país.

Bianca Jagger, la celebridad y activista de oposición que estuvo casada con el líder de los Rolling Stones, Mick Jagger, hizo un llamado a los Estados Unidos a que impusiera más sanciones, particularmente contra el ejército.

“[Las sanciones] no han tocado al ejército nicaragüense porque [los funcionarios estadounidenses] tienen la esperanza de que actúen como lo hicieron en Bolivia”, dijo Jagger, haciendo referencia a los oficiales que derrocaron violentamente al presidente democráticamente electo de Bolivia.

Muchos de estos líderes militares fueron entrenados en la Escuela de las Américas, una notoria base de subversión que se remonta a los años de la Operación Cóndor. En los últimos días, los medios latinoamericanos han estado repletos de trabajos que destacan que para llevar a cabo el putsch los soldados bolivianos recibieron hasta 50 mil dólares y los generales 1 millón.

Agregó VOA que “en el caso del gobierno centroamericano, el efecto que tendrán las sanciones podrá ser mayor porque es un país económicamente vulnerable”.

VOA citó a Roberto Courtney, un prominente activista en el exilio y director ejecutivo del grupo de oposición Ética y Transparencia, que monitorea elecciones en Nicaragua y que recibe apoyo del brazo para el cambio de régimen del gobierno estadounidense, la National Endowment for Democracy (la NED).

Courtney, que dice ser activista de derechos humanos, salivó sobre el pronóstico de la guerra económica estadounidense contra su país, diciéndole a VOA que “hay una sutil diferencia [entre Nicaragua y Bolivia]… la vulnerabilidad económica hace que las sanciones posiblemente sean más efectivas”.

Courtney, descrito por VOA como un “experto en procesos electorales” agregó que “si hay un palo, también debe haber una zanahoria”. Dijo que la OEA podría ayudar a aplicar presión política y diplomática contra el gobierno de Nicaragua.

Estas sanciones unilaterales de los Estados Unidos son ilegales bajo la legislación internacional, y consideradas un acto de guerra. El canciller de Irán, Javad Zarif, ha caracterizado a la guerra económica “terrorismo financiero”, explicando que apunta de forma desproporcionada a los civiles para volcarlos contra su gobierno.

Figuras de alto nivel de la derecha nicaragüense aplaudieron a Trump por extender la orden ejecutiva y por solicitar nuevas sanciones contra su país.

La Alianza Cívica por la Justicia y la Democracia, un frente de oposición que reúne a varios grupos, muchos de los cuales son financiados por la NED, celebraron la orden.

TRUMP LLAMA “TERRORISTAS” A LOS CARTELES MEXICANOS, NO DESCARTA ATAQUES CON DRONES

Mientras que no hay ninguna novedad en el hecho de que los Estados Unidos apunten contra los gobiernos de Nicaragua y Venezuela, Donald Trump está posando su mirada en el aliado de vieja data de los Estados Unidos: México.

En 2018, el electorado mexicano hizo historia cuando eligieron en avalancha a Andrés Manuel López Obrador. López Obrador, con frecuencia referido como AMLO, es el primer presidente de izquierda en más de cinco décadas. Apoyado sobre campaña progresista prometiendo un impulso al gasto social, reducción de la pobreza, combate a la corrupción e incluso la despenalización de las drogas.

En México, AMLO goza de mucha popularidad. En febrero tuvo un sorprendente índice de 86% de aprobación. Y se ha granjeado un apoyo amplio jurando combatir la ortodoxia capitalista neoliberal.

“El modelo económico neoliberal ha sido un desastre, una calamidad para la vida pública del país”, declaró. “La corrupción es la hija del neoliberalismo”.

Cuando reveló su Plan de Desarrollo Nacional, López Obrador anunció el fin de “la larga noche neoliberal”.

Sus políticas de izquierda han causado conmoción en Washington, que por mucho tiempo se ha apoyado en líderes neoliberales que le asegurasen una base laboral estable, barata y explotable, para mantener un mercado confiable de bienes estadounidenses y fronteras abiertas para capital estadounidense y corporativo.

El 27 de noviembre, un día después de que declarara a Nicaragua como una “amenaza a la seguridad nacional”, Trump anunció que su gobierno designará como “organizaciones terroristas” a los narcocarteles mexicanos.

Tal designación facilita el camino para la intervención militar directa de los Estados Unidos en México.

Trump le reveló esta nueva política al ancla de Fox News Bill O’Reilly en una entrevista. “¿Va a designar a esos carteles en México como grupos terroristas y comenzar a golpearlos con drones y cosas como esas?”, le preguntó O’Reilly.

El presidente de los Estados Unidos se negó a descartar esa posibilidad y otras acciones militares contra los carteles en México.

El anuncio de Trump al parecer sorprendió al gobierno mexicano, que inmediatamente convocó a una reunión con el Departamento de Estado.

Es particularmente irónica esta designación cuando se toma en consideración que los principales capos de los carteles mexicanos han tenido lazos de larga data con el gobierno de los Estados Unidos. Por ejemplo, los líderes de Los Zetas, un cartel que ostenta una brutalidad notoria, fueron originalmente entrenados en tácticas contrainsurgentes por los Estados Unidos.

A lo largo de la Guerra Fría, Estados Unidos ha armado, entrenado y financiado a escuadrones de la muerte en toda América Latina, muchos de los cuales han estado involucrados en tráfico de drogas. La CIA también ha usado dinero de la droga para financiar grupos paramilitares de extrema derecha en Centroamérica.

Estas tácticas también fueron empleadas en el Medio Oriente y el sur de Asia. Los Estados Unidos armaron, entrenaron y financiaron a extremistas islamistas en Afganistán en los 80 (del siglo pasado) para que combatieran contra la Unión Soviética. Los mismos yijadistas-salafistas que luego fundaron Al Qaeda y el Talibán.

Esta estrategia fue después replicada en las guerras de los Estados Unidos contra Libia y Siria. Omar al-Shishani (“Omar el checheno”), por ejemplo, fue entrenado por el ejército estadounidense y gozó de apoyo directo de Washington cuando combatía contra Rusia.

La administración de Barack Obama también supervisó una campaña bautizada Project Gunrunner (Proyecto Traficante de Armas) y la Operación Rápido y Furioso (Fast and Furious), en las que el gobierno estadounidense cooperó con el envío de armamento a los carteles mexicanos.

La periodista mexicana Alina Duarte explicó que con la designación como terroristas de los carteles mexicanos “están creando la idea de que México representa una amenaza a su seguridad nacional”.

“¿Podemos comenzar a hablar sobre la posibilidad de un golpe contra López Obrador en México?”, se preguntaba Duarte.

Destacó que los medios corporativos se han embarcado en una campaña cada vez más feroz para demonizar a AMLO, retratando al presidente democráticamente electo como un aspirante a dictador con sed de poder que supuestamente está destruyendo la economía mexicana.

En una entrevista a Max Blumenthal y Ben Norton, de The Grayzone, en su podcast “Rebeldes Moderados” (Moderate Rebels), Duarte discutió el tema de la interferencia estadounidense en la política mexicana:

Hoy en día se extiende en todo México una campaña silenciosa a propósito del miedo de que la oposición de derecha pudiera derrocar al presidente López Obrador.

El propio AMLO ha señalado públicamente los rumores, dejando claro que no tolerará ninguna discusión sobre golpes de Estado.

“Cuán equivocados están los conservadores y sus halcones”, tuiteó López Obrador el 2 de noviembre. “Ahora es diferente”, escribió AMLO, haciendo referencia al asesinato en 1913 al presidente progresista Francisco Madero, uno de los líderes de la Revolución Mexicana.

“No será permitido otro golpe de Estado”, declaró.

Hace unos meses, mientras se intensificaba el miedo a un golpe, López Obrador se ha ido más hacia la izquierda, retando directamente al gobierno de los Estados Unidos, reivindicando, además, una política exterior independiente que contrasta dramáticamente con sus antecesores obsecuentes.

El gobieron de AMLO rechazó los esfuerzos estadounidenses por deslegitimar al gobierno de Venezuela, poniendo trabas a los esfuerzos de Washington por imponer al activista Juan Guaidó como el líder del golpe.

AMLO le ha dado la bienvenida a Rafael Correa, el perseguido líder socialista ecuatoriano, y también fue el anfitrión del argentino Alberto Fernández en su primer viaje al exterior tras ganar la presidencia de su país.

En octubre, López Obrador incluso le dio la bienvenida al presidente cubano, Díaz-Canel, en una visita histórica.

LA OPERACIÓN CÓNDOR 2.0 DE TRUMP

Es intolerable para Washington un México independiente y de izquierda.

En un discurso a venezolanos en Miami (con sus gorras de Make America Great Again, la consigna de la primera campaña presidencial de Trump) en febrero, Trump discurseó por más de una hora contra el socialismo, amenazando con cambio de régimen a los gobiernos izquierdistas restantes.

“Los días del socialismo y el comunismo están contados, no solo en Venezuela, sino también en Cuba y Nicaragua”, declaró, agregando que nunca se le permitirá al socialismo el echar raíces en el corazón del capitalismo en los Estados Unidos.

Mientas Trump ha declarado que busca retirarse de las guerras en el Medio Oriente (siempre y cuando no esté ocupando campos petroleros), ha concentrado la intervención agresiva en América Latina.

Aunque el halcón neoconservador John Bolton no sigue ahí supervisando la política exterior estadounidense, Elliott Abrams permanece firmemente incrustado en el Departamento de Estado, desempolvando su guión del Irán-Contra para diezmar el socialismo en Latinoamérica una vez más.

Durante el punto más alto de la Guerra Fría y la Operación Cóndor, miles de disidentes fueron asesinados, y cientos de miles más fueron desaparecidos, torturados o encarcelados con el apoyo del aparato de inteligencia de los Estados Unidos.

Hoy, mientras Latinoamérica está siendo cada vez más observada con los lentes de la nueva Guerra Fría, la Operación Condor es reiniciada con nuevos mecanismos de sabotaje y subversión. El caos apenas comienza.

Nota del editor [de The Grayzone]: este artículo fue actualizado el 29 de noviembre con más información sobre las sanciones estadounidenses contra Nicaragua.

Originalmente publicado el 27 de noviembre, la traducción para Misión Verdad y The Grayzone la realizó Diego Sequera.

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