Il momento attuale di Maduro: i tre piani della sua vittoria

misionverdad.com

Dopo un’intensa lotta esistenziale per la conservazione del suo mandato e, di conseguenza, della propria struttura organica della Repubblica Bolivariana come istituzione politica, il Presidente venezuelano si avvia a terminare il 2022 riaffermando la sua autorità a capo del Paese, allo stesso tempo, da forma ad una nuova fase economica nazionale.

L’INCONSCIO COLLETTIVO DEGLI USA PARLA

 

In un articolo pubblicato nel luglio di quest’anno, Luis Almagro, aggrappato come può alla segreteria generale dell’OSA sempre più irrilevante nel contesto latinoamericano affermava: “Sicuramente, Maduro è stato sottovalutato in molti casi per quanto riguarda le sue capacità di sopravvivenza, gestione politica e abilità diplomatiche, ed è andato consolidando la sua forza anche da un’origine con pochissima legittimità”.

Il testo di Almagro, ma in particolare l’affermazione citata, non solo ha il suo peso per trattarsi di un articolatore di primo piano della campagna di cambio di regime contro il Venezuela che, infine, ha riconosciuto il suo fallimento di propria voce. La cosa più importante, invece, risiede nella fotografia che offre per comprendere l’attuale momento politico del paese.

Almagro, prima di affermare un’opinione di rottura, presumibilmente piena di coraggio e vocazione al realismo, in realtà si fa eco della percezione generale che da tempo domina nei corridoi del potere di Washington, negli uffici delle società di consulenza e organismi economici internazionali e nelle redazioni dei media globali: Maduro, di fronte a uno scenario senza precedenti di destabilizzazione politica, minacce internazionali e blocco generale dell’economia, è riuscita a sopravvivere, consolidarsi al potere e riattivare un’economia depressa.

Il burocrate emisferico, in un altro aspetto importante da evidenziare, dà per scontato che il principio organizzativo della campagna di colpo di stato contro Maduro si basava, precisamente, nel sottovalutare le sue capacità e la sua leadership.

Quell’arroganza iniziale che ha dato origine all’agenda di guerra politica e internazionale per rovesciarlo, in cui hanno coesistito il classismo ed il razzismo così tipici delle élite sussidiarie degli USA, ora deve saldarsi con con una realtà pratica che mostra un Maduro con un controllo totale della situazione politica. Il risultato di questo fallimento d’interpretazione attorno al presidente venezuelano, nel campo dell’opposizione, si è tradotto in perdita di orientamento, una disputa per guidare le macerie lasciate da Guaidó e un vuoto politico di rappresentanza, non solo elettorale bensì identitario.

VITTORIA STRATEGICA IN TRE PIANI

1) Stabilità interna e legittimazione

Sebbene già dal fallimento della cosiddetta Operazione Libertad, il 30 aprile 2019, si prevedeva che la data di caducità del “progetto Guaidó” fosse a breve termine, non è stato fino alla firma del memorandum di comprensione in Messico, tra il Governo Bolivariano e la Piattaforma Unitaria, nell’agosto 2021, quando si è resa innegabile la vittoria di Maduro sul piano del falso governo guidato da Voluntad Popular.

A Città del Messico, con la mediazione del Regno di Norvegia, e dopo diversi incontri preparatori, Maduro è riuscito ad essere riconosciuto come unico presidente del Venezuela da diversi fattori dell’opposizione e indirettamente da Washington, che sosteneva l’inizio formale del dialogo. Con questo, gli USA si sono visti costretti ad accettare che la campagna di massima pressione e lo slogan “tutte le opzioni sono sul tavolo” erano fallite, Guaidó incluso.

Il riconoscimento della sua posizione, sigillata in quel memorandum, è stata una rottura simbolica vitale per avanzare nell’obiettivo reale della prima fase della negoziazione: cristallizzare la stabilità politica, una volta che si decretasse l’impegno che le uniche vie di azione politica sarebbero state quelle previste nella Costituzione e non quelle di tipo armato o insurrezionale che aveva già generato sufficiente trauma nel paese.

Nonostante il fatto che il dialogo si sia paralizzato in un ultimo tentativo di boicottaggio USA eseguito attraverso il rapimento del diplomatico venezuelano Alex Saab, una mossa vista come inaccettabile da Maduro, la svolta dell’agosto 2021 ha segnato le condizioni per una stabilizzazione duratura nel tempo, nella quale si è supportato il programma di recupero economico.

La chiave di quanto sottoscritto in Messico sta in come Maduro ha visualizzato quel movimento come a lungo termine, che ha ridefinito le regole del gioco politico (in base alla Costituzione), ha tracciato i confini della partecipazione e l’esclusione del sistema di partiti e ha istituito un quadro di convivenza ampiamente accettato dalla società e dagli attori politici, materializzato nelle elezioni parlamentari del 2020 e nelle mega-elezioni dell’anno scorso.

Sotto questi parametri, il presidente venezuelano ha dato forma ad un orizzonte di consenso e pace, interpretando correttamente le aspirazioni di stabilità e recupero del livello di vita di un paese colpito dalla pressione, dalla costante minaccia dell’intervento militare e dagli effetti distruttivi della guerra economica.

In breve, dal memorandum in Messico, attraverso la vittoria elettorale nelle elezioni parlamentari del 2020 e nelle mega-elezioni dell’anno scorso, Maduro ha costruito le condizioni per erigersi come arbitro della politica nazionale e l’unico leader con la capacità di tradurre il nuovo quadro sociale ed economico per il superamento individuale e collettivo della crisi attraverso una narrazione credibile, organizzata e configurata a partire dai codici stessi del chavismo, di fronte a un’opposizione in processo di mitosi, divorziata dal suo elettorato e che continua a fare appello a un discorso già consunto.

2) Riattivazione economica e nuovo equilibrio di forze con il settore privato

Dall’inizio del suo primo mandato, l’economia è stata il tallone di Achille di Maduro e uno dei principali arieti di attacco contro la sua figura e le sue capacità di governo. Riassumendo, la casuta dei prezzi del petrolio, la guerra economica internazionale e il suo inasprimento nella forma del blocco USA negli ultimi anni, hanno portato l’economia venezuelana in una profonda recessione con alti tassi di inflazione motivati ​​politicamente, che hanno messo il presidente in una situazione di svantaggio in termini di amministrazione del potere politico.

Il colpo alla linea di galleggiamento dell’economia del paese attraverso vari strumenti di destabilizzazione, sia interni che esterni, oltre ad essere il quadro di giustificazione per le operazioni di violenza e golpe  colorati nelle strade del 2014 e 2017 e una risorsa di accumulazione del malcontento ai fini di perturbazione politica, ha anche funzionato come un meccanismo di pressione per sfigurare l’orizzonte del paese, colpendo il tessuto socioeconomico della nazione restringendo di fatto l’ingresso di divisa, grazie alla vendita di petrolio, di um 99% nell’ultimo lustro.

Maduro, dalla fine del 2018, con una lettura a lungo termine, ha iniziato a delineare le basi di un piano di recupero e riattivazione economica che comportava una svolta nella matrice dell’economia nazionale basata sulla dipendenza dalle entrate del petrolio. Il Presidente ha capito che il blocco USA ha accelerato la crisi organica e i limiti storici del capitalismo di rendita e, basato su questa interpretazione della realtà, ha realizzato una serie di misure volte a eliminare le restrizioni al mercato dei cambi, allo stimolo dell’attività privata e agli investimenti stranieri e a ricomporre gli ingressi pubblici attraverso tasse interne, in sostituzione delle esportazioni tradizionali.

Il passo successivo in questa direzione è arrivato con l’approvazione da parte dell’Assemblea Nazionale della Legge Antiblocco, a metà del 2010, con la quale è stato istituito un quadro giuridico eccezionale per facilitare gli investimenti di capitale e la loro protezione da misure coercitive unilaterali. Le misure adottate da Maduro sono riuscite a stimolare il consumo familiare, l’attività commerciale e recuperare gradualmente i salari, una delle variabili attaccate in modo più vigoroso dalla guerra.

Al di là dei risultati pratici che  hanno avuto le azioni economiche decise da Maduro a favore del recupero, è altrettanto importante fare riferimento alla strategia dietro le stesse. Il presidente non solo ha preso misure per togliere l’economia dal precipizio in un contesto di blocco, bensì ha intrapreso un aggiornamento dottrinale dell’economia politica del chavismo, in cui ha incorporato il pragmatismo della negoziazione con il settore privato e l’agilità tattica di aprire spazi di accumulazione di capitale privato che contribuissero al rafforzamento della stabilità politica.

L’essenziale di questo piano è il modo in cui Maduro ha dato forma ad un nuovo equilibrio di forze, una sorta di tregua a lungo termine, tra il settore privato e il Governo Bolivariano per coinvolgerlo nella sua agenda di recupero economico senza che ciò implicasse alcun tipo di capitolazione politica. In questo modo Maduro ha imposto condizioni di riconoscimento politico alla comunità imprenditoriale, prima abilitando gli incentivi alla creazione di ricchezza e accumulazione, e poi traducendoli in un’armonizzazione con gli interessi di preminenza politica del chavismo.

Come nella politica interna, Maduro ha stabilito le regole del gioco e le linee guida di comportamento di un nuovo patto economico, basato su un quadro di redditività e beneficio privato dove le condizioni di ingresso sono il riconoscimento del chavismo, il predominio delle linee strategiche di sviluppo economico dello Stato e la negoziazione in un clima di rispetto reciproco.

Maduro ha basato l’accumulazione del suo capitale politico sulla destrezza nel mantenere questa tregua come una realtà pratica e, da lì, recuperare la fiducia del Paese in un orizzonte di stabilità che passa attraverso la sua continuità al potere.

3) Riconoscimento e accettazione internazionale

Indubbiamente, l’isolamento internazionale fabbricato contro il presidente chavista è stata una delle varianti in cui gli USA hanno più investito sforzi e risorse. Le iniziative in questo senso sono state diverse, come il Gruppo Lima e l’assedio diplomatico, basato sui paesi occidentali e sul sistema di vassallaggio latinoamericano, abilitato in sincronia con la promozione del “progetto Guaidó”.

Il presidente venezuelano ha inteso questa manovra di disconoscimento come di corta portata e durata, di fronte al quale si è trincerato in una strategia di resistenza diplomatica e rafforzamento delle alleanze strategiche con le potenze crescenti in Eurasia, la triade Mosca-Pechino-Teheran. Maduro, a partire da questo riaggiustamento del suo margine di manovra internazionale, ha mantenuto la sua posizione di leadership antimperialista nella regione, differenziandosi in una regione inclinata a destra e ha garantito le fonti di appoggio e sostegno di fronte ad un Washington convertito in un avversario comune. L’uscita definitiva dall’OSA, nell’aprile 2019, ha segnato questa intenzione di rafforzare l’esistente e prepararsi per una svolta favorevole a medio termine sulla scena continentale.

Maduro si è adattato a un timing contro di lui e ha letto nell’emergere di una nuova ondata di governi di sinistra un’opportunità per garantire un reinserimento nel panorama istituzionale del multilateralismo. Pertanto, la vittoria di AMLO ha permesso di rendere possibile il negoziato con l’opposizione in Messico, l’Argentina di Alberto Fernández ha offerto uno spazio per far uscire la CELAC dalla sua stagnazione e il controgolpe in Bolivia rappresentava un modo di ossigenare ALBA.

In questa quadro di graduale reintegrazione di Maduro sullo scacchiere internazionale, si è aggiunta, successivamente, la vittoria di Pedro Castillo, che ha sepolto il Gruppo di Lima e consentiva il ripristino delle relazioni tra Venezuela e Perù. È stata anche incorporata la vittoria di Gustavo Petro in Colombia, con cui Maduro ha già definito le linee guida per il ristabilimento della cooperazione binazionale, che è stata sigillata con la visita del presidente del paese vicino a Caracas all’inizio di questo mese.

Nel contesto del COP 27 in Egitto, un esempio di come Maduro ha misurato correttamente il tempo e i ritmi della disarticolazione della pressione internazionale contro di lui è stato l’incontro con il presidente francese Emmanuel Macron, con l’inviato della Casa Bianca per il cambio climatico John Kerry e con il primo ministro del Portogallo, António Costa, tra gli altri contatti bilaterali nel contesto del vertice.

Maduro, dopo aver partecipato all’ultimo vertice CELAC, in Messico, nel settembre dello scorso anno, ha scelto la COP 27 per tornare sulla scena internazionale, ricostruire il suo prestigio e costruire un clima di normalizzazione della sua presenza in forum multilaterali, dove la sua accettazione e riconoscimento presidenziale avvengono con naturalezza.

Con questo, ha definitivamente seppellito la finzione del falso governo di Guaidó e ha avanzato nell’obiettivo del suo riconoscimento internazionale, invertendo, di fatto, il clima d’isolamento prodotto dall’offensiva geopolitica di attacco che si basava nel mettere in discussione la sua vittoria del 2018.

Sulla base di questi tre piani, in cui ognuno di essi ha dato i propri risultati, Maduro avanza nel costruire fattori e variabili a favore di una nuova elezione presidenziale a venire.


EL MOMENTO ACTUAL DE MADURO: LOS TRES PLANOS DE SU VICTORIA

 

Luego de una intensa lucha existencial por la preservación de su mandato y, en consecuencia, de la propia estructura orgánica de la República Bolivariana en tanto institución política, el presidente venezolano se enfila a terminar el año 2022 reafirmando su autoridad al frente del país, al mismo tiempo que da forma a una nueva etapa económica nacional.

EL INCONSCIENTE COLECTIVO DE EEUU HABLA

En un artículo publicado en julio de este año, Luis Almagro, aferrado como puede a la secretaría general de una OEA cada vez más irrelevante en el contexto latinoamericano, afirmaba: “Definitivamente, Maduro fue subestimado en muchos casos respecto a sus capacidades de supervivencia, de manejo político y de habilidades diplomáticas, y fue consolidando su fuerza aun desde un origen con muy poca legitimidad”.

El texto de Almagro, pero en particular la afirmación citada, no solo tiene un peso propio por tratarse de un articulador estelar de la campaña de cambio de régimen contra Venezuela que, finalmente, ha reconocido su fracaso con voz propia. Lo más importante, en cambio, radica en la fotografía que ofrece para entender el tiempo político actual del país.

Almagro, antes que esgrimir una opinión rupturista, supuestamente cargada de valentía y vocación al realismo, en realidad se hace eco de la percepción general que desde hace un tiempo domina en los pasillos de poder de Washington, en las oficinas de las consultoras y organismos económicos internacionales y en las salas de redacción de los medios globales de comunicación: Maduro, enfrentando un cuadro inédito de desestabilización política, amenazas internacionales y bloqueo general a la economía, ha logrado sobrevivir, consolidarse en el poder y reactivar una economía deprimida.

El burócrata hemisférico, en otro aspecto importante a destacar, da por sentado que el principio ordenador de la campaña de golpe de Estado contra Maduro se basaba, justamente, en subestimar sus capacidades y su liderazgo.

Esa arrogancia inicial que dio origen a la agenda de guerra política e internacional para derrocarlo, en la cual coexistieron el clasismo y el racismo tan propio de las élites subsidiarias de Estados Unidos, ahora debe saldarse con una realidad práctica que muestra a un Maduro con control total de la situación política. El resultado de este fracaso de interpretación en torno al presidente venezolano, en la cancha opositora, se ha traducido en pérdida de orientación, disputa por liderar los escombros dejados por Guaidó y un vacío político de representación, no solo electoral sino identitario.

VICTORIA ESTRATÉGICA EN TRES PLANOS

1) Estabilidad interna y legitimación

Aunque ya desde el fracaso de la denominada Operación Libertad el 30 de abril de 2019 se preveía la fecha de caducidad del “proyecto Guaidó” en el corto plazo, no fue hasta la firma del memorándum de entendimiento en México, entre el Gobierno Bolivariano y la Plataforma Unitaria en agosto de 2021, cuando se hizo innegable el triunfo de Maduro sobre el plan de gobierno fake encabezado por Voluntad Popular.

En Ciudad de México, con la mediación del Reino de Noruega, y tras varias reuniones preparatorias, Maduro logró ser reconocido como único presidente de Venezuela por los diversos factores de la oposición e indirectamente por Washington, que apoyó el inicio formal del diálogo. Con ello, Estados Unidos se vio forzado a aceptar que la campaña de máxima presión y el eslogan de “todas las opciones están sobre la mesa” habían fracasado, Guaidó incluido.

El reconocimiento a su cargo, sellado en aquel memorándum, fue una ruptura simbólica vital para avanzar en el objetivo real de la primera etapa de la negociación: cristalizar la estabilidad política, una vez se decretase el compromiso de que las únicas vías de acción política serían las previstas en la Constitución y no las de tipo armadas o insurreccionales que ya habían generado suficiente trauma para el país.

Pese a que el diálogo se paralizó en un último intento de boicot de Estados Unidos ejecutado mediante el secuestro del diplomático venezolano Alex Saab, un movimiento visto como inaceptable por Maduro, el punto de giro de agosto de 2021 marcó las condiciones para una estabilización perdurable en el tiempo, en la cual se ha soportado el programa de la recuperación económica.

La clave de lo suscrito en México yace en cómo Maduro visualizó ese movimiento como uno de largo plazo, en el que redefinió las reglas del juego político (con base a la Constitución), dibujó las fronteras de participación y exclusión del sistema de partidos y estableció un marco de convivencia ampliamente aceptado por la sociedad y los actores políticos, materializado en las elecciones parlamentarias de 2020 y en las megaelecciones del año pasado.

Bajo estos parámetros, el presidente venezolano dio forma a un horizonte de consenso y paz, interpretando de forma correcta las aspiraciones de estabilidad y recuperación del nivel de vida de un país golpeado por la presión, la amenaza constante de intervención militar y los efectos destructivos de la guerra económica.

En síntesis, desde el memorándum en México, pasando por la victoria electoral en las parlamentarias del año 2020 y en las megaelecciones del año pasado, Maduro ha venido construyendo las condiciones para erigirse como árbitro de la política nacional y el único líder con capacidad de traducir el nuevo marco social y económico de superación individual y colectiva de la crisis a través de una narrativa creíble, organizada y configurada a partir de los propios códigos del chavismo, frente a una oposición en proceso de mitosis, divorciada de su electorado y que continúa apelando a un discurso ya desgastado.

2) Reactivación económica y nuevo equilibrio de fuerzas con el sector privado

Desde el inicio de su primer mandato, la economía fue el talón de Aquiles de Maduro y uno de los principales arietes de ataque contra su figura y sus capacidades de gobierno. Recapitulando, la caída de los precios del petróleo, la guerra económica internacional y su endurecimiento en forma de bloqueo estadounidense durante los últimos años, llevó a la economía venezolana a una profunda recesión con altos índices inflacionarios motivados políticamente, lo cual puso al mandatario en una situación de desventaja en términos de administración del poder político.

El golpe a la línea de flotación de la economía del país mediante diversos instrumentos de desestabilización, tanto internos y externos, además de ser el marco de justificación de las operaciones de violencia y golpes de color en la calle de 2014 y 2017 y un recurso de acumulación de descontento con fines de perturbación política, también funcionó como un mecanismo de presión para desfigurar el horizonte del país, afectando el tejido socioeconómico de la nación al restringir de facto el ingreso en divisas por concepto de ventas de petróleo en un 99% en el último lustro.

Maduro, desde finales el año 2018, con una lectura de largo plazo, comenzó a delinear la las bases de un plan de recuperación y reactivación económica que suponía un viraje en la matriz de la economía nacional basada en la dependencia del renta petrolera. El Presidente entendió que el bloqueo estadounidense aceleró la crisis orgánica y los límites históricos del capitalismo rentístico, y a partir de esa interpretación de la realidad ejecutó un conjunto de medidas dirigidas a eliminar las restricciones al mercado de divisas, al estímulo de la actividad privada y las inversiones foráneas y a recomponer los ingresos públicos a través de tributos internos, en sustitución de las exportaciones tradicionales.

El siguiente paso en esta dirección llegó con la aprobación vía Asamblea Nacional de la Ley Antibloqueo a medidados del año 2021, con la cual quedaba establecido un marco jurídico excepcional para facilitar inversiones de capital y su protección de las medidas coercitivas unilaterales. Las medidas tomadas por Maduro lograron estimular el consumo familiar, la actividad comercial y recuperar gradualmente el salario, una de las variables atacadas con más ahínco por la guerra.

Más allá de los resultados prácticos que han tenido las acciones económicas en pro de la recuperación decididas por Maduro, es igualmente importante referirse a la estrategia detrás de las mismas. El presidente no solo tomó medidas para sacar la economía del precipicio en un contexto de bloqueo, sino que emprendió una actualización doctrinal de la economía política del chavismo, en la que incorporó el pragmatismo de la negociación con el sector privado y la agilidad táctica de abrir espacios de acumulación de capital privada que contribuyeran al fortalecimiento de la estabilidad política.

Lo esencial de este plano es la forma en que Maduro dio forma a un nuevo equilibrio de fuerzas, una especie de tregua a largo plazo, entre el sector privado y el Gobierno Bolivariano para involucrarlo a su agenda de recuperación económica sin que ello implicara algún tipo de capitulación política. De esta manera, Maduro impuso condiciones de reconocimiento político al empresariado, primero habilitando los incentivos de creación de riqueza y acumulación, y luego traduciéndolos en una armonización con los intereses de preeminencia política del chavismo.

Como en la política interna, Maduro estableció las reglas de juego y las pautas de comportamiento de un nuevo pacto económico, basado en un marco de rentabilidad y beneficio privado donde las condiciones de entrada son el reconocimiento del chavismo, el predominio de las líneas estratégicas de desarrollo económicos del Estado y la negociación en un clima de respeto mutuo.

Maduro ha basado la acumulación de su capital político en la destreza de mantener esta tregua como una realidad práctica y, a partir de allí, recuperar la confianza del país en un horizonte de estabilidad que pasa por su continuidad en el poder.

3) Reconocimiento y aceptación internacional

Sin lugar a dudas el aislamiento internacional fabricado contra el presidente chavista fue una de las variantes en las que más Estados Unidos invirtió esfuerzos y recursos. Fueron distintos las iniciativas en este sentido, como el Grupo de Lima y el cerco diplomático, asentado en los países occidentales y el sistema de vasallaje latinoamericano, habilitado en sincronía con la promoción del “proyecto Guaidó”.

El presidente venezolano entendió esta maniobra de desconocimiento como de corto alcance y duración, frente a lo cual se atrincheró en una estrategia de resistencia diplomática y reforzamiento de las alianzas estratégicas con los poderes ascendentes en Eurasia, la tríada Moscú-Beijing-Teherán. Maduro, a partir de este reajuste de su margen de maniobra internacional, sostuvo su posición de liderazgo antiimperialista en la región, diferenciándose en una región volcada a la derecha, y garantizó las fuentes de apoyo y respaldo frente a un Washington convertido en adversario común. La salida definitiva de la OEA en abril de 2019 marcó esta intención de reforzar lo existente y prepararse para un giro favorable en el mediano plazo en la escena continental.

Maduro se adaptó a un timing en contra y leyó en la emergencia de una nueva ola de gobiernos de izquierda una oportunidad para garantizar una reinserción en el paisaje institucional del multilateralismo. Así, la victoria de AMLO permitió viabilizar la negociación con las oposiciones en México, la Argentina de Alberto Fernández ofrecía un espacio para sacar a la CELAC de su estancamiento y el contragolpe en Bolivia representaba una vía de oxigenación del ALBA.

A este cuadro de reinserción gradual de Maduro en el tablero internacional, posteriormente, se agregó la victoria de Pedro Castillo que sepultó el Grupo de Lima y permitió restablecer las relaciones entre Venezuela y Perú. También se incorporó la victoria de Gustavo Petro en Colombia, con quien Maduro ya ha definido las líneas maestras para el restablecimiento de la cooperación binacional, la cual quedó sellada con la visita del mandatario del país vecino a Caracas a principios de este mes.

En el contexto de la COP 27 en Egipto, una muestra de cómo Maduro midió correctamente el tiempo y los ritmos de la desarticulación de la presión internacional en su contra, fue el encuentro con el presidente francés Emmanuel Macron, con el enviado de la Casa Blanca para el cambio climático John Kerry y con el primer ministro de Portugal, António Costa, entre otros contactos bilaterales en el contexto de la cumbre.

Maduro, tras participar en la última cumbre de la CELAC en México en septiembre del año pasado, eligió la COP 27 para volver a la escena internacional, recomponer su prestigio y construir un clima de normalización de su presencia en foros multilaterales, donde su aceptación y reconocimiento presidencial ocurre con naturalidad.

Con ello, ha sepultado definitivamente la ficción del gobierno fake de Guaidó y ha avanzado en el objetivo de su reconocimiento internacional, revirtiendo, de facto, el clima de aislamiento producto de la ofensiva geopolítica de ataque que se sustentó en cuestionar su triunfo de 2018.

Sobre la base de estos tres planos, donde cada uno de ellos ha dado sus propios resultados, Maduro avanza en construir los factores y variables a favor de cara a una nueva elección presidencial por venir.

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