Danneggerà una vittoria di Biden le relazioni tra Colombia e Venezuela?

Maria Fernanda Barreto  https://misionverdad.com

A differenza del resto dell’America, il bipartitismo negli USA è sopravvissuto incondizionatamente. L’alternanza al potere dei partiti democratico e repubblicano avviene solitamente senza grandi traumi, da quasi due secoli, benché questa volta l’ego e gli interessi dei settori legati all’attuale presidente USA stanno generando la probabilità di un terzo scenario che complicherebbe la situazione interna del paese.

Nonostante la vittoria di Biden sembri imminente, non dobbiamo ancora escludere alcuno scenario e soprattutto dobbiamo ricordare che, nel caso in cui fosse così e Trump, alla fine, lo riconoscesse, non sarà fino al 20 gennaio 2021 che si realizzi la consegna della presidenza e in 70 giorni molte cose possono succedere.

Tuttavia, il suo bipartitismo sostenuto da un sistema elettorale progettato per equilibrare il potere degli Stati più conservatori con quelli più progressisti e generare un senso fittizio di potere decisionale del popolo, non è tema centrale di questa analisi.

I CONSENSI BIPARTITISTI DELLA POLITICA ESTERA USA

 

Quello che sì ci interessa analizzare sono i consensi nella gestione della politica estera tra le amministrazioni di un partito o dell’altro, che partono dalla convinzione che quel paese ha di avere un Destino Manifesto e la Dottrina Monroe, dalla quale ritengono che qualsiasi intromissione di una potenza esterna dell’emisfero è un attentato diretto alla propria pace e sicurezza, che, a loro giudizio, gli arroga il diritto di controllare ed intervenire in qualsiasi luogo del continente, grazie alla somma di entrambe le idee convertite in ideologia imperialista.

In questa logica, tradizionalmente non vi è alcuna differenza sostanziale nella politica estera di entrambi i partiti nei confronti dell’America Latina e dei Caraibi, tranne quelle che corrispondono agli interessi specifici dei settori corporativi che il governo di turno USA rappresenti.

Ma sicuramente, se esiste un’area di governo in cui c’è poca differenza tra repubblicani e democratici, quelle sono le grosse linee della loro politica estera, in particolare verso la nostra regione, che considerano loro (“il cortile di casa”).

In questo caso, c’è consenso nella volontà di rovesciare la Rivoluzione Bolivariana e nel garantire la subordinazione della Colombia e “pacificare” il suo popolo.

L’IMPORTANZA DI COLOMBIA E VENEZUELA NELLE ELEZIONI USA

 

Nelle rispettive interviste concesse da Trump e Biden ad un importante media delle corporazioni mediatiche colombiane, ogni candidato ha accusato l’altro di essere negligente con la Colombia ed il Venezuela a solo un giorno dall’apertura dei Collegi Elettorali.

Ciò che è chiaro in linea di principio è che entrambi hanno concesso grande importanza nella loro campagna alla lotta per il voto colombiano e venezuelano statunitense.

Il colombiano-statunitense significa circa 250mila voti solo in Florida, mentre la popolazione venezuelana con possibilità di votare in queste elezioni raggiunge solo 50mila nello stesso stato e circa 169mila in tutto il paese, ma pur essendo di dimensioni molto inferiori, possiede un grande potenziale di mobilitazione. In primo luogo, a causa del loro alto livello di attivismo politico, in secondo luogo perché la maggioranza dispone di grandi risorse economiche (in generale, strettamente legate alla corruzione ed al saccheggio delle risorse venezuelane come quelle provenienti dalle società Citgo e Monómeros illegittimamente attualmente amministrate dall’ambiente politico di Juan Guaidó) ed, infine, per la sua grande vicinanza alla potente lobby cubano-statunitense.

Trump si è impegnato nel collegare Biden alla sinistra, accusandolo di “castrachavista” e di sostenere Gustavo Petro, il principale candidato dell’antiuribismo. Questo è stato decisivo affinché l’attuale presidente USA vincesse in Florida, perché gran parte della popolazione colombiana e dell’opposizione venezuelana in generale che vivono a Miami, sono strenui difensori di Álvaro Uribe Vélez e, secondo alcune analisi, buona parte della comunità latina di quello stato si è mangiata “la storia del castro-chavismo”.

Inoltre, alla fine di agosto è stato reso pubblico che Tomás Uribe ha finanziato una campagna di lobbying a favore di suo padre negli USA, durante il mese di agosto, per cercare di incidere sui progressi della giustizia colombiana nella causa contro di lui per manipolazione di testimoni e frode procedurale.

Infine, lo stesso Donald Trump si è congratulato con Uribe quando una giudice ha deciso che poteva affrontare questo processo in libertà, e si è persino riferito a lui come un eroe “alleato della nostra Patria nella lotta contro il CASTRO-CHAVISMO!”

Il governo di Iván Duque è finito per essere accusato di coinvolgersi nella campagna a favore di Trump a tal punto che la ministra degli Esteri, Claudia Blum, è stata convocata, in Senato, per un dibattito sul controllo politico sulla questione. Inoltre, personalità del partito al governo, il Centro Democratico, hanno pubblicato immagini di esplicito sostegno alla campagna, come la senatrice di estrema destra María Fernanda Cabal.

Tutto ciò può significare un difficile inizio nei rapporti bilaterali di Duque e dell’opposizione venezuelana con il possibile governo Biden. Ma a poco a poco passerà in secondo piano.

L’uribismo risentirà della perdita del sostegno di Trump, con il quale le affinità ideologiche sono state pubbliche e Biden può centrare il suo appoggio su altri settori della destra colombiana ed anche venezuelana, ma le conseguenze per entrambi i popoli saranno, grosso modo, le stesse.

Non dimentichiamo che questo personaggio ha sostenuto il Plan Colombia dal Congresso e dalla sua posizione di vice presidente di Barack Obama, e come tale, ha anche accompagnato l’Ordine Esecutivo emesso contro il Venezuela nel 2015 (il cosiddetto “Decreto Obama”).

Sebbene i Servizi Segreti abbiano già deciso di aumentare la sicurezza di Biden, che è un muto avallo, l’intero panorama potrebbe cambiare poiché indipendentemente dal fatto che Trump riesca o meno a invertire i risultati attraverso la Corte Suprema, il gigante del Nord è rimasto internamente molto fratturato.

LA POLARIZZAZIONE DELLA POLITICA COME TATTICA DI TRUMP

 

Un’importante somiglianza tra Uribe e Trump è il loro uso della polarizzazione politica come tattica. In effetti, gran parte della crescita di quello che è già il candidato presidenziale più votato nella storia USA è il prodotto di un voto anti-Trump piuttosto che un sostegno al democratico.

Questa polarizzazione esacerbata da Trump, che in realtà è il prodotto storico di un paese in crisi economica e politica, implica che si è collocato al centro del dibattito, per la prima volta, l’arcaico e antipopolare sistema elettorale e anche si sono rafforzati discorsi non tradizionali da Bernie Sanders che ha appoggiato i suoi voti al suo collega del Partito Democratico, sino al movimento Black Lives Matter. che volenti o nolenti, ha finito per raccogliere voti anti-Trump per Biden.

La stessa è stata la sua linea di politica estera, in cui ha rotto consensi, attaccava accordi internazionali, organismi multilaterali e ha deliberatamente contribuito a dividere ulteriormente il mondo tra paesi allineati e non allineati con il suo paese.

Biden, invece, è favorito da chi predilige la stabilità dei bassi livelli di conflittualità interna e che, ovviamente, può includere importanti settori del Pentagono.

UN PAESE FRATTURATO, UNA TIGRE DI CARTA FERITA

 

Comunque finisca questa storia, Trump ha aumentato il suo flusso elettorale di quasi 8 milioni ed i suoi elettori sono molto bellicosi.

Sia Iván Duque che Nicolás Maduro hanno già salutato la vittoria di Biden. Il secondo ha sempre chiarito espressamente che ciò non implica che si possa prevedere un cambio di politica nei confronti del Venezuela, ma le sue congratulazioni sono state accompagnate da un invito al dialogo. Il primo lo ha fatto insieme a Sebastián Piñera, con cautela, ed ha iniziato a chiedergli di continuare a sostenere la “Iniziativa Colombia Cresce”, lanciata di recente, ricordandogli che è la continuità del Plan Colombia.

È molto probabile che, nel caso Biden assumesse, la sconfitta elettorale dell’uribismo che è già prevista per l’anno 2022, conta ora sul sostegno del Partito Democratico, che potrebbe ben scegliere di sostenere Gustavo Petro, Claudia López o un altro candidato/a che è vicino alla destra dei gruppi tradizionali, come l’attuale senatore Roy Barreras o un’altra persona del partito di Juan Manuel Santos, o liberale o conservatore che, sebbene abbiano politiche meno conflittuali, continuerà a rappresentare uno stato penetrato dal narcotraffico ed espresso nel paramilitarismo.

Sebbene quella persona possa, ad esempio, continuare con il rispetto parziale degli accordi firmati con le FARC-EP nel 2016 e riprendere il dialogo con l’ELN, la sua unica intenzione continuerà ad essere quella di pacificare il popolo colombiano e non la vera ricerca del pace.

L’analista politico Darío Azzellini sottolinea la gravità di questa polarizzazione interna ed ha segnalato, nelle conversazioni con lo scrivente, che Biden possa essere tentato di iniziare una guerra per unificare nuovamente la popolazione USA. Pertanto, a nostro giudizio, continuerebbe a rimanere sullo scacchiere la possibilità di un’aggressione militare contro il Venezuela a questo scopo.

Nell’immediato, se per decisione del suo governo e data la sua importanza geostrategica e politica, la Colombia continua disposta a continuare a servire come testa di ponte per questa guerra, le relazioni binazionali continueranno nello stesso tenore che hanno avuto, da due decenni e poco importerà chi parli dalla Casa Bianca.

L’unico scenario nel panorama che potrebbe modificare sostanzialmente queste relazioni da Washington, abbassando la pressione contro la Rivoluzione Bolivariana, riducendo l’ingerenza in Colombia e consentendo la normalizzazione dei rapporti binazionali, sarebbe quello di un conflitto interno di grandi proporzioni che costringa gli USA a dar priorità ai propri affari interni, come devono farlo la maggior parte dei paesi del pianeta.


¿AFECTARÁ UN TRIUNFO DE BIDEN LAS RELACIONES ENTRE COLOMBIA Y VENEZUELA?

María Fernanda Barreto

A diferencia del resto de América, en Estados Unidos el bipartidismo ha sobrevivido sin cuestionamientos. La alternancia en el poder de los partidos Demócrata y Republicano suele darse sin mayores traumas desde hace casi dos siglos, aunque en esta ocasión el ego y los intereses propios de los sectores vinculados al actual presidente estadounidense estén generando la probabilidad de un tercer escenario que complicaría la situación interna del país.

Aunque el triunfo de Biden parece inminente, aún no hay que descartar ningún escenario y sobre todo hay que recordar que, en el caso de que así fuera y Trump finalmente lo reconociera, no será sino hasta el 20 de enero de 2021 que se realice la entrega de la presidencia y en 70 días muchas cosas pueden pasar.

Sin embargo, su bipartidismo sostenido por un sistema electoral diseñado para equilibrar el poder de los estados más conservadores con los más progresistas y generar una sensación ficticia de poder de decisión del pueblo, no es tema central de este análisis.

LOS CONSENSOS BIPARTIDISTAS DE LA POLÍTICA EXTERIOR ESTADOUNIDENSE

Lo que sí nos interesa analizar son los consensos en el manejo de la política exterior entre las administraciones de un partido u otro, que parten de la convicción que tiene ese país de poseer un Destino Manifiesto y la Doctrina Monroe, desde la cual consideran que cualquier intromisión de una potencia externa al hemisferio es un atentado directo a su propia paz y seguridad, lo cual, a su juicio, les arroga el derecho de controlar e intervenir en cualquier lugar del continente, gracias a la suma de ambas ideas convertidas en ideología imperialista.

En esa lógica, tradicionalmente no hay mayor diferencia en la política exterior de ambos partidos hacia América Latina y el Caribe, salvo las que correspondan a los intereses específicos de los sectores corporativos que el gobierno estadounidense de turno represente.

Pero definitivamente, si existe un área del gobierno en el que hay muy pocas diferencias entre republicanos y demócratas, esas son las líneas gruesas de su política exterior, particularmente hacia nuestra región, a la que consideran suya (“el patio trasero”).

En este caso, hay consenso en la voluntad de derrocar a la Revolución Bolivariana y en garantizar la subordinación de Colombia y “pacificar” a su pueblo.

LA IMPORTANCIA DE COLOMBIA Y VENEZUELA EN LAS ELECCIONES ESTADOUNIDENSES

En sendas entrevistas concedidas por Trump y Biden a un importante medio de las corporaciones mediáticas colombianas, cada candidato acusó al otro de ser negligentes con Colombia y Venezuela a solo un día de la apertura de los Colegios Electorales.

Lo que en principio queda claro, es que ambos concedieron mucha importancia en su campaña a la pugna por el voto colombo y venezolano estadounidense.

El colombiano estadounidense significa aproximadamente 250 mil votos solo en Florida, mientras la población venezolana con posibilidad de votar en estas elecciones alcanza solo 50 mil en el mismo estado y aproximadamente 169 mil en todo el país, pero a pesar de ser mucho menor en tamaño, posee un gran potencial movilizador. Primero por su alto nivel de activismo político, segundo porque la mayoría posee grandes recursos económicos (en general muy vinculados a la corrupción y al saqueo de recursos venezolanos como los provenientes de las empresas Citgo y Monómeros ilegítimamente administradas actualmente por el entorno político de Juan Guaidó) y, por último, por su gran cercanía con el poderoso lobby cubano-estadounidense.

Trump se empeñó en vincular a Biden con la izquierda, lo acusó de “castrochavista” y de apoyar a Gustavo Petro, principal candidato del antiuribismo. Esto fue definitivo para que el actual presidente estadounidense se alzara triunfante en Florida, porque una gran parte de la población colombiana y la oposición venezolana en general que viven en Miami, son acérrimas defensoras de Álvaro Uribe Vélez y, a decir de algunos análisis, buena parte de la comunidad latina de ese estado se comió “el cuento del castrochavismo”.

Además, a finales de agosto se hizo público que Tomás Uribe financió una campaña de lobby a favor de su padre en Estados Unidos durante el mes de agosto, para tratar de incidir en los avances de la justicia colombiana en la causa en su contra por manipulación de testigos y fraude procesal.

Finalmente el propio Donald Trump felicitó a Uribe cuando una jueza decidió que podía afrontar dicho proceso en libertad, e incluso se refirió a él como un héroe “aliado de nuestra Patria en la lucha contra el CASTRO-CHAVISMO!”.

El gobierno de Iván Duque terminó siendo acusado de involucrarse en la campaña a favor de Trump a tal punto que se convocó a la Ministra de Relaciones Exteriores, Claudia Blum, a un debate de control político sobre el tema en el Senado. Además, personalidades del partido de gobierno, el Centro Democrático, publicaron imágenes de apoyo explícito a la campaña, como la senadora de ultraderecha María Fernanda Cabal.

Todo esto puede significar un difícil arranque en las relaciones bilaterales de Duque y de la oposición venezolana con el posible gobierno de Biden. Pero poco a poco irá pasando a un segundo plano.

El uribismo resentirá la pérdida del apoyo de Trump, con quien las afinidades ideológicas han sido públicas y Biden puede centrar su apoyo en otros sectores de la derecha colombiana y también de la venezolana, pero las consecuencias para ambos pueblos serán, grosso modo, las mismas.

No olvidemos que este personaje apoyó el Plan Colombia desde el Congreso y desde su cargo como vicepresidente de Barack Obama, y como tal, también acompañó la Orden Ejecutiva que se dictó contra Venezuela en 2015 (el llamado “Decreto Obama”).

Aunque los Servicios Secretos ya decidieron aumentar la seguridad de Biden lo que es un silente respaldo, todo el panorama puede cambiar pues más allá de que Trump logre o no revertir los resultados por la vía de la Corte Suprema, el gigante del Norte quedó internamente muy fracturado.

LA POLARIZACIÓN DE LA POLÍTICA COMO TÁCTICA DE TRUMP

Una importante similitud entre Uribe y Trump es su uso de la polarización política como táctica. De hecho, gran parte del crecimiento del que ya es el candidato presidencial más votado de la historia de los Estados Unidos es producto de un voto anti-Trump más que de un respaldo al demócrata.

Esta polarización agudizada por Trump, que en realidad es el producto histórico de un país en crisis económica y política, implica que se ha colocado en el centro del debate por primera vez el arcaico y antipopular Sistema Electoral y también se han fortalecido discursos no tradicionales desde Bernie Sanders que endosó sus votos a su compañero del Partido Demócrata, hasta el movimiento Black Lives Matter. que voluntariamente o no, acabó por reunir votos anti-Trump para Biden.

La misma fue su línea para la política exterior, en la que rompió consensos, atacó acuerdos internacionales, organismos multilaterales y premeditadamente contribuyó a dividir aún más el mundo entre países alineados y no alineados a su país.

Biden en cambio resulta favorecido por quienes prefieren la estabilidad de los bajos niveles de conflictividad interna y eso, por supuesto, puede incluir a importantes sectores del Pentágono.

UN PAÍS FRACTURADO, UN TIGRE DE PAPEL HERIDO

Termine como termine esta historia, Trump aumentó en casi 8 millones su caudal electoral y sus votantes son muy beligerantes.

Tanto Iván Duque como Nicolás Maduro saludaron ya el triunfo de Biden. El segundo siempre hizo la expresa aclaratoria de que eso no implica que pueda preverse un cambio en la política hacia Venezuela, pero su felicitación fue acompañada de una invitación al diálogo. El primero lo hizo junto a Sebastián Piñera, con cautela, y partió solicitándole que continuara apoyando la recientemente lanzada “Iniciativa Colombia Crece”, recordándole que es la continuidad del Plan Colombia.

Es muy probable que, de asumir Biden, el revés electoral del uribismo que ya se tenía previsto para el año 2022, cuente ahora con el apoyo del Partido Demócrata, que bien puede optar por apoyar a Gustavo Petro, Claudia López o a otro candidato o candidata que esté cerca de la derecha de los grupos tradicionales, como el actual senador Roy Barreras u otra persona del partido de Juan Manuel Santos, o liberal o conservador que, aunque tenga políticas menos confrontativas, seguirá representando a un estado penetrado por el narcotráfico y expresado en el paramilitarismo.

Aunque esa persona pueda, por ejemplo, continuar con el cumplimiento parcial de los acuerdos firmados con las FARC-EP en 2016 y retomar el diálogo con el ELN, su única intensión continuará siendo la de pacificar al pueblo colombiano y no la verdadera búsqueda de la paz.

El analista político Darío Azzellini resalta la gravedad de esta polarización interna y señaló, en conversaciones con quien escribe, que Biden puede verse tentado a comenzar una guerra para unificar de nuevo a la población estadounidense. Por tanto, a juicio nuestro, continuaría en el tablero la posibilidad de una agresión militar a Venezuela para tal fin.

En lo inmediato, si por decisión de su gobierno y dada su importancia geoestratégica y política, Colombia continúa dispuesta a seguir sirviendo de cabeza de playa para esta guerra, las relaciones binacionales continuarán en el mismo tenor que han tenido desde hace dos décadas y poco importará quién hable desde la Casa Blanca.

El único escenario en el panorama que podría modificar sustancialmente esas relaciones desde Washington, bajando las presiones contra la Revolución Bolivariana, disminuyendo la injerencia en Colombia y permitiendo la normalización de las relaciones binacionales, sería el de un conflicto interno de grandes proporciones que obligue a los Estados Unidos a dar prioridad a sus asuntos internos, como deben hacerlo la mayoría de los países del planeta.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.