Il popolo peruviano trionfa sullo sforzo di estrema destra di rubare le elezioni

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La giuria nazionale delle elezioni del Perù (JNE) ha dichiarato oggi che Pedro Castillo è il vincitore ufficiale delle elezioni presidenziali del mese scorso. Questo ha ufficialmente segnato la sconfitta dei tentativi del contendente di estrema destra Keiko Fujimori di rovesciare la volontà democratica del popolo peruviano con false accuse di frode. Una revisione completata dal JNE ha rilevato che Castillo aveva ricevuto 44.058 voti in più di Fujimori, aprendo la strada alla vittoria ufficiale di Castillo.

Castillo è un insegnante rurale e leader sindacale che è salito alla ribalta come leader di un grande sciopero nel 2017. Era il candidato del partito politico Peru Libre (Perù libero), fondato sulle idee di Karl Marx, Vladimir Lenin e José Carlos Mariátegui. Fujimori sta affrontando gravi accuse di corruzione ed è la figlia dell’ex dittatore fascista Alberto Fujimori, che ha governato il paese dal 1990 al 2000.

La vittoria di Castillo alle elezioni del 6 giugno, resa possibile dal sostegno schiacciante tra la classe operaia rurale a lungo esclusa del Perù, è stata immediatamente contestata. Dopo che i voti sono stati contati, le élite si sono radunate attorno alla famiglia Fujimori per rubare le elezioni usando false accuse di frode. Vladimiro Montesinos, braccio destro di Alberto Fujimori e noto asset della CIA, è stato catturato nell’audio mentre ordinava alla campagna di Fujimori di corrompere i membri della commissione elettorale con 1 milione di dollari ciascuno. Si sente anche Montesinos chiedere alla campagna di Fujimori di coinvolgere la CIA e l’ambasciata degli Stati Uniti in Perù per aiutare a manipolare l’esito a favore di Fujimori in quella che ha definito “guerra non convenzionale”.

Nonostante tutti i tentativi illegali di frode, la campagna di Castillo ha prevalso con un enorme sostegno dalle campagne e dalla classe operaia di tutte le parti del paese. Mentre il consiglio elettorale ha trascinato l’esito per settimane considerando le ridicole obiezioni di Fujimori, sono state le persone che si sono mobilitate per difendere il voto. Queste mobilitazioni pro-Castillo sono state cruciali per assicurare l’esito di oggi. Hanno coinvolto non solo Peru Libre, ma una vasta gamma di sindacati, organizzazioni politiche di sinistra e movimenti sociali uniti in difesa della democrazia.

Castillo ha condotto una campagna che proponeva cambiamenti per sfidare drasticamente l’attuale ordine economico capitalista neoliberista costruito in gran parte sotto il governo di Alberto Fujimori. Negli ultimi anni, la politica peruviana è stata dilaniata da scandali di corruzione che hanno coinvolto un gran numero di politici di alto livello provenienti da una varietà di partiti dell’establishment. Milioni di peruviani sono scesi in piazza durante questo periodo chiedendo la fine del governo dei funzionari corrotti e delle ingiustizie sociali che contribuiscono a sostenere. Questo movimento ha avanzato la richiesta per la creazione di un’assemblea costituente per scrivere una nuova costituzione per il Perù, che è diventata un pezzo centrale della campagna di Castillo.

Le condizioni dei lavoratori in Perù sono state orribili durante la pandemia di COVID-19, con povertà e fame alle stelle mentre il bilancio delle vittime della malattia aumenta. Le persone stanno cercando urgentemente un’alternativa per affrontare la profonda disuguaglianza e le ingiustizie nella società.

Non ci sono dubbi sul perché Castillo abbia vinto le elezioni. Ha condotto una campagna che ha sfidato coloro che hanno governato il Perù per così tanto tempo a spese della maggioranza. Come dimostra la lotta per far riconoscere legalmente la sua vittoria elettorale, il movimento popolare sarà decisivo nel determinare se questa lotta contro l’élite avrà successo o meno.

Fonte: Liberation News – USA

Perù: l’autorità elettorale conferma la vittoria di Pedro Castillo

Orinoco Tribune 19 luglio 2021

A causa delle false accuse di brogli elettorali cercando di annullare i voti delle aree rurali dove Castillo ha vinto con ampi margini, l’accusa avviava un’indagine contro Keiko Fujimori per crimini contro il diritto di voto e false dichiarazioni. L’autorità di giustizia elettorale peruviana terminava la revisione e respinto, per mancanza di prove, le pretese della candidato di destra Keiko Fujimori di annullare i voti ottenuti da Pedro Castillo, un metodo con cui aveva cercato di strappare la vittoria al candidato di sinistra.

Così, dopo una lunga attesa di oltre un mese, fu confermato che l’insegnante rurale e sindacalista che proviene da una delle zone andine più povere del Perù sarà proclamato presidente. Entrerà in carica il 28 luglio. La destra rispose con violenze nelle strade e un’ultima manovra per ritardare la proclamazione di Castillo, ma ora non potrà ribaltarne la vittoria. Dopo che tutte le pretese del candidato di destra furono respinte, il 16 luglio gli avvocati di Fujimori presentarono nuovi ricorsi su gruppo di voti, questa volta per errori di conteggio. Il numero totale di voti appellati con tali azioni è significativamente inferiore al margine di oltre 44mila voti che Castillo ha su Fujimori. Pertanto, qualunque sia l’esito di tali ricorsi, che molto probabilmente verranno respinti, il risultato delle elezioni non cambierà.

A causa delle false accuse di brogli elettorali cercando di annullare i voti nelle aree rurali dove Castillo ha vinto in modo schiacciante, l’accusa avviava un’indagine contro Fujimori per crimini contro il diritto di voto e aver reso false dichiarazioni. Con tutti i percorsi legali esauriti, la destra raggruppata attorno il capo del clan Fujimori, ora gioca la carta della delegittimazione del prossimo governo e del boicottaggio della sua amministrazione. Se non possono impedirgli di assumere l’incarico, cercheranno di rimuoverlo dal potere. Dalla vittoria di Castillo alle urne il mese scorso, la destra ha promosso un colpo di Stato per annullare le elezioni. Ora, confermata la vittoria della sinistra nell’ultima fase elettorale, Fujimori e i suoi alleati passavano dalla violenza verbale alla violenza fisica nelle strade.

Questa settimana, i sostenitori fascisti di Fujimori, armati di bastoni, cercarono di raggiungere il Palazzo del Governo a Lima, urlando insulti contro il presidente Francisco Sagasti, ripetendo le accuse lanciate da Keiko contro l’attuale capo di Stato, accusandolo di essersi schierato con Castillo. Le prove, tuttavia, dimostrano la neutralità del governo. La folla di Fujimori su scatenò per le strade. Un fotografo del quotidiano La República, uno dei pochi media che non sosteneva le pretese della destra ad ignorare il trionfo di Castillo, fu picchiato da diversi mafiosi. Nella loro rabbia sfrenata, i fujimoristi si lanciarono contro tutti, compresi i giornalisti dei media che sostenevano le falsità dei brogli elettorali. Una giornalista televisiva e il suo cameraman furono circondati, insultati e minacciati. Un altro giornalista aggredito da una donna, che si copriva la testa con una bandiera e cominciò a tirarlo. La folla circondò l’auto del ministro della Salute Oscar Ugarte, che andava a una riunione del Consiglio dei ministri, spingendo l’auto e picchiandola coi bastoni. Lo stesso accadde alla ministra dell’edilizia Solange Fernández. Trascorsero circa quindici minuti prima che la polizia disperdesse gli aggressori e i ministri riprendessero il viaggio verso il Palazzo del Governo.

Il gruppo che scatenò le violenze si fa chiamare “Resistenza” e da anni agisce come forza d’urto Fujimori. Ora si ribattezza “Insorgenza”. In passato attaccò il pubblico ministero che indagò su Keiko e l’accusò di riciclaggio di denaro e associazione criminale, e anche giornalisti critici nei confronti di Fujimori. A costoro piace farsi foto facendo il saluto nazista. Nelle violenze di questa settimana, alcuni indossavano giubbotti con lo slogan fascista “Dio, Paese, Famiglia” sulla schiena. Keiko Fujimori cercò di prendere le distanze dalle violenze scatenate dai suoi seguaci con un tweet in cui li criticava, ma non si può nascondere il suo rapporto con tale gruppo estremista. I suoi discorsi che invitano i seguaci a mobilitarsi contro un broglio lettorale inesistente e ad “affrontare il comunismo” crearono le condizioni per tali violenze. Un’altra persona vicina ai capi di tale gruppo violento, l’ex-candidato presidenziale di estrema destra Rafael López Aliaga, noto come “Porky”, ora alleato di Keiko, incoraggia le violenze. “Morte a Castillo”, “Morte al comunismo”, “maledetti comunisti andatevene” sono gli slogan che il fascista López Aliaga lancia in ogni manifestazione a sostegno di Keiko.

Ciò che è successo è la peggiore violenze dalle elezioni e rifiuto della destra di accettare la sconfitta e i suoi appelli contro la legalità democratica, ma non era solo questo. In precedenza, gli estremisti di “Resistenza” bastonarono un gruppo di simpatizzanti di Castillo in un sit-in pacifico davanti alla giuria elettorale nazionale (JNE), in attesa della proclamazione del presidente. I sostenitori di Fujimori ripetutamente manifestarono davanti e case dei magistrati del JNE e del capo dell’Ufficio nazionale dei processi elettorali (ONPE) che aveva il compito di contare i voti, urlando minacce se non favorivano gli interessi di Fujimori. Per le strade si videro cortei con simboli fascisti in cui si gridava morte a chi non è con loro. Tali gruppi sono piccoli, ma molto aggressivi.

Nei social ci sono molti messaggi razzisti contro Castillo e anche contro i suoi elettori, tra i quali in maggioranza sono abitanti delle zone rurali e settori popolari. “Quello che è successo segna una rottura. Rispettiamo le manifestazioni pacifiche, ma quello che è successo è fuori luogo. Non lo permetteremo”, dichiarava il presidente Sagasti, riferendosi alle ultime violenze.

Il 17 luglio, invece, migliaia di persone marciarono pacificamente per le strade di Lima e di altre città a sostegno di Castillo. Chiesero la rapida proclamazione a presidente eletto, annunciata per questa settimana, ma ritardata di alcuni giorni dalle manovre della destra.

Traduzione di Alessandro Lattanzio
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